TAR Roma, sez. I, sentenza 2014-08-20, n. 201409193
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N. 09193/2014 REG.PROV.COLL.
N. 09745/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9745 del 2006, proposto da:
Cassa Edile Artigiana e Industria – C.E.N.A.I., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dagli avv.ti P G e F T, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, largo Messico, 7;
contro
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona del Ministro in carica;
nei confronti di
La Cassa Edile della Provincia di Perugia, in persona del legale rappresentante
pro tempore
;
la CNCE - Commissione Nazionale Paritetica Per Le Casse Edili, in persona del legale rappresentante
pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano Vinti e Paola Chirulli, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Emilia, 88;
per l'annullamento
delle determinazioni contenute nella nota dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato prot. 29320/06 del 7/8/2006 con cui e' stato deliberato di non dar corso agli accertamenti previsti dal titolo I della l.n. 287/90 - 23/bis
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autorita' Garante Concorrenza e Mercato e di CNCE -Commissione Nazionale Paritetica per Le Casse Edili;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2014 il dott. V B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La Cassa Edile Artigiana e Industria – C.E.N.A.I., in data 25 maggio 2005, ha inviato una segnalazione all’autorità garante della concorrenza e del mercato per chiedere l’apertura di un procedimento volto ad accertare la violazione di disposizioni in materia di tutela della concorrenza e del mercato a carico dell’interessata commissione nazionale paritetica per le casse edili.
La ricorrente ha denunciato l’illegittimità delle intese raggiunte tra le casse edili, volte a limitare la concorrenza nel settore e lo sfruttamento abusivo della posizione dominante nel mercato dei servizi di certificazione della regolarità contributiva delle imprese operanti nel settore dell’edilizia e, in particolare, in quello riguardante l’emissione del documento unico di regolarità contributiva (DURC), previsto dalla legislazione in materia di appalti pubblici e privati.
La segnalazione è scaturita da un diniego emesso dal Ministero del Lavoro nei confronti della ricorrente, che aveva chiesto di prestare i servizi di certificazione forniti da altri enti operanti nel settore dell’edilizia e, in particolare, da quelli inutilizzati riconosciuti dalla commissione nazionale paritetica per le casse edili, costituita ai sensi dell’articolo 36 e susseguenti del codice civile, tra ANCE, Intersind, e i sindacati nazionali Feneal-UIL, Filca-CISL e Filea-CGIL.
L’Autorità garante della concorrenza nel mercato, con la nota prot. 29320/06 del 7/8/2006, ha archiviato la denuncia della ricorrente, ritenendo che non emergessero elementi di fatto e diritto sufficienti a dar corso a ulteriori accertamenti.
Avverso tale provvedimento di archiviazione ha proposto ricorso l’interessata deducendo i seguenti motivi:
violazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute nel titolo primo della legge 10 ottobre 1990, n. 287.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato non ha valutato i comportamenti denunciati dalla ricorrente da cui si evincerebbero distorsioni della concorrenza riguardante il rilascio delle certificazione in esame;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà e perplessità, carenza insufficienza ed errore della motivazione, violazione di legge, violazione falsa applicazione delle disposizioni contenute nelle direttive comunitarie 2004/17 e 2004/18.
Il provvedimento di archiviazione sarebbe del tutto generico non indicando le ragioni che hanno indotto l’autorità a non procedere nell’attività istruttoria richiesta.
L’autorità garante della concorrenza del mercato si è costituita in giudizio per resistere al ricorso.
Si è costituita altresì la Commissione nazionale paritetica delle casse edili chiedendo il rigetto del ricorso.
In vista dell’udienza pubblica le parti hanno presentato memorie ribadendo le rispettive tesi.
Alla pubblica udienza del 17 giugno 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato a va pertanto respinto.
La Cassa ricorrente ha impugnato la nota con la quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha archiviato la segnalazione della ricorrente volta ad ottenere un’istruttoria circa l’esistenza di intese restrittive della concorrenza nel settore del rilascio dei certificati di regolarità contributiva riguardanti le imprese edili.
Sostiene in particolare l’istante che l’Autorità avrebbe archiviato la denuncia senza indicarne le ragioni.
La tesi non merita adesione.
In via preliminare si osserva che, ai sensi dell’art. 12 della l. 287/1990, l’Autorità procede ad istruttoria, “ valutati gli elementi in suo possesso e quelli portati a sua conoscenza da pubbliche amministrazioni o da chiunque vi abbia interesse ”, e che il termine “v alutare ”, oltre ad implicare una prima delibazione sulla sussistenza delle presunte violazioni, non può che comportare una iniziale e minimale attività, anche istruttoria, diretta ad acquisire precisazioni relative alle segnalazioni pervenute al fine di verificare la sussistenza quanto meno di un fumus in ordine alle valutazioni da contestare, atteso che una diversa interpretazione condurrebbe all’irragionevole conseguenza di dover comunicare il formale avvio dell’istruttoria per ogni denuncia presentata, con il rischio della strumentalizzazione di tali esposti (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 30 agosto 2002, n. 4362).
Nello stesso senso la normativa comunitaria prevede che la Commissione, in caso di segnalazioni di infrazioni alla normativa antitrust, avvia un’indagine preliminare, in cui esercita ampi poteri istruttori ed all’esito della quale decide se archiviare il caso o iniziare una procedura formale con comunicazione degli addebiti alle imprese interessate, cui è garantito il diritto di difesa.
Il ricorso si incentra sul fatto che le casse edili aderenti alla CNCE abbiano raggiunto un’intesa volta a limitare la concorrenza nel settore, venendo in questo modo a sfruttare abusivamente la posizione dominante assunta nel mercato dei servizi di certificazione.
La tesi non può essere condivisa anche alla luce della recente giurisprudenza in materia.
Le norme che hanno introdotto la certificazione DURC hanno rimesso ad una convenzione che INPS e INAIL avrebbero dovuto stipulare con le casse edili aderenti al sistema della CNCE.
Seppure la legge non abbia di specificato i soggetti legittimati a sottoscrivere dalle convenzione e quindi a rilasciare i certificati in esame, tuttavia dal sistema normativo vigente in materia di enti bilaterali e dalle disposizioni in materia di rilascio delle dichiarazioni di regolarità contributiva possono evincersi conferenza dei biglietti azione dei soggetti abilitati a rilasciare il DURC.
Detto ciò il requisito principale che una Cassa Edile deve possedere al fine di poter rilasciare il DURC è quello di essere un Ente bilaterale secondo la definizione offerta dall’art. 2 lett. h) del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 stante il quale sono: “ enti bilaterali: organismi costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione di una occupazione regolare e di qualità;l'intermediazione nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro;la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda;la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati;la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito;la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva;lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro;ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento .”
Con la legge n. 296 del 2006, all’art. 1, comma 1176 (legge finanziaria del 2007) il legislatore ha stabilito che con decreto del Ministero del Lavoro dovevano essere definite le modalità di rilascio e i contenuti del DURC, sentiti l’INPS l’INAIL e le parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
In applicazione di tale disposizione è stato adottato il decreto pubblicato in data 24 ottobre 2007 che all’art. 2, comma 4, fa riferimento ancora una volta agli enti bilaterali, costituiti da una o più associazioni dei datori o dei prestatori di lavoro stipulanti il contratto collettivo nazionale che siano per ciascuna parte “ comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ”.
Premesso ciò la controinteressata CNCE risulta in possesso dei requisiti necessari previsti per il rilascio della certificazione di regolarità contributiva, a differenza della ricorrente che non è stata riconosciuta idonea a rilasciare le medesime certificazioni (cfr. da ultimo la sentenza di questo TAR, Sez. III bis, n. 5004/2014).
La tutela della concorrenza e del mercato, alla quale è preordinata la normativa di cui alla legge 287/1990 e l’attività istituzionale dell’AGCM, è finalizzata a garantire la libertà del mercato e evitare che intese tra operatori possano determinare lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante, sotto tale profilo non può assumere rilievo la circostanza che un soggetto sia stato escluso dalla attività di certificazione, alla quale invece sono state ammesse le controinteressate in possesso dei requisiti previsti dall’ordinamento in assenza di ulteriori e più pregnanti rilievi.
Pertanto, appare corretta la avversata determinazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato che in relazione ai “ profili di violazione della legge 287/1990 - e segnatamente la supposta esistenza di un’intesa nonché di un abuso di posizione dominante collettiva in capo ad alcune casse edili” ha affermato che “ questi risultano generici e privi degli opportuni supporti probatori ”.
Peraltro l’eventuale commissione di atti di concorrenza sleale può essere eccepita innanzi al competente giudice civile che, ex art. 2599 cod. civ., può inibirne la continuazione.
Ne consegue che nel caso di specie si è al di fuori delle competenze attribuite all’Autorità dalla legge 287/1990.
Il diniego dell’Autorità, pertanto, indica adeguatamente i motivi per i quali si è ritenuto di non procedere ad ulteriori approfondimenti istruttori, sia in relazione alla questione dell’impossibilità della ricorrente di certificare la regolarità contributiva, sia in relazione agli aspetti della dedotta violazione della legge 287/1990.
Peraltro, al riguardo giova osservare che l’avvio di un procedimento istruttorio rientra nei poteri discrezionali dell’Autorità, che deve valutare se gli elementi prodotti configurino la sussistenza di condotte che possono avere un rilievo nell’ambito del sistema della concorrenza.
Nell’esercizio di tale discrezionalità l’Autorità garante non è tenuta ad approfondire ogni punto della segnalazione di illecito, essendo sufficiente che esamini complessivamente i temi posti alla sua attenzione, cogliendone le linee essenziali.
L’Autorità, infatti, si muove in un ambito diverso da quello dell’indagine penale, retta dal principio costituzionale della obbligatorietà dell’azione, per cui ad ogni segnalazione non deve necessariamente conseguire l’avvio di una approfondita attività istruttoria, ma un vaglio preliminare - condotto anche in modo sintetico - da cui scaturirà l’archiviazione o l’avvio di un’indagine più complessa.
Il diniego dell’Autorità indica adeguatamente i motivi per i quali si è ritenuto di non procedere ad ulteriori approfondimenti istruttori, sia in relazione alla questione dell’impossibilità della ricorrente di certificare la regolarità contributiva, sia in relazione agli aspetti della dedotta violazione della legge 287/1990.
In conclusione il ricorso deve essere respinto.
Sussistono tuttavia giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio ed onorari tra le parti, atteso il susseguirsi di diverse disposizioni (del resto non ancora giunto a termine, come evidenziato nella memoria depositata dall’avvocatura dello Stato in vista dell’udienza di merito), volte a fornire una disciplina chiara e definitiva del rilascio delle certificazioni DURC.