TAR Perugia, sez. I, sentenza 2010-01-18, n. 201000009
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00009/2010 REG.SEN.
N. 00432/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 432 del 2001, proposto da:
Durastanti Diletta, rappresentata e difesa dall'avv. G R, con domicilio eletto presso Lietta Calzoni in Perugia, via Bonazzi, 9;
contro
Ministero della Pubblica Istruzione, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Perugia, via degli Offici, 14;
Liceo Ginnasio Statale “G.C. Tacito” Terni;
per l'annullamento
del giudizio di non promozione alla classe III del Liceo Classico all’esito dell’anno scolastico 2000-2001.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Pubblica Istruzione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2010 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La ricorrente, all’epoca studentessa iscritta al Liceo Ginnasio Classico Statale “G.C: Tacito” di Terni, nell’anno scolastico 2000-2001 ha frequentato la II classe del Liceo. All’esito di detto anno scolastico ha riportato un giudizio di “non promozione” alla classe superiore.
L’interessata ha impugnato tale giudizio con il ricorso in epigrafe. Non sono state proposte domande cautelari.
L’Amministrazione resiste con una memoria argomentata.
2. Passando all’esame del merito, si osserva innanzi tutto che in sede di scrutinio finale all’esito dell’anno scolastico 2000-2001 la studentessa interessata ha riportato, fra l’altro, due insufficienze gravi (voto quattro) rispettivamente in greco e in inglese, e altre due insufficienze meno gravi (voto cinque) rispettivamente in latino e in fisica.
Tale dato di fatto non è controverso. Del pari non è controverso che al termine del precedente anno scolastico (1999-2000) l’interessata fosse stata promossa “a debito” in una delle materie (greco) nelle quali risultava ancora gravemente insufficiente al termine del nuovo anno scolastico (2000-2001).
Infine, la ricorrente non contesta in alcun modo la validità né la correttezza dei giudizi formulati dai singoli insegnanti in ordine al suo profitto nelle singole materie. In altre parole, l’interessata non nega che i voti dello scrutinio finale rispecchino fedelmente la sua preparazione nelle singole materie.
Quello che l’interessata contesta è solo il giudizio finale collegiale con il quale il consiglio di classe, preso atto delle quattro insufficienze e del mancato recupero di un “debito”, ha deciso di non accordare all’interessata una ulteriore promozione “a debito”, e, quindi, di respingerla.
3. Così chiariti i termini della controversia, il Collegio osserva che in presenza di quattro insufficienze, due delle quali gravi (voto quattro) e due meno gravi (voto cinque), la bocciatura era un esito praticamente scontato se non addirittura doveroso, anche secondo i larghi criteri in uso in quegli anni.
Rifacendosi alla normativa allora vigente, si ricorda che la materia era regolata dagli articoli 193 e 193- bis del testo unico della pubblica istruzione, come modificato (per la parte che qui interessa) dal decreto legge n. 253 del 1995, convertito in legge n. 345 del 1995.
Com'è noto, sino a quest'ultimo decreto legge vigeva l'antica e generale regola per cui veniva promosso alla classe superiore solo lo studente che avesse riportato la sufficienza in ogni singola materia, eventualmente anche in sede di esami "di riparazione". Il decreto legge n. 253/95 aveva poi abolito gli esami di riparazione consentendo al consiglio di classe di deliberare la promozione di uno studente anche se questi allo scrutinio finale fosse risultato insufficiente in una o più materie.
La disciplina legislativa è stata integrata (e, per quanto occorra, chiarita) dall'ordinanza ministeriale n. 90 del 2001, dettata proprio per gli scrutini dell’anno scolastico 2000-2001.
Il suo art. 13 concerneva gli scrutini finali nelle scuole medie superiori. Il comma 5 disponeva:
«Nei confronti degli alunni che presentino un'insufficienza non grave in una o più discipline, comunque non tale da determinare una carenza nella preparazione complessiva, il consiglio di classe, prima dell'approvazione dei voti, sulla base di parametri valutativi stabiliti preventivamente, procede ad una valutazione che tenga conto: a) della possibilità dell'alunno di raggiungere gli obiettivi formativi e di contenuto propri delle discipline interessate nei tempi e con le modalità stabilite dal consiglio di classe per accertare il superamento delle carenze formative riscontrate (debito formativo); b) della possibilità di seguire proficuamente il programma di studi nell'anno scolastico successivo (...)».
Come si vede, la c.d. promozione a debito non era in alcun caso un diritto dello studente, ma era subordinata all’apprezzamento discrezionale della prevedibilità che lo studente recuperasse il debito (vale a dire: riallineasse la sua preparazione alla sufficienza) nell’anno scolastico successivo. Ed invero, la stessa espressione “promozione a debito” alludeva, di per sé, all’obbligo dello studente di recuperare la sufficienza.
Una implicazione logica di questo sistema – anche se non sempre rigorosamente applicata – era che non si potesse reiterare per più anni consecutivi la promozione a debito in una stessa materia, in quanto il perdurare dell’insufficienza dimostra l’incapacità di colmare il debito e anzi l’aggravamento del debito stesso.
D’altra parte, l’ordinanza citata chiariva che l’ipotesi della promozione a debito poteva essere presa in considerazione, in quanto lo studente presentasse «un'insufficienza non grave in una o più discipline», dove per insufficienza “non grave” si deve intendere quella espressa con un voto non inferiore a cinque.
4. Se tutto questo è vero, ne consegue che nel caso in esame vi erano due distinte ragioni per cui, in applicazione dell’ordinanza ministeriale n. 90/2001, non si potesse procedere alla promozione a debito:
(a) vi erano ben due insufficienze gravi (voto quattro) accompagnate da altre due insufficienze non gravi (voto cinque);
(b) una delle insufficienze gravi riguardava una materia (greco) nella quale l’interessata era già stata promossa a debito e non aveva recuperato.
5. Peraltro, il giudizio del consiglio di classe appare compiutamente motivato.
Vi si legge, infatti: «Si analizza poi il caso dell’alunna D.D. la quale presenta insufficienze in latino (cinque), greco (quattro), fisica (cinque), lingua straniera (quattro). Il consiglio di classe, dopo ampia discussione, tenuto conto di tutti i fattori scolastici e non scolastici che possano comunque aver determinato tale situazione, vista la gravità delle insufficienze di latino e di greco che provengono da una media degli scritti pari a quattro per il latino e a tre per il greco;visto che l’alunna non ha superato il debito formativo relativo all’a.s. 1999-2000 per la disciplina di greco, non ha riscontrato la possibilità dell’alunna di raggiungere gli obiettivi formativi e di contenuto delle discipline interessate nel prossimo anno scolastico, e ne delibera pertanto la non promozione a maggioranza, con quattro voti a favore della promozione e sei voti a favore della non promozione».
Considerati i presupposti di fatto (non controversi) la correttezza della deliberazione appare indiscutibile.
6. Per quanto possa occorrere, si rileva che anche la pagella del primo quadrimestre registrava numerose e gravi insufficienze: due a latino scritto, quattro a greco scritto, cinque a matematica, cinque a fisica, quattro a inglese scritto.
Ciò dimostra che il risultato negativo a fine anno corrispondeva ad una continuità di rendimento gravemente lacunoso.
A fronte di queste evidenze, le argomentazioni difensive della ricorrente risultano ininfluenti e prive di ogni fondamento.
7. In conclusione, il ricorso va respinto. Le spese seguono la soccombenza.