TAR Torino, sez. II, sentenza 2017-10-25, n. 201701151

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2017-10-25, n. 201701151
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201701151
Data del deposito : 25 ottobre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/10/2017

N. 01151/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00816/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 816 del 2016, proposto da:
M G G, rappresentata e difesa dall'avvocato C S, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Vittorio Emanuele II, 82;

contro

Comune di Lanzo Torinese, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato P F V, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Cernaia, 30;

nei confronti di

G B, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

della determinazione del Responsabile del Settore Urbanistica del Comune di Lanzo Torinese n. 172 Gen n. 1/2016 Urb, in data 28-4-2016, comunicata con nota del Responsabile del Settore Urbanistica in pari data, pervenuta in data 10-5/16-5-2016, avente ad oggetto: "Sanzione per fiscalizzazione ai sensi dell'art. 33 del D.P.R.380/2001 a carico dei sigg.ri G Giovanna, Bianco Fabrizio, Bianco Gianpiero e Bianco Monica. Edificio residenziale ubicato in Via Vittorio Veneto n. 12 e censito al C.T. Fg. 10 n. 185", con la quale, in esito all'istanza di sanatoria presentata dai ricorrenti, è stata disposta dall'Amministrazione comunale, in applicazione dell'art. 33, 2° comma, D.P.R. n. 380/2001 la fiscalizzazione dell'abuso, applicando, a carico di tutte le parti solidalmente, una sanzione di Euro 51.353,49;

della nota in data 4-7-2016 del Responsabile Settore Urbanistica del Comune di Lanzo Torinese, con la quale è stata riscontrata l'istanza presentata dalla ricorrente in data 22-6-2016;

nonché per l'annullamento

di ogni atto presupposto, antecedente, preordinato, consequenziale e comunque connesso, tra i quali, in particolare, occorrendo, eventuali atti istruttori effettuati dall'Amministrazione comunale, allo stato non noti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lanzo Torinese;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 ottobre 2017 la dott.ssa P M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente è proprietaria di parte dell’edificio residenziale sito in via Vittorio Veneto n. 12 nel Comune di Lanzo Torinese;
l’edificio si compone di sei unità immobiliari distinte e la ricorrente è proprietaria dell’unità immobiliare sita al piano rialzato (foglio 10 mappale 185, sub. 2), proprietà pervenutale in forza di successione ereditaria del coniuge B G.

L’edificio è stato costruito in virtù dei seguenti titoli edilizi: nulla osta n. 391/68 per la nuova costruzione e concessione edilizia n. 11/1981 per la realizzazione di servizi igienici, pannelli solari e un camino.

Nell’anno 2015 venivano riscontrati alcuni abusi nel lato destro dell’edificio (non corrispondente a quello in cui si trova la proprietà della ricorrente), in particolare la realizzazione di volumi in eccesso rispetto a quanto assentito nel 1981. La ricorrente ha allora presentato una richiesta di accertamento di conformità per sanare lievi modifiche delle tramezzature interne e delle murature perimetrali, chiedendo di fiscalizzare le parti di abuso non demolibili né sanabili.

Con il provvedimento impugnato, unitariamente indirizzato a tutti i proprietari delle varie porzioni immobiliari, ivi compresi quelli la cui proprietà non è interessata da abusi e quelli che non avevano presentato istanza di sanatoria, l’amministrazione ha rigettato la richiesta e ha integralmente applicato la fiscalizzazione, invocando l’art. 33 del d.p.r. n. 380/2001, quantificando la sanzione cumulativa in € 51.353,49 oltre a chiarire che la sanzione è stata quantificata sulla “differenza tra il volume realizzato e il volume ammissibile sul terreno”.

Lamenta la ricorrente i seguenti vizi dell’atto impugnato:

1) violazione ed erronea applicazione dell’art. 10 bis della l. n. 241/90 e violazione ed erronea applicazione degli artt. 10, 33, 34 e 36 del d.p.r. n. 380/2001;
violazione dell’art. 6 della l.r. Piemonte n. 19/1999 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti;
difetto e/o insufficienza di istruttoria;
illogicità;
contraddittorietà, sviamento.

Contesta la ricorrente in sintesi: che il provvedimento impugnato non è stato preceduto dal prescritto preavviso di diniego;
che la ricorrente non ha chiesto di essere autorizzata ad alcuna demolizione, non essendo interessata da rilevanti abusi;
che il provvedimento è stato adottato del tutto a prescindere dal contenuto delle singole istanze di accertamento di conformità;
che la disposta fiscalizzazione presuppone un ordine di demolizione la cui mancata adozione precluderebbe anche la sanzione pecuniaria;
che il provvedimento invoca l’art. 33 del d.p.r. n. 380/2001 (non coerente con il tipo di abusi ascrivibili alla ricorrente) ma il conteggio della sanzione è stato effettuato sulla scorta dell’art. 34;
che, in ogni caso, i volumi abusivi oggetto di fiscalizzazione possono essere tali solo se raffrontati con quanto assentito con gli esistenti e mai annullati titoli edilizi e non con astratti parametri di edificabilità dell’area.

Da ultimo le istanze di sanatoria sono state separatamente presentate dai singoli proprietari mentre, ingiustificatamente, l’amministrazione avrebbe emesso un provvedimento cumulativo che coinvolge anche soggetti che non hanno presentato alcuna istanza e/o non sono direttamente interessati dalle porzioni di abuso oggetto di contestazione;
infine, quanto al calcolo della sanzione pecuniaria, dovrebbe aversi riguardo al momento di ultimazione delle opere e non al momento di applicazione della sanzione.

La ricorrente ha pertanto chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.

Si è costituita l’amministrazione resistente, contestando in fatto e diritto gli assunti di cui al ricorso.

All’udienza del 15.9.2016 la parti hanno chiesto un rinvio della camera di consiglio;
all’udienza dell’11.10.2016 la parti hanno rinunciato all’istanza cautelare;
all’udienza del 18.10.2017 la causa è stata discussa e decisa nel merito.

DIRITTO

Le censure dedotte risultano fondate per plurimi aspetti sostanziali, che si procede ad illustrare, e che consentono, per contro, di prescindere dal vaglio degli aspetti puramente procedimentali (mancata comunicazione di preavviso di diniego, inversione dell’ordine logico tra ordine di demolizione e fiscalizzazione degli abusi).

La ricorrente è individualmente proprietaria di una unità immobiliare nell’edificio sito nel Comune di Lanzo, via Vittorio Veneto n. 12.

La ricorrente individualmente ha presentato una istanza di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.p.r. n. 380/2001 avente ad oggetto l’unità immobiliare di sua proprietà.

L’amministrazione ha, in conseguenza, emesso un provvedimento con il quale contestualmente ha negato la sanatoria e fiscalizzato gli abusi, e che è stato indirizzato indistintamente a tutti gli attuali proprietari delle varie unità immobiliari di cui all’edificio di via Vittorio Veneto n. 12, prescindendo dalla circostanza che taluni dei destinatari (ad esempio B G) neppure avessero presentato una istanza di sanatoria.

L’amministrazione ha dunque ignorato la sussistenza di proprietà divise (benchè non si tratti di un condominio, resta la suddivisione in singole proprietà individuali e la comunione dei soli spazi comuni, che non consente di trattare l’insieme alla stregua di una proprietà collettiva) e il provvedimento neppure dettaglia gli abusi (tanto meno per singole unità immobiliari), sì da non consentire di qualificarli in termini di variazioni essenziali o parziali.

Né rileva che l’abuso sia stato commesso prima della divisione ereditaria o che, come ricordato da parte resistente, la successione avvenga in universum ius ;
tanto è infatti vero ma ugualmente vero è che la comunione ereditaria non è una proprietà collettiva indivisibile e si scioglie, appunto, con la divisione, che nel caso di specie risulta essere intervenuta.

L’amministrazione non può che individuare i legittimati passivi delle sanzioni in base alla posizione che gli stessi hanno al momento in cui dette sanzioni vengono comminate e, nel caso di specie, a tale momento pacificamente non esisteva alcuna comunione ereditaria, essendo per contro stata effettuata una divisione con assegnazione dei beni in proprietà individuale.

Nel corpo dell’atto impugnato si richiama più volte l’art. 33 del d.p.r. n. 380/2011 (il che sembra presupporre un addebito di costruzione in totale difformità dai titoli edilizi) e tuttavia, nel conteggio allegato al provvedimento, per la determinazione della sanzione pecuniaria sembra essere stato applicato il criterio del doppio del costo di produzione previsto dall’art. 34 del d.p.r. n. 380/2001.

Siffatto confuso modo di procedere, come dedotto in ricorso, è certamente illegittimo.

A fronte di proprietari distinti l’amministrazione doveva innanzitutto effettuare individualizzate valutazioni circa gli abusi che, rispetto alla singola unità immobiliare, possono assumere di volta in volta le caratteristiche di variazioni essenziali o meno;
solo dopo il previo corretto inquadramento di quanto ascrivibile alle singole proprietà diviene possibile applicare (nella corretta sequenza procedimentale) le prescritte diverse tipologie di sanzioni pecuniarie, facendone separata quantificazione.

Pur non comprendendosi l’interesse in questa sede della ricorrente a contestare la mancata previa adozione di un ordine di demolizione (la stessa ricorrente sostiene, infatti, che gli abusi che la interessano individualmente non giustificherebbero un ordine di demolizione), resta evidente che la mancata “individualizzazione” degli addebiti nei confronti dei singoli proprietari non consente neppure di apprezzarne le consistenza in termini di gravità e quindi di coerenti conseguenze sanzionatorie.

Tanto rende illegittimo l’intero procedimento sanzionatorio seguito, sia per quanto riguarda il cumulativo addebito di abusi anche a soggetti che non sono né proprietari dell’immobile su cui insiste l’abuso né vengono individuati come responsabili dell’abuso, sia per quanto riguarda il tipo di sanzione irrogata, che presuppone l’esatta qualificazione in fatto dell’addebito individuale.

Né la problematica muta in considerazione della circostanza, evidenziata dall’amministrazione nelle proprie difese, che la ricorrente incorrerebbe in responsabilità anche in quanto titolare dei titoli edilizi emessi ab origine e congiuntamente in favore suo e del defunto coniuge B G.

Il provvedimento impugnato individua la signora G quale destinataria in qualità di proprietaria in virtù di successione ereditaria;
è evidente che, ove l’amministrazione volesse far valere nei suoi confronti la diversa qualità di responsabile dell’abuso, dovrebbe invocarla espressamente, sottoponendo il diverso titolo di responsabilità al contraddittorio procedimentale.

Ancora, dal provvedimento impugnato, pare che l’amministrazione abbia ritenuto di considerare “abusivo” non quanto edificato in eccesso rispetto ai titoli edilizi effettivamente esistenti e mai annullati, bensì quanto realizzato in eccesso rispetto all’astratta capacità edificatoria dell’area.

Sul punto occorre distinguere: ai fin del diniego di accertamento di conformità certamente una edificazione in esubero rispetto alla capacità edificatoria dell’area può precludere l’accoglimento della domanda;
tuttavia pare al collegio che le sanzioni non possano poi che essere applicate avendo riguardo a quanto oggettivamente realizzato in violazione del titolo edilizio, salvo che l’amministrazione ritenga, ricorrendone i presupposti, di annullare i titoli già rilasciati.

Anche da questo punto di vista, quindi, il provvedimento che non chiarisce quale sia il divario tra ciò che è stato autorizzato e ciò che invece è stato edificato in esubero (rispetto all’autorizzato) ai fini della quantificazione della sanzione, appare illegittimo.

Da ultimo, per contro, ed anche a fini conformativi, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, risulta coerente con la maggioritaria giurisprudenza la scelta dell’amministrazione, ove –previa corretta qualificazione dell’abuso - si tratti di applicare la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 34 del d.p.r. n. 380/2001, di attualizzare il valore del costo di costruzione, non solo in armonia con quanto esplicitamente previsto dall’art. 33 del d.p.r. n. 380/2001, ma anche per impedire una indebita locupletazione da parte del proprietario del bene abusivamente realizzato (in tal senso Cons. St. Sez. V, 23.11.1998 n. 4257;
Cons. St. Sez. V, 30.10.1995 n. 1510;
T.A.R. Napoli, Sez. II, 14.02.2011 n. 929;
T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 15.06.2015, n. 877).

Restano assorbite, a fronte delle riscontrate illegittimità di tipo sostanziale, le contestazioni procedimentali (quali l’omesso invio di un preavviso di diniego della sanatoria, ovvero l’omesso previo ordine di demolizione rispetto alla fiscalizzazione – sul quale peraltro la ricorrente non sembra vantare interesse), ugualmente mosse in ricorso.

Il provvedimento impugnato deve quindi essere annullato.

La pacifica sussistenza di abusi edilizi giustifica la compensazione delle spese di lite.

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