TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2023-01-09, n. 202300247

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2023-01-09, n. 202300247
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202300247
Data del deposito : 9 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/01/2023

N. 00247/2023 REG.PROV.COLL.

N. 10448/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10448 del 2017, proposto da Desirée 2012 S.r.l., Mistery S.r.l., Hilary S.r.l., Roma Capitale Real Estate S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’avvocato A C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza Benedetto Cairoli n. 2;



contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



Impugnazione della Deliberazione di Assemblea Capitolina n. 30 assunta nella seduta pubblica del 1/6/2017 (doc. 1), con cui è stato approvato il “Nuovo Regolamento delle Attività Commerciali sulle Aree Pubbliche”, nella parte di cui infra, pubblicata sull’Albo Pretorio on line di Roma Capitale dal 19/6/2017 sino al 3/7/2017, in uno agli atti presupposti, connessi e conseguenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 luglio 2022 la dott.ssa Francesca Mariani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con delibera dell’Assemblea capitolina n. 30 del 1° giugno 2017, pubblicata all’Albo pretorio on line di Roma Capitale dal 19 giugno 2017 al 3 luglio 2017, Roma Capitale ha approvato il “Nuovo Regolamento delle attività commerciali sulle aree pubbliche”.

2. Le ricorrenti, titolari di diverse imprese commerciali su area pubblica esercenti nel territorio comunale, in virtù di autorizzazioni/concessioni a posto fisso, hanno impugnato specifiche previsioni regolamentari contenute nella delibera, delle quali hanno chiesto l’annullamento per diverse ragioni di violazione di legge ed eccesso di potere.

3. Tale Regolamento è stato in seguito modificato con deliberazione dell’Assemblea capitolina n. 29 del 28 marzo 2018, avente ad oggetto “Modifica del Regolamento delle attività commerciali sulle aree pubbliche approvato con deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 30 dell’1 giugno 2017, con ripubblicazione integrale”, nonché nuovamente con il “Nuovo Regolamento delle attività commerciali sulle aree pubbliche”, adottato con la DAC n. 108/2020, con contestuale ripubblicazione integrale del testo.

4. Roma Capitale si è costituita con atto di stile e ha depositato in atti memoria degli uffici nella quale si dà conto delle modifiche intervenute.

5. In vista della discussione nel merito del ricorso, le ricorrenti hanno insistito nelle proprie tesi, dando peraltro atto della sopravvenuta carenza di interesse alla censura svolta – sub lettera L del ricorso – avverso l’art. 16, comma 4, del Regolamento, oggetto delle ricordate modifiche regolamentari nel corso del giudizio.

6. All’udienza pubblica del 19.07.2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.



DIRITTO

1. Preliminarmente il Collegio, in conformità a quanto richiesto da parte ricorrente, dà atto della cessazione della materia del contendere con riferimento all’impugnativa dell’art. 16, comma 4, per essere stato modificato, con la successiva DAC 29/2018, in senso conforme a quanto domandato dalle ricorrenti con l’originaria domanda di annullamento.

2. Sempre in via preliminare deve chiarirsi che l’intervenuta adozione della DAC 108/2020, non gravata, non preclude l’esame del gravame nel suo complesso: come infatti rilevato dalle ricorrenti, e come emerge dalla stessa lettura della delibera del 2020, con tale ultimo provvedimento Roma Capitale si è limitata a modificare soltanto alcune disposizioni della delibera qui impugnata (non riguardanti le previsioni gravate, se non nei limiti in seguito specificati), disponendo, quanto al resto, una mera “ripubblicazione” del testo coordinato, ciò che esclude un effetto novativo e la consequenziale necessità di una tempestiva impugnazione della delibera stessa.

Medesima tecnica di mera ripubblicazione, del resto, era già stata usata nella delibera 29 del 2018 (con la quale pure erano stati modificati solo alcuni articoli della delibera 30/2017), a nulla rilevando la circostanza che alcune disposizioni, conservando il medesimo contenuto che avevano nella originaria delibera, avessero poi assunto una diversa numerazione.

3. Fermo quanto sopra, venendo al merito delle doglianze, le ricorrenti contestano singole disposizioni, lamentando complessivamente “ VIOLAZIONE DI LEGGE (L.R. Lazio n. 33/1999 – Art. 27 e 28 D.Lgs. 114/98 – Intesa Stato-Regioni di cui alla Conferenza Unificata del 5/7/2012 – Delibera di Giunta Regionale del Lazio n. 417/2014 - D.L. 6/12/2011 n. 201 (c.d. decreto salva Italia), convertito in L. 214/2011) – ECCESSO DI POTERE per difetto di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà, illogicità, difetto del presupposto, travisamento di fatto, disparità di trattamento, irragionevolezza, incompetenza ”.

In particolare:

- sub lettera A) è contestata la previsione di cui all’art. 2, comma 1, lett. a), secondo periodo, e lett. b), con cui l’Amministrazione avrebbe disposto un “allargamento” della definizione di “dante causa”, rilevante ai fini dell’anzianità di impresa, anche al precedente affittuario, poiché essa precluderebbe ingiustamente la dovuta sommatoria dell’anzianità per il caso in cui il titolare affitti la azienda e poi la riacquisisca, poiché (come sembra intendersi dal tenore della doglianza e dal non chiarissimo dato testuale) in quel caso il suo “dante causa” sarebbe soltanto l’affittuario e non potrebbe invece farsi valere l’anzianità del precedente titolare di impresa.

In quest’ottica la doglianza è fondata: ed invero, come si evince dalla precedente disposizione di cui all’art. 2, comma 1, lettera a), l’obiettivo della disciplina è quello di premiare l’effettivo esercizio dell’impresa nel tempo, ai fini di selezione (così recita la disposizione ora citata: “ Per anzianità di impresa si intende l’iscrizione quale impresa attiva nel registro delle imprese riferite al commercio su aree pubbliche, collegata nel suo complesso al soggetto titolare dell’impresa al momento della partecipazione alla selezione, cumulata con quella del dante causa al quale sia eventualmente subentrato nella titolarità del posteggio medesimo ). Di conseguenza, considerato che un’impresa data in gestione ad affittuario è comunque effettivamente esercitata, non vi è ragione di prevedere per il titolare che la riacquisisca una limitazione al cumulo dell’anzianità, permettendogli di sommare soltanto l’anzianità dell’affittuario, che, in realtà, già gli pertiene, in quanto meramente derivata.

- sub lettera B) le ricorrenti hanno

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi