TAR Roma, sez. IV, sentenza 2023-11-14, n. 202317010

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. IV, sentenza 2023-11-14, n. 202317010
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202317010
Data del deposito : 14 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/11/2023

N. 17010/2023 REG.PROV.COLL.

N. 03775/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3775 del 2023, proposto da
Reti Televisive Italiane - Rti S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M M, G R, D F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, alla Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Anica - Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Letizia Mazzarelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Po, n. 9;
Ministero della Cultura, Mimit - Ministero delle Imprese e del Made in Italy, non costituiti in giudizio;
Rai - Radiotelevisione Italiana S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Ottavio Grandinetti, Daniele Majori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

previa tutela cautelare, della delibera AGCom n. 424/22/CONS, del 14 dicembre 2022, pubblicata sul sito web istituzionale dell’Autorità in data 30 dicembre 2022, recante “Regolamento in materia di obblighi di programmazione e investimento a favore di opere europee e di opere di produttori indipendenti”;
nonché di ogni altro atto ad essa preordinato, consequenziale o comunque coordinato o connesso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorita per Le Garanzie Nelle Comunicazioni Roma, dell’Anica - Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali e della Rai - Radiotelevisione Italiana S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2023 il dott. Giuseppe Grauso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il presente ricorso Reti Televisive Italiane - RTI S.p.A. ha impugnato la delibera AGCom n. 424/22/CONS, del 14 dicembre 2022, pubblicata sul sito istituzionale dell’Autorità in data 30 dicembre 2022, recante “ Regolamento in materia di obblighi di programmazione e investimento a favore di opere europee e di opere di produttori indipendenti ”, chiedendone l’annullamento sulla base dei seguenti motivi:

I. Violazione dell’art. 12, comma 1, l. 29 luglio 2003, n. 229, in relazione all’art. 1, delibera AGCom 125/16/CONS, ed al par. 3 delle linee guida di cui all’allegato A alla delibera AGCom 211/21/CONS;

II. Violazione e falsa applicazione degli artt. 52, 54 e 55, d.lgs. 8 novembre 2021 n. 208, in relazione all’art. 17, direttiva 2010/13/UE ed alla libertà di prestazione dei servizi nell’Unione. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche della perplessità e della carenza di motivazione;

III. Incompetenza. Violazione dell’art. 57, d.lgs. 8 novembre 2021 n. 208;

IV. Violazione e falsa applicazione, sotto ulteriori profili, degli artt. 52, 54 e 55, d.lgs. 8 novembre 2021 n. 208, in relazione all’art. 17, direttiva 2010/13/UE ed alla libertà di prestazione dei servizi nell’Unione. Eccesso di potere nelle figure sintomatiche della perplessità e della carenza di motivazione;

V. Violazione dell’art. 1, l. 24 novembre 1981, n. 689, anche in relazione all’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo;

2. Si sono costituite in giudizio l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, che chiede l’integrale reiezione del ricorso, e la Rai – Radio Televisione Italiana S.p.a. che si è limitata a depositare una mera memoria formale, nonché la Anica – Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Digitali che ha depositato i verbali di audizione sullo schema di regolamento con il relativo elenco dei partecipanti.

3. All’udienza dell’8 novembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Con il presente ricorso Reti Televisive Italiane S.p.A. ha chiesto l’annullamento della delibera n. 424/22/CONS (recante “ Regolamento in materia di obblighi di programmazione e investimento in favore di opere europee e opere di produttori indipendenti ”), con cui l’Autorità ha adottato il nuovo Regolamento in materia di quote europee, emesso in conseguenza dell’entrata in vigore del nuovo Testo unico dei servizi di media audiovisivi (decreto legislativo n. 208/2021, di seguito solo “TUSMA”) che, nel recepire la direttiva (UE) 2018/1808 (nuova direttiva “SMA”), ha introdotto talune nuove previsioni in materia di quote europee conferendo, al contempo, ad AGCom il compito di dettare la relativa disciplina di dettaglio (cfr. art. 56 del TUSMA).

Le doglianze della ricorrente riguardano la decisione dell’Autorità di eliminare, in occasione dell’adozione del nuovo Regolamento, due disposizioni contenute nella previgente disciplina regolamentare e, segnatamente, quelle che facevano rientrare nel calcolo delle quote di investimento da riservare alla produzione di opere europee i cd. costi di “ post-produzione ” (ossia le spese sostenute per l’adattamento/doppiaggio in italiano delle opere in lingua straniera), nonché i costi di promozione e distribuzione delle opere cinematografiche di espressione originale italiana (ossia i costi pubblicitari sostenuti per la promozione delle opere su diversi canali, come i social network , nonché i costi per la distribuzione delle opere nelle sale cinematografiche).

Ha contestato in particolare la soppressione dal testo della nuova delibera 424/22/CONS, qui impugnata, delle due previsioni degli artt. 3, comma 6 e 5, comma 14, come risulta sia dal testo regolamentare sub all. A alla delibera, sia dalla pag. 30 della delibera stessa, ove si legge che “ all’art. 3, comma 6, è stato eliminato il riferimento alle attività dirette alla realizzazione dell’edizione italiana delle opere …” e che “ all’art. 5, comma 14, è stato soppresso ”.

Si tratta nello specifico della eliminazione dal nuovo testo regolamentare della disposizione di cui al comma 6 dell’art. 3 della delibera 267/22/Cons. nella parte in cui faceva rientrare tra le “ …attività di produzione audiovisiva dei produttori indipendenti … le attività dirette alla realizzazione dell’edizione italiana delle opere stesse” e del comma 14 dell’art. 5 delibera cit. laddove prevedeva che “ Rientrano negli investimenti di cui agli articoli 5 e 7 anche le spese di promozione e distribuzione delle opere cinematografiche di espressione originale italiana”.

5. Parte ricorrente ha lamentato l’illegittimità della scelta di AGCom di eliminare i suddetti costi dalle quote di investimento da riservare alla produzione di opere europee in quanto tale decisione risulterebbe carente di motivazione e in contrasto con la normativa primaria essendo avvenuta senza garantire l’adeguata partecipazione da parte dei soggetti interessati.

Parte ricorrente ha quindi prospettato il rischio – già sottolineato nell’istanza di autotutela del 2023 – di applicazione retroattiva del nuovo regolamento dal quale deriverebbe la possibile esposizione della stessa a sanzioni pecuniarie “ Per il caso di mancato rispetto degli obblighi relativi alle quote di programmazione e di investimento, sono previste, dall’art. 67, comma 2, lett. d), d.lgs. 208/2021 ”, in quanto “ L’art. 1, comma 2, delibera 424/22/CONS prevede l’abrogazione del previgente regolamento di cui alle delibere 595/18/CONS e 24/19/CONS, senza introdurre alcuna disposizione di diritto intertemporale;
ne deriva che sussiste il concreto rischio che le nuove disposizioni siano applicate già a partire dalle verifiche che l’Autorità svolgerà, in applicazione degli artt. 11 e segg. Del regolamento, con riferimento agli investimenti effettuati dai fornitori di servizi di media audiovisivi nell’anno 2022, quando sia i costi di doppiaggio sia le spese di promozione/distribuzione delle opere cinematografiche erano computabili nelle quote di investimento
”.

6. Il ricorso è infondato.

Con un primo profilo di doglianza, la società ricorrente ha contestato la violazione del par. 3 delle “linee guida” in materia, di cui all’allegato A alla delibera 211/21/CONS, per mancata preventiva indizione dell’AIR (Analisi di impatto della regolazione).

La suddetta disposizione indica gli atti regolamentari per i quali è previsto lo svolgimento dell’AIR, menzionando, a titolo esemplificativo, i regolamenti attuativi delle disposizioni dei Testo Unico dei Media Audiovisivi, tra i quali rientra anche il regolamento in contestazione: “ Le modifiche di cui sopra, non preannunciate in alcun modo dallo schema di regolamento posto a consultazione pubblica, hanno avuto luogo al di fuori di qualsiasi forma di partecipazione dei soggetti interessati, ed in assenza di AIR. Tuttavia, non vi è dubbio che le previsioni del regolamento siano idonee a produrre effetti sulle attività delle imprese, ed in particolare dei fornitori di SMAV, che le modifiche in discorso abbiano portata innovativa, e che esse costituiscano esercizio di scelte dell’Autorità tra differenti opzioni disponibili ”.

Il motivo non è suscettibile di favorevole considerazione essendo le deduzioni di parte ricorrente smentite per tabulas dall’espletamento da parte dell’Autorità resistente di un procedimento istruttorio, avviato con delibera n. 267/22/CONS, diretto a modificare, integrare e innovare la previgente disciplina regolamentare di cui alla delibera n. 595/18/CONS (come modificata dalla delibera n. 24/19/CONS) – sottoponendo a consultazione il testo nella sua interezza, e ciò, coerentemente con l’obiettivo di razionalizzare in un unico testo la disciplina europea, al fine di acquisire i contributi dei soggetti interessati su tutte le disposizioni fatte confluire nel nuovo testo – che ha visto la partecipazione di ben tredici soggetti, tra cui anche l’odierna ricorrente all’esito del quale sono stati accolti i “ rilievi formulati da alcuni soggetti intervenienti e valutata la conformità degli stessi al mutato quadro normativo primario, di eliminare dallo schema di regolamento le previsioni che consentivano di considerare i costi di post-produzione e di promozione e distribuzione tra quelli computabili ai fini del calcolo delle quote di investimento nella produzione di opere europee ”.

7. Con un secondo profilo di doglianza la parte ricorrente ha sostenuto l’illegittimità dell’eliminazione dalla quota di investimento in opere europee di produttori indipendenti delle spese di edizione/doppiaggio italiani, in quanto in contrasto con la finalità della suddetta quota di promuovere la produzione e la distribuzione di opere realizzate da produttori indipendenti “ con l’ulteriore scopo di favorire la circolazione delle medesime opere attraverso le frontiere nazionali interne all’Unione ”. Ha sostenuto in tal senso la violazione della linea interpretativa dettata dall’art. 70 dir. 2010/12/UE laddove ha previsto che “ nell’applicare l’articolo 16, gli Stati membri dovrebbero incoraggiare gli organismi di radiodiffusione televisiva ad includere una percentuale adeguata di coproduzioni europee o di opere europee originarie di un altro paese ”.

La mancata inclusione delle spese di produzione darebbe luogo quindi una violazione dei principi di libera circolazione dei servizi, comportando le stesse una restrizione arbitraria alla possibilità dei fornitori di SMAV operanti in Italia di inserire nei loro palinsesti/cataloghi opere originarie di altri Stati membri, atteso che “ può considerarsi notorio il fatto che nel nostro Paese, per consolidatissima tradizione, le opere audiovisive straniere vengono distribuite in sala (se si tratta di film) e offerte al pubblico dai fornitori di servizi di media audiovisivi (qualunque ne sia il genere: film, fiction, serie od altro) in versione doppiata ”.

Il profilo di doglianza è infondato.

Non appare infatti censurabile la decisione dell’Autorità di ritenere, all’interno di una amplissima discrezionalità, propria dei provvedimenti regolamentari, di eliminare dallo schema di regolamento le previsioni che consentivano di considerare i costi di post-produzione e di promozione e distribuzione tra quelli computabili ai fini del calcolo delle quote di investimento nella produzione di opere europee considerandole quali “ costi afferenti a fasi dell’attività diverse, a rigore, dalla semplice “produzione” di un’opera (consistente, invece, nella creazione e realizzazione dell’opera stessa) ritenendo le stesse, attività che si svolgono “a valle” di quest’ultima al fine di consentirne, in un caso, la fruizione ad un pubblico diverso da quello per il quale l’opera è stata creata (il riferimento è i costi di adattamento e doppiaggio in lingua italiana), mentre, nell’altro, la pubblicizzazione dell’opera e la distribuzione della stessa in più luoghi fisici (sono i costi di promozione e distribuzione)”.

Invero, ad avviso del Collegio, non si avvisano contrasti tra il suddetto regolamento e la normativa eurounitaria, posto che la decisione di non conferire più a determinati soggetti tali quote di investimento a titolo di spese di produzione appare configurarsi come una scelta ampiamente discrezionale non idonea a limitare la libera circolazione dei servizi, trattandosi di una mera eliminazione di una modalità incentivale e non di un ostacolo alla libera circolazione. Non si riviene inoltre alcuna disposizione cogente con cui si impone l’attribuzione delle medesime quote di investimento, né alcuna violazione dell’art. 70 dir. 2010/12/UE, citato dalla parte ricorrente, posto che l’attribuzione di tali quote non appare essere l’unico mezzo astrattamente idoneo a “ incoraggiare gli organismi di radiodiffusione televisiva ad includere una percentuale adeguata di coproduzioni europee o di opere europee originarie di un altro paese ”, avendo il legislatore una vastissima discrezionalità nell’individuare altre e diverse modalità incentivali.

8. Con un terzo motivo di doglianza parte ricorrente ha lamentato che l’esclusione da parte dell’Autorità delle spese di promozione/distribuzione delle opere cinematografiche italiane, fra quelle utili ai fini delle quote di investimento, finirebbe per tradursi in un surrettizio incremento della sottoquota relativa alle opere italiane di stretta competenza ministeriale con conseguente violazione dell’art. 57 d.lgs. 208/2021 laddove prevede che le sottoquote in materia di opere audiovisive di espressione originale italiana debbano essere definite, nel rispetto delle percentuali indicate dagli artt. 53 e ss. dello stesso d.lgs., mediante regolamenti dei Ministri dello sviluppo economico e della cultura, adottati ai sensi dell’art. 17, comma 3, l. 23 agosto 1988, n. 400, previo parere dell’Autorità.

Anche il suddetto motivo è infondato, non riscontrando il Collegio nella contestata scelta regolamentare alcuna diretta o indiretta violazione della normativa citata da parte ricorrente, posto che l’esclusione da parte dell’Autorità delle spese di promozione/distribuzione delle opere cinematografiche italiane non appare idonea ad influire sulla sottoquota relativa alle opere italiane.

9. Con il quarto motivo di ricorso parte ricorrente contesta che la modifica all’art. 5 reg. cit. sarebbe in contrasto con la normativa di settore e in particolare con il Titolo VII d.lgs. 208/21, rubricato “ promozione delle opere italiane ed europee da parte dei fornitori ” il quale prevede che i fornitori di SMAV favoriscano “ lo sviluppo e la diffusione ” delle opere europee e indipendenti. La novella regolamentare produrrebbe pertanto un palese disincentivo tanto verso l’introduzione, nei contratti con i produttori indipendenti, di clausole di “ revenue sharing ” quanto, più in generale, all’effettuazione, da parte dei fornitori di SMAV, di investimenti nella promozione e nella distribuzione delle opere cinematografiche.

Anche il suddetto motivo non appare ad avviso del Collegio meritevole di favorevole considerazione, concernendo il suddetto regolamento una scelta fortemente discrezionale dell’Autorità finalizzata alla ripartizione delle spese di produzione e di distribuzione di per sé inidonea a disincentivare lo sviluppo e la diffusione della suddetta tipologia di opere.

9. Con il quinto e sesto motivo di ricorso, parte ricorrente ha sostenuto che in ragione della mancanza di un’espressa disposizione di diritto intertemporale vi sarebbe il rischio di applicazione della nuova disciplina regolamentare già in sede di verifica del rispetto delle quote per l’anno 2022, lamentando di essere esposta, relativamente all’anno 2022 alle sanzioni previste dal nuovo TUSMA per il mancato rispetto delle quote di investimento e lamentando, in secondo luogo, di essere obbligata a rivedere le strategie di investimento, già programmate relativamente al 2023, al fine di garantire il rispetto del nuovo Regolamento.

Ha quindi evidenziato che l’applicazione retroattiva della delibera gravata risulterebbe in contrasto con l’art. 1 della legge n. 689/81, oltre che con il principio nullum crimen, nulla poena sine lege , sancito dall’art. 7 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo nonché del principio di proporzionalità del trattamento sanzionatorio di cui all’art. 10 comma 2 e della medesima Convenzione e dell’art. 21 Cost.

Il motivo è infondato.

Si rileva infatti come lo stesso TUSMA preveda all’art. 70, comma 3, una diposizione intertemporale che stabilisce testualmente che “ le disposizioni contenute in regolamenti dell’Autorità vigenti alla data di entrata in vigore del presente testo unico continuano ad applicarsi fino alla emanazione dei nuovi regolamenti da parte della stessa Autorità ”.

Secondariamente – conformemente con quanto correttamente prospettato dalla difesa erariale – deve osservarsi, in un’ottica di sistema, che nel nostro ordinamento vige il principio tempus regit actum , in base al quale ciascun fatto o atto giuridicamente rilevante deve essere assoggettato alla normativa vigente nel momento in cui si verifica. Ne discende che la verifica in merito al rispetto degli obblighi del 2022, che sarà condotta nel corso del 2023, dovrà essere basata sul quadro regolamentare in vigore fino al 30 dicembre 2022, data di pubblicazione del nuovo regolamento. Appare pertanto corretta la scelta dell’Autorità di non inserire nella delibera gravata una norma transitoria, essendosi ritenuta certa l’applicazione per il futuro della relativa disciplina, alla luce dei principi generali del nostro ordinamento.

Il ricorso deve essere pertanto respinto.

10. Sussistono giustificati motivi per compensare le spese di lite.

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