TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2016-07-07, n. 201607813

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2016-07-07, n. 201607813
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201607813
Data del deposito : 7 luglio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07934/2015 REG.RIC.

N. 07813/2016 REG.PROV.COLL.

N. 07934/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7934 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e per i Minori – AIAF - e

DONNA CHIAMA DONNA

Onlus, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentate e difese dagli Avv.ti A M e M S D, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Via F. Confalonieri n. 5;

contro

il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore ;
il Sindaco pro tempore di Roma Capitale, nella sua qualità di Ufficiale dello Stato Civile di Roma Capitale;
Danza Mariapia, quale Ufficiale dello Stato Civile di Roma Capitale;

per l’annullamento

RICORSO INTRODUTTIVO:

- della Circolare n. 6/15 del 24.4.2015, prot. n. 1307 del Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Direzione Centrale per i Servizi Demografici, in parte qua;

- ogni di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, anche se non conosciuto dalle ricorrenti;

nonché per l’accertamento

della illegittimità e/o nullità della suddetta circolare n.6/2015 del 24.4.2015, prot. n. 1307 del Ministero dell’Interno - Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Direzione Centrale per i Servizi Demografici nella parte in cui, relativamente all’art. 12, comma 3, terzo periodo, del D.L. 12 settembre 2014, n. 132, stabilisce: “Non rientra, invece, nel divieto della norma la previsione, nell’accordo concluso davanti all’ufficiale dello stato civile, di un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di mantenimento), sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (c.d. assegno divorzile). Le parti possono richiedere, sempre congiuntamente, la modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio già stabilite ed in particolare possono chiedere l’attribuzione di un assegno periodico (di separazione o di divorzio) o la sua revoca o ancora la sua revisione quantitativa” ;

RICORSO PER MOTIVI AGGIUNTI:

per l’annullamento altresì della nota dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia del 31.3.2015, inviata al Ministero dell’Interno - Dipartimento per gli Affari interni e Territoriali - Direzione Centrale per i Servizi Demografici, nonché alla Direzione Generale di Statistica, prot. ingresso del 9.4.2015 n. 0001116, in parte qua .


Visti il ricorso introduttivo ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 3 maggio 2016, il Cons. R T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

I - Le ricorrenti Associazione Italiana degli Avvocati per la Famiglia e i Minori – AIAF e

DONNA CHIAMA DONNA

Onlus, entrambe associazioni senza scopo di lucro che operano nell’ambito della tutela della famiglia e dei diritti civili della persona, espongono che la materia del diritto processuale di famiglia è stata oggetto di un’importante riforma operata con il d.l. n. 132 del 12.9.2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 162/2014, rilevando che le norme di specifico interesse familiare, oggetto del nuovo testo normativo, sono rappresentate dagli artt. 6 e 12 del predetto d.l. n. 132/2014.

I.

1 - In particolare, per quanto qui interessa, l’art. 12 disciplina la nuova procedura di separazione e divorzio e relative modificazioni innanzi all’ufficiale dello stato civile, richiedendo, quale condizione per potervi fare ricorso, che non vi siano figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti.

In questo caso l’accordo tra le parti tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio.

I.

2 - Ulteriore condizione posta è la seguente: “ L’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniale” .

I.

3 - Con una prima Circolare - la n. 19/2014 del 28.11.2014-, il Ministero dell’Interno - Dipartimento per gli Affari interni e Territoriali - Direzione Centrale per i Servizi Demografici, ha interpretato il menzionato art. 12 del d.l. n. 132/2014, escludendo “dall’accordo davanti all’ufficiale qualunque clausola avente carattere dispositivo sul piano patrimoniale, come - ad esempio – l’uso della casa coniugale, l’assegno di mantenimento, ovvero qualunque altra utilità economica tra i coniugi dichiaranti” .

I.

4 - Con successiva Circolare n. 6 del 24.4.2015, il Ministero dell’Interno, nel fornire ulteriori “indicazioni” circa l’applicazione di detta disposizione normativa, ha espressamente modificato il proprio precedente orientamento, affermando: “Non rientra… nel divieto della norma la previsione, nell’accordo concluso davanti all’ufficiale dello stato civile, di un obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico, sia nel caso di separazione consensuale (c.d. assegno di mantenimento), sia nel caso di richiesta congiunta di cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (c.d. assegno divorzile)” .

La circolare ha poi previsto: “... Le parti possono richiedere, sempre congiuntamente, la modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio già stabilite ed in particolare possono chiedere l’attribuzione di un assegno periodico (di separazione o di divorzio) o la sua revoca o ancora la sua revisione quantitativa. Si tratta infatti di disposizioni negoziali che determinano tra i coniugi l’insorgenza di un rapporto obbligatorio che non produce effetti traslativi su di un bene determinato preclusi dalla norma. Al riguardo, appare opportuno precisare che l’ufficiale dello stato civile è tenuto a recepire quanto concordato dalle parti, senza entrare nel merito della somma consensualmente decisa, né della congruità della stessa. Non può invece costituire oggetto di accordo la previsione della corresponsione, in unica soluzione, dell’assegno periodico di divorzio (c.d. liquidazione una tantum) in quanto si tratta di attribuzione patrimoniale (mobiliare o immobiliare)” .

II - La citata Circolare n. 6/2015 è stata impugnata col ricorso introduttivo in esame in parte qua , vale a dire proprio nella parte in cui fornisce detta interpretazione della previsione normativa che esclude i patti di trasferimento patrimoniale dalle ipotesi di separazione o divorzio semplificati, sopra indicati.

III - I motivi di diritto dedotti sono i seguenti:

1) Violazione dell’art. 12, comma 3, del d.l. n. 132/2014, convertito in legge n. 162/2014 - violazione dell’art. 24 Cost. - eccesso di potere per travisamento dei presupposti di diritto.

L’art. 12 del d.l. n. 132/2014 prevede, al comma 3, che l’accordo di separazione consensuale, richiesta congiunta di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione o di divorzio dinanzi all’ufficiale dello stato civile “...non può contenere patti di trasferimento patrimoniale” .

Tale preclusione è prevista dalla norma al chiaro scopo di tutelare i soggetti coinvolti nell’accordo, dinanzi all’utilizzo di una procedura di separazione e divorzio che, in ragione della sua semplificazione, sarebbe suscettibile di provocare storture e potenziali violazioni dei diritti fondamentali dei coniugi stessi.

La disposizione di cui al paragrafo 2 della circolare impugnata, laddove ricomprende nell’ambito degli accordi conclusi dinanzi agli ufficiali dello stato civile anche la disciplina concordata degli obblighi di pagamento di assegni ovvero la modifica, revoca o revisione delle relative condizioni, sarebbe illegittima.

Essa avrebbe carattere innovativo rispetto alla norma di legge cui fa riferimento.

Infatti l’art. 12 del d.l. n. 132/2014 precluderebbe qualsiasi patto “di trasferimento patrimoniale”, non limitandosi a vietare patti dispositivi di beni determinati e non distinguendo, come arbitrariamente farebbe la Circolare, tra prestazioni una tantum e prestazioni periodiche.

Si aggiunge in ricorso che, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 898/1970, il coniuge che sia titolare di assegno divorzile ha diritto alla pensione di reversibilità, in caso di morte dell’ex coniuge ed in assenza di coniuge superstite.

Inoltre, in base al successivo art. 9 bis, “A colui al quale è stato riconosciuto il diritto alla corresponsione periodica di somme di denaro …, qualora versi in stato di bisogno, il Tribunale, dopo il decesso dell’obbligato, può attribuire un assegno periodico a carico dell’eredità...” .

Ancora, il coniuge al quale è stato assegnato l’assegno suddetto, ha diritto, secondo l’art. 12 bis della legge n. 898/1970, “...ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza” .

Infine, l’art. 12 sexies della legge sul divorzio prevede l’applicazione delle pene previste dall’art. 570 c.p. al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno divorzile.

L’interpretazione estensiva o manipolativa dell’art. 12, comma 3, terzo periodo, del d.l. n. 132/2014, contenuta nella circolare n. 6/2014 del Ministero, contrasterebbe anche con l’art. 24 Cost., per palese violazione del diritto alla difesa di quei soggetti che, trovandosi in posizione di debolezza o soggezione verso il proprio coniuge o verso l’ambiente sociale in cui vivono e in cui operano gli ufficiali dello stato civile abilitati a certificare i patti, potrebbero essere indotti ad accordi di tipo patrimoniale lesivi dei propri interessi in un ambito nel quale mancano adeguate garanzie di tutela e dove anzi l’ufficiale di stato civile non può “entrare nel merito della somma consensualmente decisa, né della congruità della stessa” .

Nell’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la Circolare impugnata non violi direttamente l’art. 12, comma 3, del d.l. n. 132/2014, in ricorso si chiede a questo Tribunale di sollevare la questione di legittimità costituzionale della predetta disposizione, come interpretata dal Ministero, per violazione dell’art. 24 della Costituzione.

2) Violazione art. 17 della legge n. 400/1988 - nullità per carenza assoluta di potere - eccesso di potere per incompetenza.

La Circolare impugnata amplierebbe l’ambito applicativo del menzionato art. 12, comma 3, del d.l. n. 132/2014 e, perciò, andrebbe qualificata come circolare regolamento, trattandosi di atto avente la forma tipica della circolare, ma contenuto generale e astratto, idoneo a produrre effetti normativi esterni all’Amministrazione ed innovativo dell’ordinamento giuridico, al pari di un atto regolamentare.

Essa non sarebbe così dotata dei requisiti procedurali, formali e sostanziali prescritti per i regolamenti dalla legge n. 400/1988.

IV - Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio con una memoria con la quale, nel contestare le censure proposte dalle ricorrenti avverso la Circolare n. 6/15, ha richiamato a sostegno delle proprie ragioni il contenuto di una nota del 31.3.2015 del Ministero della Giustizia, allo stesso indirizzata e che ha depositato.

V - Fissata la camera di consiglio del 21.7.2015 per la trattazione della domanda cautelare, il ricorso è stato cancellato dal ruolo del giudizio cautelare, su richiesta di ambedue le parti.

VI - Avverso la predetta nota del Ministero della Giustizia le Associazioni ricorrenti hanno poi proposto i seguenti motivi aggiunti:

3) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e per sviamento - difetto di motivazione - violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241 - incompetenza del Ministero della Giustizia.

Il Ministero dell’Interno, all’atto di costituzione in giudizio, avrebbe riconosciuto di aver assunto la diversa interpretazione dell’art. 12, comma 3, del d.l. n. 132/2014 contenuta nella impugnata circolare n. 6/2015, in tal modo ribaltando il proprio originario convincimento espresso nella precedente Circolare, esclusivamente a seguito del parere proveniente dal Ministero della Giustizia.

Il mutamento di orientamento non risulterebbe peraltro motivato dal Ministero dell’Interno, il quale avrebbe dovuto, quanto meno, spiegare le ragioni per cui dalle tesi giuridiche espresse con Circolare n. 19/2014 poco dopo, con la Circolare n. 6/2015, qui gravata, sia passato ad avvalorare una tesi del tutto opposta.

Il parere del Ministero della Giustizia sarebbe illegittimo, oltre che le ragioni suesposte, altresì in ragione della sua invasione della sfera di competenza di altra Amministrazione, unica competente a disciplinare l’azione degli ufficiali dello stato civile.

VII - La parte ricorrente ha prodotto una memoria difensiva, in vista della pubblica udienza del 3.5.2016, nella quale il ricorso è stato trattenuto in decisione.

VIII - Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

VIII.

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