TAR Salerno, sez. II, sentenza 2024-01-03, n. 202400050

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. II, sentenza 2024-01-03, n. 202400050
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202400050
Data del deposito : 3 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/01/2024

N. 00050/2024 REG.PROV.COLL.

N. 01406/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1406 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
R R P, rappresentata e difesa dall'avvocato M F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via SS. Martiri Salernitani n. 31;

contro

Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, non costituito in giudizio;
Ministero per i Beni Culturali - Roma, Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali - Salerno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;

nei confronti

Comune di Montecorice, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo :

a – del provvedimento prot. n. 0015246 del 27.08.2020, con il quale la Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Salerno ed Avellino ha – tardivamente – espresso parere contrario al rilascio dell'accertamento di compatibilità paesaggistica, precedentemente richiesta dalla ricorrente, con riferimento ad alcuni lavori di sistemazione esterna eseguiti nell'area di giardino pertinenziale all'immobile di proprietà sito alla località San Nicola del Comune di Montecorice.

b – ove e per quanto occorra, della nota prot. n. 13528-P del 28.07.2020, recante la comunicazione dei motivi ostativi;

c - della nota prot. n. 26128 del 03.12.2019, trasmessa solo in data 01.06.2020, recante richiesta di integrazione documentale;

d – di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali ivi compresi, ove adottato, il diniego eventualmente disposto dal Comune

per quanto riguarda i motivi aggiunti :

a – del provvedimento prot. n. 16506 del 14.07.2023, con il quale la Soprintendenza ha comunicato che “il parere di quest'Ufficio conserva tuttora la sua efficacia vincolante, sia nei confronti del privato, che di Codesta Amministrazione Comunale che, pertanto, avrebbe già dovuto adottare il consequenziale diniego dell'istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica, senza alcuna necessità di comunicare il preavviso di diniego”;

b – ove adottato, del diniego comunale di rilascio dell'autorizzazione paesaggistica;

c – ove e per quanto occorra, della nota prot. n. 5830 del 27.06.2023, con la quale il Comune di Montecorice ha comunicato i motivi ostativi;

d – ove e per quanto occorra, della nota prot. n. 6018 del 30.06.2023, con la quale il Comune di Montecorice trasmesso la nota sub c);

e - di tutti gli atti presupposti, connessi, collegati e consequenziali.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni Culturali - Roma e della Soprintendenza Beni Culturali ed Ambientali - Salerno;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 15 dicembre 2023 il dott. R G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 - Con l’atto introduttivo del giudizio parte ricorrente ha impugnato il provvedimento prot. n. 0015246 del 27.08.2020, con il quale la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Salerno ed Avellino ha espresso parere contrario al rilascio dell’accertamento di compatibilità paesaggistica, precedentemente richiesto dalla ricorrente, con riferimento ad alcuni lavori di sistemazione esterna eseguiti nell’area di giardino pertinenziale all’immobile di proprietà della stessa, sito alla località San Nicola del Comune di Montecorice, lavori di adeguamento della preesistente vasca di raccolta dell’acqua piovana in piscina.

2 – La ricorrente aveva avanzato istanza di accertamento di conformità e compatibilità paesaggistica ex art. 167 d.lgs. n. 42/2004;
avendo il Comune competente espresso valutazione positiva, veniva trasmessa la documentazione alla Soprintendenza per il relativo parere sul vincolo paesaggistico, trasmissione degli atti avvenuta il 25 ottobre 2019. Rileva la ricorrente come solo in data 1° giugno 2020, ovvero dopo oltre 240 giorni dal ricevimento della documentazione, la Soprintendenza ha chiesto integrazione documentale sulla pratica in esame;
più specificamente detta richiesta è pervenuta al Comune di Montecorice in data 26.05.2020 (prot. n.3777) ed è stata notificata alla ricorrente in data 01.06.2020. Nonostante la parte privata avesse evidenziato la tardività della richiesta, con il provvedimento del 27 agosto 2020 la Soprintendenza ha espresso parere negativo al rilascio della compatibilità paesaggistica.

3 - Avverso il suddetto provvedimento parte ricorrente formula le seguenti censure:

- con il primo motivo evidenzia come il provvedimento impugnato sia illegittimo in quanto adottato quando sull’istanza di compatibilità depositata dalla ricorrente si era già formato un provvedimento di assenso per silentium ;
infatti il parere è stato reso quando risultavano decorsi i termini di cui agli artt. 10 e 11 del DPR n. 31/2017, con la conseguente formazione del silenzio di cui all’art. 17 bis della legge n. 241 del 1990;

- con il secondo motivo parte ricorrente, da un lato, contrasta la tesi della Soprintendenza secondo cui la disciplina di cui al D.P.R. n. 31/2017 troverebbe applicazione solo “ alle opere a farsi ” e non a quelle di cui al procedimento de quo, cioè di compatibilità paesaggistica di opere già realizzate;
dall’altro lato evidenzia comunque del pari la formazione del silenzio-assenso per decorso del termine di cui all’art. 167, comma 5, d.lgs. n. 42 del 2004, in combinato disposto con l’art.17 bis della legge n. 241/90;
infatti non è stato pronunciato il parere nel termine di 90 giorni dall’acquisizione dei documenti da parte della p.a., stante il fatto che la richiesta di integrazione documentale è giunta al Comune in data 26 maggio 2020 e a niente vale che la richiesta stessa sia stata elaborata in data 3.12.2019;

- con il terzo motivo parte ricorrente evidenzia che, qualora non si dovesse ritenere che nella specie si è formato un silenzio-assenso, ciò non di meno la pronuncia tardiva del parere della Soprintendenza lo ha reso parere non più vincolante, dovendo solo essere preso in considerazione dall’amministrazione che lo ha ricevuto;

- con il quarto motivo si rileva che le opere oggetto di contestazioni rientrano tra quelle non soggette ad autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’Allegato A al DPR n. 31/2017, in particolare tra le opere di cui ai punti A.10 e A.12;
per altro le opere di sistemazione dell’area esterna oggetto della richiesta compatibilità paesaggistica sono anche consentite dalla disciplina di pianificazione paesaggistica;
né vale sostenere che non si rientrerebbe in fattispecie dell’Allegato A al D.P.R. n. 31/2017, dal momento che trattasi di opere che – per quanto accertato dall’U.T.C. congiuntamente ai Carabinieri – consistono in lavori del tutto abusivi, sia per gli aspetti edilizi ed urbanistici;

- con il quinto motivo si contrasta il parere negativo laddove afferma che il parere contrario poiché “ gli abusi da sanare hanno comportato la creazione di una piscina, nonché movimenti di terra e la sopraelevazione di un muro di contenimento con altezze superiori ad un metro, tutte opere che contrastano con le norme tecniche di attuazione del P.T.P. che vietano la realizzazione di opere di sistemazione esterna che comportino alterazione dell’andamento naturale dei terreni e/o la realizzazione di muri di sostegno per altezze superiori a ml 1,00” ;
in realtà l’immobile è presente sia dagli anni 70 e ha fin dall’inizio presentato uno scavo di forma rettangolare di dimensioni pari a mt. 5 x mt. 10,00, realizzato contestualmente all’immobile, in passato destinato alla raccolta di acqua piovana;
esso risulta da planimetria aerofotogrammetrica datata 1984, così che gli abusi da sanare non hanno avuto ad oggetto detta vasca di raccolta dell’acqua piovana, ma i lavori di mero adeguamento di detta vasca al fine di utilizzarla quale piscina, quindi riconducibili alla manutenzione straordinaria di opere assentite;
non è vero che si trattava quindi di opere integralmente abusive e realizzate prima del divieto di autorizzazione postuma;

- con il sesto motivo contesta la richiesta di integrazioni documentali avanzata dalla Soprintendenza e volta a chiarire la data di realizzazione della vasca;
le informazioni sulla vasca sono contenute nella relazione paesaggistica e comunque prima di esprimere parere negativo la Soprintendenza doveva procedere alla richiesta di ulteriori chiarimenti;

- con il settimo motivo parte ricorrente evidenzia che con il provvedimento impugnato la Soprintendenza ha espresso parere contrario all’accoglimento dell’istanza motivando solo con riferimento alle opere di adeguamento della vasca di raccolta dell’acqua piovana e del muro in sovraelevazione, mentre per le altre opere non ha opposto nulla;
sicchè, per tali residue ed autonome opere, avrebbe dovuto comunque esprimere parere favorevole, giammai contrario tout court ;
quanto al muro in sovraelevazione, il quale non potrebbe essere sanato poiché avente un’altezza pari a 1,25 ovvero superiore a quella massima prevista pari a mt. 1,00, parte ricorrente rappresenta che trattasi di muro preesistente e che, in ogni caso, tenuto conto del fatto che l’altezza massima consentita è pari a mt. 1,00, ovvero lo scarto è di appena 25 cm, la P.A. avrebbe dovuto esprimere parere favorevole quantomeno fino al suddetto limite.

4 – Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, il Ministero per i Beni Culturali e la Soprintendenza di Avellino e Salerno. Le amministrazioni statali resistenti evidenziano, da un lato, che il vincolo paesaggistico gravante sul sito in esame deriva dal D.M. 20 marzo 1969, per cui da tale epoca era necessario acquisire la preventiva autorizzazione paesaggistica (già prevista dall’art. 7 della legge n. 1497/1939) per apportare modifiche all’aspetto esteriore dei luoghi e/o dei fabbricati ricompresi nella zona individuata dal predetto provvedimento ministeriale;
dall’altro lato, che non risulta prodotto alcun documento probatorio che possa comprovare in maniera incontrovertibile l’epoca di realizzazione dello scavo preesistente alla realizzazione della piscina, che sarebbe stato già destinato in passato alla raccolta di acqua piovana, né a tal fine possono assumere alcun rilievo probatorio sia le riprese aerofotogrammetriche risalenti al 1984, in quanto successive alla realizzazione dell’opera, sia la stessa dichiarazione sostitutiva che sarebbe stata resa dall’interessata, poiché non supportata da alcun atto certo;
conseguentemente le opere realizzate per la costruzione della piscina non potevano in alcun modo essere inquadrate tra gli interventi di manutenzione straordinaria, dovendosi necessariamente classificare nella categoria della nuova costruzione, così come peraltro operato dallo stesso U.T.C. in sede di sopralluogo di P.G. effettuato congiuntamente con i Carabinieri in data 04/06/18. Quanto alla tempistica procedimentale, l’amministrazione evidenzia che la richiesta di integrazione “ veniva inviata tramite p.e.c. del 04/12/19 ma, a causa di un’errata indicazione dell’indirizzo p.e.c. del Comune di Montecorice (SA) nella rubrica del sistema di protocollo informatico in dotazione all’Ufficio, la stessa non veniva consegnata nella casella istituzionale dell’ente locale ”.

5 – Con ordinanza n. 330 del 2022 la Sezione respingeva la domanda cautelare avanzata da parte ricorrente sulla base della seguente motivazione: “ Ritenuto che non sussiste una situazione di danno grave ed irreparabile, atteso che se, come sostenuto, il parere n. 15246 del 27.08.2020, di segno contrario al rilascio dell’accertamento di compatibilità paesaggistica, fosse effettivamente tardivo, lo stesso sarebbe privo di efficacia vincolante nei confronti del Comune di Montecorice (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2022, n. 2584) ed il presente ricorso sarebbe inammissibile, dacché rivolto avverso un atto non provvedimentale ”.

6 – Con atto di motivi aggiunti parte ricorrente impugna il provvedimento prot. n. 16506 del 14.07.2023, pur dubitando della sua portata lesiva;
con tale atto la Soprintendenza ha comunicato che “ il parere di quest’Ufficio conserva tuttora la sua efficacia vincolante, sia nei confronti del privato, che di Codesta Amministrazione Comunale che, pertanto, avrebbe già dovuto adottare il consequenziale diniego dell’istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica, senza alcuna necessità di comunicare il preavviso di diniego ”. Nei confronti dell’atto gravato parte ricorrente ha articolato i seguenti motivi di impugnazione:

- con il primo motivo aggiunto parte ricorrente evidenzia che il parere reso in data 27.08.2020 è tardivo e, quindi, non vincolante;

- con il secondo motivo evidenzia che il parere della Soprintendenza può dirsi acquisito per silentium , essendo decorsi i termini di cui al DPR n. 31/2017;

- con il terzo motivo aggiunto si ribadisce la tardività del parere reso anche alla luce del d.lgs. n. 42 del 2004;

- con il quarto motivo aggiunto si rileva che anzi nella specie si trattava di opere non soggette alla necessaria autorizzazione paesaggistica;

- con il quinto motivo aggiunto si evidenzia infine la illegittimità dell’atto qui gravato che, al contrario, afferma la vincolatività del parere reso dalla Soprintendenza.

7 – Nel resistere ai motivi aggiunti le amministrazioni statali eccepiscono, a fronte dell’emanazione del nuovo atto, la sopravvenuta improcedibilità del ricorso introduttivo. All’opposto parte ricorrente rileva che, a fronte dell’accoglimento del ricorso introduttivo, risulterebbero improcedibili i motivi aggiunti.

8 – Chiamata la causa all’udienza straordinaria del 15 dicembre 2023 e sentiti i difensori comparsi, come da verbale, la stessa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

9 – Osserva il Collegio come il tema della possibile inammissibilità del ricorso è già emerso, ed è stato in tal modo posto all’attenzione delle parti, con l’ordinanza collegiale della Sezione n. 330 del 2022. Il Collegio, sulla base del ragionamento già evidenziato nel suddetto provvedimento cautelare, conclude per la inammissibilità del ricorso, e dei connessi motivi aggiunti, alla luce delle considerazioni che seguono:

- è la stessa parte ricorrente ad aver attivato il procedimento di compatibilità paesaggistica, per cui essa non può sostenere, come tenta di fare con il quarto motivo di ricorso e il quarto motivo aggiunto, che non si sarebbe nella specie in presenza di opere necessitanti di autorizzazione paesaggistica, ciò per il divieto di andare contra factum proprium ;
né d’altra parte si rientra nella specie in interventi di mera manutenzione o comportanti modifiche insignificanti, come previsto dalle norme invocate in dette censure;

- non risultano fondate neppure le censure di cui al primo e secondo motivo e al secondo motivo aggiunto, a mezzo delle quali si invoca l’applicazione nella specie del meccanismo procedurale di cui all’art. 17 bis della legge n. 241 del 1990, e quindi la formazione nella specie del silenzio-assenso, che supererebbe quindi in radice ogni valore al parere negativo della Soprintendenza qui gravato;
nella specie, infatti, non risulta applicabile l’art. 17 bis cit .;
come affermato dal Consiglio di Stato, l’art. 17 bis , introdotto dall' art. 3 della legge 7 agosto 2015 n. 124, “ si pone nell'ambito dei cosiddetti rapporti orizzontali tra amministrazioni non con riferimento ad ipotesi che prevedono un coinvolgimento diretto dei diritti del privato . Pur essendo un istituto di carattere generale, non può dunque trovare applicazione nei procedimenti nei quali il rapporto intersoggettivo tra pubbliche amministrazioni si inserisce in un procedimento ad istanza di parte” ;
ciò risultava già affermato nel parere del Consiglio di Stato numero 1640 del 23 giugno 2016;
dunque non si applica nella specie a procedimento che prende avvio da istanza di parte;

- sono invece fondati il terzo motivo e il terzo e quinto motivo aggiunto, laddove evidenziano che il parere reso dalla Soprintendenza e qui impugnato risulta essere stato emesso tardivamente;
il Comune inviava infatti la richiesta di parere alla Soprintendenza in data 25 ottobre 2019 e la Soprintendenza formulava sì richiesta di integrazione istruttoria in data 4 dicembre 2019, ma, come ammesso in giudizio, “ a causa di un’errata indicazione dell’indirizzo p.e.c. del Comune di Montecorice (SA) nella rubrica del sistema di protocollo informatico in dotazione all’Ufficio, la stessa non veniva consegnata nella casella istituzionale dell’ente locale ” molto più tardi, cioè in data 26 maggio 2020, ben oltre il termine di 90 giorni;
la tardività della pronuncia della Soprintendenza ha come effetto, come chiarito da questo Tribunale, “ la perdita, da parte dello stesso parere soprintendentizio, del carattere della vincolatività, altrimenti ascrivibile al medesimo ” (T.A.R. Campania – Salerno – Sez. II – Sentenza n. 388 del 20.03.2020), il parere divenendo quindi non vincolante;

- in esito a quanto sopra chiarito, il parere impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio, contrariamente a quanto sostenuto nell’ulteriore atto gravato con i motivi aggiunti, è dunque un parere non vincolante, che l’amministrazione comunale deve tenere in considerazione, ma potendosi motivatamente discostare dallo stesso, che non ha natura vincolante;
ne consegue che il Comune di Montecorice può legittimamente discostarsi dal parere della Soprintendenza (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 aprile 2022, n. 2584), con l’effetto che l’impugnazione in esame è rivolta avverso un atto non provvedimentale e quindi il ricorso è inammissibile, stante la non lesività dell’atto gravato;

- ne consegue quindi che il ricorso introduttivo è inammissibile, perché rivolto avverso atto non vincolante, come pure natura non vincolante ha l’atto gravato con i motivi aggiunti;
le ulteriori censure, attinenti al merito del parere stesso, risultano assorbite.

8 – Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso e i motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili, stante la natura non vincolante del parere della Soprintendenza gravato, potendo essere compensate tra le parti le spese di giudizio.

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