TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2011-05-19, n. 201104384
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N. 04384/2011 REG.PROV.COLL.
N. 09528/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 9528 del 2009, proposto da: C R, Codacons – Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori, in persona del legale rappresentante p. t., e Associazione per la tutela degli utenti dell'informazione della stampa e dei diritti d'autore, in persona del legale rappresentante p. t., rappresentati e difesi dagli avv. ti C R e L S, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale Nazionale Codacons in Roma, v. le Mazzini, 73;
contro
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro p. t.,
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente p. t.,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui sono domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
la Società Italiana Autori ed Editori SIAE - , in persona del legale rappresentante p. t., rappresentata e difesa dagli avv. ti Maurizio Mandel, Alessandra Amendola e Stefano Astorri, con domicilio eletto presso l’Ufficio Affari Giuridici e legali della SIAE in Roma, v. le della Letteratura, 30;
per l'annullamento
della nota del 9.10.2009 – prot. Dir. 2558/3985 recante il diniego di accesso ai documenti richiesti dai ricorrenti;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato per le Amministrazioni centrali e della Società Italiana Autori ed Editori;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2009 il Cons. Donatella Scala e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Premettono i ricorrenti, avv Rienzi, in qualità di socio Siae, Codacons e Associazione per la tutela degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore, di avere presentato domanda alla Società Italiana Autori ed Editori ed al Ministero per i beni e attività culturali di ostensione di:
1) copia delle delibere assembleari con le quali è stata disposta azione di responsabilità nei confronti dei componenti il Consiglio di Amministrazione che dispose di investire i fondi SIAE nell’acquisto di obbligazioni Lehman Brothers;
2) copia di atti afferenti il conferimento dell’incarico ad uno o più legali per la tutela di diritti ed interessi della SIAE e, di riflesso, dei suoi soci in relazione alla procedura concorsuale a carico della Lehman Brothers;
3) copia di atti e/o documenti nonché di atti introduttivi di giudizi e/o di eventuali trattative stragiudiziali finalizzati alla tutela degli interessi e dei diritti della SIAE e dei suoi associati relativamente al c.d. “crack Lehman”.
Con il ricorso in epigrafe impugnano la nota del 9.10.2009 con cui la SIAE ha negato l’accesso sulla base del ritenuto difetto degli elementi sostanziali di cui alla legge n. 241/1990, come novellata dalla legge n. 15/2005.
Con unico motivo di ricorso deducono la violazione della legge 241/1990 e successive modificazioni.
Affermano i ricorrenti che il diniego opposto dalla SIAE si baserebbe su un erroneo apprezzamento dei presupposti di legge.
Ed invero, quanto alla posizione dell’avv. Rienzi, assumono la sussistenza di un preciso nesso tra la richiesta avanzata dal medesimo, quale associato, e gli atti richiesti al fine di conoscere la gestione delle somme incassate, costituenti il frutto del lavoro creativo di tutti gli iscritti, sul presupposto che l’accesso, costituendo la più completa informazione, si pone quale prima forma di tutela dei diritti degli associati, compromessi dall’investimento nelle obbligazioni Lehman. Egli, dunque, ha interesse a conoscere l’entità delle perdite subite, nonché l’eventuale proposizione di azioni di responsabilità di coloro che hanno determinato il depauperamento delle risorse societarie, al fine di potere porre in essere le iniziative per la tutela della propria specifica posizione.
Peraltro, anche le associazioni ricorrenti sono titolari di legittimazione all’accesso di cui si tratta, in quanto portatrici di interessi diffusi, alla cui tutela si pone la conoscenza degli atti richiesti in ostensione, tenuto anche conto che le medesime sono titolate ad agire ed intervenire nel caso specifico, in quanto promotrici di azioni a tutela dei risparmiatori.
Infine, ritengono che non può costituire un ostacolo all’accesso del cui diniego si controverte né la natura economica dell’Ente pubblico interpellato, rientrando questo nella categoria di cui all’art. 23 della legge 241 del 1990, né la natura privatistica della documentazione, in quanto l’attività amministrativa cui va correlato il diritto di accesso concerne anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi, collegata da un nesso di strumentalità derivante dall’intensa conformazione pubblicistica.
Concludono i ricorrenti chiedendo, in accoglimento delle censure dedotte, l’annullamento dell’atto impugnato e, per l’effetto, la declaratoria dell’ordine di esibizione dei documenti richiesti.
Si è costituita in giudizio l’Avvocatura Generale dello Stato in difesa della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero per i beni e le attività culturali, eccependo il difetto di legittimazione passiva delle intimate Autorità centrali.
Si è costituita, altresì, la Società Italiana Autori ed Editori - SIAE – per resistere al ricorso, eccependo l’inammissibilità del ricorso, sotto diversi profili, e, comunque, il difetto di interesse in capo ai ricorrenti.
Alla camera di consiglio del 10 dicembre 2009 il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.
DIRITTO
1. Oggetto del ricorso in esame è il diniego opposto dalla resistente Siae alla istanza presentata dai ricorrenti per l’ostensione di: a) copia delle delibere assembleari con le quali è stata disposta azione di responsabilità nei confronti dei componenti il Consiglio di Amministrazione che dispose di investire i fondi SIAE nell’acquisto di obbligazioni Lehman Brothers;b) copia di atti afferenti il conferimento dell’incarico ad uno o più legali per la tutela di diritti ed interessi della SIAE e, di riflesso, dei suoi soci in relazione alla procedura concorsuale a carico della Lehman Brothers;c) copia di atti e/o documenti nonché di atti introduttivi di giudizi e/o di eventuali trattative stragiudiziali finalizzati alla tutela degli interessi e dei diritti della SIAE e dei suoi associati relativamente al c.d. “crack Lehman”.
Il provvedimento impugnato trae fondamento dalla rilevata assenza in capo all’avv. Rienzi, di alcun nesso tra i documenti richiesti e la posizione acquisita al momento del conferimento del mandato alla SIAE, e dalla assenza in capo alle associazioni dei consumatori di alcuna posizione differenziata e qualificata come richiesto dalla legge n. 241 del 1990.
2. Il Collegio, in via preliminare, ed in accoglimento di specifica eccezione sollevata sul punto dall’Avvocatura Generale dello Stato, ritiene la sussistenza dei presupposti per disporre l’estromissione dal giudizio delle intimate Amministrazioni centrali, assolutamente estranee al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, non avendo la parte ricorrente impugnato alcun atto alle stesse ascrivibili, reclamando, invece, la declaratoria dell’ordine di esibizione documentale nei soli confronti della SIAE.
E’ principio generale che, nei giudizi amministrativi, la legittimazione passiva va riferita all’amministrazione che ha adottato l’atto ritenuto lesivo ed impugnato, ovvero cui la legge attribuisce il potere di porre in essere i provvedimenti reclamati.
3. Sempre in via preliminare, devono essere esaminate le eccezioni, sotto il profilo della inammissibilità del ricorso, sollevate dalla SIAE.
3.1 Un primo profilo di inammissibilità attiene alla circostanza in fatto che l’accesso in controversia ha formato oggetto di precedenti richieste presentate dai ricorrenti all’Ente, su cui si è peraltro, già pronunciato l’adito giudice.
Ritiene il Collegio che, in via di principio, la reiterazione dell'istanza di accesso alla documentazione amministrativa presentata ai sensi dell’art. 25, legge 7 agosto 1990, n. 241 da parte dello stesso soggetto e per i medesimi atti, determina la riapertura del termine di trenta giorni per la proposizione del ricorso giurisdizionale solo in presenza di una nuova situazione che, data la sua natura, imponga all'Amministrazione di riesaminare la richiesta di accesso, in quanto, diversamente, si svuoterebbe di valore il termine decadenziale sancito dal legislatore per l’instaurazione del giudizio davanti al giudice amministrativo, facilmente aggirabile a mezzo di successive istanze, ancorché di contenuto identico.
Nel caso che ne occupa deve essere rilevato che l’oggetto delle richieste di accesso presentate nel tempo non coincide perfettamente, come peraltro ammesso dalla stessa parte resistente, con quella in esame, in quanto sono relative ad atti diversi, sia pure riferibili alla medesima vicenda, e tale circostanza in fatto, unitamente al rilievo che tra i soggetti richiedenti si sia aggiunta anche l’Associazione per la tutela degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore – costituiscono elementi che inducono ad escludere che il ricorso sia, sotto tale profilo, inammissibile, di talché l’eccezione, come sopra spiegata, non può trovare accoglimento.
3.2. Sotto altro profilo, è eccepita l’inammissibilità per difetto di notifica ai controinteressati necessari.
Come sopra riportato, la richiesta di accesso in controversia riguarda, tra gli altri, anche le delibere assembleari con le quali è stata disposta azione di responsabilità nei confronti dei componenti il Consiglio di Amministrazione che dispose di investire i fondi SIAE nell’acquisto di obbligazioni Lehman Brothers
Si tratta, all’evidenza, di atti certamente riferibili a soggetti terzi mentre il ricorso non risulta notificato a nessuno dei controinteressati come sopra individuati, ovvero, ai soggetti cui si riferiscono i documenti oggetto di controversia.
Tanto premesso, osserva il Collegio che l’art. 22, comma 1, lett. c), legge 241/1990, individua, quali controinteressati in materia di accesso dei documenti amministrativi, “tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza”.
L’art. 3, del d.P.R. 184/2006, impone alle Amministrazioni cui è indirizzata la richiesta di accesso, ove individuati soggetti controinteressati, di cui all'articolo 22, comma 1, lettera c), della legge 241/1990, di dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione.
L’art. 25, quinto comma, legge 241/1990 – come modificato dalla legge n. 15 del 2005 – prevede che il ricorso avverso le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso, in pendenza di un ricorso presentato ai sensi della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, può essere proposto con istanza presentata al presidente e depositata presso la Segreteria della Sezione cui è assegnato il ricorso, previa notifica all'amministrazione o ai controinteressati.
Dal delineato quadro normativo, emerge inequivocabilmente che il ricorso avverso il diniego di accesso deve essere notificato anche ai controinteressati.
E’ principio consolidato, a partire dalla Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 16 del 24 giugno 1999, che il ricorso proposto ai sensi dell'art. 25, legge 241/1990, contro il diniego di accesso ai documenti amministrativi dovesse essere notificato a tutti i soggetti ai quali i detti documenti si riferiscono.
Ed invero, la giurisprudenza si è finora costantemente espressa nel senso della necessaria notifica dei ricorsi proposti in materia di accesso ai documenti amministrativi ai controinteressati, individuabili nei soggetti interessati alla riservatezza dei documenti richiesti con la domanda di accesso, sulla scorta della considerazione che il giudizio previsto dall'art. 25, legge 241/1990, salve le deroghe da esso espressamente previste, va sottoposto alla generale disciplina del processo amministrativo, che annovera, tra i relativi principi, anche quello previsto dall’art. 21, comma 1, L. n. 1034/1971, per il quale il ricorso deve essere notificato tanto all'organo che ha emanato l'atto "quanto ai controinteressati ai quali l'atto direttamente si riferisce, o almeno ad uno di essi" (c. fr. Cons. di Stato, Sez. IV, 21 novembre 2006, n. 6792).
Le suesposte considerazioni impongono, in conclusione, la declaratoria di inammissibilità del ricorso per la parte afferente gli atti sopra indicati.
3.3. La SIAE ha eccepito, infine, il difetto di legittimazione attiva e di interesse in capo all’Avv. Rienzi, ed il difetto di legittimazione attiva e di interesse del Codacons e dell’Associazione per la tutela degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore.
3.3.1. Le eccezioni devono essere esaminate distintamente, in relazione alla posizione dei singoli soggetti istanti.
Quanto all’avv. Rienzi, che, in qualità di associato, vuole conoscere ogni atto posto in essere a tutela dei diritti ed interessi della SIAE e, di riflesso, dei suoi soci in relazione alla procedura concorsuale a carico della Lehman Brothers, occorre osservare che la richiesta di cui si tratta, più che finalizzata alla ostensione di atti di cui non è nemmeno certa l’esistenza, si atteggia, piuttosto quale indagine ispettiva nei confronti della attività della stessa SIAE nell’ambito della vicenda relativa agli investimenti di fondi in obbligazioni della Lehman Brothers.
E’ noto che le norme introdotte dalla legge 241 nel 1990, come successivamente integrate e modificate, consentono l’esercizio del c. d. «diritto di accesso», ovvero il diritto di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi, a tutti coloro che l’art. 22 della legge in esame definisce «interessati», ovvero a tutti i soggetti che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso;l’art. 24, comma 3, dispone, in tema di esclusioni dal diritto di accesso, che non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell'operato delle pubbliche amministrazioni. Il successivo art. 25, secondo comma, prevede che la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata, e deve essere rivolta all’amministrazione che ha formato il documento e che lo detiene stabilmente.
Osserva il Collegio che, in applicazione del principio veicolato dal richiamato art. 24, comma 3, della legge n. 241 del 1990, l’istanza ostensiva non deve costituire uno strumento surrettizio di sindacato generalizzato sull’azione amministrativa e deve riguardare documenti già formati ed in possesso dell’amministrazione, non potendosi chiedere ad essa, a mezzo dell’accesso, l’elaborazione di documenti nuovi o stime sui diversi dati in suo possesso, né tale mezzo può essere inteso quale veicolo attraverso il quale l’amministrazione stessa debba offrire giustificazioni in merito al proprio operato.
Quanto al caso specifico, come osservato dalla difesa della SIAE, atteso l’elevato numero (85.000), i soci della SIAE eleggono i propri rappresentanti che vanno a comporre l’Assemblea Generale della SIAE, cui è attribuito il preciso compito di esercitare ogni attività volta al controllo del buon andamento e del corretto compimento dei fini istituzionali dell’Ente.
Se, pertanto, è indubitabile la sussistenza di un interesse legittimante in capo al membro eletto dall’assemblea della SIAE, in relazione al mandato al medesimo conferito, ponendosi in tal caso l’esercizio dell’accesso agli atti dell’Ente in rapporto strumentale all’espletamento dello stesso, non altrettanto può sostenersi nei confronti del singolo associato, che in tale ambito non gode di una posizione differenziata dagli altri associati.
Pertanto, non potendo il diritto di accesso essere esteso nella sua latitudine espansiva sino al punto da trasformarsi in uno strumento di "ispezione popolare", volto alla verifica della legittimità e dell'efficienza dell'azione amministrativa, sotto il delineato profilo, la parte resistente non ha l’obbligo di assecondare la richiesta del ricorrente di estrazione di copia di atti afferenti la tutela dello stesso Ente, ed è, dunque, legittimo il gravato diniego di accesso, in assenza di una differenziata posizione ascrivibile al semplice associato, quanto alla vicenda di cui si tratta.
Non può, peraltro, sottacersi che la SIAE ha, comunque, assicurato il ricorrente di avere posto in essere le attività necessarie per la tutela dei propri diritti ed interessi in relazione alla procedura concorsuale a carico della Lehman Brothers.
3.3.2. Nel solco delle considerazioni dianzi espresse, e con riferimento alle associazioni dei consumatori e degli utenti dell’informazione, della stampa e del diritto d’autore, ritiene il Collegio che il diritto di accesso trova un preciso limite dato dalla necessità che lo stesso non tramuti la propria essenza per atteggiarsi quale azione popolare, e ciò, neanche qualora l'istante sia un'associazione dei consumatori o di una specifica categoria di soggetti.
Invero, il diritto di accesso postula pur sempre un accertamento concreto dell'esistenza di un interesse differenziato della parte che richiede i documenti e ciò in quanto la titolarità o la rappresentatività degli interessi diffusi non giustifica un generalizzato e pluricomprensivo diritto alla conoscenza di ogni documento riferibile all'attività dell’ente, ma solo degli atti che hanno una incidenza diretta sui servizi rivolti ai consumatori, e non in via meramente ipotetica e riflessa sugli interessi degli stessi.
Pertanto, la legittimazione all'accesso del Codacons e dell’Associazione ricorrente deve essere valutata in relazione ad atti incidenti sulla propria sfera soggettiva, ove gli stessi siano idonei ad interferire con specificità ed immediatezza sulla posizione dei consumatori o degli associati, senza che l'interesse (generale ed indifferenziato di tutti i cittadini) al corretto e regolare svolgimento di una funzione possa essere alle stesse riferibile. Di conseguenza, a fronte di attività che l’Ente deve porre in essere a tutela dei diritti dell’Ente medesimo, ed in via indiretta, dei propri associati, non è enucleabile la titolarità di una situazione appartenente alla sfera giuridica delle ricorrenti associazioni.
4. In conclusione, previa estromissione dal giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero per i beni e le attività culturali, il ricorso in parte deve essere dichiarato inammissibile, ed in parte deve essere respinto.
Sussistono motivi, anche in relazione alla particolarità della vicenda trattata, per compensare integralmente le spese del giudizio tra le parti dello stesso.