TAR Genova, sez. I, sentenza 2014-07-28, n. 201401227
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Testo completo
N. 01227/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00483/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 483 del 2005, proposto da:
M G, rappresentato e difeso dagli avv. C F G, G G, con domicilio eletto presso C F G in Genova, via B.Bosco 31/9;
contro
Corpo della Guardia di Finanza, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato presso cui sono domiciliata in Genova, v.le Brigate Partigiane 2;
per l'annullamento
del provvedimento 16 novembre 2004 prot. 40397/p del Comando provinciale di Genova di irrogazione della sanzione disciplinare della consegna di rigore per giorni 4 nonché per l’annullamento del provvedimento 23 febbraio 2005 n. 5590 con cui il Comandante regionale ha respinto il ricorso gerarchico, nonché per l’accertamento del diritto al risarcimento danni e per la conseguente condanna dell’amministrazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Corpo della Guardia di Finanza e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2014 il dott. L M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato il 23 aprile 2005 al Ministero dell’economia e delle finanze e depositato il successivo 30 aprile 2005 il sig. M G, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, i provvedimenti in epigrafe.
Avverso i provvedimenti impugnati il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:
1) violazione dei principi di buon andamento e imparzialità della p.a., violazione dell’art. 2 l. 241/90, e dell’art. 120 d.p.r. 3/1957, violazione dell’art. 10 d.m. 60371993e dell’art. 8 d.m. 690/96, violazione degli artt. 59 e 66 d.p.r. 545/1986 e della circolare del Comando generale della guardia di finanza 1/1/2000, eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza, in quanto il procedimento disciplinare sarebbe rimasto estinto per inattività;
2) violazione dei principi di buon andamento e imparzialità della p.a., violazione dell’art. 2 l. 241/90, e degli artt. 1 e 2 d.m. 19 ottobre 1994 n. 678 del d.p.r. 545/1986 e del d.i. 28 aprile 1943 n. 460, violazione della circolare del Comando generale della guardia di finanza 1/1/2000, eccesso di potere per illogicità e irragionevolezza, in quanto il procedimento disciplinare sarebbe rimasto estinto per tardiva instaurazione;
3) violazione del principio del ne bis in idem e del divieto di reformatio in pejius, violazione della circolare del Comando generale della guardia di finanza 1/1/2000, in quanto al ricorrente sarebbe già stata inflitta la pena della consegna di rigore che lo stesso avrebbe in precedenza scontato;
4) violazione degli artt. 3 e 10 l. 241/90 e del regolamento di disciplina militare , eccesso di potere per difetto di istruttoria, in quanto l’amministrazione non avrebbe valutato gli apporti difensivi del ricorrente;
5) violazione degli artt. 58 e 59 del regolamento di disciplina militare , violazione degli artt. 3 e 10 l. 241/90, in quanto il Comandante della brigata da cui il ricorrente dipendeva ha provveduto alla contestazione degli addebiti e alla richiesta di giustificazioni scritte pur essendo incompetente all’irrogazione della sanzione;
6) violazione degli artt. 59 e ss. regolamento di disciplina militare, violazione degli art. 3 e10 in quanto le prove materiali dell’illecito disciplinare del ricorrente non sarebbero state acquisite e custodite con modalità tali da garantire il contraddittorio;
7) violazione dell’art. 65 del regolamento di disciplina militare eccesso di potere per difetto di presupposti, di istruttoria, di motivazione, contraddittorietà ed illogicità manifeste in quanto, avuto riguardo alla prassi invalsa nel reparto presso cui il ricorrente prestava servizio, il comportamento posto in essere dallo stesso non sarebbe suscettibile di essere punito con una sanzione così grave.
Il ricorrente concludeva per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento del provvedimento impugnato con vittoria delle spese di giudizio.
Veniva formulata anche domanda risarcitoria.
Si costituiva in giudizio l’amministrazione intimata.
All’udienza pubblica del 10 luglio 2014 il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è rivolto avverso il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare della consegna di rigore ad un militare della guardia di finanza e al provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico dallo stesso esperito.
Il ricorso è fondato.
La vicenda relativa al ricorrente è stata particolarmente travagliata e può essere sinteticamente ricostruita come segue.
Con nota 27 luglio 2002 prot. 3897 il Comandante della brigata della Guardia di finanza di Varazze contestava al ricorrente di avere distrutto senza giustificato motivo carteggio ufficiale dell’amministrazione.
Con successiva nota dell’ 8 agosto 2002 il Comandante provinciale di Savona inoltrava comunicazione notizia di reato alla Procura militare della Repubblica di Torino per il reato di distruzione colposa di cosa mobile militare. Il procedimento penale veniva successivamente archiviato in data 22 ottobre 2002.
Con determinazione 31 marzo 2003 n. 8364 il comandante regionale della Guardia di finanza annullava in autotutela la richiesta di chiarimenti di cui alla nota 27 luglio 2002.
Il Comandante provinciale di Genova instaurava in data 9 aprile 2003 un nuovo procedimento disciplinare nei conforti del ricorrente che si concludeva con l’irrogazione della sanzione disciplinare della consegna di rigore.
Anche tale provvedimento veniva, tuttavia, annullato dal Comandante regionale Liguria con determinazione 3 maggio 2004 n. 9843.
Riavviato per la terza volta il procedimento disciplinare lo stesso s concludeva con l’irrogazione della sanzione oggi sub iudice.
Il Collegio ritiene che la violazione dei termini per l’instaurazione del procedimento disciplinare costituisca sintomo di eccesso di potere onde l’illegittimità del provvedimento di irrogazione della sanzione.
A tal riguardo occorre rilevare come, in generale i termini per l’avvio del procedimento disciplinare non abbiano natura perentoria, ma meramente ordinatoria.
Esistono bensì termini perentori per l’avvio del procedimento disciplinare ma si riferiscono ad ipotesi tassativamente individuate dalla legge in relazione alle quali il dato unificante è costituito dalla relazione stretta che il procedimento disciplinare ha con giudizi penali o amministrativi.
Vigenti ratione temporis ed applicabili alla fattispecie de quo possono citarsi gli artt. 119 e 120 d.p.r 3/1957 e l’art. 5 l. 37/1968.
In particolare gli artt. 119 d.p.r. 3/1957 e 5 l. 37/1968 prevedono un termine perentorio per la rinnovazione del procedimento disciplinare in seguito all’annullamento in sede giurisdizionale di uno precedente.
La giurisprudenza, tuttavia, esclude l’applicazione di detti termini alle ipotesi in cui non sia rinvenibile un annullamento giurisdizionale ovvero amministrativo contenzioso (C.S. IV 5 dicembre 1994 n. 984).
Occorre peraltro rilevare come per effetto dell’annullamento in autotutela la situazione retroagisca al momento dell’ultimo degli atti non annullati, con la conseguenza che nel caso di annullamento in toto degli atti occorrerà valutare la tempestività dell’instaurazione del procedimento con riferimento alla data del primo degli atti emessi in seguito all’annullamento con riferimento alla data di commissione dell’illecito disciplinare o di quella in cui l’amministrazione ne ha avuto contezza.
In altre parole, se pure non esiste un termine perentorio per la rinnovazione degli procedimento a seguito di annullamento in autotutela, nondimeno un annullamento in autotutela troppo lontano nel tempo non potrebbe sottrarsi alla censura di eccesso di potere. La violazione del termine ordinatorio, infatti, se pure non consuma il potere nondimeno può costituire un indizio un sintomo di eccesso di potere.
In materia di sanzioni disciplinari di corpo il procedimento deve essere iniziato, senza ritardo (art. 19 d.p.r. 18 luglio 1986 n. 545, in allora vigente).
La circolare ella Guardia di finanza I/1/2000 al paragrafo 6.5 stabilisce in 30 giorni il termine per l’instaurazione del procedimento disciplinare.
Orbene nella specie ci si avvede che, per effetto delle vicissitudini di cui si è dato conto, a fronte di un illecito disciplinare commesso in data 26 luglio 2002 il relativo procedimento è stato avviato soltanto in data 5 luglio 2004. Si tratta indubbiamente di un periodo eccessivamente lungo sia rispetto alla nozione seppure generica dell’assenza di ritardo, sia per l’indicazione più specifica di trenta giorni di cui si è dato conto.
Come si è detto la natura non perentoria del termine in questione non consente al giudice di riscontrarne la violazione e ritenere sic et simpliciter l’illegittimità della sanzione disciplinare irrogata ad esito del procedimento tardivamente instaurato.
Occorrono altri elementi che possono fare ritenere unitamente alla violazione del termine lo sviamento.
Nella specie tali elementi possono essere individuati nei seguenti: la mancata sospensione del procedimento disciplinare in pendenza di quello penale, l’illegittima contestazione degli addebiti in quanto formulata da soggetto incompetente, la presenza di un altro annullamento in sede di autotutela, la circostanza che precedentemente fosse stata inflitta al ricorrente una sanzione più lieve.
Si tratta di una serie di circostanze che colorano la violazione dei termini di avvio del procedimento disciplinare e che inducono a ritenere sussistente nella specie l’eccesso di potere per sviamento.
I provvedimenti impugnati devono, pertanto, essere annullati.
La domanda risarcitoria deve essere disattesa per difetto dell’elemento soggettivo in capo all’amministrazione che verosimilmente è stata indotta a comportarsi in tal modo confidando sulla natura ordinatoria dei termini per l’avvio del procedimento disciplinare.
Le spese seguono la soccombenza.