TAR Ancona, sez. I, sentenza 2019-04-26, n. 201900270

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Ancona, sez. I, sentenza 2019-04-26, n. 201900270
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Ancona
Numero : 201900270
Data del deposito : 26 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/04/2019

N. 00270/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00590/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 590 del 2016, proposto da:
A E, M R G, L S, R C, U P, C B, V M, E G, M C, G T, G M O, G M, A F, M A, A P, V C, M D B, F M e G S, in qualità di esercenti la potestà sul minore C M, rappresentati e difesi dagli avvocati T M F e M O, domiciliati ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del TAR Marche in Ancona, via della Loggia 24;

contro

Comune di Amandola, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato W M, domiciliato ex art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del T.A.R. Marche in Ancona, via della Loggia, 24;

nei confronti

G A, rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Forte, con domicilio eletto presso lo studio Chiara Scavo in Ancona, via Santa Margherita 40/A;

Lucio Vitali, Annunziata Mercuri e Eufemio De Angelis, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- del provvedimento del Comune di Amandola 8 giugno 2016, prot. n. 0005565, notificato in più giorni a partire dal 17 giugno sino al 21 giugno 2016, con cui il Responsabile dell'Area Tecnico-Manutentiva invita e costituisce in mora ogni proprietario del fabbricato abusivo di Via Fabio Filzi nn. 45/47 di Amandola, a pagare entro 120 giorni dal ricevimento dell’atto, quanto di pertinenza di ognuno in ragione delle quote millesimali in proprietà sull'intero immobile, determinata ai sensi e degli articoli 36 e 38 DPR 380/2001, con i provvedimenti:

- nota prot. 1044 del 31 gennaio 2009 a firma del Responsabile dell'Area Tecnico Manutentiva del Comune di Amandola che proroga il termine finale del procedimento al 31 dicembre 2016;

- nota Agenzia del Territorio prot. n. 2200/ST/14 del 4 aprile 2008;

- di ogni atto presupposto, preparatorio, consequenziale o comunque connesso;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Amandola e di G A;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2018 il dott. Giovanni Ruiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Su ricorso dell’odierno controinteressato e proprietario confinante G A, con decisione n. 1065/1997, il Consiglio di Stato, Sez. V, in riforma della sentenza di questo Tribunale n. 122/1992, annullò la concessione edilizia n. 88/89 e la successiva variante n. 131/90 rilasciate dal Comune di Amandola per la costruzione di un edificio composto da sedici appartamenti. L'annullamento venne disposto perché non erano stati computati, nella volumetria, due piani sottostrada e il sottotetto.

Di seguito, su richiesta del costruttore, il Comune rilasciò una concessione in sanatoria, ex art. 39 della legge n. 724 del 1994 (condono edilizio), impugnata sempre dal controinteressato G A davanti a questo Tribunale che, con sentenza n. 624 del 2003, respinse il ricorso.

Quest’ultima sentenza veniva anch’essa riformata in appello (Cons. Stato V. 22 maggio 2006 n. 2960), stante la ritenuta inapplicabilità del condono edilizio per opere superiori a mc. 750.

In data 24 maggio 2006, il Comune revocava l’ordinanza di demolizione n. 37 del 1993 essendo stata rilasciata la ricordata sanatoria (tuttavia ormai annullata dalla pronuncia del Consiglio di Stato depositata due giorni prima).

Il provvedimento di revoca veniva impugnato, sempre dall’odierno controinteressato, davanti a questo Tribunale, con il ricorso n. 666 del 2006.

Dopo l’annullamento delle concessioni edilizie originarie e del provvedimento di condono (Legge n. 724 del 1994), il costruttore, in data 8 febbraio 2007, presentava al Comune istanza di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, ex art. 36 del DPR n. 380 del 2001, per la parte di fabbricato conforme alle norme urbanistiche e che corrispondeva ai tre piani sopra il livello stradale. Per la parte residua - che superava la volumetria massima consentita (i due piani sottostrada e il sottotetto) - chiedeva invece l’applicazione dell’art. 38 del DPR n. 380 del 2001 non essendo tecnicamente possibile demolire i due piani seminterrati senza compromettere quelli soprastanti.

Con ricorso n. 296 del 2008, sempre proposto a questo Tribunale dal Sig. Annessi, veniva impugnata la nota in data 11 febbraio 2008 n. 1644 con cui il Comune chiedeva, all’Agenzia del Territorio - Ufficio Provinciale di Ascoli Piceno, di determinare il valore venale delle porzioni abusive del fabbricato per l’applicazione del citato art. 38.

Quest’ultimo provvedimento veniva contestato anche davanti al Consiglio di Stato per ritenuta inottemperanza alla sentenza n. 2960 del 2006;
ricorso poi definito dalla V Sezione con sentenza n. 6288/2008 che escludeva la sussistenza dei presupposti per l’adozione di provvedimenti demolitori del fabbricato o di parti di esso (come chiedeva il ricorrente) e riteneva legittimo l’avvio dei procedimenti di sanatoria ex artt. 36 e 38 con conseguente assegnazione, al Comune, del termine di 120 giorni per concluderli.

Con ricorso n. 597 del 2009, proposto a questo Tribunale, veniva impugnata la delibera di Giunta 8 maggio 2009, n. 64, con cui il Comune determinava in € 23.458,18 l’oblazione ex art. 36 e in € 517.750,00 la sanzione ex art. 38.

La delibera veniva contestata anche davanti al Consiglio di Stato in sede di esecuzione del giudicato di cui alla sentenza n. 6288 del 2008;
con sentenza n. 933 del 2010 la Quinta Sezione, pronunciandosi anche sulla domanda di nomina di un commissario ad acta, così stabiliva:

- ribadiva la conformità al giudicato dell’avvio delle due distinte procedure di sanatoria e dell’elaborazione dei due distinti conteggi per oblazione (art. 36) e sanzione amministrativa (art. 38);

- dichiarava inammissibili le censure riguardanti l’entità delle somme determinate dalla Giunta Comunale poiché non attinenti al giudicato, dando contemporaneamente atto che tali censure sarebbero state comunque esaminate, in primo grado, al momento di trattazione del ricorso n. 597 del 2009.

Con ulteriore ricorso n. 415 del 2011 è stato impugnato l’atto – comunicato con nota del 18 gennaio 2011 - con cui il Comune respingeva la diffida per far dichiarare la decadenza delle procedure di sanatoria ex artt. 36 e 38 stante il mancato pagamento delle somme di cui alla delibera di G.C. n. 64/2009 entro il termine stabilito (60 giorni).

I menzionati ricorsi nn. 666 del 2006, 296 del 2008, 597 del 2009 e 415 del 2011 sono stati trattenuti in decisione in questa stessa udienza. I ricorsi nn. 597 del 2009 e 415 del 2011 sono stati respinti, mentre i ricorsi nn. 666 del 2006 e 296 del 2008 sono stati dichiarati improcedibili.

Oggetto del ricorso in epigrafe è la richiesta di pagamento, da parte del Comune, delle somme di cui alla citata delibera di Giunta Comunale n. 64 del 2009 nei confronti degli acquirenti degli appartamenti venduti dal costruttore, e attuali proprietari.

In particolare, è impugnato il provvedimento del Comune di Amandola 8 giugno 2016, prot. 0005565, con cui il Responsabile dell'Area Tecnico-Manutentiva invita e costituisce in mora ogni proprietario del fabbricato abusivo in esame a pagare entro 120 giorni dal ricevimento dell’atto, quanto di pertinenza di ognuno in ragione delle quote millesimali in proprietà sull'intero immobile la somma determinata ai sensi degli articoli 36 e 38 del DPR n. 380 del 2001.

Il procedimento di riscossione è iniziato con atto 20 del novembre 2012, prot. n. 7745, con cui il Comune di Amandola trasmetteva a tutti i proprietari delle unità immobiliari insistenti nel fabbricato una comunicazione di avvio del procedimento diretto alla "riscossione delle somme dovute ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria per l'edificio ubicato in Comune di Amandola, via Filzi n. 45147, individuato catastalmente al F.42, part.lla 763 (ex 252) a seguito di annullamento delle concessioni edilizie n. 8811989 e n. 131I1990 e della concessione in sanatoria n. 3198".

I provvedimenti in epigrafe sono impugnati con sei articolati motivi di ricorso.

1) Violazione dell'art. 28, della legge n, 689 del 1981 e dei principi in tema di sanzioni - Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti dello stesso procedimento. I ricorrenti ritengono che il preteso diritto del Comune a riscuotere dagli stessi l'importo di euro 517.750,00, quale valore venale delle opere non sanabili e da sanzionare ex art. 38 DPR n, 380 del 2001, sarebbe irrimediabilmente prescritto in quanto, per il citato articolo 28, il diritto di riscuotere le somme dovute si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione, decorrente dal momento dell'irrogazione della sanzione che, nel caso in oggetto, è fissato alla data della determina del 15 maggio 2009, prot. 4868, notificata, peraltro, al solo V L e non invece agli attuali proprietari;

2) Nullità ex art. 21 septies , legge n. 241 del 1990. I ricorrenti ritengono che il procedimento amministrativo - relativo alla sanatoria ex art. 36 del DPR 380/2001 e all'applicazione della sanzione pecuniaria ex art. 38 - non si sia concluso nel termine di 120 giorni fissato del Consiglio di Stato con la decisione n. 6288 del 2008, per cui il provvedimento impugnato, in quanto elusivo o in violazione del giudicato, è nullo e null'altro può pretendere l'amministrazione ormai sfornita di potere di intervento;

3) Violazione dei principi in materia di sanzioni amministrative. I ricorrenti lamentano l'assenza di qualsivoglia colpevolezza dato che sono ritenuti responsabili per l'illecito da altri cagionato senza alcuna conoscenza delle irregolarità e senza poter fare nulla per evitare in origine l'abuso;

4) Violazione degli artt. 36 e 38 del DPR n. 380 del 2001;
degli artt. 1, 7 e ss., della legge n, 241 del 1990. Eccesso di potere sotto vari profili. I ricorrenti rilevano come - ferma restando la sanabilità delle opere - sia la quantificazione dell'oblazione e della sanzione ai sensi degli artt. 36 e 38 DPR n. 380 del 2001, sia la richiesta di pagamento e di costituzione in mora portata dal provvedimento impugnato siano gravemente viziate e illegittime in quanto non è stato consentito ai proprietari di recare il proprio apporto collaborativo anche in ordine al calcolo dei volumi ed alla esatta applicazione dei valori. Inoltre le somme dovute non sarebbero determinate chiaramente;

Il modo di procedere del Comune costituirebbe una palese violazione del principio di imparzialità;

6) Violazione dell'art. 38, DPR n. 380 del 2001 - Eccesso di potere per ingiustizia manifesta. I ricorrenti sostengono che l'illegittimo comportamento tenuto dall'amministrazione non ha consentito la tempestiva contestazione – ai sensi dell'art. 38 del DPR 380 del 2001 - della valutazione effettuata dall'Agenzia delle entrate.

Si sono costituiti il Comune di Amandola e il controinteressato G A (ricorrente nei connessi ricorsi nn. 666 del 2006, 296 del 2008, 597 del 2009 e 415 del 2011) resistendo al ricorso.

Con ordinanza n. 361 del 2016 è stata accolta l’istanza cautelare, in relazione al pregiudizio denunciato dai ricorrenti. Successivamente, a seguito di ordinanza n. 517 del 2018, il contraddittorio è stato esteso, in data 1 agosto 2018, alla curatela fallimentare del costruttore Lucio Vitali, dichiarato fallito precedentemente alla notifica del ricorso in epigrafe.

Alla pubblica udienza del 7 novembre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

1 Va preliminarmente trattata l’articolata eccezione del Comune di Amandola, che afferma la carenza di interesse al ricorso dei ricorrenti. Ad avviso del Comune i ricorrenti non avrebbero alcun vantaggio dall’annullamento del provvedimento in epigrafe, che è conseguenza dell’applicazione degli artt. 36 e 38, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001 (il primo, per l’oblazione con riguardo alla parte sanabile, il secondo con riguardo alla sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, in quanto non è possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino). Infatti detto annullamento – non consentendo la conservazione dell’immobile – ne comporterebbe, per assurdo, la demolizione.

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