TAR Venezia, sez. II, sentenza 2017-11-27, n. 201701048
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Pubblicato il 27/11/2017
N. 01048/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00650/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 650 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Freemen Associazione, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato A O, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R.;
contro
L’Amministrazione dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distret. Dello Stato, domiciliata in Venezia, piazza S. Marco, 63 (Palazzo ex Rea;
per l'annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
dell'art. 11 punto terzo intitolato "Requisiti di capacità economica e finanziaria" del bando di gara n. 0024430 CIG: 7076672E76 datato 16.05.17 e pubblicato in data 22.05.17.
Per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati in data 26\7\2017 :
del decreto di esclusione dell’associazione ricorrente emesso dalla Prefettura di Verona in data 20.06.2017 e comunicato in data 21.06.2017;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazioene dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2017 il dott. Alberto Pasi e uditi per le parti i difensori A. Orrico per la parte ricorrente e l'Avvocato dello Stato Brunetti per il Ministero resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La Prefettura di Verona, con il bando impugnato, ha indetto una gara per l’affidamento del servizio di assistenza ed accoglienza di 3200 stranieri richiedenti protezione internazionale dal 1 luglio 2017 al 31 dicembre 2017.
L’articolo 11 del bando, rubricato “Requisiti di capacità economica e finanziaria”, ammette solo i soggetti “che, nel settore oggetto dell’appalto, abbiano conseguito, nell’arco dell’ultimo triennio, un fatturato che sia pari ad un importo semestrale di attività, considerando il numero dei posti offerti, ed il costo pro capite pro die posto a base di gara. Ad esempio, se un partecipante offre n. 80 posti, per partecipare alla gara il fatturato minimo che avrà dovuto conseguire nell’arco dell’ultimo triennio è di euro 504.000,00 = 35,00 x 80 x 180 (pari a sei mesi da 30 giorni)”.
La ricorrente associazione Freemen rappresenta di essersi costituita proprio al fine di offrire i servizi di cui sopra ma di non poter partecipare per mancanza del prescritto fatturato minimo pregresso.
L’articolo 11 del bando, immediatamente impugnabile per il suo effetto escludente, sarebbe illegittimo per violazione del principio del favor partecipationis, fondamentale sia nell’ordinamento nazionale che in quello comunitario (cfr. Corte di Giustizia n. 425/15), nonché dei principi di economicità, buon andamento e trasparenza dell’azione amministrativa, per violazione del principio di non discriminazione ex articolo 83 comma 7 del Codice dei contratti pubblici (“i criteri di partecipazione alle gare devono essere tali da non escludere le micro imprese, le piccole e le medie imprese”) ed art. 3 della direttiva comunitaria 2014/23, per carenza di motivazione e per sproporzione in eccesso del fatturato minimo richiesto rispetto alle esigenze del servizio da affidare.
Osserva anzitutto il Collegio come sia la stessa normativa di settore a prevedere espressamente la possibilità per le stazioni appaltanti di richiedere requisiti di idoneità professionale, capacità economico-finanziaria, capacità tecnico-professionali, purché “attinenti e proporzionati all’appalto, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione”. Vale a dire che, come già ritenuto in fase cautelare, il criterio del “favor partecipazionis” non è un valore assoluto ma va contemperato con l’irrinunciabile esigenza di assicurare la capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale dei concorrenti. Trattasi di bilanciamento di valori entrambi rilevanti e l’individuazione del punto di equilibrio tra gli stessi è espressione di discrezionalità elevata, come tale censurabile soltanto per vizi logici od errori di fatto, nella fattispecie niente affatto dedotti.
Anche i principi di economicità e buon andamento non sono in contrasto con l’esigenza di assicurarsi la capacità economica e tecnica del potenziale affidatario, anzi tale capacità, nel soggetto che svolge un servizio per l’amministrazione, è del tutto funzionale a tali principi.
La associazione ricorrente non lamenta affatto che le sia preclusa la partecipazione a causa della sua consistenza dimensionale, cioè in quanto piccola impresa, bensì perché, essendosi appena costituita ,non può vantare un fatturato minimo pregresso. Dunque non viene affatto in considerazione nei suoi confronti l’invocato divieto di escludere le piccole imprese. Il requisito del fatturato minimo pregresso non ha cioè una finalità escludente delle imprese di non rilevanti dimensioni, bensì delle imprese del tutto sprovviste di esperienza pregressa nelle prestazioni che saranno, in ipotesi, chiamate a svolgere. Non viene quindi affatto in considerazione l’invocato comma sette dell’articolo 83 del codice dei contratti pubblici, che reca il divieto impropriamente invocato. Certamente, da tale norma può ragionevolmente desumersi un principio di non discriminazione tra soggetti che aspirano a partecipare, ma tale principio e quello di trasparenza sono certamente rispettati da una prescrizione che imponga di documentare, come nella fattispecie l’articolo 11 del bando impugnato, una determinata esperienza minima pregressa (per le finalità di efficienza sopra descritte), ma non necessariamente per la stessa stazione appaltante, bensì comunque maturata “nel settore oggetto di appalto” , di modo che non si può ravvisare in una tale prescrizione alcun tentativo occulto di individuazione in concreto dei concorrenti da ammettere, come avveniva invece nella fattispecie decisa dalla giurisprudenza invocata dalla ricorrente (TAR Liguria, sezione 2, 270/2011).
Né si comprende in cosa consista il lamentato difetto di proporzionalità, dal momento che per l’affidamento di un servizio di durata semestrale è stato richiesto un fatturato minimo commisurato ad un semestre di operatività con capienza corrispondente a quella concretamente offerta dal concorrente.
La “ ratio” della contestata prescrizione è evidentemente quella di garantire la necessaria qualificazione, sotto il profilo tecnico professionale ed economico, dei concorrenti, da dimostrarsi con modalità documentali la cui idoneità allo scopo non è contestata dalla ricorrente. L’invocato articolo 83 comma 4 recita “La stazione appaltante, ove richieda un fatturato minimo annuo, ne indica le ragioni nei documenti di gara”. La disposizione, pertanto, non si riferisce alla fattispecie ,in cui è stato richiesto un fatturato minimo nell’arco di un triennio. Poiché la necessità che sia documentata l’esperienza pregressa del concorrente è connaturale a qualunque procedura di gara per l’affidamento di servizi e non necessita, quindi, di una specifica motivazione, la disposizione invocata non si applica al di fuori della specifica ipotesi ivi considerata.
Il ricorso principale per impugnativa del bando deve pertanto essere respinto.
Per non incorrere in preclusioni di carattere processuale, l’associazione ricorrente ha comunque presentato domanda di partecipazione e correttamente impugnato con motivi aggiunti il conseguente decreto di esclusione 20 giugno 2017, fondato, oltre che sulla mancata dichiarazione del fatturato, sulla mancata dichiarazione dei periodi ai fini della valutazione del possesso del requisito minimo di un anno di esperienza e sulla mancata presentazione del certificato ANAC denominato PASSOE.
Relativamente alla prima ragione di esclusione , consistente nella mancanza/mancata dichiarazione del fatturato minimo prescritto dall’articolo 11 del bando di gara, la ricorrente richiama e ripropone i motivi già dedotti con il ricorso principale, infondati per quanto sopra esposto.
Dunque, il decreto di esclusione è vincolato in modo autonomo e indipendente per tale assorbente ragione;pertanto non vi è interesse all’esame delle ulteriori censure dedotte con i motivi aggiunti a carico degli altri capi motivazionali del decreto medesimo, che restano irrilevanti.
Conclusivamente, il ricorso e i motivi aggiunti devono essere respinti.
Le spese seguono la soccombenza.