TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2019-10-22, n. 201912128

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2019-10-22, n. 201912128
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201912128
Data del deposito : 22 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/10/2019

N. 12128/2019 REG.PROV.COLL.

N. 09816/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso R.G. n. 9816 del 2018, proposto da M W, rappresentata e difesa dall'avv. C A M C (cod. fisc.: MLSCLG60T20B354D) del Foro di Cagliari ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv . V S (cod. fisc.: SNTVLR85C29F205A) del Foro di Matera, in Roma (RM 00193), via Muzio Clementi, n. 51;

contro

-Dipartimento Funzione Pubblica Presidenza non costituito in giudizio;
-Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, in persona del Dirigente legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
-Ministro per la Pubblica Amministrazione, in persona del Ministro pro- tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti

Collu Maria Luigia, non costituita;

per l'annullamento

-del D.M. del 10 luglio 2018, ID/20320503, adottato dal Ministro della Pubblica Amministrazione (e relativi allegati ed elenchi), con il quale non è stata accolta la domanda della ricorrente di ricollocazione del personale mediante processi di mobilità prevista per i soggetti già dipendenti da organismi militari della comunità atlantica, che hanno presentato richiesta di assunzione a tempo indeterminato nelle amministrazioni dello stato (articolo 7, comma 10-bis, del D.L. 148/2017), in quanto cittadina della Repubblica Federale Tedesca;

-di ogni altro provvedimento presupposto, conseguente o comunque connesso, anche se ora non conosciuto, con riserva di motivi aggiunti e ampliamento impugnazione, fra cui l’elenco informale mai notificato con il quale è stata conclusa la istruttoria, riportato negli allegati dell’atto qui impugnato;

nonché per l’accertamento

del diritto ad essere ricollocata mediante la procedura sopra indicata;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri- Dipartimento per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del giorno 12 luglio 2019, il cons. Concetta Anastasi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;


FATTO

Con atto notificato in data 14.8.2018 e depositato in data 26.8.2018, la ricorrente, cittadina tedesca, arrivata in Italia nel 1987, premetteva che, dalla data del 5 ottobre 1998 sino al 14 febbraio 2017, aveva sempre prestato servizio come insegnante alla Scuola Tedesca Decimomannu in Selargius, collegata alla base “Giovanni Farina”, ove svolgeva le mansioni UA - 03 di insegnante delle seguenti materie: tedesco, matematica, storia, scienze, geografia, educazione artistica, educazione fisica e musica, inclusa la preparazione e la rielaborazione delle lezioni, essendosi, nel frattempo, completamente stabilita in Italia a seguito di matrimonio e nascita di figli.

Esponeva che, a causa della mancanza di alunni, dopo il trasferimento delle Forze Armate Tedesche dalla sede di Decimomannu in Sardegna alla base militare di Sigonella, era stata trasferita presso l'ufficio Amministrazione Forze Armate Tedesche in Italia, sito presso l’Aeroporto Militare di Decimonannu, dove aveva lavorato dal 15 febbraio 2017 sino al licenziamento, avvenuto il 31 dicembre 2017, per chiusura d'installazione.

Precisava che, essendo coniugata con un cittadino italiano da più di venticinque anni, in data 14 marzo 2017, aveva presentato, presso la Prefettura di Cagliari, la domanda di concessione della cittadinanza italiana (protocollo relativo alla pratica: K10/C/0479769).

Esponeva che, come tutti i dipendenti italiani, licenziati per chiusura d'installazione, aveva presentato, in data 4 gennaio 2018, domanda di NASPI all'INPS (identificativo: P5850013) tramite Patronato (numero protocollo: INPS1791040120180000445) nonché, in data 10 gennaio 2018, apposita istanza di assunzione nelle categorie delle amministrazioni dello Stato, in applicazione della Legge 9 marzo 1971, n. 98.

Precisava che, in data 9 aprile 2018, aveva sostenuto, presso il Centro Servizi per il Lavoro a Quartu Sant'Elena (CA), il colloquio e la verifica dello stato di disoccupazione.

Con il presente ricorso, lamentava che, informalmente, aveva appreso che la procedura non aveva avuto esito positivo e che una successiva istanza di riesame in via di autotutela era rimasta senza esito.

Avverso il provvedimento finale, identificato nella non ammissione, disposta con il Decreto del Ministro del 10 luglio 2018, deduceva i seguenti profili di diritto:

1)violazione di legge per difetto di motivazione, violazione per falsa applicazione dell’art.7, comma 10-bis, del D.L. 148/2017. Violazione della L. 241/1990, art. 1 (principio di efficienza) come riformato dalla L. 69/2009 ed art. 2 come riformato dalla L. 69/2009 (obbligo dell’adozione di un provvedimento espresso comunque entro il termine straordinario di centottanta giorni);

L’art. 7, comma 10-bis, del D.L. 148/2017, facendo riferimento alla “cittadinanza italiana” sarebbe applicabile anche al caso di specie, poiché la ricorrente, con protocollo K10/C/0479769 swk 14 marzo 2017, avrebbe presentato domanda di concessione della cittadinanza italiana, che non sarebbe stata ancora riscontrata poiché la P.A. non avrebbe completato il procedimento, ai sensi dell’art. 2 della L. 241/1990, come novellato dalla Legge n. 69/2009.

2) violazione, anche per falsa applicazione, dell’art. 45 e dell’art. 51 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Violazione per falsa applicazione dell’art. 38 D. Lgs. 20 marzo 2001, n. 165. Violazione dell’art. 19, commi I e II , D.LGS. n. 30/2007;

Secondo la giurisprudenza comunitaria e la normativa interna, soltanto alcuni posti di lavoro e funzioni, espressamente indicati nel D.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174 (“ Regolamento recante norme sull'accesso dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche ”), reso ai sensi dell’art. 38 del D. Lgs. 20 marzo 2001, n. 165 (“ Norme

generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” ) potrebbero essere riservati ai cittadini italiani, mentre tutti gli altri posti sarebbero liberamente accessibili ai cittadini degli altri Paesi membri dell’Unione Europea.

3) violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del Decreto Legge 8 aprile n. 59, convertito con modifiche dalla Legge 6 giugno 2008 n. 101;

Nel caso di specie, troverebbe applicazione l’art. 5 del D.L. 8 aprile 2008, n. 59, convertito con modificazioni dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, adottato in esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia Europea, resa in data 26 dicembre 2006 nella causa C371/04, nell’ambito di una procedura di infrazione contro l’Italia, secondo cui sarebbero inapplicabili le disposizioni normative e le clausole dei contratti collettivi contrastanti con tale disposizione e, ai fini dell'accesso, rimarrebbe fermo quanto previsto dall'art. 38 d.lgs 165 del 2001.

Concludeva per l’accoglimento del ricorso, con vittoria di spese.

Con atto depositato in data 7.8.2018, si costituiva l’intimata amministrazione e, con memoria contestualmente depositata, svolgeva le sue deduzioni difensive.

Questa Sezione, con OCI n. 10432 del 29.10.2018, ordinava l’integrazione del contraddittorio, che veniva puntualmente eseguito, come da deposito del 15.11.2018.

Con nota del 10.1.2019, la ricorrente depositava: a) dichiarazione di rinuncia al ricorso R.G. n. 665-18, che aveva proposto, presso il TAR Sardegna, avverso un provvedimento antecedente;
b) il Decreto del 6.8.2019 , di conferimento della cittadinanza italiana.

Questa Sezione, con Ordinanza Cautelare n. 288 del 16.1.2019, accoglieva la domanda di interinale sospensione degli impugnati provvedimenti.

Con memoria depositata in data 11.6.2019, la difesa erariale evidenziava che: a) l’Amministrazione, in adempimento della precitata Ordinanza n. 288 del 16.1.2019, con decreto ministeriale del 27 febbraio 2019, aveva proceduto all’inquadramento della ricorrente nell’area II F3, comparto funzioni centrali, con riserva di rivalutazione dell’atto all’esito della definizione nel merito del giudizio in epigrafe;
b) con nota del 4 aprile 2019, il Dipartimento della Funzione pubblica aveva comunicato alla ricorrente l’avvio, nelle more della definizione del giudizio, della procedura di assegnazione presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (di seguito MIUR), ambito provinciale di Cagliari, condizionata all’effettiva disponibilità delle risorse finanziarie.

Evidenziava altresì che, successivamente, acquisita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze la comunicazione di avvenuta verifica della compatibilità economica dell’assunzione della ricorrente, finanziata a valere sul fondo ex art. 2, comma 100, della legge n. 244 del 2007, il suddetto Dipartimento, con nota in data 1° giugno 2019, inviata anche all’interessata (nonché al suo difensore), ne disponeva l’assunzione e l’inquadramento da parte del MIUR – ambito provinciale di Cagliari, nelle more della definizione nel merito del giudizio, entro il 1° luglio 2019.

Alla pubblica udienza del giorno 12 luglio 2019, il ricorso passava in decisione.

DIRITTO

1.Viene impugnato l’epigrafato provvedimento del 10 luglio 2018, con cui la ricorrente, cittadina tedesca, già insegnante alla Scuola Tedesca Decimomannu in Selargius, collegata alla base “Giovanni Farina, dalla data del 5 ottobre 1998 sino al 14 febbraio 2017, è stata esclusa dall’ assunzione nelle categorie delle amministrazioni dello Stato ai sensi dell’art. 7, comma 10 bis, del D.L. 16.10.2017 n. 148, convertito con Legge 4.12.2017 n. 172, che richiama la Legge 9.3. 1971, n. 98.

2.Con il primo mezzo, si deduce che l’art. 7, comma 10-bis, del D.L. 148/2017, facendo riferimento alla “ cittadinanza italiana ” sarebbe applicabile alla fattispecie in esame, stante che la ricorrente avrebbe presentato, presso la Prefettura di Cagliari, la domanda di concessione della cittadinanza italiana, protocollo K10/C/0479769 swk 14 marzo 2017, che non sarebbe stata ancora riscontrata, poiché la P.A. non avrebbe completato il procedimento, ai sensi dell’art. 2 della L. 241/1990, come novellato dalla Legge n. 69/2009.

La ricorrente, dopo il trasferimento delle Forze Armate Tedesche dalla sede di Decimomannu in Sardegna alla base militare di Sigonella, come gli altri dipendenti italiani, licenziati per la chiusura della medesima installazione, ha presentato domanda di NASPI all'INPS (identificativo: P5850013) tramite Patronato (numero protocollo: INPS1791040120180000445) in data 4 gennaio 2018 nonché domanda di assunzione nelle categorie delle amministrazioni dello Stato in data 10 gennaio 2018, ai sensi dell’art. 7, comma 10 bis, del D.L. 16.10.2017 n. 148, convertito con Legge 4.12.2017 n. 172, che richiama la Legge 9.3. 1971, n. 98.

Risulta in atti che, nelle more del giudizio, la domanda del 14 marzo 2017, intesa ad ottenere la concessione della Cittadinanza Italiana (protocollo relativo alla pratica: K10/C/0479769) è stata accolta con Decreto del Prefetto della Provincia di Cagliari K10/C/479769 del 6.9.2018, notificato il 14.9.2018, a seguito del quale la ricorrente ha regolarmente prestato giuramento in data 19.10.2018.

2.1.Il D.P.R. n. 362/1994 ed il D.M. n. 228 del 1995 prevedono il termine di 730 (settecentotrenta) giorni dalla data di presentazione della domanda, per definire il procedimento di concessione della cittadinanza italiana.

Il conferimento della cittadinanza italiana ha luogo con un provvedimento che non si risolve in un mero " accertamento costitutivo " e che, coinvolgendo massimamente l'interesse pubblico, presuppone valutazioni che possono implicare verifiche approfondite ( ex plurimis : Cons. Stato Sez. III, 3.2.2016 n. 429).

L'articolo 9, comma 1, lettera f), l. n. 91 del 1992 stabilisce che la cittadinanza italiana " può " essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

L'utilizzo dell'espressione evidenziata indica che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato costituisce soltanto un presupposto che consente di proporre la domanda, a cui segue una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana nonché sulle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale ( ex plurimis : Cons. Stato, sez. IV, 16 settembre 1999, n. 1474 e, da ultimo, Cons. Stato, sez. III, 23 luglio 2018, n. 4447). Tale valutazione si estende anche alla correlata assenza di vulnus per le condizioni di sicurezza dello Stato ed in relazione alla quale possono assumere rilievo situazioni che - anche se non caratterizzate nell'immediato da concreta lesività - possano essere tali su un piano potenziale e/o di solo pericolo ( conf .: Cons. Stato, sez. III, 11 maggio 2016, n. 1874).

Il conferimento dello status civitatis , cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del richiedente nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta ( conf. : Cons. Stato, sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;
T.a.r. Lazio, sez. II quater, 18 aprile 2012, n. 3547).

L'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone, quindi, che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante ( conf. : T.a.r. Lazio, sez. II quater, 4 giugno 2013, n. 5565), atteso che, lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi, rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato- comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri.

2.2.Orbene, applicando i precitati principi al caso di specie, si deve ritenere che, alla data del 10.1.2018, di presentazione della domanda di assunzione nelle categorie delle amministrazioni dello Stato, ai sensi dell’art. 7, comma 10 bis, del D.L. 16.10.2017 n. 148, convertito con Legge 4.12.2017 n. 172, che richiama la Legge 9.3. 1971, n. 98, la ricorrente non era in possesso del requisito della cittadinanza italiana e, inoltre, alla medesima data, non era neanche decorso il termine di 730 (settecentotrenta) giorni, previsto dal D.P.R. n. 362/1994 e dal D.M. n. 228 del 1995, dalla data del 14 marzo 2017, di presentazione della domanda di concessione della cittadinanza italiana.

Conseguentemente, nella specie, vertendosi in tema di provvedimento discrezionale, avente effetti costitutivi , non si può ritenere che la ricorrente, alla data del 14 marzo 2017, di presentazione della domanda di concessione della cittadinanza italiana, avesse un diritto al relativo conferimento, come nel caso del conferimento “ jure sanguinis ”.

Pertanto, il primo mezzo si appalesa infondato e va rigettato.

3.Possono essere esaminati congiuntamente il secondo ed il terzo mezzo, giacchè presuppongono la soluzione di identiche questioni.

Il comma 10 bis dell’art. 7 del D.L. 16.10.2017 n. 148, convertito con Legge 4.12.2017 n. 172 recita: “ L'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo, per almeno un anno alla data di entrata in vigore del presente decreto, alle dipendenze di organismi militari della Comunita' atlantica o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, operanti sul territorio nazionale, che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi medesimi adottati entro la medesima data, avviene, a decorrere dal 1º gennaio 2018, nei limiti delle dotazioni organiche delle amministrazioni riceventi, con le modalità previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 gennaio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 3 marzo 2009, adottato in attuazione dell'articolo 2, comma 101, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con assegnazione prioritaria agli uffici delle amministrazioni riceventi collocate nel territorio provinciale o regionale. Le assunzioni di cui al presente comma sono finanziate con le risorse del fondo di cui all'articolo 2, comma 100, della legge n. 244 del 2007, la cui dotazione e' incrementata di 2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018. Le assunzioni di cui al presente comma possono essere disposte nei limiti delle disponibilita' del predetto fondo” .

3.1.La normativa comunitaria, con l’art. art. 51, comma 1, T.F.U.E. (già art. 45, comma 1, Trattato CE), prevede il principio della libera circolazione dei lavoratori e, con l’art. 45 T.F.U.E., vieta le discriminazioni, in base alla nazionalità, nell’accesso alle attività salariate, consentendo agli Stati membri, con il paragrafo 4, in deroga al suddetto divieto, di riservare ai propri cittadini l’accesso agli « impeghi nella pubblica amministrazione », che sono stati restrittivamente definiti dalla Corte di Giustizia Europea come l’insieme degli incarichi che comportano «la partecipazione, diretta o indiretta, all’esercizio dei pubblici poteri e alle mansioni che hanno ad oggetto la tutela degli interessi generali dello Stato o delle altre collettività pubbliche » (principio espresso al punto 10 della sentenza della Corte di Giustizia Europea del 17 dicembre 1980- Commissione c. Belgio- e poi sviluppato con la sentenza della Corte di Giustizia Europea del 10 settembre 2014 - Haralambidis c. Casilli-).

Conseguentemente, al fine di applicare in modo corretto l’eccezione di cui al paragrafo 4 dell’articolo 45 del TFUE, non è possibile aderire ad un concetto di “ pubblica amministrazione ” di carattere “ strutturale e statico ”, ma ad un concetto di carattere “ funzionale e dinamico ”, tale da valorizzare “ la natura specifica delle attività in concreto poste in essere e da vagliarne l’effettiva coessenzialità rispetto alla spendita di poteri di carattere pubblicistico” (cfr.: Cons. Stato, Sez. VI 24.7.2017 n. 3666);

L’art. 38 del D. Lgs. 20 marzo 2001, n. 165 (“ Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” ), in continuità con il previgente art. 37 del d.lgs. 29/1993, consente ai cittadini di altri Stati membri dell’Unione Europea di accedere agli impieghi presso le amministrazioni «che non implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell’interesse nazionale », rinviando ad una fonte regolamentare l’individuazione dei « posti e [del] le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza italiana» .

Il precitato disposto normativo ha trovato attuazione con il D.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174 (“ Regolamento recante norme sull'accesso dei cittadini degli Stati membri dell'Unione europea ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche ”), che, in estrema sintesi, riserva ai cittadini italiani tutti i posti di livello dirigenziale presso le amministrazioni pubbliche nonché gli incarichi che implicano esercizio di pubbliche funzioni presso le Autorità giudiziarie e fiscali, presso il Corpo diplomatico, presso le Forze armate, polizia, forze di mantenimento dell’ordine, etc….

L’attività di insegnante, in base ai criteri ed agli elenchi di cui al D.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174, non rientra tra quelle “ riservate ” ai cittadini italiani, secondo l’eccezione prevista dal paragrafo 4 dell’articolo 45 del TFUE, siccome attuata con il D.P.C.M. 7 febbraio 1994, n. 174.

Al riguardo, si possono richiamare i principi enucleati dalla sentenza Cons. Stato, Ad. Plen., sent. n. 9 del 25.6.2018.

3.2.Nella specie, ancorchè non si verta in tema di “accesso ” in senso stretto al pubblico impiego, possono trovare applicazione i medesimi principi, posto che, in forza dell’art. 11 della Costituzione, l'obbligo di interpretazione conforme al diritto comunitario, sorto in riferimento alle norme non direttamente applicabili, come, in genere, le Direttive ( interpretazione conforme in senso proprio ), è stato esteso, nel tempo, dalla Corte di Giustizia a ogni norma del diritto nazionale che possa confliggere con una norma europea, anche immediatamente applicabile ( interpretazione conforme in senso improprio ), sia primaria (principi generali ) sia derivata ( direttiva) , sia precedente sia successiva alla norma di diritto dell'Unione ( conf.: Corte di Giust. 11.2.2006, C-144/04, Mangold;
19/04/2016, C-441/14).

Conseguentemente, spetta al giudice nazionale dare al diritto interno, in tutti i casi in cui questo gli lascia un margine discrezionale, un'interpretazione e un'applicazione conformi alle esigenze del diritto UE, e, qualora una siffatta interpretazione conforme non sia possibile, spetta al giudice disapplicare le norme nazionali incompatibili ( conf .: Corte Giust. 4 febbraio 1988, C-157/86, Murphy, punto 11 sull’art. 119 del Trattato CEE;
Corte Giust. 4 dicembre 2004, C-397/01, Pfeiffer, punto 114).

Applicando i precitati principi al caso di specie, si deve concludere che il comma 10 bis dell’art. 7 del D.L. 16.10.2017 n. 148, convertito con Legge 4.12.2017 n. 172, nella parte in cui indica i “ cittadini italiani ” va disapplicato ed inteso correttamente come i “ cittadini degli Stati membri dell’Unione Europea” .

Conseguentemente, le censure si appalesano condivisibili.

4. Pertanto, l’impugnato provvedimento applicativo di una norma nazionale in contrasto con il diritto comunitario si appalesa illegittimo e va annullato in parte qua .

5.In definitiva, il ricorso si appalesa fondato e va accolto e, per l’effetto, vanno annullati gli impugnati provvedimenti, in parte qua .

4.La peculiarità della fattispecie induce il Collegio a disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

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