TAR Bari, sez. II, sentenza 2015-02-19, n. 201500322
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N. 00322/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00798/2003 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 798 del 2003, proposto da:
N D, rappresentato e difeso dall'avv. D A G, con domicilio eletto presso D A G in Bari, Via Cardassi, n. 26;
contro
Comune di Vieste, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. B M, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. A J, in Bari, Via Dante Alighieri, n. 193;Regione Puglia in persona del Presidente pro tempore;
per l'annullamento
- della deliberazione del Consiglio Comunale di Vieste n. 13 del 13.03.2003, avente ad oggetto: “P.U.T.T. Delimitazione Territori Costruiti –Determinazioni” in forza della quale il Consiglio Comunale de quo deliberava di approvare gli elaborati grafici predisposti dall’Ufficio Tecnico Comunale di Vieste di perimetrazione dei “Territori Costruiti” di cui al punto 5 dell’art. 1.03 N.T.A. P.U.T.T./P. approvato dalla Giunta Regionale Puglia con atto deliberativo n. 1748 del 15.12.2000, pubblicato sul B.U.R.P. supp. 8 del 17.10.2001;
- degli elaborati grafici allegati alla suddetta delibera;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale (e di ogni altro atto istruttorio) ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Vieste;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 novembre 2014 la dott.ssa F R e uditi per le parti i difensori avv. D A G, per i ricorrenti e avv. Alessio Ciliberti, su delega dell'avv. B M, per il Comune resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso indicato in epigrafe il Sig. D N ha impugnato la Deliberazione del Consiglio Comunale di Vieste con la quale sono stati approvati gli elaborati grafici predisposti dall’Ufficio Tecnico Comunale di perimetrazione dei “Territori Costruiti” di cui al punto 5 dell’art. 1.03 N.T.A. del Piano Urbanistico Territoriale Tematico/Paesaggio approvato dalla Giunta della Regione Puglia con Deliberazione n. 1748 del 15.12.2000.
Il ricorrente avverso la deliberazione impugnata ha dedotto la violazione dell’art. 78 del D.Lgs. n. 267 del 2000, la violazione dell’art. 97 della Costituzione, la violazione dei principi di imparzialità e buona amministrazione, l’incompatibilità, l’incompetenza, il malgoverno dell’art. 5.05 N.T.A. P.U.T.T., la violazione e il malgoverno dell’art. 1.03, punto 5.3 N.T.A. P.U.T.T., la carenza di potere, la violazione del procedimento, la violazione e malgoverno dell’art. 5.05, punto 1.2 N.T.A. P.U.T.T., la violazione e malgoverno dell’art. 1.03, punto 5.3. N.T.A. P.U.T.T., l’eccesso di potere per difetto di istruttoria, per illogicità , contraddittorietà e per erronea interpretazione, abnorme illogicità, errore di fatto, disparità di trattamento, l’indeterminatezza, la violazione dell’art. 149 del D.Lgs. n. 490 del 1999, la violazione e il malgoverno della L.R. n. 56 del 1980, il difetto di motivazione ed errata interpretazione, la disparità di trattamento e l’ingiustizia grave e manifesta.
Con atto depositato in data 13.06.2013 si è costituito in giudizio il Comune di Vieste chiedendo la reiezione del ricorso.
All’udienza del 20.11.2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e va respinto.
1. - Con il primo motivo di ricorso il Sig. D N deduce l’illegittimità della deliberazione impugnata in quanto alcuni amministratori aventi, a parere dei ricorrenti, interesse diretto al contenuto dell’atto medesimo, non si sarebbero astenuti, contravvenendo a quanto previsto dall’art. 78 del D.Lgs. n. 267 del 2000.
Più nello specifico, i ricorrenti sostengono – allegando documentazione dimostrativa - che tra i territori costruiti perimetrati con gli elaborati grafici censurati, sarebbero state ricomprese aree in comproprietà di amministratori del Comune, con parenti entro il quarto grado (aree in comproprietà del Sindaco, con fratello e sorella germani ed aree in comproprietà tra quest’ultimi).
Tale circostanza, a parere dei ricorrenti, avrebbe dovuto indurre gli amministratori ad astenersi dal partecipare all’approvazione degli elaborati grafici predisposti dall’Ufficio Tecnico Comunale di perimetrazione dei “Territori Costruiti”.
L’art. 78, comma secondo, del D.Lgs. n. 267 del 2000, in proposito recita “Gli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado”.
Il Comune di Vieste, nella memoria di costituzione, sul punto ha osservato che la Deliberazione impugnata aveva natura meramente ricognitiva e che pertanto non era applicabile nel caso in esame l’art. 78 suddetto.
L’Amministrazione resistente sostiene anche che i ricorrenti avrebbero dovuto fornire la prova di resistenza: provare pertanto che senza l’intervento degli amministratori de quibus il contenuto della Deliberazione sarebbe stato diverso.
Sul punto ci si limita a ricordare quanto affermato dal Consiglio di Stato in proposito: “è pacifico in giurisprudenza che il dovere di astensione degli amministratori locali sussiste in tutti i casi in cui essi versino in situazioni che, avuto riguardo al particolare oggetto della decisione da assumere, appaiano idonee anche solo in via potenziale a minare l'imparzialità dei medesimi, rendendo quindi del tutto irrilevante sia il superamento dell'eventuale prova di resistenza del voto (Consiglio di Stato, sez. V, 17 novembre 2009 n. 7151), sia anche il mancato raggiungimento del risultato sperato e del pregiudizio dell'amministrazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 28 gennaio 2011, n. 693)” (Cons. Stato, sez. IV, 20 dicembre 2013, n. 6177).
Questo Collegio osserva preliminarmente che, trattandosi di atto avente carattere generale, in base a quanto disposto dall’art. 78 del D.Lgs. n. 267 del 2000, l’obbligo di astensione degli amministratori debba ravvisarsi solo nel caso in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado.
Ciò premesso, questo Collegio osserva che anche se si dovesse ravvisare tale immediata e diretta correlazione, alla luce di quanto disposto dal quarto comma dell’art. 78 del D.Lgs. n. 267 del 2000 –che si ritiene applicabile anche alla fattispecie in esame – nonché del generale principio di conservazione degli atti giuridici, ciò determinerebbe l’annullamento solo della parte della deliberazione de qua che costituisce oggetto della correlazione.
L'art. 78 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 ha infatti legislativamente tipicizzato le conseguenze della violazione dell'obbligo di astensione nell'ipotesi di provvedimenti di carattere generale quali i piani urbanistici, individuandole non nell'annullamento in toto dello strumento urbanistico, ma nell'annullamento delle sole parti dello strumento urbanistico che costituiscono oggetto di correlazione con gli specifici interessi degli amministratori locali;tale norma ha nella sostanza limitato il potere di annullamento del giudice amministrativo in relazione alla violazione dell'obbligo di astensione, nel senso cioè che il vizio in parola incide solo parzialmente sull'atto assunto in violazione di tale obbligo (T.A.R. Lombardia, sez. II, 31 luglio 2014, n. 2180;T.A.R. Abruzzo - Pescara, 22 febbraio 2002, n. 271).
Se tale è la conseguenza nell’ipotesi in cui il vizio dedotto sia fondato, sembra a questo Collegio che con riferimento a tale possibile effetto, i ricorrenti avrebbero necessariamente dovuto dimostrare di trarre una qualche utilità da tale limitato annullamento, pena l’inammissibilità del motivo (T.A.R. Abruzzo - Pescara, 22 febbraio 2002, n. 271), non ritenendosi possibile attribuire in capo a qualsiasi componente di una comunità, una sorta di interesse generalizzato all’impugnativa (così T.A.R. Abruzzo - Pescara, 9 novembre 2001, n. 910).
Ciò posto, deve rilevarsi che nel caso di specie dagli atti di causa non si rileva quale sia l’utilità che i ricorrenti (cui incombe il relativo onere della prova) possano trarre dall’eventuale annullamento in parte qua della deliberazione di che trattasi.
In estrema sintesi il motivo in parola – così come dedotto – appare inammissibile per difetto di interesse atteso che i ricorrenti non hanno dimostrato quale utilità potrebbero conseguire dall’annullamento in parte qua della deliberazione di che trattasi.
2. – Con il secondo motivo di ricorso (inserito peraltro nel motivo di ricorso n. 1) il Sig. D N deduce l’assenza del parere di regolarità tecnica del sostituto del Dirigente tecnico dell’U.T.C.
Sul punto si osserva che agli atti il parere di regolarità tecnica risulta essere apposto dal Responsabile del Servizio, Geom. M F, sulla relazione tecnica allegata alla Deliberazione impugnata.
Sul punto, questo Collegio rinvia al consolidato indirizzo giurisprudenziale a mente del quale i pareri previsti per l'adozione delle deliberazioni comunali (prima ai sensi dell’ art. 53 della legge 8 giugno 1990, n. 142, e poi ai sensi dell’ art. 49 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) non costituiscono requisiti di legittimità delle deliberazioni cui si riferiscono, in quanto sono preordinati all'individuazione sul piano formale, nei funzionari che li formulano, della responsabilità eventualmente in solido con i componenti degli organi politici in via amministrativa e contabile, così che la loro eventuale mancanza costituisce una mera irregolarità che non incide sulla legittimità e la validità delle deliberazioni stesse ( ex plurimis Cons. Stato, sez. V, 8 aprile 2014, n. 1663;Cons. Stato, sez. V, 26 settembre 2013, n. 4766).
Il secondo motivo di ricorso pertanto deve essere respinto perché infondato.
3. – Con il terzo motivo di ricorso (motivo di ricorso n. 2 per il ricorrente) il Sig. D N deduce l’illegittimità della Deliberazione in quanto a parere del ricorrente l’unico soggetto che avrebbe dovuto provvedere ai sensi dell’art.