TAR Firenze, sez. III, sentenza 2024-03-05, n. 202400266
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Pubblicato il 05/03/2024
N. 00266/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01045/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1045 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentate e difese dall'avvocato S N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via dei Rondinelli n. 2;
contro
Comune di Pisa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
del provvedimento prot. n. -OMISSIS- in data -OMISSIS- (pratica n. -OMISSIS-) con il quale la Dirigente della Direzione Urbanistica - Edilizia - Servizio Edilizia Privata del Comune di Pisa ha applicato alle ricorrenti una sanzione ex art. 206 bis comma 1 LRT n. 65/2014 di euro 75.671,48 in relazione all'immobile di cui le medesime erano comproprietarie sito in -OMISSIS-;nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e conseguente ivi compresa in particolare la nota del Responsabile del procedimento in data -OMISSIS- e la non conosciuta nota dirigenziale n. -OMISSIS-;
nonché per l'accertamento dell'obbligo e la condanna del Comune di Pisa alla restituzione a favore delle ricorrenti della somma di euro 69.439,87 oltre ad interessi sulla stessa a far data dal 17.5.2019 e fino al dì del soddisfo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pisa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2024 il dott. Antonio Andolfi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato al Comune di Pisa il 12 luglio 2019 e depositato il 2 agosto 2019, parte ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento numero di protocollo -OMISSIS- del -OMISSIS- con cui è stata applicata la sanzione edilizia prevista dall’articolo 206 bis, comma 1, della legge regionale toscana 65 del 2014 per euro 75.671,48. Chiede inoltre la condanna del Comune alla restituzione della somma di euro 69.439,87, oltre interessi a decorrere dal 17 maggio 2019.
Il Comune di Pisa si costituisce in giudizio il 23 settembre 2019.
Nel contraddittorio scritto precedente l’udienza di merito, il Comune richiama un provvedimento del -OMISSIS- con cui sarebbe stata applicata una sanzione pecuniaria per un importo totale pari ad euro 8332,00.
Parte ricorrente insiste nelle conclusioni prospettate nel ricorso.
Entrambe le parti chiedono la decisione sugli scritti, senza discussione orale.
La causa passa, quindi, in decisione all’udienza del 20 febbraio 2024.
DIRITTO
Con il provvedimento impugnato è stata applicata la sanzione pecuniaria prevista dall’articolo 206 bis della legge regionale toscana numero 65 del 2014 per opere e interventi edilizi eseguiti su immobili con destinazione d’uso residenziale, precedenti la data del 17 marzo 1985.
La sanzione pecuniaria è stata determinata richiamando l’articolo 206 bis, comma 1, della legge regionale 65 del 2014 che prescrive, per le opere e interventi edilizi su immobili con destinazione d’uso residenziale, eseguiti e ultimati in data anteriore al 17 marzo 1985, data di entrata in vigore della legge numero 47 del 1985, in parziale difformità dal titolo abilitativo, qualora, sulla base di motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, l’irrogazione, da parte del Comune, di una sanzione pecuniaria pari al doppio del costo di produzione stabilito in base alla legge numero 392 del 1978, per la parte dell’opera realizzata in difformità dal titolo abilitativo.
In base alla istruttoria del responsabile del procedimento, redatta il -OMISSIS-, il costo di produzione, in base alla legge numero 392 del 1978, attualizzata alla data di adozione del provvedimento, è stato valutato pari ad euro 35.835,74, per cui la sanzione è stata commisurata nella somma di euro 75.671,48, corrispondente al doppio del suddetto costo di produzione.
Con il ricorso, il provvedimento di determinazione della sanzione è impugnato per violazione della legge sul procedimento amministrativo, dell’articolo 32 e dell’articolo 34 del testo unico dell’edilizia, dell’articolo 197 e dell’articolo 206 bis della legge regionale toscana numero 65 del 2014, nonché per violazione dei principi di ragionevolezza, proporzionalità e per eccesso di potere. Ad avviso della parte ricorrente, la sanzione sarebbe illegittima perché il costo di produzione, stimato dalla legge numero 392 del 1978 in euro 139,519 al metro quadrato, è stato rivalutato fino alla data di applicazione della sanzione che, invece, avrebbe dovuto essere calcolata in base al costo di produzione stimato all’epoca della commissione dell’abuso edilizio. La legge statale, articolo 34, comma 2, del d.p.r. 380 del 2001, per il caso di impossibilità della demolizione, prevede una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base a criteri previsti dalla legge numero 392 del 1978. La legge regionale, articolo 206 bis della legge 65 del 2014, per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, con destinazione d’uso residenziale ed anteriori al 17 marzo 1985, prevede un regime sanzionatorio speciale. Il principio stabilito dalla legge statale, per cui l’aumento di valore dell’immobile deve essere calcolato alla data di ultimazione dei lavori, dovrebbe valere anche per la legge speciale regionale, per cui anche la sanzione stabilita dall’articolo 206 bis della legge regionale dovrebbe essere determinata prendendo in esame il costo di produzione dell’epoca di realizzazione delle opere in difformità. Altrimenti gli abusi edilizi più antichi verrebbero sanzionati in misura più pesante rispetto a quelli recenti, per effetto della rivalutazione del costo di produzione e ciò sarebbe in contrasto con il principio per cui, in materia edilizia, gli abusi commessi dopo il 1985 sono più gravi di quelli realizzati in passato.
Preliminarmente deve essere ritenuta inammissibile la difesa comunale, in quanto riferita ad un provvedimento diverso da quello impugnato, sostenendo il Comune che sarebbe stata irrogata alle ricorrenti una sanzione pari ad euro 8332,00, mentre, dagli atti depositati in giudizio, risulta inequivocabilmente che la sanzione pecuniaria è stata determinata nell’importo di euro 75.671,48.
Nel merito, si deve considerare che l’articolo 206 bis della legge regionale toscana 10 novembre 2014, numero 65, determina la sanzione alternativa alla demolizione per opere ed interventi edilizi su immobili con destinazione d’uso residenziale eseguiti in parziale difformità dal titolo abilitativo e anteriori al 17 marzo 1985.
La legge così dispone (al comma 1): “Per le opere ed interventi edilizi su immobili con destinazione d'uso residenziale, eseguiti ed ultimati in data anteriore al 17 marzo 1985, data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive), in parziale difformità dal titolo abilitativo, qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il comune irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio del costo di produzione stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani) della parte dell'opera realizzata in difformità dal titolo abilitativo.”
Nel caso di specie è pacifico che l’intervento è stato realizzato entro il termine di applicazione della legge, così come non è contestata l’entità dell’ampliamento edilizio, essendo la materia del contendere limitata al criterio di calcolo della sanzione pecuniaria.
È opportuno premettere che la giurisprudenza ritiene che l'azione avverso i provvedimenti di determinazione della sanzione edilizia pecuniaria riguarda una situazione giuridica di diritto soggettivo, concernente la sussistenza o meno dell'obbligazione pecuniaria derivante dal compiuto abuso. L'azione si sostanzia, infatti, nella domanda di accertamento dell'assenza dell'obbligo in capo al ricorrente di corrispondere, a titolo di sanzione, i contributi edilizi nella misura quantificata dall'amministrazione comunale e di condanna alla restituzione di quelli medio tempore già pagati e non dovuti. La controversia è riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo a norma dell’art. 133, lett. f), cod. proc. amm. (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. III, 31/10/2016, n. 5013).
Parte ricorrente deduce la illegittimità della sanzione, calcolata rivalutando fino al 2019 ovvero fino al momento di applicazione della sanzione, il costo di costruzione fissato, a suo tempo, dalla legge numero 392 del 1978. Ad avviso della ricorrente, invece, il calcolo avrebbe dovuto essere eseguito prendendo in considerazione il costo di produzione aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso. A sostegno della propria deduzione, parte ricorrente richiama, per analogia, la norma statale di cui all’articolo 33, comma 2, del testo unico dell’edilizia che, per fattispecie analoga, commisura la sanzione pecuniaria al doppio dell’aumento di valore dell’immobile, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri previsti dalla legge 392 del 1978 e con riferimento all’ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso, sulla base dell’indice Istat del costo di produzione. Diversamente, ad avviso della ricorrente, gli abusi risalenti nel tempo sarebbero sanzionati più severamente di quelli recenti, proprio per effetto della rivalutazione del parametro di calcolo della sanzione.
Con riferimento alla norma statale richiamata, per analogia, dalla ricorrente, si deve considerare che essa ha dato luogo a contrasti giurisprudenziali, tanto da essere oggetto di una recente ordinanza del Consiglio di Stato che ne rimette la questione interpretativa all’Adunanza plenaria.
Il Consiglio di Stato, Sez. II, con ordinanza, 13/07/2023, n. 6865, ha stabilito che vanno rimessi all'Adunanza Plenaria i quesiti se con l'espressione "data di esecuzione dell'abuso", di cui all'art. 33, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001 debba intendersi il momento di completamento dell'abuso ovvero quello in cui l'abuso è stato accertato dai competenti uffici pubblici ovvero sia stato denunciato dall'interessato a mezzo della richiesta di un condono o ancora quello di irrogazione della sanzione pecuniaria o demolitoria, intendendosi cioè l'espressione come momento di cessazione dell'abuso. Inoltre, se, in mancanza dei decreti ministeriali di determinazione del costo di produzione per la realizzazione degli immobili ex art. 22 della L. n. 392 del 1978, ai fini della determinazione della giusta sanzione pecuniaria ex art. 33, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001 possa procedersi all'attualizzazione, secondo gli indici ISTAT, al momento di irrogazione della sanzione pecuniaria dei valori risultanti dagli ultimi decreti ministeriali (30 gennaio 1997 e 18 dicembre 1998) ovvero se ancora l'attualizzazione possa essere quanto meno limitata al momento della scoperta dell'abuso o della sua denunzia con istanza di condono.
Nell’ordinanza di rimessione, la seconda Sezione del Consiglio di Stato ha osservato che la disposizione del citato art. 33, comma 2, del d.P.R. 380 del 2001 individua, al fine della determinazione della sanzione, un duplice riferimento temporale: il primo, costituito dalla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri della legge 27 luglio 1978, n. 392 (riguardante il momento dell’intervento edilizio di ristrutturazione in assenza di permesso di costruire o in totale difformità da esso);il secondo, rappresentato dall’ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso dell’indice ISTAT del costo di costruzione. L’utilizzo della combinazione dei predetti criteri e parametri, non è di immediata soluzione poiché, con riferimento al primo profilo, deve rilevarsi l’intervenuta l’abrogazione dell’art. 22 della legge 27 luglio 1978, n. 392 ad opera dell’art. 14 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, sicché l’ultimo decreto adottato su tale base normativa è quello del 18 dicembre 1998;con riferimento al secondo profilo, deve rilevarsi l’equivocità dell’espressione “momento dell’esecuzione dell’abuso” la cui applicazione letterale la farebbe coincidere, mancando gli ulteriori decreti ministeriali de qua, con la data dell’ultimazione dei lavori abusivi o tutt’al più con la data dell’ultimo aggiornamento (d.m. del 18 dicembre 1998).
Nel caso oggetto della presente controversia, tuttavia, non si tratta di applicare la norma di legge statale che ha dato luogo a questi dubbi interpretativi, bensì la norma di cui alla legge regionale 65 del 2014 che, all’articolo 206 bis, per una fattispecie più ristretta e specifica rispetto a quella disciplinata dalla legge statale, essendo riferita alle opere eseguite su immobili con destinazione d’uso residenziale in parziale difformità dal titolo abilitativo e prima del 17 marzo 1985, determina l’importo della sanzione pecuniaria in misura pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 392 del 1978, per la parte dell’opera difforme dal titolo abilitativo.
Si deve considerare che la legge regionale, a differenza di quella statale, non ricollega l’importo della sanzione al momento di completamento dell’abuso, per cui non si pone la questione interpretativa sollevata dalla Sezione remittente del Consiglio di Stato.
Nella fattispecie contemplata dalla legge regionale, si deve ritenere logicamente coerente l’interpretazione per cui il costo di produzione, già fissato in base alla legge del 1978, debba essere necessariamente rivalutato fino alla data di applicazione della sanzione, non facendosi alcun riferimento, nella legge, alla stima del costo di costruzione al momento dell’esecuzione dell’abuso ed essendo conforme ai principi generali dell’ordinamento la applicazione dei parametri per il calcolo di una sanzione amministrativa pecuniaria alla data in cui la sanzione stessa deve essere applicata. Ciò non determina un trattamento più severo nei confronti degli abusi edilizi più antichi rispetto a quelli recenti, essendo già stabilito dalla legge un trattamento differenziato, laddove essa applica un criterio di determinazione della sanzione più favorevole agli abusi commessi prima del 17 marzo 1985, valorizzando il criterio del costo di produzione in alternativa a quello dell’incremento di valore dell’immobile, per cui non è possibile introdurre in sede interpretativa un ulteriore criterio discriminatorio tendente a congelare l’importo della sanzione alla data di commissione dell’abuso, così favorendo gli abusi scoperti a distanza di molto tempo dall’esecuzione delle opere rispetto a quelli tempestivamente sanzionati. Si tratterebbe di una discriminazione non prevista dalla legge, oltre che irragionevole e iniqua.
Si deve considerare, inoltre, che sulla questione di diritto in esame si è già recentemente pronunciata questa Sezione del TAR della Toscana con la sentenza numero 1014 del 7 novembre 2023, laddove si è ritenuta legittima la determinazione della sanzione prendendo a riferimento il dato rilevato dal Ministero LL.PP. con decreto del 18.12.1998, applicando poi l’indice Istat per attualizzarne ulteriormente il valore alla data di irrogazione del provvedimento, in quanto “è al momento della applicazione della sanzione che avviene la permutazione fra l’obbligo della demolizione e quello di pagare una sanzione pecuniaria.”
Il ricorso, pertanto, deve essere respinto, per infondatezza.
Le spese processuali, tenuto conto dei contrasti giurisprudenziali richiamati e della condotta processuale delle parti, devono essere interamente compensate.