TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-09-04, n. 202313577

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-09-04, n. 202313577
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202313577
Data del deposito : 4 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/09/2023

N. 13577/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01023/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1023 del 2020, proposto dall’Università degli Studi Roma Tre, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato L T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Bruno Buozzi;

contro

Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

previa concessione di misure cautelari,

- del decreto del 27 novembre 2019 del Ministro della Giustizia, recante la nomina delle sottocommissioni per la sessione di esame avvocato 2019, nella parte in cui sono nominati, presso la Corte d’appello di Roma, il prof. Gianpaolo Fontana, componente supplente della IX sottocommissione d’esame, la prof.ssa Ilaria Merenda, componente titolare della X sottocommissione d’esame e il prof. Francesco Macario, componente supplente della X sottocommissione d’esame;
- nonché di ogni altro atto e provvedimento presupposto, conseguenziale e/o connesso, anche non conosciuto, ai predetti atti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2023 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.I fatti di causa sono i seguenti.

Il Ministero della giustizia, ai sensi dell’articolo 22 dell’Ordinamento forense (regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578, modificato dall’art. 1 della legge 27 giugno 1988 n. 242, dall’art.

1-bis del decreto legge 21 maggio 2003 n. 112, convertito nella legge 18 luglio 2003 n. 180 recante “Modifiche urgenti alla disciplina degli esami di abilitazione alla professione forense”, dall’art. 8, comma 4, del decreto legge 9 febbraio 2012 n. 5, convertito nella legge 4 aprile 2012 n. 35, recante la composizione delle sottocommissioni per l’esame di avvocato, nonché dall’art. 47 della legge n. 247/212) ha provveduto alla nomina delle commissioni e delle sottocommissioni esaminatrici per tutti i distretti di Corte d’appello, con riferimento alle sessioni di esame per avvocato dell’anno 2019, commissioni dei quali fanno parte necessariamente anche i docenti universitari.

La predetta disposizione regola le modalità con cui vengono designati i riferiti componenti delle commissioni di esame e prevede che gli organi tecnici siano composti da cinque membri titolari e cinque supplenti, dei quali tre titolari e tre supplenti sono avvocati designati dal Consiglio Nazionale Forense tra gli iscritti all’albo speciale per il patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori;
prevede altresì che un titolare e un supplente siano magistrati con qualifica non inferiore alla seconda valutazione di professionalità o in pensione e che un titolare e un supplente siano professori ordinari, associati o ricercatori presso un’Università della Repubblica o un istituto superiore.

Quanto al caso di specie, per individuare i componenti professori universitari, il Ministero, in linea con una risalente ed usuale prassi, ha dapprima interpellato tutti i Dipartimenti universitari di materie giuridiche, nonché i rettori delle Università, tra le quali il Dipartimento di giurisprudenza dell’Università degli Studi Roma Tre, cui appartengono i docenti menzionati in atti, aventi sede nel distretto di ciascuna Corte d’Appello, ciò al fine, appunto, di ottenere l’indicazione, da parte dell’Università medesima, dei nominativi che potessero essere ritenuti disponibili (perché avessero manifestato la disponibilità o perché non gravati da particolari carichi di lavoro nelle altre attività, come indicate dall’articolo 84 del regio decreto 31 agosto 1933 n.15).

L’istante Ateneo non ha dato riscontro alla richiesta proveniente dall’amministrazione e così quest’ultima è stata costretta a nominare i riferiti componenti d’ufficio, adottando il criterio dell’anzianità di servizio e scegliendo poi, tra i professori con minore anzianità, coloro che mai avevano fatto parte delle commissioni d’esame di avvocato o che non erano stati nominati in anni recenti.

Così agendo, il Ministro è pervenuto alla designazione dei tre professori menzionati in ricorso.

La ricorrente Università degli Studi Roma Tre è insorta avverso il decreto del 27 novembre 2019 del Ministro della giustizia, recante la nomina delle sottocommissioni di cui è causa, con l’indicazione dei ridetti docenti, denunciando, in primis, l’abrogazione implicita dell’articolo 84 del regio decreto 31 agosto 1933 n. 1592 e dell’articolo 6 della legge 311 del 1958 (per effetto della successiva legge n.230 del 2005 e della legge n. 240 del 2010) e così assumendo una nuova conformazione dell’attività del docente universitario, oramai da ritenersi incompatibile con la obbligata partecipazione alle commissioni d’esame.

L’istante ha poi denunciato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 22 del regio decreto legge 27 novembre 1933 n.1578, convertito con modificazioni dalla legge 22 gennaio 1934 n. 36, e dell’articolo 6 della riferita legge n. 311 del 1958 dell’articolo 47 della legge n. 247 del 2012, assumendo l’incostituzionalità della legge professionale forense e della disciplina dell’esame di avvocato sotto plurimi profili, per contrasto con gli articoli 47, 3 e 33 della Costituzione.

Si è instaurato il contraddittorio con il Ministero della giustizia, il quale ha contestato nel merito il ricorso a mezzo di ampie deduzioni difensive, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dello stesso.

La domanda cautelare è stata rigettata dal TAR con ordinanza n. 1242/2020, confermata dal Consiglio di Stato con ordinanza n. 3867/2020.

La causa è stata poi trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 21 giugno 2023.

2. Tanto sinteticamente premesso in fatto, il Collegio rileva, in via preliminare ed assorbente, l’inammissibilità del ricorso.

Difettano, invero, in capo all’esponente Ateneo sia una posizione qualificata sia un interesse che lo legittimi a contestare il gravato decreto di nomina (non essendo facoltizzato, di risulta, a sollevare le connesse questioni di costituzionalità).

L’Università si è infatti sostituita, in modo non consentito e violando il principio posto dall’articolo 81 cpc, agli unici soggetti realmente legittimati ad agire e cioè ai singoli professori interessati (ovvero agli eventuali enti rappresentativi degli stessi).

L’Ateneo sembra addurre, per sostenere un proprio interesse qualificato, di poter subire disfunzioni nell’organizzazione del lavoro didattico per effetto della nomina illegittima, ma è palese come quello professato sia un pregiudizio ipotetico e comunque di mero fatto, che pertanto rende la domanda giudiziale priva sia dell’interesse sia della legittimazione a ricorrere, comunque questa venga intesa (titolarità effettiva della posizione qualificata ovvero, in ottica processualcivilistica, mera prospettazione della stessa), atteso che la stessa conformazione astratta della domanda non consente di individuare l’esistenza di un rapporto giuridico amministrativo tra una posizione qualificata dell’Università e il potere esercitato dall’amministrazione.

Detto altrimenti, l’avvenuta nomina e l’esercizio del relativo potere non sembrano intersecare alcun interesse qualificato di cui sia portatore l’Ateneo, incidendo semmai sulla sfera giuridica dei singoli professori nominati.

Tanto basta a respingere il ricorso, risultando anche, da quanto sopra, l’irrilevanza delle questioni di costituzionalità sollevate con il secondo motivo di gravame.

3. Alla luce delle superiori considerazioni, il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile, con compensazione delle spese di giudizio tra le parti in causa, in presenza delle condizioni di legge.

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