TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2017-05-22, n. 201706103

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2017-05-22, n. 201706103
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201706103
Data del deposito : 22 maggio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/05/2017

N. 06103/2017 REG.PROV.COLL.

N. 04559/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4559 del 2017, proposto da:
S P, rappresentato e difeso dagli avv.ti A P e P S F, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Roma, via di Villa Sacchetti n. 11;

contro

Sottocommissione Elettorale Circondariale di Castelnuovo di Porto, in persona del Presidente p.t., n.c.;
Commissione Elettorale Circondariale di Tivoli, in persona del Presidente p.t., n.c.;
Prefettura – Ufficio Territoriale di Governo di Roma, in persona del Prefetto p.t., n.c.;
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., n.c.;
Comune di Castelnuovo di Porto, in persona del Sindaco p.t., n.c.;

per l’annullamento

del verbale della Sottocommissione Elettorale Circondariale di Castelnuovo di Porto del 14 maggio 2017, n. 214 (notificato mediante consegna a mani all'Ing. Gin Piero Salé nella qualità di delegato della lista il 16 maggio 2017), recante “Comune di Castelnuovo di Porto – Elezioni del Sindaco e del Consiglio Comunale del giorno 11 giugno 2017 – Lista dei candidati Prot. S.C.E.CIR n. 10 del 13 maggio 2017 recante il contrassegno Insieme per Carla Gloria Sindaco Lista Civica – accertamenti effettuati in merito all'insussistenza delle condizioni di incandidabilità ai sensi dell'art. 10 e ss. Del d.lgs. 31/12/2012, n. 235”, nella parte in cui delibera l’esclusione dell'odierno ricorrente, S P, dalla lista dei candidati per l’elezione del Sindaco e del Consiglio Comunale;

del verbale della Sottocommissione del 17 maggio 2017, n. 224, recante “Comune di Castelnuovo di Porto – Elezioni del Sindaco e del Consiglio Comunale del giorno 11 giugno 2017 – Lista dei candidati Prot. S.C.E.CIR n. 10 del 13 maggio 2017 recante il contrassegno Insieme per Carla Gloria Sindaco Lista Civica – Esame dell'istanza presenta al Comune di Castelnuovo di Porto in data 17/5/2017 prot. N. 7645”, notificata al delegato della lista in pari data;

nonché di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale;

e per la conseguente condanna alla riammissione dell’odierno ricorrente alla lista dei candidati per l'elezione del Sindaco e del Consiglio Comunale;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 maggio 2017 il Consigliere Antonella Mangia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Considerato che:

- con l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 18 maggio 2017, il ricorrente impugna i provvedimenti meglio indicati in epigrafe nella parte in cui dispongono l’esclusione del predetto dalla lista, recante il contrassegno “Insieme per Carla Gloria Sindaco Lista Civica”, dei candidati per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale del Comune resistente, chiedendone l’annullamento;

- a tali fini, il ricorrente – dopo aver rappresentato che l’esclusione de qua risulta essere stata disposta in ragione del rilievo che, dal certificato del C.G. n. 1871934/2017R, afferente il predetto, risulta intervenuta una “condanna definitiva per il delitto di cui all’art. 73 del decreto del Presidente della Repubblica 09 ottobre 1990, n. 309” – denuncia i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili in quanto afferma, in sintesi, che:

a) posto che la sentenza di condanna di cui si discute è stata emessa ex art. 444 c.p.p. e risale al 2002, doveva trovare applicazione l’art. 16 della d.lgs. n. 235 del 2012 (il quale limita - in relazione a sentenze di tal genere - l’operatività del disposto dell’art. 15, comma 1, esclusivamente alle sentenze “pronunciate successivamente alla data di entrata in vigore del presente testo unico”);

b) è ampiamente maturato il termine massimo di incandidabilità contemplato dall’art. 13 del medesimo decreto, fissato in 6 anni dalla data in cui la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile;

c) l’iter argomentativo del provvedimento di esclusione “risulta del tutto illogico e irragionevole”, atteso che, dichiarando la S.C.E.CIR. di poter “prescindere dall’estinzione degli effetti penali che l’istituto dell’applicazione della pena su richiesta comporta”, non ha tenuto in alcun conto il disposto dell’art. 445 c.p.p. e, precipuamente, la circostanza che, “nei casi di patteggiamento, … il reato si considera estinto ope legis, indipendentemente da un provvedimento giudiziale, se nel termine di cinque anni l’imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole”;

Ritenuto che, ciò detto, le censure riportate sub a) e sub b) non sono meritevoli di positivo riscontro, atteso che:

- il disposto dell’art. 16 del d.lgs. n. 235 2012 riguarda espressamente “le incandidabilità di cui ai Capi I e II” e, ancora, “quelle di cui ai Capi III e IV non già rinvenibili nella disciplina previgente” e, dunque, non si presta a trovare applicazione in relazione alla questione in trattazione, tenuto conto che i delitti di cui all’art. 73 del D.P.R. n. 309 del 1990 – nel cui ambito rientra, come in precedenza indicato, il delitto commesso dal ricorrente - già figuravano nell’art. 15, comma 1, lett. a), della legge 19 marzo 1990, n. 55 e, quindi, già costituivano una causa di incandidabilità sulla base del regime giuridico previgente;

- l’art. 13 del decreto legislativo n. 235 del 2012 in esame è formulato con esclusivo riferimento all’insindacabilità “alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento europeo” ed agli “incarichi di governo” e, pertanto, deve essere considerato inapplicabile ai candidati alle elezioni comunali;

Rilevato che, tutto ciò premesso, permane da valutare la censura afferente l’illogicità e l’irragionevolezza dei provvedimenti assunti dalla Sottocommissione a causa dell’assoluta mancata valutazione del particolare “regime di estinzione della pena” o, meglio, del “reato” che regolamenta le sentenze cc.dd. di “patteggiamento”, ai sensi dell’art. 445 c.p.p.;

Ritenuto che tale censura sia da condividere in ragione dei seguenti rilievi:

- come noto, le sentenze emesse ai sensi dell’art. 444 c.p.p. – seppure espressamente equiparate, a livello normativo, alle sentenze di condanna (e l’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 235 del 2012 ne costituisce un’ulteriore conferma) - sono soggette ad una regolamentazione specifica, differente da quella di carattere generale, atta a configurare una sorta di rito “premiale”, connotato da plurimi benefici, tra cui è indiscutibilmente annoverabile anche l’effetto estintivo del reato previsto dall’art. 445, comma 2, c.p.p.;

- quanto prescritto in tale particolare disposizione ha chiaramente determinato – come non poteva essere altrimenti - l’insorgenza della necessità di considerare e coerentemente valutare i rapporti intercorrenti tra l’effetto di cui sopra e l’istituto della riabilitazione di cui all’art. 178 c.p. e, precipuamente, di definire l’esigenza o meno per il soggetto condannato con una sentenza resa ex art. 444 c.p.p. di attivarsi per chiedere ed ottenere la riabilitazione al fine di conseguire l’eliminazione di ogni effetto penale della condanna;

- premesso che la questione investe essenzialmente i casi in cui sia maturato il termine di cinque anni contemplato nel su menzionato art. 445, comma 2, c.p.p. (e non, per contro, i casi in cui è trascorso il diverso periodo di tre anni previsto per la riabilitazione dall’art. 179 c.p., così come modificato dall’art. 3, comma 1, lett. a), della legge n. 145 del 2004, per la sussistenza dell’interesse anche del condannato con sentenza di patteggiamento a chiedere ed ottenere quest’ultima in via anticipata rispetto al termine di cui sopra – cfr., tra le altre, Cass. Penale, Sez. I, 12 aprile – 10 maggio 2006, n. 16025), non può che prendersi atto non solo della circostanza che, in più occasioni, i Tribunali di Sorveglianza, competenti in materia, hanno avuto modo di dichiarare il “non luogo a procedere” su istanze di riabilitazione in base alla mera constatazione dell’avvenuta integrazione della fattispecie estintiva di cui all’indicata prescrizione poiché espressamente qualificata come condizione utile e di per sé sufficiente ad escludere “una dichiarazione di riabilitazione” (cfr., ex multis, Tribunale di Sorveglianza di Napoli, 23 gennaio 2003), ma anche dell’ancora più pregnante rilievo che, secondo l’orientamento ormai consolidato della giurisprudenza della Cassazione penale in materia, la riabilitazione non ha modo di operare “quando la pena sia applicata a seguito di sentenza di patteggiamento, perché l’eliminazione di ogni effetto penale che ad essa consegue è in tutto equivalente a quella conseguente all’estinzione del reato nel termine di legge in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti” (Cass., n. 1605 del 2006, già cit.), ovvero l’estinzione del reato di cui all’art. 445 c.p.p. opera ipso iure e, pertanto, si rivela del tutto insussistente la necessità per l’interessato di chiedere ed ottenere, al fine di poter usufruire dei vantaggi derivanti dagli effetti discendenti dall’estinzione del reato, una formale declaratoria in tal senso da parte del giudice dell’esecuzione (cfr., ex multis, Sez. VI, 18 febbraio 2016, n. 6673;
Sez. V, 22 dicembre 2014, n. 20068;
15 aprile 2014, n. 27906), precisando, peraltro, in aggiunta che, nei medesimi termini, ha avuto modo di pronunciarsi anche il giudice amministrativo (cfr., tra le altre, C.d.S., n. 1423 del 2016;
n. 2253/2015);

- tutto ciò detto, appare doveroso pervenire alla conclusione che, seppure l’art. 15, comma 2, del d.lgs. n. 235 del 2012 stabilisca che la “sentenza di riabilitazione, ai sensi degli articoli 178 e seguenti del codice penale, è l’unica causa di estinzione anticipata dell’incandidabilità e ne comporta la cessazione per il periodo residuo”, una corretta ricostruzione della portata della norma non può ragionevolmente che condurre a ricomprendere in essa anche le ipotesi che, a livello normativo, si prestano ad essere totalmente equiparate alla riabilitazione, quale – appunto - quella contemplata all’art. 445 c.p.p., tanto più ove si consideri che la previsione in argomento investe situazioni giuridiche soggettive di rilevanza costituzionale (rectius: il diritto di elettorato passivo), ossia situazioni che, oltre ad imporre un’interpretazione restrittiva di tutte le prescrizioni dotate di incidenza negativa sulle stesse, non possono, per converso, non imporre un’interpretazione estensiva o, in ogni caso, una ricostruzione coerente con il regime generale che governa la materia delle previsioni che disciplinano la cessazione dell’incandidabilità, pena, in caso contrario, profili di incostituzionalità dell’art. 15, comma 3, in esame;

- in ragione di quanto in precedenza riportato, l’operato della Sottocommissione è, pertanto, censurabile per la mancata valutazione di profili, afferenti la posizione del ricorrente, di sicura rilevanza e, precipuamente, del verificarsi in relazione a quest’ultima delle condizioni di cui al già menzionato art. 445 c.p.p.;

Ritenuto che, per le ragioni illustrate, il ricorso sia fondato e, pertanto, debba essere accolto;

Ritenuto, peraltro, che – tenuto conto della complessità delle questioni trattate – sussistano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti;

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi