TAR Bolzano, sez. I, sentenza 2017-02-08, n. 201700055

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bolzano, sez. I, sentenza 2017-02-08, n. 201700055
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bolzano
Numero : 201700055
Data del deposito : 8 febbraio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/02/2017

N. 00055/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00102/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa

Sezione Autonoma di Bolzano

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 102 del 2016, proposto da:
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A F T, con domicilio eletto presso la Segreteria del TRGA in Bolzano, via Claudia De’ Medici n. 8;

contro

Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale Militare e della Leva e Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comitato di Verifica per le cause di servizio, in persona dei rispettivi Ministri p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliati in Trento, largo Porta Nuova, 9;

per l'annullamento

- del decreto n. 489/N posizione n. 673907/A del Ministero della Difesa - Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva - II Reparto, in data 8 febbraio 2016,

- del parere del Comitato di Verifica per le cause di servizio, n. 12525/2014, reso nell'adunanza n. 191/2014 del 20.06.2014,

- del parere di riesame emesso dal predetto Comitato, n. 9810/2015 reso nell'adunanza n. 339/2015 del 15.12.2015;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2017 la dott.ssa Edith Engl e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, Caporal Maggiore Scelto dell’Esercito Italiano impugna, invocandone l’annullamento, il decreto n. 489/N posizione n. 673907/A del Ministero della Difesa – Direzione Generale della Previdenza Militare e della leva dd 8.2.2016, - ivi compresi i presupposti parere negativi espressi dal Comitato di verifica per le cause di servizio n. 12525/2014, reso nell’adunanza n. 191/2014 del 20.06.2014 e n. 9810/2015 reso nell’adunanza n. 339/2015 del 15.12.2015, – con il quale l’infermità “ pregresso carcinoma renale Sx trattato con nefectomia pariziale Sx” è stata riconosciuta non dipendente da causa di servizio e denegata, conseguentemente, la concessione dell’equo indennizzo.

Espone il ricorrente di avere partecipato dal 01.08.2006 al 08.02.2007 e dal 03.08.2008 al 06.02.2009 a due missioni internazionali di pace in Kosovo e dall’agosto 2010 al febbraio 2011 ad un’altra missione in Libano, sempre con l’incarico di “meccanico mezzi corazzati – pilota carro recupero 43 B”. Espone, inoltre, che durante i periodi di missione specificati ha dovuto permanere continuamente in siti devastati da bombardamenti (con spostamenti a bordo di camionette aperte) senza essere munito di alcun mezzo di protezione (tute, mascherine e guanti) in relazione all’ambiente altamente inquinato da esalazioni e residui tossici derivanti dalla combustione ed ossidazione dei metalli pesanti causati dall’impatto e dall’esplosione delle munizioni utilizzate per le operazioni belliche, fra le quali anche quelle con l’utilizzo di uranio impoverito per i bersagli corazzati e quelli molto protetti, come le fabbriche di prodotti chimici. Durante le missioni ha mangiato anche cibo approvvigionato in loco.

In data 05.08.2013 al medesimo veniva diagnosticata l’infermità di cui sopra, motivo per cui egli presentava istanza all’Amministrazione per ottenere il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la concessione dell’equo indennizzo per la predetta infermità.

In data 08.07.2013 il ricorrente veniva sottoposto a visita presso la Commissione Medica Ospedaliera (CMO) di Milano che con verbale n. BL/B n. 746 confermava il precedente esito diagnostico, ritenendolo ascrivibile alla Tabelle A categoria 7^.

Il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, in data 20.06.2014 con parere n. 12525/2014 reso nell’adunanza n. 191/2014, dopo aver valutato i precedenti di servizio dell’interessato, perveniva alla conclusione che la patologia in questione non potesse essere riconosciuta come dipendente da fatti di servizio. Tale valutazione negativa è stata confermata nel parere di riesame n. 9810/2015 espresso dal Comitato di Verifica nell’adunanza n. 339/2015 del 15.12.2015.

A sostegno della domanda avanzata il ricorrente deduce un unico articolato motivo, così rubricato: “Illegittimità per violazione dell’art. 2, comma 78, della L. n. 244/207 e dei D.P.R. n. 37/2009, n. 90/2010 e n. 42/2012, violazione del rischio tipizzato e del riparto dell’onere probatorio. Eccesso di potere per erronea interpretazione e/o valutazione della situazione di fatto, difetto d’istruttoria, errore sui presupposti, illogicità, incongruità, inattendibilità, insufficienza, abnormità ed apoditticità della motivazione, manifesta ingiustizia, sviamento. Eccesso di potere illogicità, irrazionalità, contraddittorietà, incongruità, errore sui presupposti, manifesta ingiustizia”.

Il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, costituiti con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trento, contestano la fondatezza del gravame, soffermandosi, in particolare, a rilevare la doverosità del diniego a fronte dei pareri negativi del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio e l’insindacabilità del giudizio-medico legale espresso da tale Comitato, fatto salvo che per manifesta irragionevolezza e/o incongruità, concludono, quindi, per la reiezione delle domande ex adverso avanzate.

Il ricorrente, con successive memorie, ha richiamato l’attenzione sulle circostanze fattuali che hanno caratterizzato l’attività di servizio da lui prestata e, ricordando i molteplici studi clinici in materia, ha ulteriormente evidenziato la sussistenza del nesso causale tra la patologia contratta e l’ambiente gravemente contaminato, in cui ha operato.

La causa è stata, quindi, chiamata e discussa alla pubblica udienza dell’11 gennaio 2017 e, poi, trattenuta in decisione.

Il ricorso è fondato e va accolto.

Nella fattispecie in esame, i pareri medico-legale del Comitato di verifica per le cause di servizio, posti a supporto fondante del diniego impugnato, hanno escluso, invero, la riconducibilità a causa di servizio dell’infermità patita dal ricorrente sulla scorta di una motivazione di stile, stereotipata e, comunque, meramente apparente, sicuramente non in grado di consentire la ricostruzione dell’iter logico-giuridico che ha indotto il Comitato medesimo ad escludere il nesso di causalità tra attività espletata e patologia insorta.

E’ evidente, infatti, che l’affermazione, contenuta nel parere n. 12525/2014 del 20.6.2014, reso nell’adunanza n. 191/2014, che “nei precedenti di servizio dell’interessato non risultano fattori specifici potenzialmente idonei a dar luogo ad una genesi neoplastica. Pertanto è da escludere ogni nesso di causalità o di con causalità non sussistendo nel caso di specie, precedenti infermità o lesioni imputabili al servizio che col tempo possano essere evolute in senso neoplastico” è del tutto generica e non idonea a sorreggere il giudizio di non riconducibilità a causa di servizio del pregresso carcinoma renale Sx trattato con nefectomia parziale Sx.

Ancor più evidente è l’illogicità e la contraddittorietà del giudizio di “non dipendenza da causa di servizio” della patologia in questione nel parere reso in sede di riesame dal Comitato di Verifica quando, alla luce delle osservazioni e della documentazione del ricorrente e comprovanti quantomeno la concausa dei fattori connessi al servizio, afferma che “alla luce delle teorie etiopatogenetiche generalmente più accettate in materia, i principali fattori di rischio per il carcinoma renale si individuano in fattori genetici, preesistenti patologie renali, fattori ormonali, obesità, ipertensione arteriosa, dieta e tabacco. Non si ravvisa, pertanto, tra i possibili fattori esogeni nocivi derivanti dal servizio, alcuno che possa assurgere a valore causale o concausale efficiente nel determinismo della patologia sofferta”, il tutto senza nemmeno verificare se il ricorrente poteva essere ricompreso tra alcuno dei predetti fattori di rischio citati.

I pareri in questione non tengono, invero, in alcun conto il potenziale effetto patogeno dei fattori di rischio menzionati dall’interessato, in particolare dell’essere stato esposto oltre che all’inquinamento atmosferico, alle contaminazioni tossiche provocate dalla combustione ed ossidazione di metalli pesanti causate dall’impatto ed esplosione delle munizione anche all’uranio impoverito sui bersagli, sulle superfici dure, sulle fabbriche chimiche presenti in loco, sui siti ove permaneva durante il servizio di assistenza, su quelli che attraversava durante il servizio di trasporto di aiuti umanitari, sui depositi petroliferi e di altri carburanti, alle esalazioni dei gas di scarico degli automezzi bellici e dei solventi chimici per la pulizia delle armi ed oltre all’esposizione a massicci bombardamenti elettromagnetici.

Sempre sotto il profilo causale avrebbe inciso ulteriormente l’elevato livello di stress cui il ricorrente sarebbe stato sottoposto. Tale situazione di stress avrebbe contribuito ad abbassare le difese immunitarie, peraltro già fortemente compromesse dalla massiccia somministrazione di vaccini cui sono sottoposti i militari impiegati in missioni di pace.

Come ripetutamente chiarito dalla giurisprudenza in materia, anche nel caso in esame va ribadito che l’ormai riconosciuta pericolosità dei menzionati fattori avrebbe dovuto indurre il Comitato di Verifica per le cause di servizio ad evidenziare con chiarezza le ragioni per cui, nello specifico caso sottoposto al suo esame, si dovesse ritenere escluso l’effetto teratogeno dell’esposizione alle polveri dell’uranio impoverito e di nanoparticelle di minerali pesanti e dell’ormai parimenti riconosciuto effetto teratogeno delle vaccinazioni cui era stato sottoposto il ricorrente che ha indotto lo stesso legislatore nazionale a riconoscere l’esistenza di appositi benefici economici in favore del personale interessato (art. 1079 comma 1 del D.P.R. n. 90 del 2010 e già con l’abrogato art. 2 D.P.R. n. 37 del 2009 emendato in attuazione dell’art. 2, commi 78 e 79 della L. 244 del 2007).

Nel caso in esame, invece, il Comitato di Verifica non ha né menzionato quel complesso insieme di fattori di rischio riconducibili all’esposizione di inquinanti in ambito lavorativo (in qualità di meccanico di mezzi corrazzati era particolarmente esposto ad agenti inquinanti e cancerogeni), né tantomeno fornito congrue ragioni per escludere che le particolari condizioni di impiego del ricorrente potessero aver influito sull’insorgere della patologia in contestazione.

La motivazione in ordine alla valutazione dell’effettiva incidenza eziopatogenetica delle condizioni dei luoghi ove il ricorrente ha prestato servizio non solo è insufficiente ma è del tutto mancata.

E tale motivazione si rendeva, peraltro, tanto più necessaria dato che dalla documentazione medica depositata dal ricorrente (in particolare quella contenuta nel Rapporto n. 9/2013 stilato dal dott. S M – doc. 5 del ricorrente) si evince che la presenza di nanoparticelle di metalli pesanti rinvenuta nei frammenti bioptici del medesimo vanno ricondotti all’esposizione ad un inquinamento ambientale respirato o ingerito con cibo contaminato.

Sulla scorta delle considerazioni dianzi evidenziate, la domanda caducatoria va, pertanto, accolta, in quanto fondata, con conseguente annullamento, per quanto di ragione, del decreto impugnato.

Ne deriva l’obbligo del Ministero di pronunciarsi nuovamente sull’istanza del ricorrente, conformando la propria attività ai principi ritraibili dal presente provvedimento.

Per quanto precede il ricorso deve essere accolto con condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio nella misura liquidata in dispositivo.

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