TAR Torino, sez. II, sentenza 2012-10-11, n. 201201062
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N. 01062/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01121/1999 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1121 del 1999, proposto da:
O A, P G, C M, C s.s., R S, P B e S, A S, T F, S A s.a.s. di F G &C., B V, A P, M G, B di V A, S F e V, A B, B D e G, B A, B F e F s.d.f., M R, T G, B F e figlio M, C P e G s.s., P D, B E, P G e G s.s., S. Gle di P S e F s.s., E di E &C. s.s., Gerbaudo Renato, Cerato Tommaso, Costanzo Narciso, Serravalle Guglielmo, Serravalle Giampiero Andrea, Rubinetto Pasqualino, Berardo Guglielmo e G, Tibaldo Luciano e Fenoglio Michele, Barra G, Morero Ferruccio, Bianco Aldo, Tosco Tommasino, Mario e Enrico s.s., Trabucco Luciano, Perassi Gianmario, Perassi Domenico e Bruno, Bertero Tommaso e Lorenzo, La Camelia di Tesio G. &C., Galliano Bartolomeo, Bertello Bernardo, Gerbaudo Valentino, Basano di Basano e C. s.s., Botta Bartolomeo, Mana Antonio e Pasquale s.s., Mana Paolo e figli Massimo e G, Marengo Pietro, Battisti Giuseppe e Elio, Grosso Augusto e Benvenuto e Natale Luigi, Cravero Valter e Massimo, Valinotti Gianmarco e Giuseppe, Roasio Andrea, Fornero G Battista e Michele, Cerri Renato e Renzo s.s., Olivero Danilo, Maranetto G Battista, Rol Corrado, Bressi Lorenzo, Ferrero Mauro, Dotto G, Roberto e Loredana, Comino Benedetto, Costantino Cristoforo, Bottero Giuseppe, Marabotto Elio, Dogliani Giuseppe e Valter, Comino F.lli Giuseppe e Pietro, Garelli Luciano, Ferreri Giuseppe Paolo, Ferrua Riccardo, Stefano, G B. e Daniele M. s.s., Bonelli M, Bongiovanni Lorenzo, Avataneo Antonio, Boglione G, Demarchi Biagio, Appendino Gerolamo e Mario, Peretti Aldo, Vanzetti Francesco e Pietro, Cassina Franco, Botta Gabriele, Salvagno Giovanna, Giordana Riccardo, Marchisio Luigi, Piacenza M, Vittone Armando, Rossetti Franco, Battisti Guglielmo, Cravero V, Santuario s.s. di Godano Antonio &Francesco F.lli, Gallo G, Boccardo Dario, Cavallo Giuseppe e figlio Francesco, Dutto Beppina, Roccia Franco, Tuninetti Emanuele, Gerbaudo Gian Mario, Diale Livio e Domenico, Sorasio Tommaso e Tommaso Antonio, Tomatis Giuseppe, Donalisio Corrado, Eandi G, Gonella Giuseppe, Abello Lorenzo, Sereno Dario, Testa Lorenzo, Bollati Carlo, Degioanni Lorenzo, Pelissero Fratelli, Zorniotti Bartolomeo, Bottasso Diego, Cacciolatto Giancarlo, Bono Fratelli, Boetti Francesco e Michele, Ferreri F.lli Aldo e Armando s.s., Cravero Paolo, Mellano Fabrizio, Testa Roberto, Allemano Luigi e Armando s.s., Piola Bartolomeo, Tomatis Domenico, Tortalle Giuseppe G, Panero Mario, Dompè Gianfranco, Fissore G B. e Francesco s.d.f., Rossone Chiaffredo e Bartolomeo, Sobrero Massimo, Curiotto Costanzo, Maina Pierfranco e Giuseppe F.lli, Maina Melchiorre, Il Campanile di Olivero F.lli s.s., Alasia G Battista, Perlo Dario e Michelino, Bersano G, Miretti G Battista, Bollati P. Francesco, Bergese Giuseppe e F.lli Carlo e Francesco, A B, Audisio Sebastiano, Testa Cristoforo e Michele, Brizio Lorenzo e Franco, Fusta Giuseppe, Rossone Chiaffredo, Rinaudo Alessandro, Gili V, Costamagna Lorenzo, Oggero Paolo, Biga Silvestro, Botta Alessandro, Vaglienti Matteo, Maccagno Giuseppe e Bruno s.s., Mellano Anna Maria, Picco Ezio, Bertinetto Francesco e Antonio, Manassero Angelo, Taricco Mario, Bosio Agostino, Galfione Piero, Bossolasco S, Supertino Anna e Gonella Francesco, Gonella Sergio Giuseppe, Gonella Renato, Magnano Giorgio e Dario, Bertinetto Giuseppe, Bertola F.lli di Bertola E.P.E., Petiti Giuseppe, Sabena Francesco, Curiotto Orazio, Franco Pierangelo, Primo Elio, Galletto Bernardo, Dotta Valentino, Nicola F.lli di Nicola Massimo e C., Vinai G e Giuseppe, Blua Renato e Oreste, Conte Giuseppe, Gonella F.lli s.s., Testa G e Mario Sebastiano, Putero Michele, Oitana G Guido e Ezio, Festa G, P G e Piercarlo, Roccia Antonio, San Martino di Bonino Livio, Perucca Domenico e Giuseppe, Bramardi Ermanno, Tosco Rocco, Pettiti Elio, Tosco Lorenzo e F.lli Antonello e Sandro s.s., Trucco F.lli Guglielmo e Bruno, Aimetta Luigi e Bruno, Bersano Domenico e Michele, Machieraldo Giampiero Daniele &Pramaggiore Rita, Masera Stefano, Possetto G, Bertinetto Aldo, Lanzetti Roberto, Audisio Gianfranco, Donalisio Fratelli &F, Fratelli Rovei, Magnin Prino Bernardo, Alloatti Federico, Perotti Margherita, Beltramino Mauro, Dellerba Felice, Silvestro Francesco e F.lli Spirito, Approsio Sergio, Bergese Domenico e Pier Luigi, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dal prof. avv. V B e dall.avv.E I, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Torino, corso Galileo Ferraris, 120;
contro
A.G.E.A. - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (subentrata all’A.I.M.A. in liquidazione), in persona del direttore p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, presso la quale è domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;
Regione Piemonte, in persona del presidente p.t., rappresentata e difesa dall'avv. G S, con domicilio eletto presso la medesima in Torino, piazza Castello, 165;
Ministero Politiche Agricole, in persona del Ministro p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- a) dei provvedimenti 30.6.1999 (e relativi allegati), con cui l'AIMA (a norma dell'art. 1 comma 1 del decreto-legge 1° marzo 1999, n. 43, convertito con la legge 27.4.1999, n. 118) ha comunicato alle aziende agricole ricorrenti, produttrici di latte, i risultati delle compensazioni nazionali per i periodi di produzione lattiera 1995-1996 e 1996-1997 (di cui all'art. 3 del decreto legge 1°.12.1997, n. 441, convertito con la legge 27.1.1998, n. 5), ed in particolare - per ciascuna azienda - il conguaglio da pagare allo stato, a titolo di prelievo supplementare;
- b) di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’A.G.E.A. - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e della Regione Piemonte;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 settembre 2012 la dott.ssa Manuela Sinigoi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso collettivo depositato in data 20 luglio 1999, le società in epigrafe indicate, tutte “produttrici” titolari di quote latte, soggette a prelievo supplementare per le quantità di prodotto consegnato eccedente la quota e non compensato, chiedevano a questo Tribunale Amministrativo Regionale l’annullamento, previa sospensione cautelare, dei provvedimenti in data 30/6/1999 (e relativi allegati), con cui l’Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo in liquidazione (d’ora in poi AIMA) aveva comunicato alle “latterie acquirenti” i risultati delle compensazioni nazionali per i periodi di produzione lattiera 1995-96 e 1996-97, indicando l’importo da imputare a titolo di prelievo a ciascun produttore.
1.1 A sostegno della richiesta avanzata deducevano:
I. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e per difetto d’istruttoria.
II. Illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 15 e 16, della legge 27/1/1998, n. 5, in relazione agli artt. 3 e 97 Cost.
III. Illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge 27/1/1998, n. 5, in relazione agli artt. 3 e 97 Cost.
IV. Violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 2, comma 2, del Regolamento CEE 28 dicembre 1992, n. 3950.
V. Eccesso di potere per manifesta irrazionalità ed illogicità.
VI. Violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 2, comma 1, del Regolamento CEE 28 dicembre 1992, n. 3950.
VII. Violazione di legge, con particolare riferimento alla normativa CEE.
VIII. Illegittimità costituzionale del’art. 1, comma 1, del decreto legge 1 dicembre 1997, n. 411 (convertito con la legge 27 gennaio 1998, n. 5).
IX. Violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 2, comma 1, della legge 24 febbraio 1995, n 46, nel disposto risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale 28 dicembre 1995, n. 520. Illegittimità derivata.
2. La Regione Piemonte si costituiva in giudizio, aderendo, sostanzialmente, alla tesi delle ricorrenti..
3. La Sezione I di questo Tribunale, con ordinanza n. 810 in data 22 luglio 1999, accoglieva l’istanza cautelare avanzata dalle medesime.
4. A seguito della dichiarazione di perenzione del ricorso (decreto pres. n. 2872 in data 3 settembre 2011), solamente le Aziende Agricole Boetti Francesco e Michele, Testa G e Mario Sebastiano, Perassi Gian Mario, Bertero Lorenzo (succeduta all’Azienda Agricola Bertero Tommaso e Lorenzo), Demarchi Biagio, Dotto Roberto (succeduta all’Azienda Agricola Dotto G, Roberto e Loredana), Festa G, Boglione G, Approsio Sergio, Maina Giuseppe, Maina Melchiorre, Cavallo Francesco (succeduta a Cavallo Giuseppe e figlio Francesco), Tosco Tommasino, Mario e Enrico s.s., Allemano Luigi e Armando s.s., Marengo Fratelli s.s. (succeduta a Marengo Pietro), Bertinetto Giuseppe, Marabotto Elio, Piacenza M, Società Agricola Semplice Filippa (succeduta a S A s.a.s. di F G &C.), M G, Maccagno Giuseppe e Bruno s.s., Vinai G e Giuseppe, Marchisio Luigi, Sereno Dario, Berardo G (succeduta all’Azienda Agricola Berardo Guglielmo e G), Ferrua Riccardo, Stefano, G B. e Daniele, Livio G (succeduta a Rol Corrado), B di Vaschetto Giuseppe (succeduta all’Azienda Agricola B di V A), Galletto Bernardo, Bono F.lli Giuseppe, Emiliano e Luciano, Petiti Giuseppe, Cravero Valter, Gonella F.lli s.s., Valinotti Gianmarco Giuseppe, C P e G s.s., Sorasio Tommaso, Fissore Francesco, Primo Elio, Cascina Rimbosio s.s. (succeduta all’Azienda Agricola Serravalle Guglielmo), Cascina Rimbosio s.s. (succeduta all’Azienda Agricola Serravalle Giampiero Andrea), F.G. Farm di Fornero Michele (succeduta all’Azienda Agricola Fornero G Battista e Michele), Giordana Riccardo, Battisti Giuseppe e Elio, Cravero V, Masera Angelo d.i. (succeduta all’Azienda Agricola Masera Stefano), Tosco Lorenzo e F.lli Antonello e Sandro s.s., Bertinetto Aldo, Cacciolatto Giancarlo, Bertinetto Francesco e Antonio e Machieraldo Giampiero Daniele &Pramaggiore Rita proponevano rituale atto di opposizione per manifestare la persistenza del loro interesse alla sua trattazione, chiedere la revoca del decreto di perenzione e la reiscrizione della causa sul ruolo di merito.
5. Il Presidente di questo Tribunale, con decreto n. 1122 in data 21 marzo 2012, revocava, quindi, limitatamente alle suddette opponenti il decreto con cui era stata precedentemente dichiarata la perenzione del ricorso e ne disponeva la reiscrizione sul ruolo di merito.
6. La causa veniva, pertanto, chiamata alla pubblica udienza del 26 settembre 2012, nelle more del cui svolgimento si costituiva in giudizio l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura – AGEA (subentrata all’AIMA in liquidazione a decorrere dal 16 ottobre 2000, giusta art. 2, comma 4-bis, del D.Lgs. 27 maggio 1999, n. 165) per eccepire, in via preliminare, l’incompetenza territoriale del TAR adito in favore del TAR del Lazio e per contestare la fondatezza delle doglianze ex adverso sollevate.
6.1 La Regione Piemonte, abbandonando l’atteggiamento originariamente assunto, contestava, con memoria, la fondatezza del ricorso.
6.2 Le ricorrenti interessate deducevano, invece, l’infondatezza dell’eccezione d’incompetenza territoriale sollevata dall’AGEA e ribadivano le argomentazioni difensive già svolte con il ricorso introduttivo.
6.3 All’esito della discussione, la causa veniva, quindi, trattenuta in decisione.
7. Va, in primo luogo, disattesa l’eccezione d’incompetenza territoriale sollevata dalla difesa erariale.
La disciplina della competenza dei tribunali amministrativi regionali (ivi compresa la disciplina del regolamento di competenza) introdotta dal codice del processo amministrativo si applica ai giudizi instaurati nella vigenza dello stesso codice, ossia a quelli introdotti con un ricorso notificato dopo la sua entrata in vigore.
In caso di processi in relazione ai quali è ancora in corso il termine per la proposizione del regolamento di competenza secondo la disciplina previgente, in ossequio all'art. 2 della disp. trans. c.p.a., si deve ammettere l'esercizio del potere nei limiti temporali a suo tempo previsti (Cons. Stato Ad. Plen.7 marzo 2011, n. 1).
L’eccezione andava, quindi, proposta con regolamento di competenza e non con la memoria difensiva e va pertanto dichiarata inammissibile.
8. Nel merito il ricorso è infondato.
9. Va, preliminarmente, ricostruita la disciplina normativa che riguarda la problematica delle quote latte.
Il problema dell’eccesso di produzione nel settore lattiero-caseario si pose, a livello comunitario, nel 1968 con il Regolamento n. 804/68 CEE del 27 giugno che istituì una organizzazione comune dei mercati nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari;dapprima venne previsto un sistema di premi per la non commercializzazione del latte e la riconversione delle mandrie bovine con il Regolamento 1078/77 CEE del 17 maggio 1977, ed un prelievo di corresponsabilità gravante, in maniera uniforme, sull’insieme dei quantitativi di latte consegnati alle latterie con il Regolamento di pari data n. 1079/77 CEE;considerato però che, nonostante detto prelievo, l’aumento della raccolta del latte continuava a ritmi tali da creare difficoltà al mercato comune, si ritenne di individuare il sistema migliore per equilibrare domanda ed offerta, pur non nascondendosi le difficoltà amministrative di applicazione, nell’instaurazione di un prelievo supplementare, per un periodo di cinque anni, sui quantitativi di latte raccolto oltre un limite, detto di garanzia, fissato per la produzione dell’intera Comunità, da suddividere per ogni singolo stato, con l’assegnazione ad ognuno di un quantitativo globale garantito (QGG).
Detto sistema venne introdotto con il regolamento n. 856/84 CEE del 31 marzo 1984 che, integrando il precedente regolamento n. 804/68, aggiunse l’articolo 5-quater con il quale si stabilirono le quote globali garantite per ogni stato membro, i periodi di produzione entro i quali verificare l’eventuale eccedenza, dal 1 aprile al 31 marzo dell’anno successivo, due formule alternative di prelievo, A e B, a seconda che questo fosse dovuto dal produttore o dall’acquirente, nonché la necessità di individuare quote di riferimento individuale per ogni produttore e relative ad ogni campagna, la somma delle quali era pari al quantitativo globale garantito allo Stato annualmente.
La normativa comunitaria introdusse anche il sistema delle compensazioni, che prevedeva appunto la possibilità di compensare produzioni inferiori alla quota assegnata con produzioni superiori, talché il prelievo era dovuto solo sull’eccedenza risultante dall’effettuata compensazione.
Il primo concreto tentativo di dare attuazione a detto sistema in Italia può essere individuato nell’approvazione della legge 2 novembre 1992 n. 468.
Per quanto qui interessa, detta legge istituì i bollettini provinciali recanti l’elencazione dei produttori titolari di quote latte e suddivise le quote individuali in due parti:
- la quota A, pari alla indicazione produttiva assegnata nel periodo 1991-92, corrispondente alla quantità di prodotto commercializzata nel periodo 1988-89;
- la quota B, pari alla maggiore quantità commercializzata dai produttori titolari della quota A nel periodo 1991-92, rispetto al periodo 1988-89. Per quelli entrati in produzione successivamente alla campagna 1988-89 veniva attribuita una quota B pari alla quantità di prodotto commercializzato nel periodo 1991-92.
La mancata produzione per un periodo di 12 mesi, elevabili a 24 in casi di forza maggiore o impossibilità sopravvenuta, comporta la perdita della quota che confluisce nella riserva nazionale.
Alle Regioni viene affidato il controllo sulla produzione effettiva. Alle associazioni di produttori può essere affidata la gestione unitaria delle quote latte dei produttori aderenti.
L’Italia sceglie la formula A di cui al regolamento comunitario n.804/68, con prelievo gravante sul produttore. Agli acquirenti è affidato il compito di effettuare le compensazioni tra minori e maggiori produzioni consegnate, rispetto alle quote individuali assegnate, e di operare il dovuto prelievo supplementare. La compensazione a livello nazionale è invece affidata all’A.I.M.A. L’articolo 9 prevede poi la misura del prelievo per la produzione eccedente le quote A e B per il periodo 1 gennaio 31 marzo 1993 , pari a £ 54.305 per ogni 100 chilogrammi di prodotto in eccesso. La quota-latte può essere, a determinate condizioni, ceduta, totalmente o parzialmente, anche per singole annate, senza alienare l’azienda agricola.
Un mese dopo l’approvazione della legge nazionale n. 468/92 il Consiglio della CE approva un nuovo regolamento, istitutivo di un prelievo supplementare per sette periodi consecutivi di dodici mesi a decorrere dal 1 aprile 1993, pari al 115% del prezzo indicativo del latte (Regolamento n. 3950/92 del 28 dicembre 1992). Viene assegnato all’Italia un più elevato quantitativo globale e viene stabilito, all’articolo 4, che il quantitativo di riferimento individuale deve essere pari al quantitativo disponibile in azienda al 31 marzo 1993, con eventuali adattamenti per i periodi successivi in modo che la somma dei quantitativi di riferimento individuali non sia superiore al quantitativo globale. Viene, peraltro, prevista la possibilità di chiedere ed ottenere un aumento della quota, in presenza di determinate circostanze, da attingere dalla quota di riserva nazionale nella quale confluiscono le quote dismesse.
Il successivo regolamento della Commissione, di attuazione di quello del Consiglio, n.536/93 del 9 marzo 1993 disciplina dettagliatamente, all’articolo 3, gli adempimenti degli acquirenti, ai quali è demandato il compito di controllare la corrispondenza del prodotto consegnato rispetto a quello assegnato, e di effettuare, entro tempi prestabiliti, sia le comunicazioni all’Autorità di controllo che i prelievi supplementari dovuti;l’articolo 7 disciplina le attività di controllo sempre rimesse agli acquirenti, responsabili delle relative contabilizzazioni, e gli obblighi di conservazione dei documenti. Per le vendite dirette dei produttori, non tramite gli acquirenti, dispone l’articolo 4 che prevede dichiarazioni dei produttori stessi in ordine alle quantità vendute.
Sistemi di riduzioni delle quote, previsti nei regolamenti in relazione alla mancata produzione, vengono disciplinati dalla normativa nazionale, sia con il d.P.R. 23 dicembre 1993, n. 569, che assegna alle Regioni il compito di verificare la rispondenza della quantità di prodotto commercializzata alla quota assegnata a ciascun produttore e individua criteri per la riassegnazione ridotta, sia con il decreto legge 23 dicembre 1994 n.727, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 1995, n.46, che all’articolo 2 disciplina i sistemi di riduzione sia della quota A che della quota B, per quantitativi non in produzione, da effettuarsi entro il 31 marzo 1995 e con effetto a partire dal periodo 1995-1996. L’articolo 2 bis prevede la possibilità per i produttori di autocertificare la propria produzione ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n.15, in ogni caso di contestazione e nelle more dell’accertamento definitivo: detta disposizione risulta abrogata a decorrere dallo stesso periodo 1995-96 dall’articolo 2 del decreto legge 23 ottobre 1996, n. 552 convertito in legge 20 dicembre 1996 n.642.
Proprio a partire dalla campagna agricola 1995-96 cominciano, anche in relazione alle suddette vicende normative riguardanti l’autocertificazione delle produzioni ed il riscontrato superamento del quantitativo globale assegnato all’Italia, a verificarsi difficoltà di accertamento delle effettive produzioni che, in base al sistema normativo all’epoca vigente, costituivano elemento essenziale per la determinazione della quota individuale di riferimento.
La Corte Costituzionale, con una prima sentenza del 28 dicembre 1995, n. 520, dichiara illegittimo l’articolo 2 primo comma del decreto legge n. 727/94, convertito in legge n. 46/95, nella parte in cui, nella determinazione delle riduzioni delle quote individuali dei produttori di latte, escludeva la partecipazione, quanto meno nella forma della richiesta di parere, delle Regioni interessate.
Anche la successiva norma, contenuta nella legge finanziaria 23 dicembre 1996 n. 662, all’articolo 2, comma 168, che stabilisce i criteri per l’effettuazione delle compensazioni, viene dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con sentenza 11 dicembre 1998, n. 398, nella parte in cui non prevedeva la previa acquisizione del parere delle Regioni e delle Province autonome.
La declaratoria di incostituzionalità di norme sulla base delle quali erano state effettuate le riduzioni delle assegnazioni delle quote e le compensazioni, ha comportato necessariamente un ritardo nella procedura ordinaria, in quanto il Parlamento è stato costretto a ridisciplinare la materia “ora per allora”.
Invero anche l’incertezza in ordine alle effettive produzioni, in parte causata dal sistema dell’autocertificazione rimasto in vigore per un certo periodo e poi ritenuto normativamente inaffidabile, come sopra detto, contribuisce alla determinazione legislativa di ridisciplinare la materia, partendo dalla istituzione di una commissione governativa d’indagine in materia di quote latte, prevista nell’articolo 1, comma 28, del decreto legge 31 gennaio 1997, n.11, come sostituito dalla legge di conversione 28 marzo 1997, n.81. A tale commissione viene affidato il compito di “accertare la sussistenza di eventuali irregolarità nella gestione delle quote da parte di soggetti pubblici e privati, nonché di eventuali irregolarità nella commercializzazione di latte e prodotti lattieri da parte dei produttori o nella relativa utilizzazione da parte degli acquirenti…., anche in relazione all’effettiva produzione nazionale, e l’efficienza dei controlli svolti dalle amministrazioni competenti”. Sulla base delle risultanze dei lavori della commissione, l’A.I.M.A. avrebbe dovuto provvedere alla rettifica degli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995-96 e ad operare i conseguenti conguagli in sede di compensazione nazionale per il periodo 1996-97 (comma 35 del citato art.1).
Per rendere esaustiva la procedura di accertamento della produzione lattiera relativa alle campagne 1995-96 e 1996-97 e coinvolgere maggiormente le regioni e le province autonome, secondo le indicazioni della Corte Costituzionale, interviene altro decreto legge, 1 dicembre 1997 n.411, convertito in legge con modificazioni dall’articolo 1 comma 1 della legge 27 gennaio 1998 n.5, il quale all’articolo 2 dispone che l’A.I.M.A. “sulla base della relazione della commissione governativa d’indagine, delle risultanze delle rilevazioni straordinarie dei capi bovini da latte effettuata ai sensi del decreto legge 19 maggio 1997 n. 130, convertito con modificazioni dalla legge 16 luglio 1997 n. 228, delle dichiarazioni di contestazione di cui al decreto 15 maggio 1997 del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali… dei controlli effettuati e già comunicati dalle regioni e dalle province autonome, degli altri elementi in suo possesso e dell’attività del comitato di coordinamento delle iniziative in materia di gestione delle quote latte di cui al decreto 16 settembre del Ministro per le politiche agricole nonché dei modelli L1 pervenuti entro la data di entrata in vigore del presente decreto, determina gli effettivi quantitativi di latte prodotto e commercializzato nei periodi 1995-96 e 1996-97…..”;ai sensi del comma 5 dello stesso articolo l’A.I.M.A. comunica ai produttori entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge i quantitativi di riferimento individuali assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato, accertati nei modi precedentemente indicati;avverso detti accertamenti è dato ricorso di riesame avanti le Regioni e le Province autonome, che devono decidere entro ottanta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione del ricorso. Il comma 11 dispone quindi che “In esito agli accertamenti effettuati ed alle decisioni dei ricorsi di riesame, l’A.I.M.A. apporta le conseguenti modifiche alle risultanze dei modelli L1 e ai quantitativi di riferimento individuali, ai fini delle operazioni di compensazione nazionale e del pagamento del prelievo supplementare.”
Definite le operazioni di accertamento della produzione lattiera per i periodi 1995-96 e 1996-97, il Governo italiano comunica all’Unione europea l’esatta produzione per la rettifica dei prelievi dovuti;i risultati delle compensazioni sono trasmessi alle regioni ed alle province autonome, che le comunicano agli acquirenti, responsabili dei versamenti dovuti a titolo di saldo e di prelievo e delle eventuali restituzioni ai produttori per le somme trattenute in eccedenza.
L’articolo 4 bis, introdotto dalla legge di conversione n. 5/98, istituisce, infine, una commissione di garanzia, composta da esperti, con il compito di “verificare la conformità alla vigente legislazione delle procedure e delle operazioni effettuate per la determinazione della quantità di latte prodotta e commercializzata nei periodi 1995-96 e 1996-97 e per l’aggiornamento dei quantitativi di riferimento spettanti ai produttori per i periodi previsti nel presente decreto”.
Quindi il decreto ministeriale 17 febbraio 1998 detta le modalità di comunicazione ai produttori dei quantitativi di riferimento individuali assegnati e delle quantità commercializzate, disciplinando le motivazioni relative alle singole anomalie riscontrate nelle operazioni complessive di accertamento;regola poi la procedura dei ricorsi di riesame davanti alle regioni ed alle province autonome.
Le difficoltà di accertamento relative alla produzione del latte nei periodi in questione comportano l’impossibilità di rispettare i termini previsti dalla suddetta normativa per l’esame dei ricorsi e per le comunicazione agli interessati delle quote di riferimento individuale e delle compensazioni, talché i termini vengono differiti con l’articolo 45, comma 27, della legge 23 dicembre 1998 n. 448, che considerò ricevibili le decisioni di riesame pervenute all’A.I.M.A. entro il 10 gennaio 1999.
Ritenuti, quindi, acquisiti tutti gli elementi necessari, il Governo emana il decreto legge 1 marzo 1999, n.43 (convertito in legge con modificazioni dalla legge 27 aprile 1999 n. 118), che assegna alla stessa A.I.M.A. il termine di sessanta giorni per effettuare le compensazioni nazionali per i periodi di produzione lattiera 1995-96 e 1996-97 (articolo 1 comma 1): “L’esubero complessivo nazionale, sul quale è calcolato il prelievo da ripartire tra i produttori, è costituito dalla differenza tra il quantitativo nazionale garantito ed il latte complessivamente prodotto e commercializzato in ciascun periodo”, i risultati delle compensazioni devono essere comunicati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legge ai produttori, agli acquirenti ed alle regioni e province autonome.
Il comma 12 dispone che i risultati delle compensazioni nazionali effettuati ai sensi della nuova normativa sono definitivi ai fini del pagamento del prelievo supplementare, dei relativi conguagli e della liberazione delle garanzie. Gli acquirenti, ricevuta la comunicazione dall’A.I.M.A. dei prelievi da effettuare per le campagne 1995-96 e 1996-97, devono provvedere entro trenta giorni a versare gli importi trattenuti, nella misura complessivamente dovuta, ed a restituire eventuali eccedenze, dandone comunicazione alle regioni ed alle province autonome (comma 15). Può essere disposta una rateizzazione per il pagamento del prelievo (comma 16). Il comma 17 disciplina quindi una procedura di verifica da parte degli acquirenti degli accertamenti effettuati, nel caso siano difformi dalle dichiarazioni di commercializzazione da essi presentate, sempre per i periodi 1995-96 e 1996-97;se confermano i dati accertati, modificando quindi le dichiarazioni a suo tempo rese, restano esenti dalle sanzioni amministrative e dalla revoca del riconoscimento come acquirente. “In ogni caso, gli accertamenti effettuati e le decisioni dei ricorsi di riesame costituiscono a tutti gli effetti modifica delle risultanze dei modelli L1 a suo tempo inviati, ferme le procedure sanzionatorie previste dalla legge”.
Con tre decreti ministeriali, 21 maggio 1999, n. 159, 15 luglio 1999, n. 309 e 10 agosto 1999, n. 310, infine, il competente Dicastero delle politiche agricole detta disposizioni regolamentari per le procedure di riesame effettuate dalle Regioni e dalle Province autonome, riguardanti fattispecie specifiche (per la ricostruzione del quadro normativo TAR Lazio, II-ter, 6 luglio 2011, n. 5975).
10. Ciò premesso, si può passare alle scrutinio del motivi di gravame.
11. Il primo motivo (“Eccesso di potere per travisamento dei fatti e per difetto d’istruttoria”), con cui le ricorrenti lamentano vari errori nei risultati delle compensazioni effettuate per i periodi 1995-96 e 1996-97, riportati nei tabulati allegati alle comunicazioni in data 30/6/1999, è infondato.
Come questo Tribunale ha già avuto modo di rilevare in altro analogo ricorso (vedi Sez. I, 4 dicembre 2009, n. 3265), il processo amministrativo non è posto a garanzia oggettiva della legalità, ma, piuttosto, finalizzato alla specifica ed individuale tutela di posizioni giuridiche soggettive lese, derivandone che i ricorrenti possono dedurre specifici errori a proprio danno.
Nel caso di specie, non può omettersi, però, di evidenziare che nel motivo dedotto i casi singoli evidenziati tanto nel ricorso introduttivo quanto nella memoria da ultimo depositata non si riferiscono ai ricorrenti o, comunque, ad aziende che, successivamente al decreto di perenzione, hanno manifestato la persistenza d’interesse alla definizione nel merito del giudizio. Mancano, inoltre, specifiche contestazioni di errori a danno di singoli ricorrenti, con la conseguenza che le generiche censure dedotte non possono assumere alcun rilievo.
Quanto, al dedotto difetto di motivazione, peraltro tardivamente denunciato, trattasi di censura infondata, poiché nel caso di specie siamo di fronte alla semplice individuazione di un quantitativo, sulla base dell’istruttoria effettuata, con la conseguenza che la motivazione (recte: la giustificazione) non può che consistere nel richiamo per relationem della documentazione istruttoria tenuta presente per addivenire alla individuazione del quantum di produzione.
12. A sorte analoga è destinato il secondo motivo di gravame (“Illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 15 e 16, della legge 27/1/1998, n. 5, in relazione agli artt. 3 e 7 Cost.”), con cui le ricorrenti denunciano l’irrazionalità del meccanismo previsto dall’art. 1, commi 15 e 16, del D.L. 1 marzo 1999, n. 43 (Legge 118/1999), dato che i termini previsti rispettivamente per acquirente e produttore per versare l’importo e chiedere la rateizzazione decorrono ciascuno dal momento in cui i destinatari ricevono la comunicazione AIMA relativa all’importo accertato dal prelievo, derivandone che, nel caso in cui il momento di ricezione da parte del primo non coincida con quello del secondo, il produttore potrebbe trovarsi a chiedere la rateizzazione quando è già spirato il termine per il versamento dell’importo da parte dell’acquirente o, addirittura, quando questo sia stato già interamente versato, con prevedibili gravi conseguenze economiche a danno dei (piccoli) produttori, che rischiano di trovarsi privi di sufficienti liquidità.
Il vizio dedotto ripropone, invero, una generalizzata censura sulla procedura, senza, pur tuttavia, individuare concreti effetti a danno di singoli specificamente individuati.
Non viene, infatti, né allegato, né documentato che l’eventualità ipotizzata si sia in concreto verificata per alcuno dei ricorrenti.
Consta, anzi, che, a distanza di soli 20 giorni dall’adozione del provvedimento impugnato ovvero ben prima della scadenza del termine di versamento da parte degli acquirenti, le ricorrenti abbiano addirittura depositato il ricorso ora in esame, derivandone, anche per tale sola ragione, l’insussistenza della paventata lesione della facoltà di accedere alla rateizzazione.
Il motivo non può, dunque, che essere respinto.
13. E’ del pari infondato il terzo motivo di gravame (“Illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, della legge 27/1/1998, n. 5, in relazione agli artt. 3 e 7 Cost.”), con cui le ricorrenti deducono che l’acquirente non ha la disponibilità della somma che la norma gli impone di versare, poiché le fidejussioni costituite a garanzia del versamento supplementare relativo ad un determinato periodo di produzione non possono essere escusse per assicurare il versamento del supplemento relativo a periodi temporali diversi.
Al riguardo ci si limita ad osservare, invero, che, in disparte il fatto che a lamentarsi di tale disposizione avrebbero dovuto essere eventualmente gli acquirenti, la norma stessa contempla già l’eventuale impossibilità del recupero sulle somme trattenute per periodi successivi e la conseguente iscrizione a ruolo del debito residuo di ciascun produttore secondo le modalità previste dalla legislazione tributaria (ad es., per l’appunto, quando non sono state versate, ma, a garanzia del loro versamento è stata costituita una fidejussione).
Anche tale motivo va, quindi, respinto.
14. Quanto alle censure con cui le ricorrenti contestano la debenza e il termine di decorrenza degli interessi, sollevate, rispettivamente, con il quarto (“Violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 2, comma 2, del Regolamento CEE 28 dicembre 1992, n. 3950”) ed il quinto motivo di gravame (“Eccesso di potere per manifesta irrazionalità ed illogicità”), il Collegio ritiene che il loro interesse a dolersene possa considerarsi venuto meno, avuto riguardo alla sanatoria per i produttori prevista dal legislatore in relazione agli interessi relativi agli importi dovuti dai medesimi per le annate dal 1995/1996 al 2001/2002.
L'art. 10, comma 34, del D.L. 28 marzo 2003 n. 49 "Riforma della normativa in tema di applicazione del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari" stabilisce, infatti, che "I produttori di latte, relativamente agli importi imputati e non pagati a titolo di prelievo supplementare latte, per i periodi di commercializzazione compresi tra gli anni 1995-1996 e 2001-2002, versano l'importo complessivamente dovuto, senza interessi. Il versamento può essere effettuato in forma rateale in un periodo non superiore a trenta anni”.
Tale "beneficio", annoverabile tra i cd. aiuti di Stato, è stato espressamente autorizzato dalla CE, che ha però limitato la rateizzazione a 14 anni a decorrere dal 1° gennaio 2004 (vedi decisione del Consiglio UE del 16 luglio 2003 n. 2003/530/CE).
Un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma in questione, induce, invero, il Collegio a ritenere che l’esonero di che trattasi, pur essendo stato autorizzato a favore di coloro che hanno optato per il versamento rateale, dovrebbe valere anche a favore di coloro che non hanno chiesto la rateizzazione, in quanto stanno ancora contestando la legittimità del prelievo.
Non v’è motivo ragionevole, infatti, per ritenere che solo coloro che hanno già “accettato” l’imposizione del prelievo supplementare e chiesto la rateizzazione del dovuto possano fruire dell’esonero dal pagamento degli interessi, nel mentre coloro che hanno ritenuto di contestarne la legittimità, in sede giurisdizionale, e che in forza della relativa pronuncia siano ugualmente tenuti a pagare il prelievo non vi possano beneficiare se estinguono interamente il proprio debito entro il termine del 31 dicembre 2017 ovvero entro il periodo massimo di rateizzazione autorizzato dal Consiglio dell’UE.
Rispetto a tali motivi pare, quindi, al Collegio potersi dichiarare l’improcedibilità.
15. Quanto alla censura contenuta nel sesto motivo di ricorso (“Violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 2, comma 1, del Regolamento CEE 28 dicembre 1992, n. 3950”), il Collegio non può che richiamarsi alla giurisprudenza che ha già affrontato il problema della compatibilità con la normativa comunitaria dei criteri e dell’ordine stabiliti per la compensazione nazionale dall’art. 1, comma 8, del decreto legge n. 43/1999.
La III Sezione del Consiglio di Stato, nel respingere, con la decisione n. 6451 del 2011, l’appello proposto da alcune aziende agricole avverso la sentenza n. 3265 del 4 dicembre 2009 della I Sezione di questo TAR, ha, invero, affermato, come già in altre precedenti pronunce (Sez. VI n. 6553 del 10 settembre 2010 e n. 2491 del 27 aprile 2011), che “le obiettive differenziazioni nel trattamento riservato dal legislatore nazionale alle diverse categorie di produttori non risultano violative dei principi generali del diritto comunitario o delle norme di diritto comunitario derivato. In particolare, non risulta vietata dalle previsioni del Reg. (CE)3950/92, ovvero dal Reg. (CE)536/93, la scelta di operare la compensazione nazionale privilegiando in sede di computo alcune categorie di produttori rispetto ad altri”.
Ai fini che qui rilevano, ha, infatti, evidenziato che “il principio di effettività dell’ordinamento comunitario impone certamente che l’effettuazione delle operazioni di compensazione al livello nazionale miri al fine ultimo di determinare un prelievo supplementare nazionale basato sulla differenza fra il quantitativo globale garantito e le quantità di latte effettivamente prodotte, al netto delle compensazioni con le quote assegnate e non prodotte. Ma una volta che la richiamata finalità sia stata assicurata in concreto dal Legislatore al livello nazionale, non si individua nell’ordinamento comunitario un ulteriore vincolo volto a stabilire una stabile e indefettibile correlazione fra i quantitativi da redistribuire in sede di compensazione e gli originari QRI”.
Sulla base di tali argomentazioni, che la Sezione condivide, la censura deve essere, in definitiva, respinta e non si ravvisa alcuna ragione per disporre il rinvio della causa alla Corte di Giustizia delle Comunità Europea.
Il Collegio ritiene, inoltre, di poter omettere di scrutinare i denunciati profili di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 8, del decreto legge n. 43/1999, dato che tale censura, essendo stata introdotta per la prima volta con la memoria depositata in data 11 luglio 2012, è, all’evidenza, tardiva.
16. Quanto alla censura che attiene alla tardività dell’emissione dei bollettini di determinazione delle quote latte (“Violazione di legge, con particolare riferimento alla normativa CEE”), contenuta nel settimo motivo di gravame, si osserva quanto segue.
Emerge, in particolare, dalla ricostruzione della disciplina delle quote latte precedentemente riportata che, a fronte della difficoltà di avvio del regime delle quote medesime nello Stato italiano (sia per l’assenza di dati certi che per il mancato coinvolgimento delle Regioni nell’accertamento e nelle procedure di riduzione dei QRI da assegnare ai produttori), il legislatore nazionale ha dovuto introdurre una serie di misure, reiterate più volte, per accertare i dati di produzione e commercializzazione del latte, unitamente alla possibilità per gli interessati di proporre istanze di riesame in caso di controversie sul punto.
In particolare, tale attività di accertamento, seppure nella parte in cui erano state riscontrate anomalie (con riferimento, ad esempio, al contenuto formale e sostanziale dei modelli L1 sottoscritti dai produttori e dagli acquirenti), è stata reiterata più volte, prima con la legge n. 5 del 1998 (attuata dal DM 17 febbraio 1998) e poi dalla legge n. 118 del 1999 e dai successivi decreti ministeriali di attuazione (i citati DD.MM. 21 maggio 1999 n.159, 15 luglio 1999 n.309 e 10 agosto 1999 n.310), con conseguente rettifica retroattiva dei quantitativi indicati nei bollettini “tardivi” originariamente emessi.
I dati contenuti in quei bollettini costituiscono, infatti, solo uno degli elementi presi in considerazione al fine della determinazione degli effettivi quantitativi di latte prodotto e commercializzato nell’annata lattiera in considerazione e non, invece, la “quantità” di riferimento, che, come noto, è stata, nel suo complesso, retroattivamente corretta.
Sul punto della compatibilità comunitaria delle norme nazionali che prevedono l’assegnazione retroattiva delle QRI, seppure non oggetto di specifica originaria censura da parte delle ricorrenti, il Collegio osserva, peraltro, che la Corte di Giustizia della Comunità europea ha dato, in termini di legittimità, risposta positiva con sentenza del 25 marzo 2004 C-480, con statuizioni che costituiscono un vincolo per il giudice nazionale e che paiono, sotto taluni aspetti, mutuabili anche nel caso di specie.
Ed invero, la Corte di Giustizia CE, con la citata pronuncia, ha chiarito che gli artt. 1 e 4 del regolamento n. 3950/92, che istituiscono il regime del prelievo supplementare nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari, nonché gli artt. 3 e 4 del regolamento n. 536/93, che stabiliscono le modalità di applicazione del detto prelievo, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che uno Stato membro, a seguito di controlli, rettifichi i quantitativi di riferimento individuali attribuiti ad ogni produttore e conseguentemente ricalcoli, a seguito di riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, i prelievi supplementari dovuti successivamente al termine di scadenza del pagamento di tali prelievi per la campagna lattiera interessata.
La Corte europea è arrivata a tale conclusione dopo aver ricostruito la ratio del regime di prelievo supplementare sul latte, finalizzato a ristabilire l’equilibrio fra domanda e offerta sul mercato lattiero, caratterizzato da eccedenze strutturali, limitandone la produzione;tali misure si iscrivono nell’ambito delle finalità di sviluppo razionale della produzione lattiera e di mantenimento di un tenore di vita equo della popolazione agricola interessata, contribuendo ad una stabilizzazione del reddito di quest’ultima.
Da ciò consegue – ha spiegato la Corte - che il prelievo supplementare non può essere considerato come una sanzione analoga alle penalità previste negli artt. 3 e 4 del regolamento n. 536/93. Infatti, il prelievo supplementare sul latte costituisce una restrizione dovuta a regole di politica dei mercati e di politica strutturale.
Peraltro, come risulta dall’art. 10 del regolamento CE n. 3950/92, il prelievo supplementare fa parte degli interventi intesi a regolarizzare i mercati agricoli ed è destinato al finanziamento delle spese del settore lattiero. Ne consegue che, oltre al suo obiettivo manifesto di obbligare i produttori di latte a rispettare i quantitativi di riferimento ad essi attribuiti, il prelievo supplementare ha anche una finalità economica, in quanto mira a procurare alla Comunità i fondi necessari allo smaltimento della produzione realizzata dai produttori in eccedenza rispetto alle loro quote.
Venendo alla situazione nazionale del regime delle “quote latte”, la Corte di Giustizia ha poi rilevato che i quantitativi di riferimento individuali inizialmente attribuiti dalle autorità italiane contenevano numerosissimi errori, dovuti in particolare al fatto che la produzione effettiva in base alla quale tali quantitativi erano stati attribuiti era stata certificata dai produttori stessi (tra gli errori rilevati, si rammenta che la commissione governativa d’indagine ha accertato, in particolare, che più di 2000 aziende agricole avevano dichiarato di produrre latte senza che risultasse il possesso di mucche).
In questo ambito, le misure adottate dall'AIMA nel contesto di riferimento nazionale non sono state considerate sproporzionate rispetto al fine perseguito né lesive del principio di tutela del legittimo affidamento in quanto se il quantitativo di riferimento individuale che un produttore può pretendere corrisponde al quantitativo di latte commercializzato durante l’anno di riferimento, lo stesso operatore agricolo, che in linea di principio conosce il quantitativo che ha prodotto, non può nutrire un legittimo affidamento sul mantenimento di un quantitativo di riferimento inesatto.
Ha poi rilevato la Corte come non possa configurarsi un legittimo affidamento in ordine al mantenimento di una situazione manifestamente illegale rispetto al diritto comunitario (vale a dire la mancata applicazione del regime di prelievo supplementare sul latte) nel senso che i produttori di latte degli Stati membri non possono legittimamente aspettarsi di poter continuare a produrre latte senza limiti, dopo tanti anni dall'istituzione di tale regime.
Da qui, la conformità a diritto comunitario del regime introdotto dal legislatore nazionale.
Successivamente, anche la Corte Costituzionale, con decisione n. 272 del 7 luglio 2005, ha smentito la tesi secondo cui la rideterminazione sarebbe soggetta al vincolo della irretroattività.
Nella predetta pronuncia, si è, infatti, affermato che "non sono fondate le q.l.c. dell'art. 1 commi 3 e 4 d.l. 1 marzo 1999 n. 43, conv., con modificazioni, in l. 27 aprile 1999 n. 118, censurato, in riferimento agli art. 3, 5, 117 e 118 Cost., in quanto attribuirebbe ad AIMA il potere di aggiornamento dei quantitativi individuali in violazione delle competenze regionali e per di più con effetto retroattivo. Il potere di aggiornamento dei quantitativi individuali - attribuito in via transitoria ad AIMA - ai fini dell'esecuzione della compensazione nazionale, si giustifica, sul piano costituzionale, per l'esigenza di perseguire interessi territorialmente infrazionabili, mentre rientra nella discrezionalità del legislatore nazionale determinare le concrete modalità di gestione delle funzioni assegnate ad AIMA nei limiti in cui le stesse siano strettamente funzionali al raggiungimento delle suddette finalità, senza che assuma rilievo la natura retroattiva di talune previsioni, in quanto le stesse si giustificano, in ossequio alle prescrizioni comunitarie e di quanto già riconosciuto dalla Corte di giustizia, alla luce della necessità di adeguare i quantitativi individuali e il sistema di compensazione alle risultanze delle verifiche svolte dagli organi a ciò preposti".
È stato, poi, chiaramente affermato che "la rettifica della compensazione delle "quote-latte… appare sorretta costituzionalmente, (e non contrasta con le competenze regionali), dalla normativa comunitaria come interpretata dalla Corte di giustizia europea, secondo cui si deve intendere consentito alle autorità nazionali di effettuare anche ex post le rettifiche necessarie a fare in modo che la produzione esonerata da prelievo supplementare di uno Stato non superi il quantitativo globale assegnato a tale Stato".
Ne deriva che il meccanismo di attribuzione del QRI ex post , di per sé, non si configura come illegittimo, salvo verificare nel caso concreto la illegittima determinazione dello stesso: ma a questo fine le ricorrenti non hanno fornito i necessari elementi di valutazione.
17. Con riferimento all’ottavo motivo di gravame (“Illegittimità costituzionale del’art. 1, comma 1, del decreto legge 1 dicembre 1997, n. 411 (convertito con la legge 27 gennaio 1998, n. 5”), con cui le ricorrenti, richiamando le considerazioni che indussero la Corte Costituzionale (28 dicembre 1995, n. 520) a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge 24 febbraio 1995, n. 46 (Norme per l'avvio degli interventi programmati in agricoltura e per il rientro della produzione lattiera nella quota comunitaria), che ha convertito, con modificazioni, il decreto legge 23 dicembre 1994, n. 727 “nella parte in cui non prevede il parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino”, lamentano l’incostituzionalità dell’art. 1, comma 1, del D.L. 411/97, nella parte in cui non prevede la previa acquisizione del parere regionale e, di conseguenza, l’illegittimità della compensazione operata dall’AIMA con la comunicazione impugnata, il Collegio si limita ad osservare che, nel caso di specie, non sussistono i motivi che portarono a riconoscere l’illegittimità costituzionale di quella norma (“…lesione degli artt. 117 e 118 della Costituzione e del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni”).
La norma di cui viene ora affermata l’illegittimità costituzionale è, invero, di tenore totalmente diverso da quella dichiarata tale dalla Corte Costituzionale.
Essa, lungi dal disporre la riduzione delle quote individuali, è volta, infatti, al “ripristino della liquidità”: nelle more delle verifiche, dispone, invero, prudenzialmente unicamente la restituzione ai produttori di una percentuale consistente degli importi trattenuti a titolo di prelievo supplementare (pari all’80%).
Trattasi, all’evidenza, di una norma di favore, tesa a non immobilizzare durante i tempi necessari alle operazioni di verifica risorse economiche che i produttori potrebbero utilizzare proficuamente per proseguire la loro attività produttiva, e che non invade in alcun modo le competenze regionali.
La censura va, quindi, respinta.
18. Quanto al nono ed ultimo motivo di gravame (“Violazione di legge, con particolare riferimento all’art. 2, comma 1, della legge 24 febbraio 1995, n 46, nel disposto risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale 28 dicembre 1995, n. 520. Illegittimità derivata”), con cui le ricorrenti deducono l’illegittimità della procedura di determinazione delle quote a causa della mancata previa acquisizione del parere regionale prima dell’emissione del bollettino n. 2 del 14/4/1996, su cui l’AIMA si è basata per la rettifica della compensazione per il periodo 1995/1996, contenuta nel provvedimento impugnato, il Collegio osserva, invero, che la Corte Costituzionale, con la decisione n. 398 del 1998, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere con riferimento alla complessiva disciplina dei bollettini e alle questioni ad essa inerenti, avendo, in particolare, evidenziato che: a) la disciplina, in base alla quale erano stati emessi i bollettini in questione, non è più vigente, in parte qua, essendo stata sostituita, retroattivamente, dall'art. 2 del decreto-legge 1° dicembre 1997, n. 411, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1998, n. 5;b) la nuova disciplina sostituisce interamente quella previgente e che, a seguito di una vera e propria rideterminazione delle quote individuali, rimuove, per il periodo 1995-1996, i bollettini adottati sulla base delle disposizioni censurate, i quali non costituiscono più "accertamento definitivo" delle posizioni individuali, poiché, come stabilito dal comma 11 dell'art. 2 del decreto-legge in parola, i quantitativi di riferimento di ciascun produttore, ai fini delle operazioni di compensazione e del pagamento del prelievo supplementare, sono ormai quelli che risultano in esito alle procedure descritte nella norma, come appare evidente sol che si considerino l'entità delle modificazioni apportate e la novità dei criteri, elencati dalle lettere a)-e) del primo comma e a)-d) del terzo comma dell'art. 2, in base ai quali l'AIMA deve pervenire a un nuovo accertamento dei quantitativi di latte prodotto e aggiornare i quantitativi di riferimento individuali.
Il motivo va, quindi, respinto.
19. In conclusione, il ricorso va dichiarato improcedibile (motivi n. 4 e 5) o respinto (tutti i restanti motivi).
20. Il regime delle spese del giudizio segue la soccombenza con liquidazione come da dispositivo.