TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2011-09-01, n. 201104276

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2011-09-01, n. 201104276
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201104276
Data del deposito : 1 settembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05424/2009 REG.RIC.

N. 04276/2011 REG.PROV.COLL.

N. 05424/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5424 del 2009, proposto da:
Ing. E E B, in proprio e quale capogruppo – mandatario del R.T.P. con l’Ing. G V B, Ing. G B, Geom. S C, Dott. G F, Arch. G M, Arch. L V, rappresentato e difeso dall'avv. E C, presso cui ha eletto domicilio in Napoli, viale degli Astronauti, 4;

contro

Comune di Casaluce, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. E L, presso cui ha eletto domicilio in Napoli, via Costantino, 52 (presso il dr. M L);
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata per legge in Napoli, via Diaz, 11;

per l'annullamento

- della delibera n. 70/2009 della commissione straordinaria avente ad oggetto “l’annullamento degli atti adottati nell’ambito della procedura di approvazione del PIP in variante al PRG – rescissione dei contratti rep. n. 25 del 20.11.1999 e n. 2 del 7.3.2002”, nella parte in cui ha annullato gli atti di aggiudicazione della procedura di gara per l’affidamento dell’incarico di progettazione e direzione dei lavori delle opere di urbanizzazione primaria del PIP, 1° stralcio;

- della relazione della Commissione di accesso e della relazione prot. n. 5320/2008 dell’U.T.C.;

- della nota del responsabile del settore tecnico comunale prot. 6183 del 19.5.2009;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Casaluce e del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2011 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto il dispositivo di sentenza n. 3801 del 14 luglio 2011;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso iscritto al numero di registro generale 5424 del 2009, parte ricorrente espone in fatto che:

- partecipava, nella qualità di capogruppo di un raggruppamento temporaneo di professionisti (di seguito R.T.P.), alla procedura concorsuale indetta dal Comune di Casaluce con determina dirigenziale n. 107 del 5 giugno 2001 per l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva ed esecutiva nonché direzione dei lavori relativo alle opere di urbanizzazione primaria del P.I.P. da adottare in variante al P.R.G., conseguendo la relativa aggiudicazione (determina n. 25 del 5 febbraio 2002) alla quale seguiva la stipula della convenzione rep. n. 2 del 7 marzo 2002;

- il R.T.P. provvedeva alla esecuzione dell’incarico e, a causa del mancato pagamento del compenso, conveniva il Comune di Casaluce innanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere per l’accertamento del proprio diritto di credito e la conseguente condanna dell’ente locale al pagamento;

- con D.P.R. del 7 luglio 2006 veniva disposto lo scioglimento del Consiglio Comunale di Casaluce ai sensi dell’art. 143 D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267 ( “Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare. Responsabilità dei dirigenti e dipendenti ”) e veniva nominata la commissione straordinaria con il compito di “rimuovere le cause del grave inquinamento e deterioramento dell’amministrazione comunale al fine di ripristinare i principi democratici e di libertà collettiva” ;

- in seguito, con delibera n. 70 del 19 maggio 2009, la commissione straordinaria disponeva la rescissione del contratto rep. n. 2 del 7 marzo 2002 (di affidamento dell’appalto al R.T.P.) e, al contempo, annullava in autotutela la determina n. 25 del 5 febbraio 2002 di aggiudicazione dell’appalto, ravvisando diversi profili di illegittimità delle operazioni concorsuali.

Avverso tale provvedimento e gli ulteriori atti meglio specificati in epigrafe insorge il ricorrente che affida il gravame ai motivi di diritto di seguito rubricati:

I) eccesso di potere, sproporzione, perplessità, violazione dei principi di buona amministrazione;

II) violazione degli artt. 143 e 145 D.Lgs. 267/2000, difetto di motivazione, inesistenza dei presupposti di fatto;

III) difetto dei presupposti, violazione dell’art. 7 L. 241/1990, eccesso di potere, difetto di motivazione, travisamento, violazione del principio di buona amministrazione.

Resistono in giudizio il Comune di Casaluce ed il Ministero dell’Interno che replicano nel merito alle censure e concludono per la reiezione del ricorso.

Alla pubblica udienza del 13 luglio 2011 la causa è stata introitata per la decisione.

Il ricorso è infondato e deve essere respinto per quanto di ragione.

Con il primo e terzo motivo di ricorso, l’esponente deduce sviamento di potere e lamenta in sintesi che l’annullamento degli atti di gara disposto con la gravata delibera commissariale, determinando la nullità del contratto per violazione di norme imperative, incide sul diritto del R.T.P. al conseguimento del corrispettivo delle prestazioni utilmente eseguite in favore del Comune di Casaluce, per il quale pende giudizio civile innanzi al Tribunale ordinario.

Contesta quindi la scelta della intimata amministrazione osservando che, qualora l’ente avesse proceduto alla sola rescissione della convenzione (senza intaccare quindi gli atti della procedura di gara), il R.T.P. avrebbe comunque conseguito il diritto al pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti nel cantiere ai sensi dell’art. 345 L. 2248/1865 All. F (abrogato dall’art. 256 D.Lgs. 163/2006). Inoltre, l’esponente lamenta il difetto di motivazione e l’insussistenza dei presupposti di legge per l’adozione del gravato atto di aututela, con particolare riferimento alle presunte irregolarità della procedura di gara.

Le argomentazioni sono prive di pregio.

Giova rammentare che l’atto impugnato trova il proprio presupposto nel provvedimento di scioglimento dell’organo consiliare del Comune di Casaluce, disposto con D.P.R. del 7 luglio 2006, la cui legittimità è stata accertata (nell’ambito di un distinto giudizio) con sentenza della Sez. I di questo T.A.R. n. 1783 del 12 marzo 2007.

In dettaglio, secondo la richiamata pronuncia, il decreto presidenziale si fondava legittimamente sulle rivelazioni dell'allora Segretario comunale che, presentandosi spontaneamente in Prefettura, aveva reso circostanziate dichiarazioni sull'operato degli amministratori circa i collegamenti con la criminalità organizzata tali da influenzare e condizionare l'attività dell'ente.

Oltre alle dichiarazioni del pubblico ufficiale, venivano inoltre evidenziati diversi indici a conferma dell’inquinamento mafioso e della compromissione della libera determinazione degli organi elettivi ai fini del buon andamento e del regolare funzionamento dell'amministrazione locale (speculazioni sull’area del P.I.P. approvata in variante allo strumento urbanistico generale, interessamento di esponenti della criminalità organizzata al settore degli appalti, etc.).

Ciò posto, l’annullamento degli atti di gara è stato legittimamente esercitato dalla commissione straordinaria ai sensi dell’art. 145, quarto comma, D.Lgs. 267/2000, secondo cui “Nei casi in cui lo scioglimento è disposto anche con riferimento a situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso, connesse all'aggiudicazione di appalti di opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture, ovvero l'affidamento in concessione di servizi pubblici locali, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144 procede alle necessarie verifiche con i poteri del collegio degli ispettori di cui all'articolo 14 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203. A conclusione degli accertamenti, la commissione straordinaria adotta tutti i provvedimenti ritenuti necessari e può disporre d'autorità la revoca delle deliberazioni già adottate, in qualunque momento e fase della procedura contrattuale, o la rescissione del contratto già concluso” .

Come noto, tale disposizione traspone nel D.Lgs. 267/2000 il comma 6-quinquies dell'art. 15-bis, comma 1, della L. 19 marzo 1990 n. 55 (aggiunto dall'art. 4 D.L. 20 dicembre 1993 n. 529, convertito nella L. 17 febbraio 1994 n. 108), cioè una disposizione contenuta in una delle leggi fondamentali di cui lo Stato si è munito “per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale” .

Si tratta, come appare evidente dal contenuto della norma e dall'essere questa collocata nell'ambito del sistema diretto a contrastare anche sul piano dell'amministrazione pubblica la criminalità organizzata, di un potere “extra ordinem” , nel senso che il suo contenuto non risulta rigidamente definito dall'ordinamento giuridico, anche se quest'ultimo individua le autorità ed i presupposti per il suo esercizio. Tale potere è direttamente funzionalizzato al compito di eliminare, con strumenti di tipo amministrativo, le fonti di condizionamento, diretto od indiretto, dell'amministrazione pubblica nei settori di attività concernenti l'affidamento di appalti pubblici e la gestione di pubblici servizi.

Secondo l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato (Sez. V, 22 dicembre 2005 n. 7335), dalla menzionata disposizione appaiono enucleabili due principi.

Un primo corollario nasce dalla ricostruzione del quadro normativo e, in base allo stesso, i due strumenti ai quali è affidata l'azione di contrasto alla criminalità organizzata cui si è accennato, se pur collegati tra loro, presentano una spiccata autonomia in quanto fondati su presupposti di tipo diverso: infatti, mentre lo scioglimento degli organi elettivi dell'amministrazione locale implica valutazioni soggettive anche penetranti circa l'esistenza di elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi che compromettono la libera determinazione degli organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali (articolo 143 del D.Lgs. 267 del 2000), gli interventi di ripristino della corretta gestione amministrativa affidati alla competenza della commissione straordinaria sono collocati su di un piano puramente oggettivo ( art. 145 dello stesso decreto). Questi ultimi, infatti, muovendo dal presupposto che l'aggiudicazione dell’appalto ovvero l'affidamento in concessione di servizi pubblici locali siano stati già presi in considerazione, nell'ambito dell’istruttoria condotta per l'adozione del provvedimento di scioglimento, quale elementi quantomeno indiziari dell'esistenza di “situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso” , non sono il frutto di valutazioni concernenti la responsabilità personale dei soggetti coinvolti ma prendono in considerazione l’idoneità degli strumenti organizzativi e contrattuali posti in essere sotto l'influenza della criminalità organizzata ad assicurare il buon andamento dell’amministrazione ed il regolare funzionamento dei servizi, e, in caso contrario, individuano le misure occorrenti per ripristinare il corretto svolgimento delle funzioni amministrative.

Un secondo corollario è che il potere “extra ordinem” affidato alla commissione straordinaria non si atteggia come mero riesame della legittimità formale o dell'opportunità dei provvedimenti amministrativi, ma rappresenta momento autonomo di ricostituzione di un tessuto amministrativo, che può portare anche ad avere effetti ablatori su atti amministrativi consolidati nel tempo con sacrificio di situazioni giuridiche soggettive ad essi collegate, ma che trova la propria giustificazione, ed al tempo stesso il suo parametro di legittimità, nella necessità di chiudere radicalmente qualsiasi via che consenta l’infiltrazione della criminalità organizzata.

Tanto è avvenuto nel caso in esame.

Difatti, il provvedimento impugnato riprende le statuizioni contenute nella sentenza del T.A.R. (n. 1783/2007) che, proprio con riguardo alla vicende oggetto di causa, ha statuito che “l'organo di vertice dell'ente avrebbe patrocinato speculazioni sui terreni ubicati nell'area del PIP, traendone vantaggi personali e servendosi dell’operato di personaggi di propria fiducia, a vario titolo collegati con la cosca camorristica egemone nella zona, cointeressati alla nuova localizzazione del PIP, peraltro approvato in variante allo strumento urbanistico generale” .

Esso richiama inoltre gli esiti dell’istruttoria procedimentale, la quale aveva posto in evidenza un fenomeno caratterizzato da diversi profili di criticità attinenti sia alla scelta di indire la procedura concorsuale che alle relative modalità di svolgimento (cfr. relazione della commissione di accesso posta a base dello scioglimento dell’ente e relazione del funzionario sovraordinato dell’U.T.C. acquisita al prot. 5320 del 28 aprile 2009 acclusa al ricorso).

Valgano le seguenti considerazioni:

- l’incarico di progettazione affidato al R.T.P. si inserisce nella procedura di approvazione della variante al P.R.G. che, secondo la delibera di Giunta n. 73 del 13 maggio 1999, si rendeva necessaria, in quanto lo strumento urbanistico generale destinava ad insediamento P.I.P. una zona ritenuta inutilizzabile, in quanto attraversata dal passaggio dell’Asse Mediano denominato Nola – Villa Literno, con conseguente necessità di riesame della localizzazione e di ridefinizione anche dimensionale della zona destinata agli insediamenti produttivi;

- orbene, oltre a rilevare una serie di illegittimità circa la procedura di approvazione della variante al P.R.G. e di delocalizzazione del P.I.P., si evidenziava che, alla data del bando (giugno 2001), non poteva essere indetta una gara di progettazione per la redazione del progetto esecutivo delle opere di urbanizzazione primaria del P.I.P. giacché, a quella stessa data, non era stata ancora approvata dai competenti organi la variante al P.R.G. per la realizzazione del P.I.P. ed il relativo iter si sarebbe perfezionato solo nel 2004;

- in merito alla procedura selettiva aggiudicata al R.T.P., non sono stati rinvenuti presso l’amministrazione comunale i verbali in originale della commissione di gara ma esclusivamente delle copie dattiloscritte prive di sottoscrizione, come tali inidonee a garantire la riferibilità alla commissione e a provare documentalmente che tali verbali siano stati effettivamente redatti nelle date indicate nei medesimi atti;

- nel verbale n. 4 del 4 dicembre 2001 si evince che la commissione di gara avrebbe proceduto all’esame delle offerte metodologiche (offerte tecniche richieste dalla lettera di invito e composte da schede di progetti redatti dai partecipanti) compilando schede appositamente predisposte dal seggio: tuttavia, tali schede non sono state rinvenute e non risulta documentalmente che siano state effettivamente compilate e non è possibile neppure risalire alla composizione dei punteggi che venivano assegnati agli unici due concorrenti ammessi alla gara (R.T.P. Bello e R.T.P. Zambrano);

- nella determinazione di aggiudicazione n. 25/2002 è riportato che la Giunta Comunale avrebbe nominato la commissione di gara con propria deliberazione del 14 novembre 2001 e che, in seguito, ne avrebbe modificato la composizione con atto del 17 dicembre 2001 a seguito di rinuncia dell’Ing. Testa, sostituito con l’Arch. Spetrino: tuttavia, dai modelli di verbale allegati al provvedimento di aggiudicazione risulta solo l’Ing. Testa e non l’Arch. Spetrino senza che venga fornita alcuna motivazione;

- infine, è stata evidenziata l’esistenza di vincoli di parentela tra uno dei professionisti (Arch. Messina) del R.T.P. aggiudicatario e tale Gennaro Messina, ritenuto vicino ad esponenti di un locale sodalizio criminale nonché a sua volta destinatario di un ordinanza di custodia cautelare in carcere del 19 marzo 2001 per i reati di associazione di tipo mafioso ed illecita concorrenza con minaccia o violenza, nonché condannato nel 2004 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.

Tenuto conto dei diversi ed articolati rilievi contenuti negli atti istruttori posti a fondamento dei provvedimenti impugnati, non può dunque non convenirsi circa l’esistenza di plurime e significative perplessità in merito allo svolgimento della procedura di gara. Tanto anche in ragione della sussistenza di dichiarate ragioni di interesse pubblico, specificamente individuate nell’esigenza di eliminare una disciplina urbanistica condizionata da interessi illeciti e di ripristinare la disciplina dettata dal vigente P.R.G., anche al fine di consentire alla nuova amministrazione ogni più opportuna scelta pianificatoria: peraltro, nel provvedimento è altresì specificato che, a fronte di tali esigenze, non sussistevano contrapposti interessi di terzi meritevoli di affidamento, dal momento che all’approvazione degli atti di pianificazione non aveva fatto seguito alcuna attività espropriativa né alcuna assegnazione di aree o realizzazione di opere pubbliche.

Neppure appare condivisibile l’assunto sostenuto nel ricorso, secondo cui l’intimata amministrazione avrebbe dovuto limitarsi a rescindere il contratto stipulato con il R.T.P. aggiudicatario, senza poter disporre la revoca degli atti di gara.

Tale opzione ermeneutica è destituita di fondamento in fatto ed in diritto.

In punto di fatto, le argomentazioni non appaiono sostenibili alla luce dei richiamati accertamenti istruttori che avevano evidenziato l’esistenza di plurimi profili di perplessità in ordine alla legittimità del procedimento di approvazione della variante al P.R.G. e della procedura selettiva (mancanza dei verbali in originale, delle schede predisposte per le offerte dei partecipanti, impossibilità di risalire alla composizione dei punteggi assegnati ai concorrenti, dubbi sulla composizione della commissione giudicatrice, etc.).

Si aggiunga che le vicende relative alla gara avevano già formato oggetto di valutazione critica dell’ambito del procedimento volto allo scioglimento dell’organo consiliare ex art. 143 D.Lgs. 267/2000 e, pertanto, l’atto impugnato appare coerente con le pregresse determinazioni e con il principio di buon andamento dell’azione amministrativa.

Inoltre, le conclusioni del ricorrente non sono neppure condivisibili in diritto e, in particolare, non appare sostenibile l’interpretazione offerta, siccome volta a delimitare e circoscrivere l’intervento ex art. 145 D.Lgs. 267/2000 al solo potere di rescissione del contratto e non anche ai precedenti atti di gara.

Tale lettura riduttiva del potere di intervento ex art. 145, oltre a non avere alcun fondamento normativo, si pone in contrasto con la natura di potere “extra ordinem” previsto dalla richiamata norma, diretto a contrastare la criminalità organizzata e contraddistinto da un contenuto non rigidamente definito dall'ordinamento giuridico (l’art. 145 prevede infatti che “…A conclusione degli accertamenti, la commissione straordinaria adotta tutti i provvedimenti ritenuti necessari…” ).

In altri termini, a fronte di atti riferibili all’amministrazione comunale destinataria del decreto ex art. 143 e riconducibili ad un illecito condizionamento esterno, deve riconoscersi alla commissione straordinaria ogni potere utile per rimuovere le cause che hanno determinato lo scioglimento, al fine di assicurare il buon andamento dell’amministrazione, indipendentemente dallo stato della procedura concorsuale (se in itinere ovvero conclusa con la stipulazione del contratto).

Infine, parte ricorrente trascura di considerare che il provvedimento impugnato richiama anche l’art. 21 nonies L. 241/90 e costituisce pertanto esplicazione del potere di annullamento in autotutela dell’amministrazione comunale fondato sia sulla sussistenza degli scrutinati profili di illegittimità, sia con le ragioni di interesse pubblico (esigenza di eliminare una disciplina urbanistica condizionata da interessi illeciti, di ripristinare la disciplina dettata dal vigente P.R.G. e di consentire alla nuova amministrazione ogni più opportuna scelta pianificatoria), tenendo conto dell’insussistenza di contrapposti interessi di terzi meritevoli di affidamento.

Può essere infine agevolmente superata la doglianza che attiene alla omessa comunicazione di avvio ex art. 7 L. 241/90, trattandosi di procedimento in materia di tutela antimafia, come tale caratterizzato da riservatezza ed urgenza (Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 novembre 2006 n. 6555).

Al riguardo, deve difatti ritenersi che l'inquinamento dei poteri ed i condizionamenti di tipo mafioso impongono la massima urgenza ( "particolari esigenze di celerità" secondo l'art. 7 della legge sul procedimento amministrativo) dell'intervento previsto dalla norma in esame al fine, come si è visto, di chiudere radicalmente qualsiasi via che consenta l’infiltrazione della criminalità organizzata: tanto basta per escludere la necessità del preteso adempimento procedimentale.

Conclusivamente, ribadite le svolte considerazioni, il ricorso deve essere respinto, con ogni conseguente statuizione in ordine alla determinazione di spese ed onorari di causa che vengono liquidati in dispositivo.

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