TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2023-10-25, n. 202315813

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2023-10-25, n. 202315813
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202315813
Data del deposito : 25 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/10/2023

N. 15813/2023 REG.PROV.COLL.

N. 13417/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13417 del 2015, proposto da
A G, A E, C V, S A, R G, N S, R F, T P, V F, P V, B G, B E, S A, A U, M M, P P, B G, F F, R I, F P M, G P, B E, M L, D C C, T C, G F, N P, G R, C M, G R, D'Errico Luciano, D P, B G, F R, P V, G M, F R, F S, G R, L M, C C, Genovese Domenico, Amodei Anna, Mencherini Mario, Trevisan Loris, D'Amico Lea, Mariani Giancarlo, Guariglia Aurelio, Reginaldi Pietro, Fantuz Vincenzo, Capretta Gino, Panella Giorgio, Rossetti Marco, Spiezia Antonio, Ficorella Antonella, Molina Gaudenzio, Bellanca Maria, Mazzucco Giuseppe, Landi Francesco, Biancolini Giancarlo, Volonghi Pierangelo, Molinelli Carmela, Rossi Filippo, Manno Francesco, De Aloe Marisa, Vincenzi Giovanni, Tagliente Mario, Pucciarelli Luigi, Romano Laura, Bartolini Giovanni, Milazzo Sanfilippo Emilio, Fontana Silvana, Pirisi Maddalena, Centauri Giulio, Zimei Gian Carlo, Marciani Renzo, Caselli Annamaria, Paonni Vittorio, Mogliani Roberto, Bassi Federica, Sala Gianfranco, Majorano Vincenzo, Marini Maurizio, Marchionni Romolo, Alimenti Espantero, Caruso Mario, Roselli Cataldo, Calabretto Vigilio, Manfredini Gabriella, Baldassarri Hoger V.H. Pietro, Vangelista Riccardo, Stecca Giovanni, Tartaglini Marcello, Bussoni Mario, Giraldi Giancarlo, Lauri Annunzio, Bonetti Alberto, Mosca Anna, Pesce Gaetano, D'Orio Francesco, Calandrino Giovanni Antonino, Indelli Luigi, Zappacosta Palmiro Rossano, Pierpaoli Maurizio, Ventorino Francesco, Schiaffini Caludio, Marino Mario, Capobianco Antonio, Barbuto Carmelo Vincenzo, Lamberti Rossella, Astuto Salvatore, Dui Angelo, Pagliano Gabriella, Boccalatte Aldo, Bicocchi Lorenzo, Rolfi Giuseppe, Maldotti Giandomenico, Sagona Piro, Marchese Rosanna, Furlan Livia, Costa Costantino, Graziano Vanda, Defino Anna, Gennari Giancarlo, D'Amelj Grazia, Giuliano Pier Ezio, Cecconi Alfredo, Lanza Angelo, Giordani Giancarlo, Nervi Enrico, Rametta Aurelio, Dominici Duilio, Moscarelli Diana, Valente Fabiano, Randaccio Paolo, Deriu Giovanni Battista, Gabellieri Nello, Fancelio Giovanni Antonio, Rastelli Giuseppe, Iaccarino Raffaele, Cadeddu Giancarlo, D'Aniello Salvatore, Marocco Alfredo, Bacchini Augusto, Tartaglia Ilda, Manganelli Ulderico, Magi Claudio, Colicigno Giorgio, Rotoloni Amarillide, Petruccioni Lorenzo, Rizzo Oreste, De Florian D'Andrea Aurelia, Matta Fernando, Dalla Costa Adriano, Ciocchetti Maria Grazia, Quattrociocchi Maria, Piccirilli Angelino, Ciolfi Angelo, Mungo Francesco Tommaso, Marzoli Walter, Besedgank Vincenzo, Zuccaro Elio, Magli Antonio, Papa Giuseppe, Barillari Teresa, Mazzoni Vilma, Feriotto Sandro, Fregona Marilena, Crescentini Gianpietro, Ilardi Illuminato, Butticè Angelo, Urdì Antonia Elena, Rizzo Lucio, Ripollino Salvatore, Carmosino Nicola, Sorrentino Giorgio, Faticoni Massimo, Cialli Patrizia, Fine Patrizia, Weissmuller Franco, Zeni Cecilia, Campanile Francesco Paolo, Longiarù Fabrizio, Bruno Concetta, Anzini Annamaria, Zazzeroni Giuseppina, Traversa Salvatore, Montesi Averardo, Moretti Giovanni, Borghese Isabella, Zobel Miriam, Savino Franco, Castagna Egidio, Monti Luciano, Fernandes Alfredo, De Rosa Salvatore, Pierro Carla, Caracci Anna Maria Ida, Scribano Salvatore, Barbetta Rosanna, Palumbo Luciana, Basso Maria, Scordari Loreto, Suardi Ivana, Barone Domenico, Langellotti Angelo, Pietrella Luigi, De Zorzi Maria Teresa, Pisapia Anna, Santori Serafino, Blasich Giovanni, Gardellini Edmondo, Romualdi Gaetano Giorgio, Lucatelli Bruno, Del Pinto Elisabetta, Palmieri Luciana, Romano Lorenzo, Mattina Roberto, Seraglini Gianfranco, Ceci Carlo, Caminiti Antonino, Achard Marcello, Maini Silvana, Corso Mario Rosario, Birellini Franco, Sorgi Alberto, Baldassarri Luciana, Vinciguerra Giorgio, Pidalà Maria Angela, Colantoni Daria, Polga Maria, Campelli Marcella, Massimo Alfredo, Ferrante Silvana, Cipparrone Anna Maria, Sampaolo Rita, Bugliosi Giuseppe, Fantozzi Annunziata, Colella Tullio, Piersanti Mirella, Luddi Carla, Vendemiati Rita, Calì Francesco, Catanese Gioacchino, Stipa Gabriella, Carmignani Carla, Casini Ruggero, D'Agostino Raffaele, Teja Otto, Praticò Alberto, Zucca Vincenzo, Centioni Roberto, Sozzi Filippo, Laurenti Sandro, Seguiti Luigi, Marcotulli Aleandro, Insolia Giuseppina, Foni Gilberto, D'Acunzi Antonio, Migliorini Renato, Pregoni Giuseppe, Rondonotti Giacomino, Cerutti Gaudenzio, Crevacore Ezio Luigi, Angotti Maria, Zucca Giuseppe, Olivieri Luciano, Valente Riccardo Maria, Castagnaro Luigi, Piras Luigi, De Simone Italo, Danese Giuseppe, Toccaceli Trainelli Leandro, Spaziani Maria, Mannu Pietrantonio, Pentrella Elio, Pontillo Luciano, Gallerani Marinella, Libertini Virgilio, Palmieri Remo, Vitiello Gennaro, Manni Piero, Cologni Cesarino, Capaccia Domenica, Scialanga Maria Paola, Fedota Canio, Marchesini Luciano, Troiano Aldo, Pesce Francesco, Di Falco Emanuele, Perrone Salvatore, Corsini Gianfranco, Salvinati Maria Concetta, Martinelli Renzo, Pecorella Liberale, Amendola Stefano, Peroni Vanda, Principi Giorgio, Venturini Virgilio, Testoni Giulio, Ferrante Simonetta, Zanon Benita, Carcione Alberto, Borgia Lucia, Della Bella Daniela, Frollo Rossano, Ferrari Umberto, Astolfi Astolfo, Chiudioni Clara, Sacchet Isa, Brachini Giannina, Alfonsi Mara, Capomassi Simonetta, Castelli Rodolfo, Messina Gabriella, Trocchi Massimo, Scognamiglio Vincenzo, Berlini Giorgio, Porcelli Maria, Giangi Roberto, Massimiani Cesare, Germani Maria, Di Salvia Franco, Vastano Giovanni, Tedesco Umberto, Pompei Fulvio, Cilione Cesira, Pizzuti Tiziana, Capasso Rosalia, Falcone Maria Franca, Mazzanti Goffredo, Esposito Fernando, Minniti Francesco, Mauro Rosalba, Licciardello Santo, Pilotto Giuliano, Porti Norberto, Borgheresi Gino, Naso Santo, Pastore Andrea, Carlisi Calogero, Bartolini Adele, Sardella Vittorio, Lucci Edvige, De Rita Giuseppe, Di Gregorio Elodia, Maniscalco Francesco, Tanga Paolo, Imbimbo Antonio, Antonioli Annalisa, Casadei Andrea, Ferrarelli Paolo, Balducci Maria Rosaria, Nisi Norberto, Ruscito Giuseppe, Manfrini Nadia, Piacentini Giorgio, Del, Signore Sabina, Borile Paolo, Napoleoni Doriana, Trotta Giuseppe, Picariello Claudia, Toti Alberto, Bernard Giacomo, Bianchi Renato, Fratocchi Eliana, Alunni Celestino, Cefaro Silvio, De Grada Pietro, Negri Alessandra, Martini Franco, Poglia Ornella, Peano Nicolina, Martino Aldo, D'Erchie Giovanni, Ricca Maria, Colozza Giorgio, Ferri Maurizio, D'Agostino Rosa, Ioculano Giovanni, Gattolin Dario, Montagni Franco, Cerroni Carla, Santucci Lamberto, Pegorer Edda, Buda Antonio, Suriano Graziella, Pietri Giovanni Battista, Assettati Carla, Cutrì Mario, Marchisio Maria Antonietta, De Angelis Silvana, Maritati Salvatore, Russo Pasquale, Moretti Mariagrazia, Berretta Mauro, Maggi Paolo, Policani Angela, Fiorentini Domenico, Cavaterra Giovanna, Bernardini Iole, Arcangeli Flora, De Dominicis Savina, Elmo Giovanni, Falcone Maria Maddalena, Scaglione Bruno, rappresentati e difesi dall'avvocato Maurilio D'Angelo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pietro Da Cortona, 8;

contro

Banca D'Italia, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Patrizia De Troia, Donatella La Licata, Michelino Villani, domiciliataria ex lege in Roma, via Nazionale, 91;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento reso in seno ai Mod.79 SIP di erogazione a ciascun ricorrente della “pensione di regolamento” relativa al mese di agosto 2015, con cui entro il mese di novembre p.v. saranno messe in pagamento le somme spettanti in applicazione del D.L. n.65 del 2015 attuativo della sentenza n.70 del 2015 della Corte Costituzionale in tema di rivalutazione delle pensioni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Banca D'Italia e di Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 20 ottobre 2023 la dott.ssa C L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I ricorrenti, tutti dipendenti in quiescenza della Banca d’Italia, assunti in data anteriore al 28.4.1993 (cioè in data anteriore alla riforma della previdenza complementare di cui al d.lgs. n. 124 del 1993) hanno impugnato gli atti di cui in epigrafe ritenendo che questi violino il trattamento di quiescenza e gli accordi per l’aggiornamento e/o rivalutazione, sostituendoli con la riduzione o il blocco, di fatto e di diritto, per gli anni 2012 – 2013 – 2014 – 2015 e 2016 operato con il d.l. n. 65/2015.

La Banca d’Italia si è costituita controdeducendo nel merito.

All’udienza di smaltimento del 2° ottobre 2023 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è infondato sulla base della giurisprudenza di questo Tribunale, che in una recente sentenza, ha affermato: “ 2 – Oggetto del giudizio è la pretesa del ricorrente – dipendente della Banca d’Italia collocato a riposo dall’1 ottobre 2003 beneficiando di un trattamento pensionistico integralmente a carico della Banca fino al 1° luglio 2012 e, successivamente a tale data, a seguito del conseguimento del diritto alla pensione di vecchiaia INPS, conseguendo il trattamento pensionistico solo integrativo erogato dalla Banca d’Italia rispetto a quanto spettante nell’ambito dell’assicurazione generale obbligatoria – ad ottenere la rivalutazione della propria pensione per gli anni 2012, 2013 e 2014 a norma della legge n. 388 del 2000, con conseguente condanna della Banca d'Italia a versare allo stesso la somma di € 3.986,52, oltre interessi di legge dal dì del dovuto al saldo effettivo, oppure la maggiore o minore somma ritenuta di giustizia.

La rivalutazione della pensione del ricorrente non è stata effettuata dalla Banca d’Italia in applicazione delle disposizioni dettate dal decreto legge n. 65/2015, convertito in legge n. 109/2015, che ha disposto, per gli anni 2012 e 2013, il blocco della perequazione per i trattamenti complessivamente superiori a sei volte il minimo INPS, di cui gode il ricorrente.

Tanto emerge dalla nota datata 29 gennaio 2016 con cui la Banca d’Italia, in riscontro alla richiesta di parte ricorrente volta ad ottenere il pagamento di detta somma in quanto asseritamente spettantegli in forza della rivalutazione calcolata “sulla base dell’ordinaria legislazione sulla perequazione (art. 69 L. 388/2000) che avrebbe trovato applicazione in assenza del DL 65/2015”, ha rappresentato che la perequazione per gli anni 2012 e 2013 non era stata riconosciuta in quanto la disciplina dettata dal decreto legge n. 65/2015, convertito in in legge n. 109/2015, aveva confermato, per gli anni 2012 e 2013, il blocco della perequazione per i trattamenti complessivamente superiori a sei volte il minimo INPS, tra i quali rientra il trattamento riconosciuto al ricorrente.

A sostegno della pretesa avanzata dal ricorrente, invoca questi il carattere di specialità del trattamento pensionistico previsto dal Regolamento per il trattamento di quiescenza del personale della Banca d’Italia approvato il 26 giugno 1992, nonché l’autonomia ed indipendenza sostanziale della Banca d'Italia, derivante dalla sua appartenenza all'eurosistema delle Banche Centrali Europee, con l’affermata conseguenza che il “Trattamento di quiescenza da regolamento” debba seguire dinamiche di adeguamento del tutto indipendenti da quelle previste dalla normativa ordinaria vigente per l'Assicurazione Obbligatoria INPS, che sarebbe inapplicabile quindi al personale in quiescenza della Banca d’Italia assunto in data antecedente al 28 aprile 1993 – ovvero in data antecedente l’entrata in vigore della riforma della previdenza complementare attuata con il D.Lgs. n. 124 del 1993 - non essendovi asseritamente alcun obbligo di automatico adeguamento, da parte della Banca d’Italia, alle modifiche legislative delle pensioni INPS, con denunciata violazione degli obblighi contrattualmente assunti nei confronti dei propri dipendenti ora in quiescenza e ulteriori profili di illegittimità, anche costituzionale, meglio sintetizzati in parte narrativa.

3 – La tesi di parte ricorrente, secondo la quale deve riconoscersi al Regolamento per il trattamento di quiescenza del personale della Banca d’Italia ed ai trattamenti pensionistici sulla cui base sono maturati, una resistenza ed una prevalenza, in virtù del carattere di specialità, rispetto alla disciplina dettata dal legislatore per le pensioni INPS ed alle relative dinamiche, affermandone una sorta di impermeabilità, seppur suggestiva e basata sul richiamo di precisi indici caratterizzanti il sistema, non merita condivisione avuto riguardo al quadro normativo di riferimento ed ai principi e regole dallo stesso enucleabili.

Sotto tale profilo, deve precisarsi che il Regolamento per il Trattamento di Quiescenza è frutto di accordi tra la Banca d’Italia e le organizzazioni sindacali e si inscrive nel contesto normativo dettato dal D.Lgs. n. 563 del 16 settembre 1996, recante la disciplina dei “trattamenti pensionistici, erogati dalle forme pensionistiche diverse da quelle dell’assicurazione generale obbligatoria, del personale degli enti che svolgono le loro attività nelle materie di cui all’art. 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691” (ossia le materia della tutela del risparmio e del credito), rispetto al quale vengono introdotte misure specifiche quanto a presupposti e modalità di quantificazione ed erogazione.

La soggezione del trattamento pensionistico dei dipendenti della Banca d’Italia – con riferimento a quelli assunti ante 28 aprile 1993, ovvero in data antecedente la riforma della previdenza complementare di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993 – alla legislazione statale dettata in materia, che parte ricorrente contesta, risale già in maniera inequivoca dalla data di entrata in vigore dell’art. 59, comma 3, della legge n. 449 del 27 dicembre 1997 – che richiama espressamente i trattamenti pensionistici previsti dal D.Lgs. n. 563 del 1996 (riferito, come sopra indicato, anche a quelli erogati dalla Banca d’Italia) – con il quale è stato stabilito che, con decorrenza 1 gennaio 1998, il trattamento pensionistico integrativo di quello di base potesse conseguirsi esclusivamente in presenza dei requisiti e con la decorrenza previsti dalla disciplina dell’assicurazione generale obbligatoria di appartenenza, in tal modo determinandosi la parificazione dei requisiti per il godimento delle forme pensionistiche integrative – tra cui quella della Banca d’Italia – a quelli per il godimento delle pensioni erogate dall’INPS, in un’ottica di omogeneizzazione dei trattamenti e di equità sociale.

La citata norma, al comma 4, ha altresì stabilito, con specifico riguardo alla tematica inerente la perequazione che qui interessa, che “a decorrere dal 1° gennaio 1998, per l'adeguamento delle prestazioni pensionistiche a carico delle forme pensionistiche di cui ai commi 1, 2 e 3 trova applicazione esclusivamente l'articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 531, con esclusione di diverse forme, ove ancora previste, di adeguamento anche collegate all'evoluzione delle retribuzioni di personale in servizio” (art. 59, comma 4, della legge n. 449 del 1997).

Con tale norma, applicabile anche alle forme pensionistiche erogate dalla Banca d’Italia per effetto del richiamo ivi contenuto, il meccanismo di adeguamento al costo della vita anche per i trattamenti pensionistici erogati dalla Banca è quello stabilito dalla legge, applicabile in via generalizzata, valevole per ciascuna categoria di lavoratori dipendenti, in quanto volto ad armonizzare la disciplina dei trattamenti di quiescenza “speciali” (quale quello contemplato dal RTQ) con quello inerente all’assicurazione generale obbligatoria, con conseguente venir meno di ogni altra contraria previsione.

Di ciò viene peraltro dato atto nei successivi accordi contrattuali intercorsi con le organizzazioni sindacali, con cui si statuisce che dalla predetta data dell’1 gennaio 1998 non avrebbero trovato più applicazione i diversi meccanismi perequativi previsti dal Regolamento.

Con fonte contrattuale equiordinata a quella del Regolamento in esame, si è quindi dato atto ed è stata accettata l’efficacia della disciplina statale, con disapplicazione delle diverse statuizioni regolamentari. Profilo questo, non contestato da parte ricorrente, che si affianca a quello dell’efficacia diretta della disciplina statale sulle modalità di perequazione del trattamento pensionistico per tutti i dipendenti, ivi compresi quello della Banca d’Italia, per come evincibile dall’espresso richiamo, sopra indicato, ai trattamenti pensionistici previsti dal D.Lgs. n. 563 del 1996, ovvero quelli erogati dalla Banca d’Italia, con la conseguenza che dal 1998, il meccanismo di adeguamento nel tempo delle pensioni erogate dalla Banca d’Italia sulla base del Trattamento di Quiescenza di Regolamento trova la sua regolamentazione esclusivamente nella legge, con conseguente soggezione di tali trattamenti, con riferimento alla rivalutazione, alla disciplina statale generale, come modificata nel tempo.

Va, difatti, rimarcato che per i trattamenti pensionistici erogati dalla Banca d’Italia la legge n. 449 del 1997 dispone che si applichi “esclusivamente l’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, con esclusione di diverse forme, ove ancora previste, di adeguamento anche collegate all’evoluzione delle retribuzioni di personale in servizio” (art. 59, comma 4, della legge n. 449 del 1997).

In tal modo è stata sancita la soggezione della perequazione dei trattamenti pensionistici erogati dalla Banca d’Italia esclusivamente all’art. 11 del d.lgs. n. 503 del 1992, al contempo espressamente escludendosi l’applicabilità di diverse forme di adeguamento.

Il che consente di disattendere la tesi di parte ricorrente laddove afferma che non vi sarebbe alcuna volontà, espressamente manifestata dal legislatore, di rendere applicabili al trattamento pensionistico di regolamento le dinamiche pensionistiche dettate per il trattamento INPS, trovando tale tesi smentita nei descritti indici normativi.

Conclusione, questa, che trova avallo nelle argomentazioni rassegnate nella sentenza del Consiglio di Stato n. 2634 del 2006 – la cui risalenza e riferibilità ad altra disciplina, contrariamente a quanto affermato da parte ricorrente, non ne vanifica la portata quanto a principi affermati, aventi valenza generale – in cui si riconosce l’ambito generalizzato di applicazione della disciplina dettata dall’art. 59, comma 4, della legge n. 449 del 1997, anche quindi al trattamento pensionistico integrativo erogato dalla Banca d’Italia, in quanto estesa anche alle forme di previdenza complementari e integrative, senza alcuna distinzione e “senza che si possa ritenere impedito ad una legge (oltretutto di riforma economico – sociale) di incidere su regimi previdenziali aventi base pattizia” affermando al riguardo che “Soccorre, ed è assorbente di ogni altra considerazione, il dato letterale dell’art. 59, co. 4, che viene dichiarato applicabile alle prestazioni pensionistiche a carico di tutte le forme pensionistiche di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo art. 59. Ora, i commi 2 e 3 del citato art. 59, menzionano, tra l’altro, le forme pensionistiche previste dal d.lgs. 16 settembre 1996, n. 563, che, a sua volta, disciplina i trattamenti previdenziali del personale di enti che svolgono la loro attività nelle materie di cui all’art. 1, d.lgs. C.P.S. 17 luglio 1947, n. 691 (vale a dire il credito e il risparmio)”, con riconoscimento, peraltro e in astratto, della possibilità per il legislatore di intervenire a disciplinare rapporti pensionistici in essere oggetto di disciplina pattizia, quale quella del Regolamento della Banca d’Italia.

Con la citata norma viene, quindi, soppresso ogni meccanismo perequativo diverso da quello vigente nelle pensioni corrisposte in regime obbligatorio, nell’ottica perseguita dall’art. 59 della omogeneizzazione delle prestazioni di tutte le forme pensionistiche in attuazione della scelta del legislatore, enunciata sin dalla legge n. 421 del 1992, n. 421 e via via confermata nei successivi interventi, di istituire un collegamento funzionale tra la previdenza obbligatoria e quella complementare, collocando quest’ultima nel sistema dell’art. 38, comma 2, della Costituzione, senza che possa ritenersi interdetto al legislatore di intervenire in materie disciplinate da accordi sindacali attraverso la definizione di nuove regole, soprattutto allorquando si tratti di ridisegnare il sistema previdenziale pubblico e privato sulla base di esigenze di armonizzazione ed alla luce di interessi di ordine pubblico economico e di equità, anche tenuto conto del rango delle diverse fonti e del fatto che gli accordi tra Banca d’Italia e sindacati sono stipulati proprio per dare attuazione alla legge, non potendo riconoscersi alcuna immutabilità del sistema previdenziale della Banca d’Italia né alcuna impermeabilità rispetto alla disciplina statale volta ad individuare regole comuni a tutte le tipologie di trattamento di quiescenza.

Posta, quindi, l’applicazione al trattamento pensionistico di regolamento della disciplina generale statale, lo stesso soggiace, conseguentemente, alle modifiche intervenute nel tempo in tale disciplina, ivi compresa quella dettata dal decreto legge n. 65 del 2015, convertito dalla legge n. 109 del 17 luglio 2015, sulla cui base è stata negata al ricorrente la rivalutazione del proprio trattamento pensionistico per gli anni 2012, 2013 e 2014, e sulla cui base deve anche in questa sede giurisdizionale negarsi tale beneficio.

Al fine di correttamente inquadrare il contesto in cui si inscrive tale norma, al contempo individuando utili indici sulla cui base confutare le argomentazioni di parte ricorrente, giova precisare che tale norma segue quella dettata dall’art. 24, comma 25, del decreto legge n. 201 del 2011, convertito con la legge n. 214 del 2011, con la quale era stato previsto, per le pensioni soggette al meccanismo di cui all’art. 34 della legge n. 448/1998 (tra le quali quelle a carico della Banca), il blocco dell’adeguamento automatico per le pensioni di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS relativamente agli anni 2012 e 2013.

Il citato art. 34, comma 1, della legge n. 448 del 23 dicembre 1998 prevede, con decorrenza dall’1 gennaio 1999, che il meccanismo di adeguamento dei trattamenti previdenziali si applica, per i titolari di più trattamenti pensionistici, “in funzione dell’importo complessivo dei trattamenti corrisposti a carico dell’assicurazione generale obbligatoria … nonché… dei fondi integrativi ed aggiuntivi di cui all’articolo 59, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449”. Tra questi ultimi è da ricomprendere, come già illustrato, il trattamento erogato dalla Banca ai sensi del Regolamento.

Il citato art. 24, comma 25, del decreto legge n. 201 del 2011, è stato dichiarato incostituzionale dalla Consulta con la sentenza n. 70 del 2015, ritenendo non rispettati i principi di proporzionalità e ragionevolezza che giustificano il sacrificio del diritto ad una prestazione previdenziale adeguata, che tenga conto delle dinamiche inflattive, non essendo peraltro illustrate esigenze finanziarie specifiche.

A fronte della pronuncia demolitoria della Consulta, con l’art. 1, comma 1, n. 1) del decreto legge n. 65 del 21 maggio 2015, convertito dalla legge n. 109 del 17 luglio 2015, è stato novellato l’art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011, il quale recava il blocco dell’adeguamento automatico per le pensioni di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS relativamente agli anni 2012 e 2013 dichiarato incostituzionale.

È stato quindi prevista la rivalutazione del 100% per le pensioni di importo più basso, vale a dire fino a tre volte il minimo, con riconoscimento ex post, sia pur parziale, della mancata rivalutazione di cui all’art. 34 della legge n. 448 del 1998 relativa agli anni 2012 e 2013, fissando fasce di importi pensionistici – fino al limite di sei volte il trattamento minimo INPS – per ciascuna delle quali si applica una diversa percentuale di rivalutazione, con conseguente obbligo dell’INPS o degli altri soggetti tenuti di restituire gli arretrati agli aventi diritto.

Per quanto di interesse in questa sede la norma in esame ha confermato che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici secondo il meccanismo di cui all’art. 34, comma 1, legge n. 448/1998, relativa agli anni 2012 e 2013 “non è riconosciuta per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi”, fattispecie nella quale ricade il ricorrente il cui trattamento pensionistico complessivo, per gli anni dal 2011 al 2013 così come per gli anni seguenti, è sempre risultato superiore a sei volte il minimo INPS.

Richiamato quanto sopra affermato in ordine alla soggezione del trattamento pensionistico della Banca d’Italia alle dinamiche pensionistiche stabilite dalla legge statale ed alla possibilità che il legislatore intervenga legittimamente a disciplinare rapporti pensionistici già oggetto della normativa pattizia contenuta nello stesso Regolamento, ne discende l’infondatezza della pretesa di parte ricorrente ad ottenere la rivalutazione del proprio trattamento per gli anni 2012, 2013 e 2014, in ragione dell’affermata non applicabilità di tale disciplina al settore pensionistico della Banca d’Italia, non potendo alle disposizioni dettate dal Regolamento riconoscersi alcun carattere di specialità, da intendersi quale prevalenza, rispetto alle disposizioni della legge statale in materia di trattamento pensionistico – tenuto conto che le stesse espressamente affermano la loro applicabilità anche a tale settore - non essendovi peraltro indici diversi che possano superare il dato testuale delle norme e dei rinvii ivi espressamente contenuti, né ragioni di ordine sistematico che possano condurre a diverse conclusioni.

Non assume, infatti, rilievo decisivo, a tale riguardo, l’invocata autonomia ed indipendenza sostanziale della Banca d’Italia derivante dalla sua appartenenza all'eurosistema delle Banche Centrali Europee, che escluderebbe l’obbligo di automatico adeguamento alle dinamiche legislative delle pensioni INPS, che invece l’Istituto ha ritenuto di dover adottare.

Posto che è la stessa normativa statale sopra illustrata ad affermare la propria applicazione anche ai trattamenti in godimento al personale della Banca d’Italia, deve ritenersi che il profilo dell’autonomia ed indipendenza della Banca d’Italia non sia intaccato dalla soggezione della relativa disciplina – peraltro, per quanto qui occupa, limitatamente alla perequazione delle pensioni – alla regolazione statale disciplinante i rapporti pensionistici già oggetto della normativa pattizia contenuta nel Regolamento.

Va richiamato, innanzitutto, quanto sopra rilevato in ordine al recepimento della normativa statale per effetto di successivi accordi sindacali, avuto particolare riguardo all’art. 59, comma 4, della legge n. 449 del 1997, con riconoscimento che dall’1 gennaio 1998 il meccanismo di adeguamento nel tempo delle pensioni erogate dalla Banca d’Italia sulla base del Regolamento trova la sua regolamentazione, senza soluzione di continuità, esclusivamente nella legge, con conseguente riconosciuta disapplicazione delle previsioni di Regolamento contrastanti.

Sulla base del rinvio dinamico alle successive modifiche normative intervenute nel tempo, la rivalutazione delle pensioni risulta quindi disciplinata dalla legislazione statale, senza che ciò incida sull’indipendenza della Banca d’Italia, garantita dall’art. 130 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea in ragione della partecipazione della Banca al Sistema europeo delle banche centrali e riconosciuta anche dalla legislazione nazionale ex artt. 19 della legge 262/2005 e 4 del decreto legge n. 133/2013 convertito in legge n. 5/2014.

Tale indipendenza della Banca d’Italia continua a trovare espressione nella indipendenza finanziaria e nella piena autonomia di disciplina, sia giuridica che economica, del rapporto di lavoro alle sue dipendenze, regolato da specifici Regolamenti, e dello stesso rapporto pensionistico la cui determinazione resta affidata alla disciplina pattizia, e la cui limitazione concerne unicamente il profilo della rivalutazione dei trattamenti di quiescenza, che viene regolato in modo uniforme per esigenze di equità distributiva e di perequazione, secondo la ratio perseguita dall’art. 59 della legge n. 449 del 1997, estendendo in modo generalizzato la nuova disciplina anche alle forme di previdenza complementari ed integrative, dettando regole comuni per tutte le tipologie di trattamento di quiescenza, perseguendo finalità di portata generale che vanno oltre il mero contenimento della spesa pubblica, dovendo quindi disattendersi le considerazioni svolte dal ricorrente circa le modalità di provvista della spesa pensionistica da parte della Banca d’Italia, che non possono comunque condurre a ritenere la sottrazione delle pensioni della Banca d’Italia dall’applicazione del regime dettato in via generale ed ordinaria in materia di perequazione, ostandovi la chiara lettera delle norme.

Avuto riguardo ai sospetti di illegittimità costituzionale della disciplina della perequazione del trattamento pensionistico dettata dal decreto legge n. 65 del 2015, vanno richiamate le sentenze della Corte costituzionale n. 250 del 2017 e n. 96 del 2018 che hanno risolto tali dubbi.

Posto che con tale disciplina è stata differenziata la misura della riduzione dell’adeguamento per gli anni 2012 e 2013 sulla base di specifiche fasce di importo, fissando una soglia piuttosto alta – ovvero sei volte il trattamento minimo INPS – oltre la quale la perequazione del trattamento pensionistico è negata, stabilendo altresì le modalità della restituzione della rivalutazione per gli anni successivi al 2013, non sono riscontrabili i profili che viziavano la precedente normativa censurata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 70 del 2015, con la quale non è stata dichiarata l’illegittimità in sé del blocco del meccanismo perequativo, appuntandosi piuttosto i rilievi solo sull’assenza di gradualità della misura – invece attuata con il decreto legge n. 65 del 2015 con decrementi progressivi della rivalutazione differenziati per fasce di importo – in spregio al principio di ragionevolezza e di proporzionalità, laddove veniva disposto il blocco integrale dell’adeguamento a partire da importi di pensione di tre volte il minimo ritenuti troppo esigui, quindi non sufficientemente al riparo dalle dinamiche inflattive.

Non è, inoltre, configurabile alcun carattere espropriativo derivante dal blocco dell’adeguamento della pensione con riferimento agli accantonamenti stipendiali, stante la sua incidenza solo su ratei pensionistici successivi all’entrata in vigore della nuova disciplina, senza intaccare in alcun modo i trattamenti pregressi, peraltro con riferimento ad un periodo temporale limitato.

Né la Banca d’Italia effettua trattenute previdenziali a carico dei dipendenti al fine della corresponsione del trattamento integrativo, che sono invece previste con riferimento al trattamento INPS cui sono soggetti tutti i dipendenti della Banca d’Italia dall’1 gennaio 1995.

Avuto riguardo al trattamento INPS, la Banca d’Italia effettua un servizio di cassa, provvedendo essa stessa alla relativa corresponsione con maturazione di corrispondente credito, provvedendo altresì alla corresponsione del trattamento integrativo, il cui onere grava esclusivamente – contrariamente al primo - sulla Banca.

Perde rilievo quindi l’affermata unicità del trattamento di quiescenza – argomentata sulla base dell’unicità della corresponsione da parte della Banca d’Italia di entrambi i trattamenti in una unica soluzione - che non incide sul meccanismo sottostante di determinazione e di provvista e non conduce a ritenere il carattere espropriativo della misura contestata, spettando ai dipendenti in pensione le prestazioni dell’assicurazione obbligatoria INPS nonché il trattamento integrativo di cui al Regolamento, rispetto al quale non è effettuata alcuna trattenuta stipendiale, senza alcuna trasmissibilità, dall’uno all’altro trattamento, dei relativi caratteri e presupposti.

Non risulta, pertanto, sindacabile la scelta della Banca d’Italia di dare applicazione, uniformandosi, alla disciplina statale dettata in materia di perequazione del trattamento pensionistico, avente carattere generale, estesa espressamente anche allo specifico settore della tutela del risparmio e del credito, e quindi alle pensioni erogate dalla Banca d’Italia, rispondente ad esigenze di perequazione ed omogeneizzazione dei vari trattamenti pensionistici per finalità di ordine pubblico economico e di equità sociale.

Non conduce a diverse conclusioni quanto affermato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 9170 del 2022 – invocata da parte ricorrente a sostegno delle proprie tesi - laddove la giurisdizione del giudice amministrativo viene motivata sul rilievo che il trattamento pensionistico integrativo di Regolamento è interamente a carico della Banca d’Italia gravante su apposito accantonamento nel proprio stato patrimoniale, senza gravare sul bilancio dello Stato.

Trattasi di indici enucleati al fine di individuare il giudice munito di giurisdizione che non intaccano, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, l’ambito di applicabilità della disciplina generale in materia di perequazione anche al trattamento pensionistico erogato dalla Banca d’Italia, i cui presupposti non si rinvengono nelle modalità di provvista di detto trattamento, quanto nella espressa previsione legislativa, rispondente ad esigenze di omogeneizzazione di tutte le forme di previdenza, ivi comprese quelle complementari ed integrative senza alcuna distinzione, neanche quanto a sistemi di provvista.

L’autonomia, per certi versi e sotto alcuni aspetti del trattamento pensionistico erogato dalla Banca d’Italia – quali l’esistenza di un sistema di accantonamento non alimentato da trattenute stipendiali e non gravante sul bilancio dello Stato – non ne determina l’impermeabilità rispetto alla disciplina statale dettata, per quanto qui interessa, in materia di perequazione, che viene espressamente ed in maniera non equivoca estesa a tale trattamento per effetto degli illustrati rinvii normativi alla luce del già illustrato art. 59, comma 4, della legge n. 449 del 1997, il quale prevede che si debba applicare “esclusivamente l’articolo 11 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, con esclusione di diverse forme, ove ancora previste, di adeguamento anche collegate all’evoluzione delle retribuzioni di personale in servizio”.

E’ palese la portata della norma volta a dettare una disciplina esclusiva ed uniforme per tutte le forme di trattamento pensionistico, con espressa ed inequivoca esclusione di qualsiasi altra forma e modalità di adeguamento del trattamento pensionistico, non essendovi quindi spazio, sotto il profilo ermeneutico e ricostruttivo, per l’invocato riconoscimento dell’estraneità del trattamento pensionistico erogato dalla Banca d’Italia rispetto all’ambito applicativo, generalizzato ed omnicomprensivo, della norma quanto a regime della perequazione, dovendo ritenersi la piena soggezione di tale trattamento alla disciplina statale quanto a perequazione.

Né tale soggezione – limitata al meccanismo della rivalutazione dei trattamenti di quiescenza, regolandolo in modo uniforme per finalità di equità distributiva – incide sull’ampia autonomia della Banca d’Italia, tenuto conto che la disciplina del rapporto pensionistico e la misura complessiva del trattamento continuano ad essere affidate alle scelte regolamentari e pattizie, rispetto alle quali vige il solo limite degli incrementi a titolo di rivalutazione nel tempo dei trattamenti pensionistici superiori a un certo importo, con il blocco della perequazione se superiori di sei volte il minimo INPS, tra i quali rientra il trattamento riconosciuto al ricorrente.

Né tale blocco, tenuto conto dell’importo – comunque elevato - del trattamento pensionistico in relazione al quale opera, può ritenersi affetto da irragionevolezza o contrario al principio di proporzionalità, venendo in rilievo un importo comunque adeguato ai fini della protezione dalle dinamiche inflattive, che non intacca il principio costituzionalmente tutelato di proporzionalità della retribuzione e del trattamento previdenziale, non potendosi peraltro ritenere, per quanto sopra illustrato, che le disposizioni contenute nel decreto legge n. 65/2015, siano meramente riproduttive, negli effetti, della normativa contenuta nell’art. 24 del decreto-legge n. 201/2011 e siano quindi affette dagli stessi vizi rilevati dalla Consulta con riferimento a quest’ultima norma.

Non conduce a divere conclusioni il richiamo all’art. 6 del Regolamento, il quale riconoscerebbe al pensionato che non abbia maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia, il diritto all’integrale pagamento della “pensione di regolamento”, la quale quindi rimarrebbe del tutto estranea alle riforme che hanno interessato i trattamenti a carico dell’INPS, dovendosi tale norma coordinarsi, quanto a perequazione con le richiamate disposizioni statali, alle quali peraltro, come accennato, gli accordi sindacali del 26 marzo 1998 tra la Banca d’Italia e le organizzazioni sindacali ivi operanti hanno espressamente riconosciuto ingresso nelle specifico settore pensionistico, dando contestualmente atto della sopravvenuta inefficacia delle disposizioni del regolamentari divenute incompatibili, riconoscendo, con specifico riferimento all’adeguamento dei trattamenti, che “a far tempo dall’1.1.1998, le misure previste dal Regolamento per il trattamento di quiescenza per le prestazioni pensionistiche – ivi comprese quelle riconosciute con decorrenza anteriore a tale data – saranno adeguate secondo quanto stabilito dalle previsioni di cui all’art. 11 del D. Lgs. 503/1992, in quanto applicabili. Non trova pertanto più applicazione – ai sensi dell’art. 59, comma 4, della L. 449/1997 – il meccanismo di adeguamento di cui all’art. 15 di detto Regolamento” e che “l’anno di prima applicazione dell’adeguamento di cui all’art. 11 del D.Lgs. 503/1992 è il 1998”, in tale modo consacrando, a livello equiordinato e speciale analogo a quello da Regolamento, il processo di convergenza tra l’ordinamento generale dell’assicurazione obbligatoria ed il settore inerente la pensione di regolamento ” (cfr. Tar Lazio, sent. n. 7452/2023)

In conclusione, alla luce delle considerazioni sopra svolte, il ricorso in esame deve essere rigettato.

Le spese possono essere equamente compensate tra le parti stante la peculiarità della vicenda contenziosa.

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