TAR Brescia, sez. I, sentenza 2018-01-15, n. 201800032

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2018-01-15, n. 201800032
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201800032
Data del deposito : 15 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/01/2018

N. 00032/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01191/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1191 del 2008, proposto da:
G F, rappresentato e difeso dall’avv. W S, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, via Inganni 4;

contro

CUNE DI CONCESIO, rappresentato e difeso dall'avv. M B, con domicilio eletto presso il medesimo legale in Brescia, viale Stazione 37;

per l'annullamento

- del provvedimento del responsabile dell’Area Tecnica prot. n. 0026666 del 20 agosto 2008, con il quale è stata archiviata la pratica edilizia prot. n. 0023395 del 17 luglio 2008, riguardante un nuovo ingresso pedonale in via Camerate;

- dell'ordinanza del responsabile dell’Area Tecnica n. 81 del 19 settembre 2008, con la quale è stata ingiunta l’immediata sospensione dei lavori in corso in via Camerate, consistenti nella demolizione parziale di un muro di recinzione per la creazione di un nuovo ingresso pedonale;

- del verbale di sequestro cautelare datato 8 ottobre 2008 riguardante il cantiere relativo al predetto intervento edilizio, proseguito nonostante l’ordinanza n. 81/2008;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Concesio;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2017 il dott. Mauro Pedron;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Considerato quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente è proprietario di un edificio con giardino pertinenziale, situato nel Comune di Concesio, in via Camerate (mappale n. 370).

2. L’area è classificata in zona A2a ( Nuclei di antica formazione - Fabbricati di valore storico, ambientale e tipologico ), ed è sottoposta alla disciplina dell’art. 23 delle NTA del PRG. Tale norma contiene due previsioni rilevanti nel caso in esame. La prima (v. par. B-r) stabilisce che le murature in pietra a recinzione dei broli sono parte integrante dei caratteri storici del contesto, e in quanto tali devono essere conservate in corretto stato di manutenzione, mentre eventuali nuove recinzioni devono essere realizzate in conformità all'esistente. La seconda (v. par. D-2) vieta le nuove aperture e la modifica di quelle esistenti, tranne nel caso di comprovate ragioni di carattere igienico.

3. In vista dell’alienazione di una porzione di edificio, collocata in posizione limitrofa a quella utilizzata come residenza, il ricorrente in data 17 luglio 2008 ha presentato una DIA riguardante, tra l’altro, la realizzazione di un nuovo ingresso pedonale, da aprire nel muro di recinzione su via Camerate, con posa del relativo cancello. In questo modo la porzione immobiliare oggetto di alienazione avrebbe potuto disporre di un più comodo e autonomo accesso.

4. Occorre precisare che nel muro era presente, in un diverso punto, un’altra apertura, poi tamponata. Sulla via pubblica in aderenza al muro si trova una pista ciclopedonale, la cui realizzazione era stata contestata dal ricorrente con nota del 25 marzo 2004, in quanto limitativa dell’accesso alla propria abitazione.

5. Il Comune, con provvedimento del responsabile dell’Area Tecnica del 20 agosto 2008, ha inibito la DIA del 17 luglio 2008, archiviando la pratica edilizia. A sostegno del diniego l’amministrazione ha evidenziato che il nuovo ingresso pedonale interessava una parte di muro non comprendente la tamponatura del vecchio ingresso, e dunque avrebbe modificato una diversa porzione della muratura in pietra, alterando le caratteristiche storiche, architettoniche e ambientali dell’area tra via Camerate e via Martinengo.

6. Nonostante il diniego, il ricorrente ha eseguito comunque l’opera descritta nella DIA.

7. Il responsabile dell’Area Tecnica, con ordinanza n. 81 del 19 settembre 2008, ha ingiunto l’immediata sospensione dei lavori.

8. Poiché i lavori non sono stati interrotti neppure dopo la suddetta ordinanza, la Polizia Locale, con verbale di data 8 ottobre 2008, ha disposto il sequestro cautelare del cantiere ai sensi degli art. 13 e 19 della legge 24 novembre 1981 n. 689, evidenziando la pericolosità dell’ingresso pedonale per l’interferenza con la pista ciclopedonale.

9. Contro i suddetti provvedimenti il ricorrente ha presentato impugnazione, formulando varie censure così sintetizzabili: (i) difetto di motivazione e travisamento, in quanto il muro di recinzione non è sottoposto a un vincolo monumentale, e non potrebbe subire dall’intervento alcun particolare pregiudizio;
(ii) violazione dell’art. 23 commi 1 e 6 del DPR 6 giugno 2001 n. 380, in quanto l’inibizione della DIA del 17 luglio 2008 è stata adottata solo il 20 agosto 2008, e notificata il 23 agosto 2008, ossia oltre il termine di trenta giorni;
(iii) inapplicabilità agli abusi edilizi del sequestro cautelare ex art. 13 e 19 della legge 689/1981, non potendo essere disposta la confisca del bene.

10. Il Comune si è costituito in giudizio, chiedendo la reiezione del ricorso.

11. Nella relazione del responsabile del Settore Tecnico di data 8 ottobre 2008, depositata dalla difesa comunale il 5 settembre 2017, si sostiene che il muro di recinzione sarebbe in comunione tra il ricorrente e il Comune ai sensi dell’art. 881 comma 3 c.c., in quanto sulla sommità vi è una cuspide con spiovente sia verso l’interno (proprietà del ricorrente) sia verso l’esterno (strada pubblica). Vengono inoltre nuovamente evidenziati i rischi derivanti dalla vicinanza tra l’ingresso pedonale e la pista ciclopedonale.

12. Sulle questioni rilevanti ai fini della decisione si possono svolgere le seguenti considerazioni:

(a) per quanto riguarda la motivazione del provvedimento di inibizione della DIA, si ritiene che siano idonei a tale scopo i riferimenti alle caratteristiche storiche, architettoniche e ambientali dell’area;

(b) attraverso questi riferimenti è richiamata, implicitamente ma chiaramente, la disciplina dell’art. 23 delle NTA per gli edifici ricadenti in zona A2a, che stabilisce, come si è visto sopra, l’obbligo di conservazione delle murature in pietra a recinzione dei broli, e il divieto di praticare nuove aperture non collegate a ragioni di carattere igienico. Nello specifico, il nuovo ingresso pedonale è finalizzato a rendere più comodo l’accesso alle unità abitative risultanti dalla divisione della proprietà privata, e quindi non presenta le caratteristiche richieste per la deroga al divieto di alterazione dei muri del centro storico;

(c) il problema della pericolosità del nuovo ingresso pedonale per l’interferenza con la pista ciclopedonale è evidenziato soltanto nel verbale di sequestro del cantiere di data 8 ottobre 2008. A sua volta, la questione della comproprietà del muro è esposta unicamente nella relazione elaborata dagli uffici comunali in pari data. Questi argomenti non appartengono quindi alla motivazione dell’inibizione della DIA. Non sono però elementi indispensabili per sostenere la decisione negativa del Comune, che trova sufficiente fondamento nell’assenza di conformità urbanistica;

(d) l’aspettativa del ricorrente a realizzare un nuovo ingresso pedonale incontra quindi un ostacolo insormontabile nella disciplina del PRG, che tutela rigorosamente le murature in pietra a recinzione dei broli. La realizzazione di un accesso privo di conformità urbanistica non viene sanata dal decorso del termine di trenta giorni concesso agli uffici comunali dall’art. 23 commi 1 e 6 del DPR 380/2001 per l’inibizione della DIA. In realtà, il superamento di questo termine consolida solo temporaneamente il titolo edilizio, in quanto i poteri di controllo dell’amministrazione non si estinguono, ma assumono la forma dell’annullamento in autotutela;

(e) per il principio di economia degli atti amministrativi non è necessario l’avvio di un distinto procedimento. Decorso il termine di trenta giorni, gli uffici comunali possono adottare direttamente, in luogo dell’inibizione della DIA, un provvedimento di annullamento della stessa. Comunque tale provvedimento sia denominato, il suo effetto è la cancellazione del titolo edilizio formatosi nel frattempo a causa del ritardo nell’inibizione della DIA. Naturalmente, trattandosi di autotutela, devono essere rispettate le condizioni ex art. 21- nonies della legge 7 agosto 1990 n. 241 (distanza temporale non superiore a diciotto mesi, sussistenza di un interesse pubblico, bilanciamento con gli interessi dei destinatari e dei controinteressati);

(f) è però evidente che qualora gli uffici comunali si pronuncino con un lieve ritardo rispetto al termine di trenta giorni, il provvedimento, pur dovendo essere qualificato come annullamento in autotutela, non si differenzia particolarmente dalla normale inibizione della DIA. I privati non hanno ancora maturato un affidamento tutelabile, e quindi la loro posizione non è assimilabile a quella di chi ha conseguito lo stesso beneficio negli anni precedenti, mentre l’interesse pubblico al rispetto della disciplina urbanistica è intatto. Nello specifico, l’amministrazione ha poi dimostrato che accanto al ripristino della situazione di conformità urbanistica vi potrebbe essere un interesse pubblico ulteriore, consistente nella prevenzione dei rischi per i soggetti che utilizzano la pista ciclopedonale;

(g) per quanto riguarda il sequestro del cantiere, disposto dalla Polizia Locale per violazione dell’ordinanza di sospensione dei lavori, la qualificazione come sequestro cautelare ai sensi degli art. 13 e 19 della legge 689/1981 non appare corretta. Questa norma si occupa infatti del sequestro che nella disciplina generale delle sanzioni amministrative pecuniarie anticipa la confisca del bene;

(h) l’irregolarità è però solo nominalistica. La Polizia Locale ha infatti eseguito il sequestro del cantiere abusivo come previsto dall’art. 27 comma 3 del DPR 380/2001;

(i) è stato quindi esercitato un potere espressamente stabilito da una norma, per il caso tipicamente previsto, ossia il conseguimento in via coattiva del risultato dell’ordinanza di sospensione dei lavori. In questo quadro, il richiamo della disciplina generale della legge 689/1981 si deve intendere come un’applicazione analogica, per gli aspetti compatibili delle due tipologie di sequestro.

13. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

14. Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in € 2.000, oltre agli oneri di legge.

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