TAR Venezia, sez. I, sentenza 2013-01-21, n. 201300080
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N. 00080/2013 REG.PROV.COLL.
N. 01939/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1939 del 2008, proposto da:
C Srl, rappresentato e difeso dagli avv. G P, Federica Tramarollo, con domicilio eletto presso Federica Tramarollo in Venezia, Santa Croce, 742;
contro
Capitaneria di Porto di Venezia - (Ve), Regione Veneto - (Ve);Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Roma - (Rm), rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Venezia, San Marco, 63;Comune di Venezia - (Ve), rappresentato e difeso dagli avv. G G, M M, G V, M B, N O, A I, con domicilio eletto presso G G in Venezia, Avv.Ra Civica - San Marco 4091;
per l'annullamento
demanio - richiesta pagamento canone imposta per concessione demaniale
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Roma - (Rm) e di Comune di Venezia - (Ve);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 novembre 2012 il dott. S C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’odierno ricorso in riassunzione, la ricorrente C s.r.l. ripropone la controversia introdotta davanti al Tribunale di Venezia dall’allora impresa C Service s.p.a.
1.1. In detta causa, con atto di citazione notificato il 13.12.1999, C Service s.p.a. convenne in giudizio il Ministero dei Trasporti e della Navigazione nonché la Regione Veneto, innanzi a quel giudice impugnando l’ordine di introito emesso dalla Capitaneria di Porto di Venezia in data 14.9.1999, per il canone di concessione demaniale marittima n. 103 del 19.11.1998, per l’anno 1999 di area adibita a campo di golf a 18 buche gestito dal Circolo Golf di Venezia, contestando la legittimità nonché l’entità del computo della somma richiestagli a tale titolo (nonché di quello richiestogli a titolo di imposta regionale).
1.2. Alla causa così incardinata vennero riunite quelle successivamente introdotte dalla medesima società attrice avverso gli ordini di introito emessi, per la medesima causale, dalla Capitaneria di Porto di Venezia in data 28.4.2000, per il canone dovuto per l’anno 2000, ed in data 14.2.2001 per l’anno 2001.
1.3. Il Tribunale civile di Venezia, con sentenza n. 144 del 2003, rigettò la domanda ritenendo che nessuno dei motivi indicati da C Service s.p.a. per ottenere la richiesta riduzione del canone potesse ritenersi sussistente. In particolare il giudice di primo grado osservò che la concessione in questione era stata rilasciata a una società commerciale, in quanto tale non qualificabile quale società dilettantistica, e che nemmeno potessero essere riconosciuto il preteso esborso per spese per manutenzione straordinaria del bene oggetto di concessione, con la conseguenza che non ricorreva alcuno dei presupposti per la richiesta riduzione discrezionale del canone, sino al 50%, da parte della P.A., ai sensi dell’art. 03 della legge 4.12.1993 n. 494.
2. Con sentenza n. 414 del 2008 (depositata il 30.3.2008), la Corte di Appello di Venezia, dinanzi alla quale era stata impugnata la suddetta sentenza n. 144 del 2003, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a favore di quella del giudice amministrativo.
3. A fronte di tale statuizione, con ricorso in riassunzione notificato in data 20 marzo 2008, C Hotels Italia s.r.l. ha reintrodotto la medesima controversia dinanzi a questo TAR, impugnando entrambe le medesime richieste di pagamento a titolo di canone concessorio, sopra specificate, invocando preliminarmente l’errore scusabile al fine di superare la decadenza già intervenuta al momento dell’introduzione del giudizio civile.
4. Orbene il Collegio rileva, in via del tutto preliminare, l’irricevibilità dell’odierno ricorso in riassunzione, per la decadenza già maturata, relativamente all’ordinario termine di impugnazione di 60 giorni ex art. 21 della legge n. 1034 del 1971, antecedentemente alla proposizione dell’atto di citazione dinanzi al giudice civile, non ricorrendo i presupposti per la concessione dell’errore scusabile.
4.1. Deve, invero, rilevarsi che all’epoca della notifica dell’odierno ricorso, a seguito di traslatio iudici , era già intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 2007 (depositata il 12 marzo 2007) che ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 30 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali), nella parte in cui non prevede che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione».
4.2. Peraltro, con tale pronuncia, risolvendo il problema concernente gli effetti sostanziali della domanda, il giudice costituzionale ha al contempo affermato che «il legislatore ordinario – ferma l’esigenza di disporre che ogni giudice, nel declinare la propria giurisdizione, deve indicare quello che, a suo avviso, ne è munito – è libero di disciplinare nel modo ritenuto più opportuno il meccanismo della riassunzione (forma dell’atto, termine di decadenza, modalità di notifica e/o di deposito, eventuale integrazione del contributo unificato, ecc.) sulla base di una scelta di fondo a lui soltanto demandata: stabilire, cioè, se mantenere in vita il principio per cui ogni giudice è giudice della propria giurisdizione ovvero adottare l’opposto principio seguito dal codice di procedura civile (art. 44) per la competenza».
4.3. Sollecitato dalla Corte, il legislatore è dunque intervenuto, dapprima, con l’art. 59 della legge n. 69 del 2009 in base al quale, se il giudizio viene ritualmente riassunto, “sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute”. Successivamente, con l’art. 11 c.p.a., che, al comma 2, così dispone: «Quando la giurisdizione è declinata dal giudice amministrativo in favore di altro giudice nazionale o viceversa, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute, sono fatti salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo è riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la giurisdizione, entro il termine perentorio di tre mesi dal suo passaggio in giudicato».
5. Orbene, nella fattispecie in esame, il principio della conservazione degli effetti sostanziali della domanda affermato con la citata sentenza n. 77 del 2007 della Corte costituzionale opera nel senso che gli effetti del ricorso al giudice amministrativo retroagiscono al momento dell’instaurazione del giudizio civile, ossia, in altre parole, che si determina una fictio iuris per cui si finge che il ricorso sia stato proposto nella data in cui è stato promosso il giudizio civile.
5.1. Pertanto, se l’azione civile, come nel caso si specie, è stata promossa in un momento nel quale il termine per proporre l’impugnazione ex art. 21 della legge n. 1034 del 1072 era già scaduto, il successivo ricorso al giudice amministrativo va dichiarato tardivo, e ciò a prescindere dalla stessa ritualità o meno dell’atto di riassunzione.
5.2. L’interpretazione così prospettata appare insuperabile: in caso contrario, infatti, chiunque volesse impugnare un atto amministrativo a termini già scaduti, potrebbe utilizzare l’espediente di agire in sede civile per far poi dichiarare il difetto di giurisdizione.
5.3. Seguendo questa interpretazione, tuttavia, resterebbe il possibile rimedio della concessione dell’errore scusabile, specificamente invocato dall’odierna ricorrente.
5.4. Orbene, il Collegio ritiene che, nella fattispecie in esame, non ne ricorrano gli estremi, perché, a prescindere dal difetto di un’espressa indicazione, negli atti notificati alla ricorrente, del giudice dinanzi al quale poter ricorrere e/o dell’erroneità di essa, si deve ritenere che la controversia in esame, coinvolgendo l’intera economia del rapporto concessorio, quanto al relativo contenuto che alle sue stesse finalità, concernesse in maniera evidente l’esercizio di una potestà amministrativa a tutela di interessi generali avente chiara natura discrezionale, in quanto tale rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo ex art. 5 della legge della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
6.5. La causa intentata dinanzi al g.o., aveva ad oggetto infatti tanto l’ an che il quantum del preteso “diritto” alla riduzione del canone per la concessione demaniale marittima n. 103 del 1998, per la dedotta violazione e/o falsa applicazione, in particolare, dell’art. 03 della legge 4 dicembre 1993 n. 494, nonché del DM 5 agosto 1998, in base ai quali era in potere dell’amministrazione operare una riduzione discrezionale del canone, “sino al 50%”, nel caso in cui il concessionario avesse assunto l’obbligo ovvero fosse stato autorizzato alla effettuazione di lavori di straordinaria manutenzione sui beni pertinenziali oggetto di concessione.
6.6. La domanda proposta, dunque, non si limitava alla richiesta di una mera verifica della correttezza dei presupposti utilizzati per il computo patrimoniale della pretesa, ma implicava la valutazione della legittimità stessa dell’azione autoritativa della P.A. svolta sul rapporto concessorio sottostante, in ordine al mancato e/o cattivo esercizio del potere di riduzione medesimo.
7. Alla luce delle considerazioni che precedono deve pertanto dichiararsi l’irricevibilità del ricorso.
8. Il Collegio ritiene equo compensare le spese di lite fra le parti, in ragione del complessivo andamento processuale della vicenda all’origine del presente contenzioso.