TAR Roma, sez. II, sentenza 2023-01-13, n. 202300627

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2023-01-13, n. 202300627
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202300627
Data del deposito : 13 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/01/2023

N. 00627/2023 REG.PROV.COLL.

N. 13162/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA IALIANA

IN NOME DEL POPOLO IALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13162 del 2022, proposto da
F T, rappresentata e difesa dall'avvocato C D F, con domicilio digitale come in atti;

contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S G, con domicilio digitale come in atti;

per l'accertamento

dell’illegittimità del silenzio serbato sull’istanza di affrancazione dal vincolo del prezzo massimo di cessione gravante sull’immobile di proprietà


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2022 la dott.ssa Giovanna Vigliotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITO

1. La ricorrente è proprietaria di un immobile realizzato su area P.E.E.P. (Piano di Edilizia Economico Popolare), concessa dal Comune di Roma in diritto di superficie ai sensi della Legge 22 ottobre 1971, n. 865, sito in Roma, Via Ottaviano Ubaldini n. 12.

2. In data 25 maggio 2021, la ricorrente presentava a Roma Capitale istanza di affrancazione del vincolo convenzionale relativo al prezzo massimo di cessione per l’alienazione a libero mercato dell’immobile sopra indicato, protocollata al n. QI/2021/0101436.

3. Successivamente alla protocollazione dell’istanza, l’Amministrazione rimaneva inerte e non provvedeva sulla stessa;
l’inerzia suddetta si protraeva per oltre sei mesi nonostante la completezza della documentazione presentata dall’istante.

4. La ricorrente adiva, pertanto, questo Tribunale per sentire accertare l’illegittimità dell’inerzia serbata da Roma Capitale per violazione degli 97 Cost., 2 della legge n. 241/1990 e della Deliberazione della Giunta Capitolina n. 13 del 5.8.2016, nonché per sentirla condannare a provvedere, con eventuale nomina di un commissario ad acta , in ipotesi di persistente inerzia.

5. Roma Capitale si costituiva in giudizio rilevando che il procedimento, sebbene in fase avanzata, non si era ancora concluso.

6. All’esito della camera di consiglio del 21 dicembre 2022, la causa veniva trattenuta in decisione.

7. Sulla base della documentazione in atti, il Collegio ritiene che il ricorso proposto avverso il silenzio dell’Amministrazione sia fondato in quanto allo stato il procedimento di affrancazione non risulta essere stato concluso non essendo stata stipulata la relativa convenzione.

8. In via preliminare, al fine di inquadrare la fattispecie oggetto della controversia, si rileva che l’immobile oggetto dell’istanza di affrancazione non evasa dall’Amministrazione resistente, rientra nella più ampia categoria degli alloggi costruiti in edilizia convenzionata, ossia attraverso interventi di edilizia residenziale posti in essere previa stipulazione di una convenzione con il Comune con la quale, a fronte di concessioni da parte dell’amministrazione pubblica (concernenti l’assegnazione delle aree su cui edificare o la riduzione del contributo concessorio), vengono assunti obblighi di urbanizzazione del comparto e di edificazione di alloggi di edilizia popolare e dalla quale, inoltre, discendono vincoli incidenti sulla successiva circolazione degli immobili realizzati (quale il vincolo del prezzo massimo di cessione).

9. Per quanto di interesse in questa sede, si evidenzia che l’articolo 5, comma 3-bis, del Decreto Legge 13 maggio 2011, n. 79 (inserito in sede di conversione dalla Legge 12 luglio 2011, n. 106), ha modificato la disciplina dettata dalla Legge 22 ottobre 1971, n. 865 relativa ai programmi di edilizia residenziale pubblica introducendo il comma 49-bis nell’articolo 31 della Legge 23 dicembre 1998, n. 448. La novella legislativa ha concesso, al fine di agevolare il trasferimento dei diritti immobiliari, la facoltà al proprietario di immobile di edilizia pubblica convenzionata, soggetto al vincolo di prezzo massimo di cessione, di affrancare il bene da detto vincolo pagando un corrispettivo al Comune e stipulando apposita convenzione integrativa.

10. Prima dell’intervento normativo di cui sopra, la circolazione degli immobili di edilizia pubblica convenzionata avveniva in un quadro giuridico incerto in ragione di una giurisprudenza non unanime circa le modalità di eliminazione del vincolo del prezzo massimo. La Corte di Cassazione, con la pronuncia delle Sezioni Unite n. 18135 del 16 settembre 2015, ha, infine, chiarito - valorizzando la portata dell’intervento normativo di cui sopra - che il vincolo del prezzo massimo di cessione non è affatto soppresso automaticamente per effetto della prima cessione e che, anzi, in assenza di convenzione ad hoc , esso segue il bene nei successivi passaggi di proprietà a titolo di onere reale, con naturale efficacia indefinita.

11. Successivamente all’intervento della Corte di Cassazione, il legislatore, con l’articolo 25-undecies, comma 1, del Decreto Legge 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modificazioni dalla Legge 17 dicembre 2018, n. 136, ha modificato la formulazione del citato comma 49-bis al fine di meglio definire la procedura di affrancazione del vincolo del prezzo massimo e ha previsto che la richiesta di affrancazione possa essere presentata dalle “persone fisiche che vi abbiano interesse, anche se non più titolari di diritti reali sul bene immobile” e che la convenzione possa essere redatta sia con atto pubblico che con scrittura privata autenticata.

12. Per rimuovere il predetto vincolo sono, pertanto, ad oggi indispensabili i seguenti presupposti: 1) il decorso di almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento;
2) la richiesta della persona fisica che vi abbia interesse;
3) la determinazione della percentuale del corrispettivo, calcolata secondo parametri legali da parte del Comune competente;
4) la stipula di apposita convenzione con atto pubblico o scrittura privata autenticata.

13. Dal tenore della norma, emerge chiaramente che all’amministrazione comunale non spettano poteri discrezionali nel valutare la richiesta.

14. Al fine di conformarsi al mutato quadro normativo, Roma Capitale, con la deliberazione del Commissario straordinario n. 33 del 17 dicembre 2015, ha approvato lo schema di convenzione “concernente l’eliminazione dei vincoli relativi al prezzo massimo di cessione già gravanti sugli alloggi realizzati in aree P.E.E.P., convenzionate ai sensi dell’art. 35, legge n. 865/1971, secondo le previsioni normative di cui all’art. 5, comma 3 bis del D.L. n. 70 del 13 maggio 2011, convertito in legge 12 luglio 2011, n. 106 esclusivamente in capo alle seconde vendite, decorsi cinque anni dal primo atto di trasferimento”.

15. Con la successiva deliberazione del Commissario straordinario n. 40 del 6 maggio 2016, sono stati approvati i criteri per l’eliminazione dei suddetti vincoli, nonché per la determinazione del valore venale delle aree P.E.E.P. di Roma Capitale, ai fini della determinazione del corrispettivo per la cessione in proprietà delle aree già concesse in diritto di superficie e per la rimozione dei vincoli del prezzo massimo di cessione, nonché del canone massimo di locazione.

16. E’, infine, intervenuta la deliberazione della Giunta capitolina n. 13 del 5 agosto 2016, che ha approvato le linee guida per l’attuazione delle richiamate deliberazioni n. 33 del 2015 e n. 40 del 2016 in ordine all’eliminazione dei vincoli sul prezzo massimo di cessione, nonché del canone massimo di locazione, gravanti sugli alloggi realizzati nelle aree destinate all’edilizia economica e popolare, e ha previsto, inoltre, il monitoraggio e l’approvazione del relativo iter procedimentale. In particolare, quest’ultima deliberazione ha espressamente stabilito “di dare atto che, attesa la complessità del procedimento, i tempi procedimentali sono pari a 180 giorni, fatti salvi eventuali interventi interruttivi e/o sospensivi dovuti a fattori esogeni”.

17. Le successive determinazioni assunte in materia dall’Amministrazione – e, in particolare, le deliberazioni della Giunta capitolina n. 108 del 12 dicembre 2016 e n. 95 del 12 maggio 2017 – non hanno modificato tale ultima previsione relativa alla durata del procedimento.

18. La conclusione del procedimento comporta la determinazione da parte dell’Amministrazione del corrispettivo dell’affrancazione, da comunicarsi all’interessato con la concessione del termine di dieci giorni per l’accettazione, alla quale consegue – nel caso di risposta positiva – la determinazione dirigenziale di accertamento e di autorizzazione alla stipula della convenzione integrativa per l’eliminazione dei vincoli.

19. A seguito dell’avvenuto versamento, si procede alla stipula della convenzione di rimozione dei vincoli, e alla conseguente trascrizione, come emerge dall’iter procedimentale descritto nella “analisi flusso attività” di cui all’allegato B alla richiamata deliberazione n. 13 del 2016; iter sulla base del quale è stato definito il tempo procedimentale di 180 giorni entro il quale completare tutti gli adempimenti necessari (ivi inclusi quelli sopra richiamati) in luogo dei 30 ordinariamente previsti per i procedimenti amministrativi dall’articolo 2, comma 2, della legge n. 241 del 1990.

20. Alla luce di tali dati emerge, nel caso oggetto del presente giudizio, la violazione dell’obbligo di provvedere, atteso che, alla data della camera di consiglio, il procedimento non si è concluso con la stipulazione della convenzione, e ciò nonostante sia trascorso un lasso di tempo superiore ai 180 giorni stabiliti dall’Amministrazione.

21. Il Collegio è tenuto, pertanto, a dichiarare l’illegittimità del silenzio serbato da Roma Capitale sull’istanza dalla ricorrente.

22. Deve, conseguentemente, ordinarsi all’Amministrazione di concludere il procedimento entro un termine non superiore a 60 giorni, decorrente dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, ai sensi dell’articolo 117, comma 2, c. p. a.

23. Il Collegio ritiene, altresì, che sussistano i presupposti per nominare sin d’ora, per il caso di ulteriore inerzia dell’Amministrazione, un commissario ad acta , nella persona dell’Ispettore Generale Capo dell’Ispettorato Generale di Finanza (IGF) della Ragioneria Generale dello Stato, con facoltà di delega a un dirigente dello stesso Ispettorato, affinché si insedi e provveda, su istanza di parte, nell’ulteriore termine di trenta giorni.

24. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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