TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2013-11-29, n. 201310259

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1B, sentenza 2013-11-29, n. 201310259
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201310259
Data del deposito : 29 novembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

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N. 10259/2013 REG.PROV.COLL.

N. 10114/1997 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10114 del 1997, proposto da B S, rappresentato e difeso dagli avv.ti M L, C R, M M e S V, con domicilio eletto presso C R in Roma, v.le delle Milizie, 9;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

dei provvedimenti con i quali è stato disposto l'inquadramento del ricorrente nel ruolo dei marescialli ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 196, recante norme in materia di riordino dei ruoli, di reclutamento, stato e avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate, ed, in particolare, del decreto n. 1814 del 13/9/95;
e di ogni altro atto antecedente, presupposto connesso e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2013 il dott. R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio il ricorrente – Sottufficiale dell'Aeronautica militare -, è stato inquadrato alla data del 1 settembre 1995 nel grado di Maresciallo, a seguito della entrata in vigore delle disposizioni di cui al decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 1995, in base alla disciplina transitoria contenuta nell’articolo 34 del citato decreto legislativo.

Al riguardo, l’interessato ha evidenziato che l'articolo 3 della legge 6 marzo 1992 n. 216 (conversione in legge con modificazioni del decreto legge 7 gennaio 1992 n. 5) aveva, delegato il Governo ad emanare decreti legislativi "per il riordino delle carriere, delle attribuzioni e dei trattamenti economici, allo scopo di conseguire una disciplina omogenea" dei rapporti di impiego del personale delle Forze di polizia anche ad ordinamento armato, nonché del personale delle Forze armate.

In attuazione della citata delega, rinnovata con la legge 29 aprile 1995 n. 130, il Governo ha emanato, tra gli altri, il decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 196, recante norme "in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate", il cui articolo 34, al primo comma, ha previsto che i sottufficiali in servizio alla data del 1° settembre 1995, sarebbero stati inquadrati in ordine di ruolo, mantenendo l’anzianità di servizio nel grado di provenienza e l'anzianità di grado maturata nel grado di provenienza nei gradi del neoistituito ruolo dei marescialli secondo le modalità ici disciplinate: - nel grado di aiutante, i marescialli maggiori dei gradi corrispondenti, compresi quelli con qualifica di "aiutante" o di "scelto", nonché i marescialli capi e gradi corrispondenti utilmente inseriti nei quadri di avanzamento formati entro la data del 31 agosto 1995;
- nel grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, i marescialli capi, nonché i marescialli ordinari e gradi corrispondenti inseriti nei quadri di avanzamento formati entro la data del 31 agosti 1995;
- nel grado di maresciallo ordinario e gradi corrispondenti, i marescialli ordinari, nonché i sergenti maggiori e gradi corrispondenti utilmente inseriti nei quadri di avanzamento formati entro la data del 31 agosto 1995.

In relazione al grado di provenienza il ricorrente é stato, dunque, inquadrato nel grado di maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo e aiutante, ovvero nel grado di maresciallo di 3^ classe, maresciallo di 2^ classe, maresciallo di 1^ classe e aiutante per gli appartenenti alla aeronautica militare.

Contestualmente al decreto legislativo in questione, il Governo ha emanato il decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 198, recante norme "in materia di riordino dei ruoli e modifica delle norme di reclutamento, stato e avanzamento del personale non direttivo e non dirigente dell' Arma dei Carabinieri", con il quale è stato istituto il ruolo dei sovrintendenti, articolandolo nei gradi di "vice brigadiere", "brigadiere" e "brigadiere capo" ed il ruolo degli ispettori articolato nei gradi di "maresciallo", "maresciallo ordinario" e "maresciallo capo".

L'articolo 46 del decreto legislativo n. 198/95, con una disposizione speculare a quella dell'articolo 34 del decreto legislativo n. 196/95, ha dettato la disciplina transitoria per l'inquadramento del personale appartenente al ruolo sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri alla data del 1° settembre 1995, facendo compiere ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri un passo in avanti "doppio" rispetto a quello compiuto dal ricorrente, avuto riguardo alla corrispondenza precedentemente vigente tra i gradi dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica e della Guardia di finanza, a mente della tabella A in calce alla legge 10 maggio 1983 n. 212, determinando di fatto uno scavalcamento ad opera dei brigadieri e dei vicebrigadieri dell'Arma dei Carabinieri in danno dei marescialli e dei sergenti dell'esercito dell'aeronautica del tutto ingiustificato ed illegittimo, posto che, peraltro, l'Arma dei Carabinieri è inquadrata nell'Esercito Italiano e, quindi, anziché omogeneizzare il rapporto di impiego, si è determinata una nuova sperequazione di trattamento in seno alle Forze armate.

Ritenendo erronee ed illegittime le determinazioni assunte dall’Amministrazione, la parte ricorrente ha proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe ed eccependo, in subordine, l’illegittimità costituzionale della normativa di riferimento.

L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.

Con decreto n. 24514 del 20.12.2012, il ricorso è stato dichiarato perento.

Con successivo del decreto n. 6713 del 28 marzo 2013, il citato decreto n. 24514/2012 è stato revocato.

All’udienza del 25 novembre 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

DIRITTO

Il ricorrente ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe contestando la violazione degli artt. 5, 6 e 34 del decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 196, in relazione agli articoli 10, 13 e 46 del decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 198, la violazione errata e falsa applicazione dell'articolo 3 della legge 6 marzo 1992 n. 216, la violazione della sentenza n. 277/91 della Corte Costituzionale, l’eccesso di potere, la violazione del principio di eguaglianza, la violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, la disparità di trattamento e l’ingiustizia manifesta.

Il ricorrente ha rilevato che, con sentenza della Corte Costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991, è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 43, comma 17, della legge 1° aprile 1981 n. 121, nonché la tabella C allegata a detta legge e la nota in calce alla tabella stessa, nella parte in cui non includevano le qualifiche degli ispettori di Polizia ai fini delle individuazione della corrispondenza delle funzioni connesse ai gradi dei sottufficiali dell' Arma dei Carabinieri.

Il Giudice delle leggi, in particolare, ha rilevato, tra l'altro, che l'equiparazione tra il personale della Polizia di Stato ed i sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri non poteva essere condotta altrimenti che in base alle funzioni esercitate.

Dunque, ai fini della identità di trattamento economico deve aversi riguardo al contenuto delle funzioni concretamente esercitate.

A seguito di tale pronuncia della Corte Costituzionale e delle pronunce successivamente rese dal Consiglio di Stato (n. 986/91) e dal TAR del Lazio (n. 1219/91), il Governo ha emanato il decreto legge 7 gennaio 1992 n. 5, allo scopo di autorizzare la spesa per la definizione degli effetti economici delle citate sentenze. Detto decreto legge è stati convertito con modificazioni nella citata legge 6 marzo 1992 n. 216, con la quale il Governo è stato delegato ad emanare decreti: legislativi di riordino delle carriere delle attribuzioni e dei trattamenti economici del personale delle Forze Armate, prevedendo che, a tal fine, i decreti legislativi potessero prevedere che "la sostanziale equiordinazione dei compiti e dei connessi trattamenti economici" potesse essere "conseguita attraverso la revisione dei ruoli, qualifiche e gradi".

L'equiparazione e la corrispondenza dei gradi dei sottufficiali prima delle modificazioni introdotte con i recenti decreti legislativi era recata dalla la tabelle A in calce alla legge 10 maggio 1983 n. 212: al grado di vice brigadiere dell'Arma dei Carabinieri corrispondeva il grado di sergente dell'esercito e dell'aeronautica;
al grado di Brigadiere dell'Arma dei Carabinieri, il grado di sergente maggiore.

L'articolo 1 del decreto legislativo 196/95 ha istituito tra gli altri, il ruolo dei sergenti ed il ruolo dei marescialli. A mente del successivo articolo 3, il ruolo dei sergenti è articolato nei gradi di "sergente", 'sergente maggiore"' e "sergente maggiore capo", mentre il ruolo dei marescialli è articolato nei gradi di "maresciallo", "maresciallo ordinario", “maresciallo capo" e "aiutante" (quanto all'esercito) e di "maresciallo di 3^ classe", "maresciallo di 2^ classe" "maresciallo di 1^ classe" e "aiutante" (guarito all'aeronautica).

La tabella A/2 in calce al decreto legislativo n. 196/95 riporta la corrispondenza dei gradi del personale militare con i gradi ed i ruoli del personale dell'Arma dei carabinieri. Detta tabella conferma la corrispondenza tra i gradi di vice brigadiere e di brigadiere dell'Arma dei carabinieri da un parte e dall'altra, rispettivamente, i gradi di sergente e sergente maggiore.

Tuttavia, la disciplina transitoria degli inquadramenti disposta rispettivamente dagli articoli 34 del decreto legislativo 196/95 e dall'articolo 46 del decreto legislativo 198/95, pregiudica tale corrispondenza.

Infatti, l'articolo 34 del decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 196 prevede che i marescialli capo ed i marescialli ordinari inseriti nel quadro di avanzamento formato alla data del 31 agosto 1995, sono inquadrati nel grado di maresciallo capo (se Esercito) o di maresciallo di 1" classe (se Aeronautica) e che i marescialli ordinari ed i sergenti maggiori utilmente inseriti nei quadri di avanzamento alla data del 31 agosto 1995, sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario (se Esercito) o di maresciallo di 2^ classe (se Aeronautica).

Di contro, l'articolo 46 del decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 198 (relativo al riordino dei ruoli del personale non direttivo e non dirigente dell' Arma dei carabinieri), dispone che nel grado di maresciallo capo sono inquadrati non solo i sottufficiali che rivestono alla data del 1° settembre 1995 il grado di maresciallo capo, bensì, anche i brigadieri utilmente iscritti alla stessa data per la promozione al grado superiore. Inoltre, a mente della lettera d) del medesimo articolo 46, i vice brigadieri vengono direttamente inquadrati nel grado di maresciallo.

In sostanza, l’inquadramento transitorio descritto ha penalizzato i marescialli capo, i marescialli ordinari, i sergenti maggiori ed i sergenti al cospetto dei brigadieri e dei vice brigadieri dell'Arma dei carabinieri i quali, a mente della citata legge 212/83, avrebbero potuto essere ammessi a valutazione non prima di un biennio di permanenza nel grado per il passaggio al grado di brigadieri (cioè a dire sergente maggiore) ed , invece, sono stati promossi, ope legis, a maresciallo, mentre i sergenti arruolati ex lege n. 212/83 non sono stati promossi sergenti maggiori se non dopo due anni dal reclutamento.

Quanto ai brigadieri dell'Arma dei carabinieri, questi, mentre nel precedente ordinamento potevano aspirare unicamente alla promozione a maresciallo ordinario, ora, a condizione di essere utilmente inseriti in quadro d'avanzamento alla data del 1° settembre 1995, sono inquadrati nel grado di maresciallo capo;
in caso contrario, sono inquadrati nel grado di maresciallo ordinario.

Di contro, un sergente maggiore (sottufficiale dell'Esercito o dell'Aeronautica corrispondente al brigadiere), intanto può essere inquadrato nel grado di maresciallo ordinario a condizione di essere inserito nel quadri di avanzamento alla data del 31 agosto 1995.

E' evidente come la concreta attuazione del riordino delle carriere non abbia comportato la rimozione delle sperequazioni ma la realizzazione di nuove e diverse ingiustificate differenziazioni, le quali non trovano conforto neanche nella corrispondenza di funzioni che potrebbe giustificare le diverse modalità di inquadramento del personale dell'Esercito e dell'Aeronautica, rispetto a quelle dell'Arma dei carabinieri, come emerge dal confronto tra gli artt. 5 e 6 del decreto legislativo n. 195/95, da una parte, e gli artt. 10 e 13 del decreto legislativo n. 198/95, dall’altra.

Ciò posto, il ricorrente, in subordine, per l’ipotesi in cui i provvedimenti impugnati fossero ritenuti in linea rispetto a quanto stabilito dal decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 196, ha eccepito l’illegittimità costituzionale di tale disciplina in quanto in contrasto con l’istanza di perequazione già evidenziata dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 277/91 e, quindi, in contrasto con quanto stabilito dalla legge di delega, a mente della quale il riordino delle carriere delle attribuzioni e dei trattamenti economici avrebbe dovuto avere di mira la "scopo di conseguire una disciplina omogenea".

Sotto il primo profilo, è stato censurato il contrasto tra le disposizioni di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 196, in relazione a quelle recate dagli articoli 10, 13 e 46 del decreto legislativo 12 maggio 1995 n. 198, all'articolo 12 del decreto legislativo 196/95 ed alla tabella A/1 in calce, rispetto all'articolo 3 della Costituzione, nella misura in cui hanno reso possibile quel trattamento identico di situazioni differenziate (quanto alle funzioni esercitate), che alla luce della giurisprudenza costituzionale integra gli estremi della violazione del principio di uguaglianza.

D'altro canto, posto l'intento perequativo che sottendeva alla legge di delega, il decreto legislativo in questione si appalesa, a parere di parte ricorrente, viziato per violazione dell'articolo 76 della Costituzione, posto che la disciplina introdotta ha travalicato i limiti posti dalla legge di delega, violando i principi ed i criteri direttivi dati dalla legge stessa ed approntando, di fatto, una disciplina che frustra proprio quello "scopo di conseguire una disciplina omogenea", che viceversa il Parlamento aveva chiesto di conseguire al legislatore delegato.

L’Amministrazione resistente ha prodotto note, memorie e documenti per sostenere la correttezza del proprio operato e l’infondatezza del ricorso.

Ciò posto, il Collegio – rilevato, preliminarmente, che la disciplina richiamata, pur risultando essere stata abrogata dall’art. 2268 del d.lgs. n. 66/2010, risulta applicabile al caso di specie ratione temporis -, osserva che il ricorrente si duole del suo inquadramento derivante dall’applicazione della disciplina emanata a seguito della delega contenuta nella legge n. 216/92 ed, in subordine, lamenta l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, D.Lgs. n. 196/95 e dell’art. 46 del D.Lgs. n. 198/95, per contrasto con gli artt. 3 e 76 Cost..

In sostanza, il ricorrente si propone il fine di ottenere un inquadramento migliore rispetto a quanto avvenuto in applicazione della disciplina richiamata ed a percepire il corrispondente trattamento retributivo, attraverso una favorevole interpretazione citato articolo 34 del decreto legislativo n. 196 del 1995 che – a suo parere - nel dettare la disciplina transitoria dei nuovi inquadramenti, non avrebbe rispettato i principi di equiordinazione e di omogeneità degli inquadramenti retributivi rispetto all’Arma dei Carabinieri, il cui riordino dei ruoli è stato disciplinato, in via transitoria, dall’art. 46 del D.Lgs. n. 198 del 1995.

A tale scopo, è stata sollevata, seppure in subordine, l’eccezione di illegittimità costituzionale indicata.

Va premesso, al riguardo, l’azione proposta dal ricorrente sarebbe da considerare inammissibile se intesa come volta all’accertamento del diritto di ottenere un diverso inquadramento (in linea con quanto già espresso dal TAR Lazio, Sez. I-Bis, n. 4622 del 2009), posto che nel processo amministrativo un’azione del genere è ammissibile in sede di giurisdizione esclusiva solo quando da parte dell’istante venga fatta valere una posizione di diritto soggettivo, che non è riscontrabile nel caso in cui si controverta sull’inquadramento del personale, rispetto al quale sono configurabili solo posizioni di interesse legittimo, azionabili e tutelabili mediante tempestiva impugnazione dei provvedimenti che si assumono essere illegittimamente lesivi della posizione medesima.

Infatti, l’atto di inquadramento del personale è un provvedimento con il quale l’Amministrazione definisce lo status giuridico ed economico del dipendente nell’ambito del proprio apparato organizzativo con efficacia costitutiva, per cui nei confronti di tale atto sono configurabili solo posizioni di interesse legittimo (ex plurimis, da ultimo: Cons. Stato – Sez. V – 17 ottobre 2008 n. 5065).

Ciò posto, si rivela inammissibile, oltre che manifestamente infondata, la sollevata eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 34 del D.Lgs. n. 196 del 1995.

Al riguardo, va considerato che - in tema di inquadramento dei sottufficiali delle Forze Armate -, è stata considerata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 34 del D.Lgs. n. 196 del 1995 nella parte in cui viene operata una asserita illegittima discriminazione rispetto al più favorevole inquadramento riservato in via transitoria ai corrispondenti gradi dell’Arma dei Carabinieri dall’art. 46 del D.Lgs. n. 198 del 1995, per violazione degli art. 3, 36 e 97 della Costituzione, atteso che il diverso trattamento in sede transitoria trova adeguata giustificazione nelle diverse posizioni di partenza economiche e giuridiche sia nelle Forze di Polizia ma anche tra queste e le Forze armate in genere, il che si è tradotto nella necessità di procedere alla programmata omogeneizzazione con equilibrata gradualità.

In proposito, ha statuito la Corte Costituzionale che non è ravvisabile una lesione del principio di uguaglianza per il fatto che intervengono variazioni dell’assetto organizzatorio della P.A. che non sono di per sè indice di peggioramento, anche se accompagnate da minori accrescimenti di posizioni economiche o di svolgimento di carriera di gruppi di dipendenti, che pur sempre hanno ottenuto vantaggi e miglioramenti significativi, anche se in misura inferiore a quanto previsto per altri settori. Ciò in quanto le variazioni si inseriscono in un disegno di politica normativa ed in scelte discrezionali non palesemente arbitrarie né manifestamente irragionevoli, tendenti alla razionalizzazione ed alla omogeneizzazione di complesse situazioni ordinamentali e trattamenti quali quelli delle Forze di Polizia e delle Forze armate (Corte Cost. – 30 aprile 1999 n. 151).

La stessa Consulta ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della normativa in questione, in riferimento agli art. 3, 36 e 97 cost., dell'art. 34 commi 1 lettera c), 3, 4, 5, 6, 7, e 8 d.lg. 12 maggio 1995 n. 196 (Attuazione dell'art. 3 l. 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non direttivo delle Forze armate), nella parte in cui disporrebbe per i marescialli dell'Esercito un trattamento deteriore rispetto a quello per i pari grado dell'Arma dei Carabinieri previsto dal d.lg. n. 198 del 1995. Nè la legge n. 216 del 1992, nè le norme successive hanno inteso perseguire un'assoluta identità di posizioni e trattamenti tra i sottufficiali dei Carabinieri e quelli delle altre Forze armate, essendo peraltro differenti le funzioni svolte ed i compiti demandati ai primi da quelli affidati ai secondi, sicché, non essendo le rispettive posizioni comparabili, la scelta compiuta dal legislatore non è manifestamente irragionevole nè palesemente arbitraria (Corte costituzionale, 17 luglio 2000 , n. 296).

A parere del Collegio, risulta manifestamente infondato anche l’asserito contrasto tra la normativa richiamata e gli artt. 76 e 77 della Costituzione.

Relativamente al presunto eccesso di delega, infatti, le considerazioni sopra espresse inducono ad affermare che il Governo abbia correttamente esercitato la delega conferita dall’art. 3 della legge 216 del 1992.

Alla luce delle considerazioni che precedono – disattese le descritte eccezioni di illegittimità costituzionale -, il Collegio ritiene che il ricorso debba essere respinto in quanto l’Amministrazione risulta aver correttamente operato applicando la disciplina sopra indicata la quale, per le ragioni evidenziate, non presenta dubbi di costituzionalità.

Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata nel dispositivo.

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