TAR Palermo, sez. I, sentenza 2018-03-23, n. 201800671

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. I, sentenza 2018-03-23, n. 201800671
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201800671
Data del deposito : 23 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 23/03/2018

N. 00671/2018 REG.PROV.COLL.

N. 03023/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3023 del 2017, proposto da:
C C, rappresentato e difeso dagli avvocati S N e M G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. C R, sito in Palermo nella Via Houel n.24;

contro

- il Presidente della Regione Siciliana, l’Assemblea Regionale Siciliana, l’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica e l’U.T.G. - Prefettura di Catania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Palermo, presso i cui uffici, siti in Palermo, via A. De Gasperi n. 81, sono per legge domiciliati;
- l’Ufficio Centrale Circoscrizionale presso il Tribunale di Catania, l’Ufficio Centrale Regionale presso La Corte D'Appello di Palermo, non costituiti in giudizio;

nei confronti

-

FOTI

Angela, rappresentata e difesa dagli avvocati Attilio Luigi Maria Toscano e Christian Paolo Petrina, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Attilio Luigi Maria Toscano, sito in Catania nella Via Milano n.85;
-

MARANO

Jose Marano, rappresentata e difesa dagli avvocati Carmelo Giurdanella, Marco Antoci e Giovanni Antoci, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Carmelo Giurdanella, sito in Palermo nella Via Notarbartolo n.5;
-

ZITELLI

Giuseppe, rappresentato e difeso dall’avv. Claudio Milazzo e domiciliato presso il suo studio, sito in Catania nella Via Crispi n.225;
-

CIANCIO

Gianina,

CAPPELLO

Francesco,

FALCONE

Marco,

PAPALE

Alfio, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- del verbale di proclamazione degli eletti all'Assemblea Regionale Siciliana, relativo al collegio di Catania, disposta dal Presidente dell'Ufficio Centrale Circoscrizionale, adottato il 28 novembre 2017;

- del verbale di ammissione delle liste elettorali provinciali di Catania relative alle elezioni del 5 novembre 2017, allo stato non conosciuto;

- nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale allo stato non conosciuto;

e per il conseguente accertamento

- del diritto dell'odierno ricorrente ad essere proclamato eletto quale deputato dell'Assemblea Regionale Siciliana, con correzione del risultato delle consultazioni elettorali del 5 novembre 2017.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Presidente della Regione Siciliana, dell’Assemblea Regionale Siciliana, dell’Assessorato delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica e dell’U.T.G. - Prefettura di Catania;
nonchè di Angela Foti, di Jose Marano e di Giuseppe Zitelli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2018 il dott. S Z e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.1. Con ricorso, depositato il 22 dicembre 2017, il signor C C ha esposto:

- di essersi candidato, alle elezioni tenutesi il 5 novembre 2017, alla carica di deputato dell’Assemblea regionale siciliana, per il collegio elettorale circoscrizionale della provincia di Catania, con la lista “PDR – Sicilia Futura – PSI – Micari Presidente”;

- di avere ottenuto un numero di preferenze pari a 4.716 mentre la lista “PDR – Sicilia Futura – PSI – Micari Presidente” ha ottenuto nel medesimo collegio circoscrizionale 26.702 voti, corrispondenti al 5,97% dei voti espressi nel collegio della Provincia di Catania con conseguente assegnazione di un solo seggio, risultando così il primo dei non eletti della lista di appartenenza, in quanto classificatosi al secondo posto.

Successivamente alla proclamazione è venuto a conoscenza del fatto che taluni candidati (presentatisi alle elezione in varie liste come indicate nel ricorso) non avevano dichiarato l’insussistenza delle cause di incandidabilità previste dall’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 31 dicembre 2012 (c.d. legge Severino), come imposto dal successivo art. 9, ma si erano limitati a fare riferimento alla circostanza “di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni”. E che molti di detti candidati sono risultati proclamati eletti all’Assemblea Regionale Siciliana.

Il ricorrente - precisato di avere presentato tale dichiarazione - sostiene che ove tali candidati fossero stati legittimamente esclusi dalla competizione elettorale, il risultato elettorale sarebbe stato ben differente e che nell’attribuzione dei 13 seggi spettanti al Collegio di Catania, ben 2 sarebbero stati attribuiti alla sua lista lista “PDR – Sicilia Futura – PSI – Micari Presidente” ed egli sarebbe risultato eletto deputato.

Ha al riguardo prospettato un conteggio ai fini della c.d. prova di resistenza ed ha, pertanto, chiesto l’annullamento, vinte le spese, del provvedimento di proclamazione degli eletti relativo alla circoscrizione di Catania, con conseguente correzione del risultato elettorale e la sua proclamazione alla carica di deputato regionale, per i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione: degli artt. 7 e 9 del d.lgs.vo 31 dicembre 2012, n. 235;
degli artt. 16bis, comma 5 lett.e) e comma 6;
3ter comma 1 della L.r. 29/1951;
Violazione del principio di buon andamento e imparzialità di cui agli artt. 3 e 97 Cost.

Sostiene in sintesi che i candidati controinteressati (appartenenti a varie liste) avrebbero dovuto essere cancellati dalle rispettive liste di appartenenza in quanto avevano omesso di produrre la dichiarazione di accettazione della candidatura completa delle indicazioni richieste dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. n. 235/2012.;
a loro volta le rispettive liste avrebbero dovuto essere escluse dalla competizione elettorale perché non più composte da un numero sufficiente di candidati come imposto dall’art.3ter della L.Reg. n.29/1951.

2) Violazione e falsa applicazione: degli artt. 2bis, 54 e 55 della L.r. 29/1951;
diritto del ricorrente ad ottenere il riconteggio dei voti e la correzione del risultato elettorale con proclamazione dello stesso alla carica di deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana.

Posto che talune liste avrebbero dovuto essere escluse dalla competizione elettorale perché non più composte da un numero sufficiente di candidati come imposto dall’art.3ter della L.Reg. n.29/1951, non si sarebbe dovuto tenere conto dei voti conseguiti dalle liste “Movimento 5 Stelle” (118.709 voti), “Musumeci – Forza Italia – Berlusconi” (68.221 voti) e “N M - #Diventerà Bellissima – Per la Sicilia” (29.324 voti);
con la conseguenza che i voti validi sulla base dei quali determinare il quoziente elettorale non erano 422.254 bensì solamente 206.000. In virtù dei riconteggi dei voti il ricorrente sarebbe risultato proclamato eletto.

1.2. Con decreto presidenziale n. 18 del 5 gennaio 2018, è stata fissata l’udienza per la discussione della controversia, onerando il ricorrente delle notifiche di rito.

1.3. Si sono costituiti in giudizio soltanto tre dei controinteressati intimati: M J (candidata nella lista “Movimento 5 Stelle” nella circoscrizione di Catania e risultata eletta);
F A (candidata nella lista “Movimento 5 Stelle” nella circoscrizione di Catania e risultata eletta);
Z G (candidato nella lista “N M – #Diventerà Bellissima – Per la Sicilia” nella circoscrizione di Catania e risultato eletto).

1.4. M J ha depositato una memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso, poiché infondato, rappresentando, tra l’altro che: la dichiarazione resa era conforme a quella di cui all’art. 15 della l.r. n. 29 del 1951;
era stato fatto un espresso riferimento alle successive modificazioni dell’art. 15, comma 1, della l. n. 55 del 1990 e, pertanto, anche a quelle derivanti dal d.lgs.vo n. 235 del 2012;
si trattava di un’irregolarità formale inidonea a compromettere la validità del procedimento elettorale anche alla luce del principio di strumentalità delle forme.

In via subordinata, ha rilevato che l’Amministrazione regionale aveva dato chiare indicazioni nel senso della legittimità della dichiarazione resa senza un espresso riferimento all’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

In via ulteriormente subordinata, ha rilevato che dal riconoscimento della fondatezza del ricorso non sarebbe derivata la proclamazione della ricorrente quale deputato dell’Assemblea regionale siciliana, ma l’annullamento delle elezioni nel loro complesso, in quanto inficiate da una grave illegittimità coinvolgente una pluralità di candidati.

In via ancora subordinata, ha chiesto che venisse sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 14 del d.lgs. n. 235 del 2012 nella parte in cui estende alle Regioni a statuto speciale l’applicazione dell’art. 9, comma 2, in quanto in contrasto con gli artt. 3, 9, 14 e 15 dello statuto della regione Sicilia approvato con l. cost. n. 2 del 26 febbraio 1948, n. 2.

1.5. F A ha depositato una memoria con cui ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore del giudice ordinario e nel merito ha chiesto il rigetto del ricorso poiché infondato, rappresentando, tra l’altro che: i candidati hanno utilizzato la modulistica fornita dalla Regione Siciliana e che la dichiarazione resa era conforme a quella di cui all’art. 15 della l.r. n. 29 del 1951, sicché in ogni caso le dichiarazioni sarebbero da ritenersi valide per il principio dell’incolpevole affidamento.

1.6. Z G ha depositato memoria di costituzione con cui ha rappresentato, tra l’altro che: i candidati hanno utilizzato la modulistica fornita dalla Regione Siciliana e che la dichiarazione resa era conforme a quella di cui all’art. 15 della l.r. n. 29 del 1951, sicché in ogni caso le dichiarazioni sarebbero da ritenersi valide per il principio dell’incolpevole affidamento e che comunque potrebbe al più configurarsi un’ipotesi di irregolarità formale e pertanto sanabile.

1.7. L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio per l’Assemblea regionale siciliana, per la Presidenza della Regione siciliana, per l’Assessorato Regionale delle Autonomie Locali e della Funzione Pubblica e per l’UTG – Prefetura di Catania;
ha depositato vari documenti ma non ha prodotto scritti difensivi.

1.8. Alla pubblica udienza del 22 marzo 2018, su conforme richiesta dei difensori delle parti presenti come da verbale, il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

2. La controversia ha ad oggetto le elezioni regionali 2017, che il ricorrente assume essere illegittime, in quanto tutti i candidati intimati in giudizio (appartenenti a varie liste) avrebbero dovuto essere cancellati dalle rispettive liste di appartenenza (e dunque esclusi) per non avere reso espressamente la dichiarazione imposta dall’art. 9 del d.lgs.vo n. 235 del 2012;
con la conseguenza che anche le rispettive liste avrebbero dovuto essere escluse dalla competizione elettorale perché non più composte da un numero sufficiente di candidati come imposto dall’art.3 della L.Reg. n.29/1951.

Si è, in particolare, verificato che tali soggetti, confidando nella modulistica e nelle indicazioni date in proposito dall’Amministrazione regionale, avevano dichiarato “di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modificazioni”.

Gli uffici elettorali circoscrizionale li avevano ammessi alla competizione elettorale e, successivamente allo svolgimento delle elezioni, aveva acquisito i rispettivi certificati del casellario giudiziale, da cui non erano risultate condanne ostative.

3. Così ricostruiti i fatti di causa, va preliminarmente esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla controinteressata F A.

L’eccezione è infondata atteso che l’oggetto del giudizio è circoscritto alla regolarità delle operazioni elettorali ed al corretto svolgimento del procedimento elettorale a tutela di posizioni di interesse legittimo, come tali rimesse alla cognizione del Giudice Amministrativo.

4. Può, invece, prescindersi dall’esaminare l’eccezione di disintegrità del contraddittorio nei confronti di taluni controinteressati, formulata dal controinteressato M J, in quanto il ricorso è infondato e va rigettato per le ragioni che si illustreranno.

5. La questione di diritto che Collegio è chiamato a risolvere per la definizione del presente ricorso può riassumersi nei seguenti termini: se al momento della presentazione della candidatura e della allegata autodichiarazione, era necessario un espresso riferimento alla norma sopravvenuta (i.e. art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012) o se, invece, era sufficiente l’indicazione delle disposizioni previgenti (i.e. art. 15 della l. n. 55 del 1990), con rinvio alla successive modificazioni ed integrazioni, anche tenuto conto delle indicazioni date dalla Regione e dell’assenza di condanne ostative.

Invero, questa Sezione si è già pronunciata in senso sfavorevole al ricorrente su questioni identiche con varie sentenze, tra cui le nn. 464 e 470 del 24 febbraio 2018, dalle quali il Collegio non intende discostarsi e le cui ampie motivazioni vengono di seguito ritrascritte.

5.1. Come noto, con il d.lgs.vo n. 235 del 31 dicembre 2012, meglio conosciuto come “legge Severino”, è stato approvato il testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.

L’art. 7 di tale decreto ha, in particolare, ampliato l’elenco dei reati ostativi alle candidature regionali, mentre l’art. 9 ha previsto:

- al comma 1, che, in occasione della presentazione delle liste per le elezioni regionali, ciascun candidato deve rendere, unitamente all’accettazione della candidatura, una dichiarazione sostitutiva attestante l’insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all’art. 7;

- al comma 2, che gli uffici preposti all’esame delle liste dei candidati, entro il termine previsto per la loro ammissione, devono cancellare dalle liste i nomi dei candidati per i quali manca la dichiarazione sostitutiva di cui al comma 1 e di quelli per i quali venga, comunque, accertata, dagli atti o documenti in possesso dell’ufficio, la sussistenza di alcuna delle predette condizioni di incandidabilità.

5.2. In ordine all’interpretazione di tale disposizioni e di quelle di cui ai successivi artt. 10 e 12 (che contengono una disciplina identica relativamente alle elezioni degli enti locali) si registrano in giurisprudenza due diversi orientamenti.

a) Secondo un primo, maggiormente rigoroso, espresso nella decisione della V sezione del Consiglio di Stato n. 5224 del 29 ottobre 2013, riferita proprio a una controversia in materia di elezioni regionali, la dichiarazione “di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall’art. 15, comma 1, l. n. 55/1990 e successive modificazioni” non è incompleta, ma è mancante, in quanto non contiene l’attestazione dell’assenza di cause di incandidabilità previste dalla vigente disciplina. Si ritiene, pertanto, che tale requisito non è colmabile dall’assenza in concreto di tali cause, tanto più che quelle di cui al d.lgs.vo n. 235/2012 sono diverse e maggiori di quelle di cui al precedente art. 15 della l. n. 55/1990.

In senso analogo (seppur con riferimento a elezioni comunali) si è espressa sempre la V sezione nella decisione n. 2388 del 9 maggio 2014 con la quale - per un caso di dichiarazione richiamante l’abrogato disposto di cui all’art. 58 del T.U.EE.LL., anziché quello di cui all’art. 10 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 - si è affermato che: errori del genere determinano una non emendabile violazione delle forme sostanziali del procedimento elettorale;
l’erroneo riferimento al parametro normativo inficia irrimediabilmente un requisito sostanziale della dichiarazione di accettazione della candidatura nella misura in cui il riferimento a una norma abrogata, da un lato, non consente di ricomprendere le ulteriori ipotesi ostative alla candidatura previste da quella sopravvenuta, dall’altro, vanifica la responsabilità penale assunta dal dichiarante. Si è, conseguentemente, precisato che viene in rilievo una dichiarazione incompleta e non meramente irregolare, in relazione a un requisito essenziale (relativo all’elenco delle ipotesi delittuose dichiarate insussistenti), che non può essere integrato successivamente alla scadenza del termine di presentazione delle candidature, pena la violazione della par condicio e la violazione dell’interesse pubblico alla necessaria concentrazione e celerità delle fasi del procedimento elettorale.

b) Al precedente orientamento si contrappone quello più sostanzialista espresso nella decisione della III sezione del Consiglio di Stato n. 1983 del 16 maggio 2016, relativa a elezioni comunali, nella quale si è affermato che le dichiarazioni dei candidati, anche se contengono l’erroneo richiamo all’abrogato art. 58 del T.U.EE.LL. non possono considerare “inesistenti” o “carenti”. Si è, infatti, in presenza di un contenuto semplicemente incompleto, in quanto è incontestabile che i candidati, al di là dell’erroneo riferimento normativo, hanno manifestato la loro volontà di certificare l’assenza, in via generale, delle cause ostative all’incandidabilità, nella consapevolezza delle conseguenze amministrative e anche penali che ne conseguono.

Nello stesso senso si è espressa la stessa sezione nella decisione n. 2123 del 23 maggio 2016, in cui si è precisato che non osta alla qualificazione come incompleta la diversità e, comunque, la non perfetta coincidenza delle cause di incandidabilità previste dall’art. 10 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 rispetto a quelle previste dall’art. 58 del TUELL.

Si è, altresì, affermato che l’interpretazione accolta, ispirata al favor partecipationis, consente la più ampia partecipazione alla competizione elettorale, garantendo, sostanzialmente, il rispetto degli artt. 10 e 12 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 e consentendo, al contempo, l’ineludibile rispetto dei diritti politici costituzionalmente garantiti.

5.3. Il collegio, dopo attenta riflessione, ritiene di aderire al secondo orientamento, in quanto maggiormente rispondente al principio di strumentalità delle forme che governa il procedimento elettorale.

Prima di procedere all’illustrazione delle ragioni in base alle quali si è addivenuti a tale decisione, va chiarito che non rileva che i precedenti della III sezione del Consiglio di Stato sono riferiti alle elezioni comunali piuttosto che a quelle regionali atteso che identica è la disciplina contenuta, relativamente alle elezioni regionali, negli artt. 7 e 9 e, per quanto riguarda quelle comunali, negli artt. 10 e 12.

Con riferimento poi ai richiami a disposizioni non applicabili alle elezioni regionali, deve rilevarsi che da un’attenta lettura delle decisioni si evince che il riferimento è operato per rafforzare la motivazione, la quale è incentrata principalmente sull’affermazione (chiara e netta) che la dichiarazione resa dal candidato con riferimento alla norma abrogata (art. 58 del TUELL corrispondente all’art. 15 della l. n. 55 del 1990), piuttosto che a quella vigente (art. 10 del d.lgs.vo n. 235 del 2012) doveva considerarsi non mancante, ma incompleta e, pertanto, consentiva la successiva regolarizzazione.

Deve, peraltro, rilevarsi che la valenza sistematica attribuita all’art. 17 può essere estesa anche alle elezioni regionali.

Tale disposizione prevede, infatti:

- al comma 1, che sono abrogati, tra gli altri, gli artt. 58 e 59 del TUELL e l’art. 15 della l. n. 55 del 1990;

- al comma 2, che i richiami agli artt. 58 e 59 del TUELL, ovunque presenti, si intendono riferiti, rispettivamente, agli articoli 10 e 11 del presente testo unico.

Orbene, è evidente che il legislatore ha inteso fare riferimento ai richiami contenuti in testi normativi e non anche nelle dichiarazioni rese dai privati;
è, altrettanto, evidente che il presupposto implicito è che gli artt. 10 e 11 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 si pongono in linea di continuità con le corrispondenti disposizioni contenute negli abrogati artt. 58 e 59 del TUELL.

Se così è, non può che ritenersi che anche l’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 (che è identico al successivo art. 10) è la naturale continuazione dell’art. 15 della l. n. 55 del 1990 (che corrisponde agli artt. 58 e 59 del TUELL) e che alla fattispecie in esame può essere estesa l’affermazione fatta dal Consiglio di Stato secondo cui tale rapporto deve ragionevolmente orientare l’interprete anche nel valutare le dichiarazioni erroneamente rese dai candidati con riferimento a una norma che l’art. 17 ha inteso, oltre che abrogare, interamente sostituire, già sul piano normativo.

Sotto questo profilo, va rilevato che, pur non potendosi ritenere che l’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012 possa qualificarsi come “successiva modifica” dell’art. 15 della l. n. 155 del 1990, in quanto lo stesso è stato espressamente abrogato, deve, comunque, ritenersi che tra le due norme vi sia un rapporto di continuità, che consente di estendere la dichiarazione riferita alla norma abrogata a quella sopravvenuta.

5.4. Per quanto riguarda il richiamo all’art. 33, ultimo comma, del d.P.R. n. 570 del 16 maggio 1960, va precisato che lo stesso prevede che la commissione elettorale, entro il ventiseiesimo giorno antecedente la data della votazione, si riunisce per udire eventualmente i delegati delle liste contestate o modificate, ammettere nuovi documenti e deliberare sulle modificazioni eseguite.

Trattasi di una disposizione, riferita alla fase di presentazione delle liste nelle elezioni degli enti locali, alla quale corrisponde, relativamente alle elezioni regionali, l’art. 16 bis della l.r. n. 29 del 20 marzo 1951, aggiunto dall’art. 20 della l.r. n. 7 del 3 giugno 2005, i cui commi 8 e 9 prevedono, rispettivamente, che: in tutti i casi in cui l’ufficio centrale circoscrizionale rilevi irregolarità meramente formali, che si palesano tali da poter essere rapidamente sanate tramite una opportuna correzione o integrazione della documentazione prodotta, invita i delegati delle liste interessate a regolarizzare la documentazione presentata, entro il termine tassativo delle ore 09,00 del giorno dopo;
l’ufficio centrale circoscrizionale torna a riunirsi alla scadenza dell'ulteriore termine breve fissato ai sensi del comma 8, per ammettere nuovi documenti e per udire eventualmente i delegati delle liste e deliberare seduta stante.

Trattasi, a ben vedere, di una disposizione sovrapponibile, la quale, però, non può trovare applicazione nella fattispecie in esame, in cui si contesta non la fase di ammissione, ma quella di proclamazione degli eletti.

5.5. Precisato che gli uffici elettorali nulla hanno contestato in ordine alle dichiarazioni rese dai candidati e che il ricorrente non ha documentato che siano stati presentati ricorsi avverso tali determinazioni, va rilevato che non si pone più un problema di integrazione delle dichiarazioni, ma di verifica del possesso dei requisiti normativamente richiesti da parte dell’ufficio elettorale.

Ed è proprio nell’esercizio di tale potere che gli Uffici elettorali circoscrizionali hanno provveduto ad acquisire i certificati del casellario giudiziale di tutti coloro che avevano presentato la propria candidatura e hanno verificato che nessuno aveva subito condanne ostative. D’altra parte con nota del 5 ottobre 2017, l’Ufficio centrale regionale aveva diramato agli Uffici provinciali la missiva prot. n. 116/2017 del 5 ottobre 2017, con cui la Corte dei Conti per la Regione Sicilia – Sezione Giurisdizionale aveva comunicato che non risultavano “a carico di alcuno dei candidati sentenze di condanna per accertata responsabilità di cui all’art. 248, comma 5, del d.lgs.vo 18 agosto 2000 n. 267”.

Conseguentemente, anche sotto questo profilo, può applicarsi il principio di diritto affermato dalla III sezione del Consiglio di Stato che, adattato alla fattispecie in esame, può essere espresso nel senso che le dichiarazioni, correttamente verificate dall’Ufficio elettorale, erano regolari, sicché correttamente le liste indicate dal ricorrente sono state ammesse alla competizione elettorale e i controinteressati proclamati eletti.

5.6. Accertato che i precedenti della III sezione del Consiglio di Stato contengono principi applicabili alla fattispecie in esame, va rilevato che, come anticipato, l’orientamento espresso nelle stesse è condiviso dal collegio in quanto maggiormente in linea con il principio di strumentalità delle forme il quale, come noto, impone di attribuire valore preminente al favor partecipationis in tutti quei casi in cui la certezza sul rispetto della finalità, alla quale la forma è preordinata, è comunque raggiunta.

Tale principio ha rilievo fondamentale nel procedimento elettorale relativamente al quale è stato condivisibilmente affermato che l’invalidità delle operazioni può essere ravvisata solo quando la mancanza di elementi o di requisiti essenziali impedisca il raggiungimento dello scopo che connota il singolo atto, mentre non possono comportare l’annullamento delle operazioni le mere irregolarità, ossia quei vizi da cui non derivi alcun pregiudizio per le garanzie o la compressione della libera espressione del voto (ex plurimis, Consiglio di Stato, III, 23 maggio 2016, n. 2119 e V, 15 maggio 2015, n. 2920).

Essendo, peraltro, il procedimento elettorale preordinato alla formazione e all’accertamento della volontà degli elettori (anche in considerazione della rilevanza costituzionale della disciplina del diritto di voto ai sensi dell’art. 48 Cost.), si è ritenuto che producano tale effetto invalidante solo quelle anormalità procedimentali che impediscano l’accertamento della regolarità delle operazioni elettorali con effettiva e radicale diminuzione delle garanzie di legge. Le altre anormalità, invece, quali le omissioni di adempimenti formali ovvero le irregolarità comunque inidonee ad alterare in modo irrimediabile il canone della genuinità del voto nel suo complesso, costituiscono delle mere irregolarità tutte le volte che non incidano negativamente sulla finalità che il procedimento persegue, id est l’autenticità, la genuinità e la correttezza degli adempimenti (Cons. Stato, V, 15 luglio 2016, n. 3166 con richiamo a decisione della medesima sezione 19 giugno 2012, n. 3557).

Come rilevato nella decisione della III sezione del Consiglio di Stato n. 2119 del 23 maggio 2016, il principio in questione risulta, inoltre, corroborato dalle considerazioni fatte dalla Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’uomo, rispettivamente, nella sentenza n. 1 del 13 gennaio 2014 e in quella n. 58278 del 16 marzo 2006.

Nella prima è stato evidenziato che le disposizioni sui sistemi elettorali sono ragionevoli se stabiliscono «oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento» di obiettivi legittimi, il che comporta che le medesime disposizioni possono comportare l’esclusione delle liste solo quando siano violate chiare previsioni che precisino le formalità da seguire e le conseguenze derivanti nel caso di loro violazione.

Nella seconda, si è evidenziato che la legislazione elettorale dei singoli Stati deve tendere a procedure volte a determinare l’effettiva volontà del popolo, il che comporta che l’esclusione di una lista può essere disposta solo quando la legge la preveda chiaramente.

5.7. La fattispecie in esame presenta, peraltro, delle peculiarità che inducono, anche su un piano di giustizia sostanziale, a propendere per una soluzione che consenta di ritenere non carente la dichiarazione rese dai controinteressati.

Dagli atti di causa risulta, infatti, che nel “modello di dichiarazione di accettazione della candidatura alla carica di deputato regionale in una lista provinciale” approntato dal servizio V elettorale del Dipartimento delle autonomie locali dell’Assessorato regionale delle autonomie locali e della funzione pubblica risultava espressamente previsto che il candidato “dichiara, inoltre, di non trovarsi in alcuna delle condizioni previste dall'art. 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55 e successive modificazioni” senza alcun riferimento all’art. 7 della d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Risulta, altresì, che la medesima Amministrazione, il 5 ottobre 2017, aveva pubblicato un comunicato stampa in cui aveva confermato che la dichiarazione sostitutiva “resta(va) definita nel modello allegato alle istruzioni” e che come tale sarebbe stata accettata dagli uffici elettorali, fermo restando “i poteri di verifica degli stessi uffici elettorali della Sicilia circa le cause di incandidabilità previste dalla normativa regionale come anche dalla normativa nazionale vigente” e sotto quest’ultimo profilo si era espressamente rinviato alle disposizioni contenute nell’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Dunque la stessa Amministrazione ha fatto applicazione dei principi affermati dalla III sezione del Consiglio di Stato, ritenendo che la dichiarazione riferita all’art. 15 della l. n. 55 del 1990 e successive modifiche era idonea a ricomprendere anche le cause ostative di cui all’art. 7 del d.lgs.vo n. 235 del 2012.

Ne consegue che i candidati hanno fatto ragionevolmente affidamento sulle indicazioni provenienti dall’Autorità preposta alla gestione delle elezioni, risultando per tabulas l’assenza di alcun intento fraudolento di eludere le stringenti prescrizioni della legge Severino, come dimostrato dall’accertata assenza di condanne ostative risultanti dai certificati del casellario giudiziale.

6. In conclusione alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso è infondato e va respinto.

7. Sussistono giustificate ragioni, in considerazione della peculiarità della vicenda contenziosa, per compensare tra le parti le spese di lite.

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