TAR Potenza, sez. I, sentenza 2010-12-20, n. 201001149
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 01149/2010 REG.SEN.
N. 00486/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 486 del 2006, proposto dalla società Beni S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti N M e R V, come da mandato a margine del ricorso, con domicilio eletto in Potenza Vico Scalea n. 10 presso lo studio legale dell’Avv. R F;
contro
Comune di Matera, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. E O, come da mandato in calce alla copia notificata del ricorso introduttivo del giudizio ed in virtù della Del. G.M. n. 84 del 5.3.2007, con domicilio eletto in Potenza presso la Segreteria di questo Tribunale;
nei confronti di
Sig. Donvito Leonardo, non costituito in giudizio;
per l'annullamento:
-dell’Ordinanza Dirigente Ufficio Controllo Edilizio Comune di Matera n. 252 del 21.7.2006, con la quale è stato annullato il per-messo di costruire rilasciato alla società ricorrente il 20.9.2004;
-della Del. G.M. n. 287 del 13.7.2006 e della sottostante relazione del Responsabile dell’Ufficio Controllo Edilizio;
nonché in via subordinata per l’accertamento
del diritto ad ottenere la riduzione della prestazione, prevista dalla società ricorrente a carico della società ricorrente nel contratto del 22.5.2003;
Visti il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Matera;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2010 il dott. P M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
-Nell’anno 1975 veniva approvato il Piano Regolatore del Comune resistente (cd. Piano Piccinato): successivamente con Del. C.C. n. 1 del 23.2.2000 il Comune resistente adottava la variante generale al P.R.G. (cd. Piano Nigro), ma tale variante, oltre a non essere pre-sentata per l’approvazione entro un anno dalla scadenza del termine di pubblicazione della citata Delibera di adozione n. 1/2000, non veniva più approvata dalla Regione Basilicata, per cui le relative misure di salvaguardia decadevano il 22.3.2003 (al riguardo va evi-denziato che mentre il PRG approvato nel 1975 disciplina l’attività edificatoria sulla base della volumetria, la variante generale adottata il 23.2.2000 utilizza il diverso criterio della superficie lorda massi-ma, cioè prevede un indice di utilizzazione edilizia che impone un limite di superficie utilizzabile per ogni mq. edificato);
-con Del. C.C. n. 242 del 30.12.1991 il Comune resistente aveva già approvato il Piano di Lottizzazione denominato, “Centro Servizi di Quartiere Via dei Normanni”, composto dai seguenti 8 lotti de-stinati ad interventi di edilizia privata: B1, B2, B3, B4, B5, C1, C2 e C3;
-tale Piano veniva nuovamente approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002 (cioè quando le misure di salvaguardia ex L. n. 1902/1952 del cd. Piano Nigro erano ancora efficaci), al fine di a-deguarlo alla nuova perimetrazione di comparto prevista dalla Va-riante generale adottata il 23.2.2000 (l’area destinata al Piano di Lottizzazione, denominato “Centro Servizi di Quartiere Via dei Normanni”, aumentava da 20.823 mq. a 51.200 mq.);tale Piano di Lottizzazione (composto dalla Relazione esplicativa, dalle Norme Tecniche di Attuazione, dallo schema di convenzione e da 12 Tavo-le grafiche): 1) nella Relazione esplicativa faceva riferimento alle misure di salvaguardia relative alle previsioni della Variante genera-le al P.R.G. adottata con Del. C.C. n. 1 del 23.2.2000 e perciò sia al parametro della volumetria massima di 41.646 mc. che al para-metro della superficie lorda massima quantificata in 10.240 mq. (per cui veniva considerato equivalente il carico urbanistico compu-tato in 10.240 mq. e quello computato nella volumetria di 41.646 mc.);2) le Norme Tecniche di Attuazione prevedevano che: a) l’edificazione nelle aree comprese nel predetto Piano di Lottizza-zione era “soggetta alle norme riportate nei seguenti articoli e, per quanto non contemplato in esse, alle vigenti disposizioni del Rego-lamento Edilizio e delle Norme Tecniche di Attuazione della varian-te generale al P.R.G. (Nigro 2000)” (cfr. art. 1);b) costituivano “specificazione normativa” del Piano di Lottizzazione in esame le tavole nn. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, e 12, le Norme Tecniche di Attuazione e lo schema di Convenzione (cfr. art. 2), mentre costituivano “spe-cificazione esemplificativa” del Piano di Lottizzazione in commento le tavole nn. 8, 9, 10 e 11 e la Relazione esplicativa (cfr. art. 3);c) le costruzioni non dovevano “superare per i singoli lotti i volumi complessivi riportati nella Tavola n. 5” (tale Tavola individuava per ciascun lotto e per ciascun proprietario le volumetrie da realizzare, prevedendo un totale di 41.646 mc. per l’intera lottizzazione;inol-tre, nella Tavola n. 12 veniva previsto l’ingombro volumetrico per ogni singolo lotto) (cfr. art. 6, 1° capoverso);d) le sagome altime-triche, indicate nelle tavole nn. 5 e 6, potevano essere suscettibili di variazioni “per la necessaria trasposizione dei parametri urbanistici alla scala edilizia dei singoli progetti esecutivi”, “fermi restando i volumi ammessi ed il numero massimo dei piani fuori terra” (cfr. art. 6, 3° capoverso);e) “le sagome altimetriche (profili) indicati nella Tavola n. 7” costituivano “specificazione esemplificativa e, comparto per comparto”, potevano “essere variate in sede di elabo-razione del relativo progetto unitario, ferme restando le prescrizioni degli altri punti del presente articolo” (cfr. art. 6, 5° capoverso);f) “l’altezza massima complessiva dei fabbricati, misurata secondo i criteri definiti dall’art. 33 delle N.T.A.” del P.R.G. (cd. Piano Pic-cinato) approvato nel 1975 “non” poteva “mai superare l’altezza to-tale (Htot) indicata nella Tavola n. 7” (cfr. art. 6, 6° capoverso);g) la destinazione d’uso della volumetria di ciascun comparto doveva “di norma” essere ripartita “per il 15% a scopo residenziale, per il 45% a scopo commerciale e per il 40% ad uffici”, destinando il “piano terra e/o seminterrato a scopo commerciale”, il “primo piano e/o piano rialzato a scopo commerciale e/o direzionale” ed i “piani superiori a scopo residenziale e/o direzionale”, con la puntualizza-zione che: sarebbe stata “consentita una diversa destinazione delle volumetrie solo se” comportava un “aumento delle utilizzazioni a scopo commerciale e/o direzionale”, cioè sarebbero stati “ammissi-bili edifici a destinazione esclusivamente commerciale e/o direzio-nale (alberghi, uffici, ecc.)”;potevano “ammettersi localmente per-centuali maggiori di utilizzazione residenziale solo nel caso si” fos-se verificata “in altri comparti una più alta percentuale di utilizza-zione commerciale o direzionale” (cfr. art. 8);3) lo schema di con-venzione urbanistica: a) all’art. 1 richiamava espressamente la Re-lazione esplicativa, le Norme Tecniche di Attuazione e le 12 Tavole di cui si componeva il suddetto Piano di Lottizzazione, denominato “Centro Servizi di Quartiere Via dei Normanni”, specificando che dovevano essere considerate “parte integrante della presente con-venzione”;b) prevedeva all’art. 2 “si dà atto che globalmente la su-perficie interessata dal Piano di Lottizzazione è di 51.200 mq. con una cubatura di 41.646 mc.”;mentre l’art. 3 precisava che “il ri-spetto della volumetria massima assegnata, del numero massimo dei piani fuori terra, delle distanze tra edifici ed edifici, nonché tra edi-fici e strade” erano inderogabili;
-in data 20.2.2003 (cioè quando le misure di salvaguardia ex L. n. 1902/1952 del cd. Piano Nigro erano ancora efficaci) veniva stipu-lata tra i lottizzanti ed il Comune resistente la convenzione urbani-stica, secondo lo schema approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002;
-in data 22.5.2003 (cioè quando le misure di salvaguardia ex L. n. 1902/1952 del cd. Piano Nigro non erano più efficaci) veniva sotto-scritto l’atto di ridistribuzione delle aree ricadenti nel predetto Pia-no di Lottizzazione, il quale reiterava i primi tre articoli dello sche-ma di convenzione, allegato al Piano di lottizzazione di cui è causa;
-nella medesima data del 22.5.2003 il Comune resistente cedeva al-la società ricorrente i terreni di proprietà comunale, pari a 714/1000 del lotto B3 ed a 772/1000 del lotto B4, in cambio dell’impegno della società ricorrente di realizzare le seguenti opere di urbanizza-zione: la strada prevista dal PRG (cd. Piano Nigro), adottato con Del. C.C. n. 1 del 23.2.2000;il mercato rionale;e la piazza-teatro con i relativi volumi interrati;
-in data 25.11.2003 (cioè quando le misure di salvaguardia ex L. n. 1902/1952 del cd. Piano Nigro non erano più efficaci) i lottizzanti trasmettevano al Comune il progetto unitario, previsto dall’art. 9 delle Norme Tecniche di Attuazione, relativo a tutti i lotti inclusi del Piano di Lottizzazione, progetto unitario che otteneva il parere favorevole della Conferenza di valutazione nella seduta del 30.1.2004;
-la società ricorrente, nella qualità di proprietaria dei terreni, corri-spondenti al lotto B3, in data 20.5.2004 chiedeva il rilascio del permesso di costruire il fabbricato, da realizzare sul lotto B3;
-tale istanza, dopo aver ottenuto il data 29.3.2004 il nulla osta dall’AUSL ed in data 11.5.2004 il parere favorevole dei Vigili del Fuoco, veniva accolta con il rilascio del permesso di costruire prot. n. 26933 del 20.9.2004 (cioè quando le misure di salvaguardia ex L. n. 1902/1952 del cd. Piano Nigro non erano più efficaci);con tale provvedimento veniva puntualizzato che: 1) con Del. G.M. n. 59 del 7.3.2001 il Comune ai sensi dell’art. 96 D.Lg.vo n. 267/2000 aveva abolito la Commissione Edilizia;2) l’inizio dei lavori era su-bordinato al preventivo parere dell’Ufficio comunale Viabilità, Traffico e Verde;3) gli oneri di urbanizzazione secondaria veniva-no determinati in 79.786,13 €, mentre il costo di costruzione veniva quantificato in 114.927,10 €);
-in data 1.3.2006 riceva la notifica dell’Ordinanza n. 60 del 24.2.2006, con la quale il Dirigente Ufficio Controllo Edilizio del Comune resistente, dopo aver fatto presente che il Piano di Lottiz-zazione approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002 prevedeva che i fabbricati dovevano rispettare la duplice condizione della vo-lumetria massima consentita di 41.646 mc. e della superficie lorda massima di 10.240 mq., ai sensi dell’art. 21 quater L. n. 241/1990 sospendeva per 90 giorni l’efficacia del permesso di costruire rila-sciato il 20.9.2004 (e conseguentemente intimava la sospensione dei relativi lavori di costruzione), al fine di definire, previa istrutto-ria, “quanto emerso nella Conferenza di valutazione del 20.2.2006”;cioè che il costruendo fabbricato: 1) rispettava solo la condizione della volumetria massima consentita, ma superava il limite di super-ficie utile lorda, stabilito dalla Variante generale al P.R.G. adottata il 23.2.2000;2) presentava un numero di livelli superiore a quello definito dalla Tavola n. 7 (Profili e Sezioni) del Piano di Lottizza-zione;tale Ordinanza specificava espressamente che aveva anche il valore di comunicazione ex artt. 7 e 8 L. n. 241/1990 di avvio del procedimento, finalizzato all’annullamento in autotutela del per-messo di costruire rilasciato il 20.9.2004, per cui veniva concesso ai ricorrenti il termine di 10 giorni per presentare documenti e os-servazioni o memorie (in data 10.3.2006 la società ricorrente pre-sentava al Comune resistente un’ampia memoria);
-tale Ordinanza n. 60 del 24.2.2006 è stata impugnata è stata impu-gnata dai ricorrenti dinanzi a questo Tribunale con il Ric. n. 256/2006, pure chiamato nella medesima Udienza Pubblica dell’8.4.2009;
-con Ordinanza n. 182 del 26.5.2006 (notificata alla società ricor-renti il 29.5.2006) il Responsabile dell’Ufficio Controllo Edilizio del Comune resistente, dopo aver richiamato il parere legale del Prof. P M (docente di Diritto Urbanistico ed Ammini-strativo presso il Politecnico di Milano), ha prorogato la sospensio-ne dell’efficacia del permesso di costruire n. prot. n. 26933 del 20.9.2004, essendo stata ravvisata “la necessità di compiere un’ulteriore attività istruttoria, volta a verificare la sussistenza di strumenti alternativi all’annullamento d’ufficio, tali da consentire l’utile perseguimento dell’interesse pubblico, senza particolare pre-giudizio degli interessi privati”;
-tale Ordinanza n. 182 del 26.5.2006 è stata impugnata dai ricorren-ti dinanzi a questo Tribunale con atto di motivi aggiunti (notificato il 28.7.2006) nell’ambito del giudizio attivato con il predetto Ric. n. 256/2006, chiamato nella medesima Udienza Pubblica dell’8.4.2009;
-con Del. G.M. n. 287 del 13.7.2006 il Comune resistente prendeva atto delle indicazioni emerse nei pareri legali e nella relazione del Responsabile dell’Ufficio Controllo Edilizio, cioè che: 1) il permes-so di costruire, rilasciato alla società ricorrente, era illegittimo, in quanto: a) era stato superato il limite del parametro della superficie lorda massima;b) era stato superato il numero dei piani previsto dalla tavola n. 7;c) erano state alterate le percentuali delle destina-zioni d’uso, stabilite dall’art. 8 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione in esame;2) poichè la società ricorrente non aveva avviato alcuna attività di edificazione, poteva essere e-manato il provvedimento di annullamento del permesso di costruire rilasciato alla società ricorrente;
-con Ordinanza n. 252 del 21.7.2006 (notificata ai ricorrenti nella stessa giornata del 21.7.2006) il Responsabile dell’Ufficio Control-lo Edilizio del Comune resistente: 1) dichiarava illegittimo il per-messo di costruire, rilasciato alla società ricorrente, in quanto: a) era stato superato il limite del parametro della superficie lorda mas-sima;b) era stato superato il numero dei piani previsto dalla tavola n. 7;c) erano state alterate le percentuali delle destinazioni d’uso, stabilite dall’art. 8 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione in esame;2) emanava il provvedimento di annulla-mento del permesso di costruire rilasciato alla società ricorrente, poiché la società ricorrente non aveva non aveva avviato alcuna at-tività di edificazione;
-tale Ordinanza n. 252 del 21.7.2006, unitamente alla Del. G.M. n. 287 del 13.7.2006 ed alla sottostante relazione del Responsabile dell’Ufficio Controllo Edilizio, è stata impugnata con il presente ri-corso (notificato il 27/30.10.2006), deducendo la violazione degli artt. 1, 2, 3, 6 e 8 delle Norme Tecniche di Attuazione e delle Tavo-le nn. 5, 7 e 12 del Piano di Lottizzazione approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002, degli artt. 2 e 3 della convenzione urbanistica stipulata il 20.2.2003 e dell’atto di ridistribuzione delle aree rica-denti nel predetto Piano di Lottizzazione del 22.5.2003, del contrat-to di cessione stipulato il 22.5.2003 tra il Comune resistente e la società ricorrente, degli artt. 1362, 1363 e 1366 C.C., dell’art. 12, comma 3, DPR n. 380/2001, degli artt. 10 e 21 nonies L. n. 241/1990, dell’art. 97 della Costituzione, del principio di buon an-damento, del principio che vieta la disapplicazione dei provvedi-menti amministrativi validi ed efficaci, del principio del contrarius actus, l’incompetenza, l’eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti manifestazioni di volontà dell’Amministrazione, erroneo apprezzamento dei presupposti di fatto e di diritto, difetto di istrut-toria, sviamento dalla causa tipica, difetto di motivazione e travisa-mento, malgoverno dei presupposti di fatto e di diritto ed omessa ponderazione degli interessi pubblici e privati incisi (con tale ricor-so la società ricorrente ha anche chiesto in via subordinata l’accertamento del diritto ad ottenere la riduzione della prestazione, prevista dalla società ricorrente a carico della società ricorrente nel contratto del 22.5.2003);
-si è costituito in giudizio il Comune di Matera, il quale ha sostenu-to l’infondatezza del ricorso;
-nella Camera di Consiglio del 20.12.2006 il difensore dei ricorrenti rinunciava all’istanza di provvedimento cautelare e chiedeva l’abbinamento al merito;
-all’Udienza Pubblica dell’8.4.2009 il difensore dei ricorrenti chie-deva la cancellazione della causa dal ruolo ed in data 2.4.2010 ve-niva nuovamente presentata l’istanza di fissazione dell’Udienza Pubblica;
-con istanza del 3/18.6.2010 il difensore dei ricorrenti chiedeva che il presente ricorso fosse dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in quanto con Determinazione n. 38 del 7.4.2010 il Dirigente del Settore Urbanistica del Comune di Matera, dopo aver richiamato le plurime decisioni del Tribunale Penale di Riesame di Matera sulla vicenda in esame e da ultimo la decisione n. 26586 del 26.6.2009 emessa dalla III^ Sez. Penale della Corte di Cassazione, aveva annullato le precedenti Determinazioni n. 250 e n. 252 del 21.7.2006.
All’Udienza Pubblica del 2.12.2010 il difensore dei ricorrenti ha confermato l’istanza di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse;indi il ricorso in epigrafe passava in decisione.
DIRITTO
Ciò stante, al Collegio non rimane null’altro che dichiarare l’improcedibilità del ricorso in esame, per sopravvenuta carenza di interesse.
Comunque, il Comune di Matera non può essere condannato al pa-gamento delle spese di giudizio anche con riferimento al Contributo Unificato ex art. 13 DPR n. 115/2002, in quanto il presente ricorso risultava infondato.
Con il primo motivo di impugnazione la società ricorre ha dedotto la violazione del principio che vieta la disapplicazione dei provve-dimenti amministrativi validi ed efficaci, del principio del contrarius actus, l’incompetenza e l’eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti manifestazioni di volontà dell’Amministrazione, in quanto la Conferenza di valutazione nella seduta del 30.1.2004 a-veva espresso parere favorevole sul progetto unitario ex art. 9 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione in esame e nella seduta del 29.7.2004 aveva espresso parere favorevole al ri-lascio del permesso di costruire in favore dei ricorrenti, per cui l’impugnata Ordinanza n. 252 del 21.7.2006 risultava illegittima, poiché: 1) non aveva annullato il progetto unitario ex art. 9 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione di cui è causa;2) tale Ordinanza era stata emanata dal Responsabile dell’Ufficio Controllo Edilizio del Comune di Matera, senza l’acquisizione del parere della Conferenza di valutazione.
Tali censure non potevano essere accolte, attesocchè: 1) il progetto unitario, previsto dall’art. 9 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione in commento, presentato in data 25.11.2003 da tutti i lottizzanti trasmettevano al Comune con riferimento a tutti i lotti inclusi del Piano di Lottizzazione, costituiva comunque un at-to endoprocedimentale di un unico procedimento amministrativo, che si concludeva con il rilascio del permesso di costruire, per cui, tenuto conto della sua natura di atto endoprocedimentale, non risul-tava necessario un suo annullamento espresso, mentre risultava suf-ficiente che tale annullamento poteva desumersi implicitamente dall’annullamento del permesso di costruire, cioè del provvedimen-to conclusivo dell’intero procedimento (al riguardo va evidenziato che ormai da lungo tempo sia la Dottrina che la Giurisprudenza ri-conoscono nell’ambito del Diritto Amministrativo la fattispecie dell’atto amministrativo implicito, quando l’emanazione di un atto presuppone in defettibilmente l’annullamento implicito di un prece-dente atto amministrativo, tanto più se tali atti sono stati adottati nell’ambito dello stesso procedimento, come nella fattispecie in e-same dove l’annullamento del permesso di costruire presuppone necessariamente anche l’implicito annullamento della positiva valu-tazione del predetto progetto unitario ex art. 9 delle Norme Tecni-che di Attuazione del Piano di Lottizzazione di cui è causa);2) dal-la prima Ordinanza n. 60 del 24.2.2006 ex art. 21 quater L. n. 241/1990 di sospensione per 90 giorni dell’efficacia del permesso di costruire risultava che la Conferenza di valutazione nella seduta del 20.2.2006 aveva già espresso un parere, ritenendo che il per-messo di costruire, rilasciato ai ricorrenti il 20.9.2004 risultava ille-gittimo, in quanto: a) rispettava solo la condizione della volumetria massima consentita, ma superava il limite di superficie utile lorda, stabilito dalla Variante generale al P.R.G. adottata il 23.2.2000;b) presentava un numero di livelli superiore a quello definito dalla Ta-vola n. 7 (Profili e Sezioni) del Piano di Lottizzazione;c) per cui si rendeva necessario valutare, se ricorrevano i presupposti per l’emanazione del provvedimento di annullamento in autotutela del permesso di costruire rilasciato il 27.8.2004;3) comunque, nella specie, il Comune resistente con l’impugnata Ordinanza n. 252 del 21.7.2006 non aveva annullato il permesso di costruire, rilasciato ai ricorrenti il 27.8.2004, ma lo aveva solo dichiarato illegittimo, per cui i ricorrenti non avevano interesse a dedurre le suddette censure.
Con il secondo motivo di impugnazione la società ricorre ha dedot-to la violazione degli artt. 1, 2, 3 e 6, 1° capoverso, delle Norme Tecniche di Attuazione e delle Tavole nn. 5 e 12 del Piano di Lot-tizzazione approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002, degli artt. 2 e 3 della convenzione urbanistica stipulata il 20.2.2003 e dell’atto di ridistribuzione delle aree ricadenti nel predetto Piano di Lottizza-zione del 22.5.2003, degli artt. 1362, 1363 e 1366 C.C., del princi-pio che vieta la disapplicazione dei provvedimenti amministrativi validi ed efficaci, l’eccesso di potere per contraddittorietà con pre-cedenti manifestazioni di volontà dell’Amministrazione, erroneo apprezzamento dei presupposti di fatto e di diritto e difetto di istrut-toria, in quanto: 1) nessuna norma del Piano di Lottizzazione deno-minato, “Centro Servizi di Quartiere Via dei Normanni”, approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002, aveva imposto in modo chiaro ed esplicito il rispetto del parametro della superficie lorda massima (cioè un indice di utilizzazione edilizia che impone un limite di su-perficie utilizzabile per ogni mq. edificato), previsto dalla variante generale al P.R.G. (cd. Piano Nigro), adottata con Del. C.C. n. 1 del 23.2.2000 (e la previsione di tale esplicita ed univoca previsione risultava necessaria, poiché essa costituiva una deroga al principio della durata limitata delle misure di salvaguardia e tenuto conto del-la circostanza che i permessi di costruire erano stati rilasciato, quando le misure di salvaguardia erano già decadute);2) gli artt. 1, 2, 3 e 6, 1° capoverso, delle Norme Tecniche di Attuazione e le Ta-vole nn. 5 e 12 del Piano di Lottizzazione e gli artt. 2 e 3 della con-venzione urbanistica stipulata il 20.2.2003 e dell’atto di ridistribu-zione delle aree ricadenti nel predetto Piano di Lottizzazione del 22.5.2003 facevano esclusivo riferimento alla volumetria massima consentita;3) comunque, l’art. 1 delle Norme Tecniche di Attua-zione del Piano di Lottizzazione doveva essere interpretato secondo i criteri previsti dagli artt. 1362, 1363 e 1366 C.C.;4) la Relazione esplicativa del Piano di Lottizzazione era un atto privo di alcuna va-lenza precettiva o portata normativa e pertanto avevano i relativi conteggi in essa contenuti avevano mero valore esemplificativo;5) in ogni caso, l’art. 1 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione doveva essere interpretato nel senso che: a) l’unico parametro applicabile era quello della volumetria massima consenti-ta;b) il diverso parametro della superficie lorda massima poteva es-sere applicato soltanto dopo l’approvazione del PRG (cd. Piano Ni-gro) oppure se le relative misure di salvaguardia di quest’ultimo PRG erano ancora vigenti al momento della presentazione del pro-getto unitario ex art. 9 delle Norme Tecniche di Attuazione e/o del rilascio del permesso di costruire.
Tali censure risultavano destituite di fondamento, attesocchè: 1) l’art. 1 delle Norme Tecniche di Attuazione statuiva che l’edificazione nelle aree comprese del predetto Piano di Lottizza-zione denominato, “Centro Servizi di Quartiere Via dei Normanni”, era “soggetta alle norme riportate nei seguenti articoli e, per quanto non contemplato in esse, alle vigenti disposizioni del Regolamento Edilizio e delle Norme Tecniche di Attuazione della variante gene-rale al P.R.G. (Nigro 2000)”, per cui, tenuto conto che ai sensi del successivo art. 2 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione in esame tali Norme Tecniche costituivano “specifi-cazione normativa” del Piano di Lottizzazione, deve ritenersi che tale Piano di Lottizzazione (“per quanto non contemplato” nelle Norme Tecniche di Attuazione dello stesso Piano di Lottizzazione) ha fatto proprie le Norme Tecniche di Attuazione della variante ge-nerale al P.R.G. (cd. Piano Nigro 2000), adottato con Del. C.C. n. 1 del 23.2.2000, e perciò anche il criterio della superficie lorda mas-sima (cioè un indice di utilizzazione edilizia che impone un limite di superficie utilizzabile per ogni mq. edificato), per cui non poteva condividersi la tesi sostenuta dai ricorrenti, secondo cui l’unico cri-terio al quale era soggetta l’attività edificatoria del Piano di Lottiz-zazione di cui è causa era quello della volumetria;2) pertanto, il ri-ferimento alle misure di salvaguardia della Variante generale al P.R.G. adottata con Del. C.C. n. 1 del 23.2.2000 e perciò sia al pa-rametro della volumetria massima di 41.646 mc. che al parametro della superficie lorda massima quantificata in 10.240 mq. (per cui veniva considerato equivalente il carico urbanistico computato in 10.240 mq. e quello computato nella volumetria di 41.646 mc.), contenuto nella Relazione esplicativa del Piano di Lottizzazione in esame, costituiva una mera precisazione e/o puntualizzazione del suddetto art. 1 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione di cui è causa, coerentemente al suo valore di “speci-ficazione esemplificativa”, previsto dall’art. 3 delle Norme Tecni-che di Attuazione del Piano di Lottizzazione in esame;3) conse-guentemente l’esclusivo riferimento, contenuto negli artt. 2 e 3 della convenzione urbanistica stipulata il 20.2.2003 (anche questo atto ri-sulta compreso tra quelli indicati dall’art. 2 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione di cui è causa, cioè tra gli atti aventi valore di “specificazione normativa”) e dell’atto di ridi-stribuzione delle aree ricadenti nel predetto Piano di Lottizzazione del 22.5.2003, alla superficie globale (51.200 mq.) ed alla volume-tria massima consentita (41.646 mc.) non risultava decisivo, in quanto l’art. 1 degli stessi schema di convenzione ed atto di ridistri-buzione delle aree richiama espressamente la Relazione esplicativa, le Norme Tecniche di Attuazione e le 12 Tavole di cui si compone-va il suddetto Piano di Lottizzazione, denominato “Centro Servizi di Quartiere Via dei Normanni”, specificando che dovevano essere considerate “parte integrante della presente convenzione”;4) a ri-prova di ciò va evidenziato che: a) il 3° ed il 5° capoverso del’art. 6 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione in commento statuivano l’inderogabilità del numero massimo dei piani fuori terra, previsto dalla tavola n. 7 (anche tale elaborato ai sensi dell’art. 2 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottiz-zazione di cui è causa costituisce “specificazione normativa”);b) l’art. 8 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizza-zione in esame prescriveva che: la destinazione d’uso della volume-tria di ciascun comparto doveva “di norma” essere ripartita “per il 15% a scopo residenziale, per il 45% a scopo commerciale e per il 40% ad uffici”, destinando il “piano terra e/o seminterrato a scopo commerciale”, il “primo piano e/o piano rialzato a scopo commer-ciale e/o direzionale” ed i “piani superiori a scopo residenziale e/o direzionale”, con la puntualizzazione che: sarebbe stata “consentita una diversa destinazione delle volumetrie solo se” comportava un “aumento delle utilizzazioni a scopo commerciale e/o direzionale”, cioè sarebbero stati “ammissibili edifici a destinazione esclusiva-mente commerciale e/o direzionale (alberghi, uffici, ecc.)”;poteva-no “ammettersi localmente percentuali maggiori di utilizzazione re-sidenziale solo nel caso si” fosse verificata “in altri comparti una più alta percentuale di utilizzazione commerciale o direzionale”;c) pertanto, se si tiene conto delle diverse altezze prescritte a secondo della destinazione dei locali (altezza di 5,50 m. per le destinazioni commerciali;altezza di 3,80 m. per le destinazioni direzionali;e al-tezza di 3,10 m. per le destinazioni residenziali), parametro anch’esso indicato nella tavola n. 7 avente valore di “specificazione normativa” (ai sensi del precedente art. 2 delle Norme Tecniche di Attuazione), si ottiene l’equivalenza tra il parametro della volume-tria massima di 41.646 mc. (previsto dal PRG, cd. Piano Piccinato, approvato nel 1975) ed il parametro della superficie lorda massima quantificata in 10.240 mq. (previsto dal PRG, cd. Piano Nigro, a-dottato con Del. C.C. n. 1 del 23.2.2000);confermano tale circo-stanza i conteggi, contenuti nella Relazione esplicativa del Piano di Lottizzazione in esame, che dimostrano la coerenza sistematica de-gli artt. 1, 2, 6, 3° e 5° capoverso, e 8 delle Norme Tecniche di At-tuazione del Piano di Lottizzazione in commento, coerentemente al suo valore di “specificazione esemplificativa”, previsto dall’art. 3 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione in esame;5) non sussisteva la violazione degli artt. 1362 1363 e 1366 C.C., in quanto, pur prescindendo dall’applicabilità complessiva degli artt. 1362-1371 C.C. nell’ambito del Diritto Amministrativo: a) l’art. 1362 C.C., nella parte in cui statuisce che i contratti vano interpretati, indagando la comune intenzione delle parti e valutando il comportamento complessivo dei contraenti anche posteriore alla conclusione del contratto, certamente non può trovare applicazione nell’ambito del Diritto Amministrativo, poiché tale disposto norma-tivo non consentirebbe mai il successivo annullamento degli atti amministrativi emanati illegittimamente e perciò risulta in palese contrasto con il fondamentale principio del potere di autotutela amministrativa, cioè con l’esercizio da parte di tutte le Pubbliche Amministrazioni di un ineliminabile potere intrinsecamente conna-turato ad esse;b) nella specie non è stato violato l’art. 1363 C.C., poiché, come sopra detto, proprio dall’interpretazione sistematica degli artt. 1, 2, 6, 3° e 5° capoverso, e 8 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione si desume agevolmente l’applicabilità del parametro della superficie lorda massima;c) con-seguentemente, non poteva ritenersi violato anche il principio di buona fede ex art. 1366 C.C., poiché ai sensi dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990 il corretto esercizio del potere di annullamento degli at-ti amministrativi illegittimi implica anche la valutazione degli inte-ressi dei destinatari di tali atti amministrativi illegittimi e perciò an-che la loro buona fede ed il tempo decorso, da comparare con l’interesse pubblico specifico, diverso dal mero ripristino della lega-lità violata;6) infine, va precisato che l’art. 1 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione richiama il parametro della superficie lorda massima, prescindendo dalle circostanze che il PRG (cd. Piano Nigro) era ancora in itinere o che le misure di sal-vaguardia di nuovo PRG potesse decadere.
Con il terzo motivo di impugnazione la società ricorre ha dedotto la violazione dell’art. 2 della convenzione urbanistica stipulata il 20.2.2003, l’incompetenza e l’eccesso di potere per sviamento della causa tipica, in quanto l’esclusiva previsione del parametro della volumetria massima consentita, contenuto in tali disposizioni, non poteva essere derogato con l’Ordinanza impugnata dal Responsabi-le dell’Ufficio Controllo Edilizio del Comune resistente, ma poteva essere modificato soltanto dal Consiglio Comunale.
Tale censura non coglieva nel segno, attesocchè con l’impugnata Ordinanza n. 254 del 21.7.2006 non è stato modificato lo schema di convenzione urbanistica, cioè un atto che ai sensi dell’art. 42, comma 2, lett. b), D.Lg.vo n. 267/2000 compete al Consiglio Co-munale.
Con il quarto motivo di impugnazione la società ricorre ha dedotto la violazione dell’art. 6, 5° capoverso, delle Norme Tecniche di At-tuazione del Piano di Lottizzazione approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002, l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di mo-tivazione, travisamento e malgoverno dei presupposti di fatto e di diritto, in quanto la predetta norma prevedeva la possibilità di dero-gare alla tavola n. 7.
Tale motivo di impugnazione risultava destituito di fondamento, at-tesocchè: 1) l’art. 6, 3° capoverso, delle Norme Tecniche di Attua-zione del Piano di Lottizzazione in esame statuiva che le “sagome planimetriche”, indicate nelle tavole nn. 5 e 6, potevano essere su-scettibili di variazioni “per la necessaria trasposizione dei parametri urbanistici alla scala edilizia dei singoli progetti esecutivi”, “fermi restando i volumi ammessi ed il numero massimo dei piani fuori ter-ra”, mentre l’art. 6, 5° capoverso, delle medesime Norme Tecniche di Attuazione stabiliva che “le sagome altimetriche (profili) indicati nella Tavola n. 7” costituivano “specificazione esemplificativa e, comparto per comparto”, e potevano “essere variate in sede di ela-borazione del relativo progetto unitario, ferme restando le prescri-zioni degli altri punti del presente articolo”;2) poiché anche la ta-vola n. 7 ai sensi dell’art. 2 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione di cui è causa costituisce “specificazione normativa”, le deroghe contenute nei predetti 3° e 5° capoverso dell’art. 6 delle Norme Tecniche di Attuazione vanno interpretate sistematicamente, per cui risulta evidente che: a) il 3° capoverso dell’art. 6 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottiz-zazione in esame statuisce l’inderogabilità del numero massimo dei piani fuori terra, mentre il successivo 5° capoverso del medesimo art. 6 delle Norme Tecniche di Attuazione richiama espressamente le altre prescrizioni contenute nello stesso art. 6 delle Norme Tecni-che di attuazione e perciò anche l’inderogabilità del numero massi-mo dei piani fuori terra, stabilita dal precedente 3° capoverso;b) pertanto, il numero di piani, indicato nella tavola n. 7 del Piano di Lottizzazione in commento, non poteva essere derogato dai lottiz-zatori;c) perciò la possibilità di modificare le “sagome planimetri-che” e le “sagome altimetriche (profili)” si riferiva soltanto alla possibilità di modificare i prospetti e/o l’l’involucro esterno degli edifici, cioè gli elementi connotativi della forma dei fabbricati, indi-cati nelle tavole nn. 5, 6 e 7 del Piano di Lottizzazione di cui è cau-sa, e non nella possibilità di modificare il numero dei piani, indicato nella tavola n. 7 del Piano di Lottizzazione in commento;d) a ripro-va di ciò va pure sottolineato che l’art. 3 dello schema di conven-zione (anch’esso indicato dall’art. 2 delle Norme Tecniche di At-tuazione del Piano di Lottizzazione in esame tra gli atti aventi valo-re di “specificazione normativa”) statuiva espressamente l’inderogabilità del “rispetto”, oltre che della “volumetria massima assegnata, delle distanze tra edifici ed edifici, nonché tra edifici e strade”, anche “del numero massimo dei piani fuori terra”.
Con il quinto motivo di impugnazione la società ricorrente ha de-dotto la violazione dell’art. 8 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002, l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di mo-tivazione, travisamento e malgoverno dei presupposti di fatto e di diritto, in quanto: 1) il predetto art. 8 delle Norme Tecniche di At-tuazione del Piano di Lottizzazione prevedeva che la destinazione d’uso della volumetria di ciascun comparto doveva “di norma” es-sere ripartita “per il 15% a scopo residenziale, per il 45% a scopo commerciale e per il 40% ad uffici”, destinando il “piano terra e/o seminterrato a scopo commerciale”, il “primo piano e/o piano rial-zato a scopo commerciale e/o direzionale” ed i “piani superiori a scopo residenziale e/o direzionale”;2) il rispetto delle diverse al-tezze prescritte a secondo della destinazione dei locali (altezza di 5,50 m. per le destinazioni commerciali;altezza di 3,80 m. per le destinazioni direzionali;e altezza di 3,10 m. per le destinazioni re-sidenziali), indicate nella tavola n. 7, non avrebbe permesso di co-struire il numero dei piani stabilito dalla medesima tavola n. 7.
Tali doglianze non risultavano condivisibili, attesocchè: 1) come sopra già detto l’art. 8 delle Norme Tecniche di Attuazione del Pia-no di Lottizzazione in esame statuisce che la destinazione d’uso della volumetria di ciascun comparto doveva “di norma” essere ri-partita “per il 15% a scopo residenziale, per il 45% a scopo com-merciale e per il 40% ad uffici”, destinando il “piano terra e/o se-minterrato a scopo commerciale”, il “primo piano e/o piano rialzato a scopo commerciale e/o direzionale” ed i “piani superiori a scopo residenziale e/o direzionale”, con la puntualizzazione che: a) sareb-be stata “consentita una diversa destinazione delle volumetrie solo se” comportava un “aumento delle utilizzazioni a scopo commercia-le e/o direzionale”, cioè sarebbero stati “ammissibili edifici a desti-nazione esclusivamente commerciale e/o direzionale (alberghi, uffi-ci, ecc.)”;b) potevano “ammettersi localmente percentuali maggiori di utilizzazione residenziale solo nel caso si” fosse verificata “in al-tri comparti una più alta percentuale di utilizzazione commerciale o direzionale”;2) pertanto, dall’intero contenuto del predetto art. 8 delle Norme Tecniche di Attuazione si evince chiaramente, con rife-rimento a tutti i lotti e/o le aree del Piano di Lottizzazione in com-mento, l’inderogabilità delle percentuali minime del 45% a scopo commerciale e del 40% ad uffici e per converso la derogabilità della percentuale massima del 15% a scopo residenziale (la quale avreb-be potuto essere derogata in un singolo lotto soltanto se in altri lotti fossero stati costruiti immobili che superavano le percentuali mini-me del 45% a scopo commerciale e del 40% ad uffici), cioè la pos-sibilità di aumentare le percentuali minime del 45% a scopo com-merciale e del 40% ad uffici e di diminuire la percentuale massima del 15% a scopo residenziale, e non, come erroneamente affermato dalla società ricorrente, la possibilità di aumentare la percentuale minima del 40%, destinata ad uffici, a scapito della percentuale mi-nima del 45%, destinata a scopo commerciale;3) l’art. 6, 6° capo-verso, delle Norme Tecniche di Attuazione statuiva che “l’altezza massima complessiva dei fabbricati, misurata secondo i criteri defi-niti dall’art. 33 delle N.T.A.” del P.R.G. (cd. Piano Piccinato) ap-provato nel 1975 “non” poteva “mai superare l’altezza totale (Htot) indicata nella Tavola n. 7”;mentre la tavola 7 stabiliva le diverse altezze prescritte a secondo della destinazione dei locali (altezza di 5,50 m. per le destinazioni commerciali;altezza di 3,80 m. per le destinazioni direzionali;e altezza di 3,10 m. per le destinazioni re-sidenziali) ed il numero dei piani che potevano essere realizzati;4) ma dal combinato disposto di cui al predetto art. 6, 6° capoverso, delle Norme Tecniche di Attuazione e della citata tavola n. 7 non si evince, come sostenuto dalla società ricorrente, l’impossibilità di poter realizzare il numero dei piani indicato nella tavola n. 7, in quanto, poiché l’ultimo piano risultava destinato a volumi tecnici (cd. lavatoi e/o stenditoi;per l’interpretazione dell’art. 33 delle N.T.A. del P.R.G. approvato nel 1975 si richiama, per inciso, la Sentenza TAR Basilicata n. 338 del 27.6.2008), come risulta chia-ramente dalla tavola n. 14 “Prospetti e Sezioni”, tale ultimo piano non poteva essere preso in considerazione;5) pertanto, il Comune resistente con l’impugnata Ordinanza n. 254 del 21.7.2006 ha giu-stamente evidenziato l’errore commesso al momento del rilascio del permesso di costruire alla società ricorrente.
Con il sesto motivo di impugnazione la società ricorre ha dedotto la violazione dell’art. 12, comma 3, DPR n. 380/2001, del principio che vieta la disapplicazione dei provvedimenti amministrativi validi ed efficaci, l’eccesso di potere per erroneo apprezzamento dei pre-supposti di fatto e di diritto, difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto il Piano di Lottizzazione, approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002, non avrebbe potuto tener conto del parametro della superficie lorda massima (cioè di un indice di utilizzazione edilizia che impone un limite di superficie utilizzabile per ogni mq. edifica-to), poiché tale parametro era previsto dalla variante generale al P.R.G. (cd. Piano Nigro), adottata con Del. C.C. n. 1 del 23.2.2000, ma tale variante generale, oltre a non essere presentata per l’approvazione entro un anno dalla scadenza del termine di pubblicazione della citata Delibera di adozione n. 1/2000, non era stata più approvata dalla Regione Basilicata, per cui le relative mi-sure di salvaguardia risultavano decadute al momento del rilascio del permesso di costruire, mentre un’eventuale previsione da parte del Piano di Lottizzazione di cui è causa del parametro della super-ficie lorda massima avrebbe comportato un’illegittima proroga delle misure di salvaguardia, per cui tutt’al più il parametro della superfi-cie lorda massima poteva valere soltanto nel periodo di tempo di ef-ficacia delle misure di salvaguardia.
Anche tali censure non potevano essere accolte, attesocchè: 1) il Piano di Lottizzazione “Centro Servizi di Quartiere Via dei Nor-manni”, oggetto della controversia in esame, è stato approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002, quando le misure di salvaguardia ex L. n. 1902/1952 e/o art. 12, comma 3, DPR n. 380/2001 del cd. Piano Nigro erano ancora efficaci;2) comunque, uno strumento ur-banistico di carattere attuativo e/o esecutivo, come nella specie un Piano di Lottizzazione, costituisce esso stesso fonte di norme e pre-scrizioni imperative ai fini edificatori (e ciò indipendentemente dalla permanenza e/o decadenza delle misure di salvaguardia vigenti al momento dell’approvazione dello strumento urbanistico di natura attuativa e/o esecutiva) di carattere permanente, quando contiene una disciplina prescrittiva ulteriore del vigente PRG, ma non con-trastante con lo stesso PRG;infatti, gli strumenti urbanistici attuati-vi, a differenza del Piano Regolatore Generale, non dettano regole generali per l’attività edificatoria, ma definiscono puntualmente i parametri degli ingombri volumetrici, le altezze, le distanze, l’assetto viario, le urbanizzazioni, la volumetria e le destinazioni d’uso;3) come sopra già detto, dal contenuto del combinato dispo-sto di cui agli art. 1 e 6, capoversi 3° e 5°, delle sopra descritte Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottizzazione “Centro Servizi di Quartiere Via dei Normanni” risulta evidente che, nella specie, il Comune di Matera non si era limitato a volere rispettare le misure di salvaguardia ex L. n. 1902/1952 e/o art. 12, comma 3, DPR n. 380/2001 del cd. Piano Nigro, ma aveva voluto disciplinare l’area, oggetto della controversa in esame, prevedendo l’applicazione sia del parametro della volumetria massima di 41.646 mc. (previsto dal PRG, cd. Piano Piccinato, approvato nel 1975) che del parametro della superficie lorda massima quantificata in 10.240 mq. (previsto dal PRG, cd. Piano Nigro, adottato con Del. C.C. n. 1 del 23.2.2000);tale disciplina urbanistica, comunque, non poteva ritenersi contrastante con il PRG, cd. Piano Piccinato, ap-provato nel 1975, ma integrativa di tale PRG, in quanto prevede una disciplina più restrittiva dell’area di cui è causa, rispettando le regole generali stabilite dal PRG (volumetria massima di 41.646 mc. e destinazioni degli immobili).
Con il settimo motivo di impugnazione la società ricorre ha dedotto la violazione dell’art. 10 L. n. 241/1990, dell’art. 97 Cost., del prin-cipio del buon andamento e l’eccesso di potere per difetto di moti-vazione e di istruttoria.
Anche questo motivo non meritava di essere accolto, attesocchè: 1) non sussiste la violazione dell’art. 10 L. n. 241/1990, in quanto il provvedimento impugnato ha precisato di aver valutato la memoria, presentata dalla società ricorrente nell’ambito del procedimento at-tivato con la comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 L. n. 241/1990 (insita nell’Ordinanza n. 60 del 24.2.2006) e terminato con l’impugnata Ordinanza n. 254 del 21.7.2006;2) alla stregua del prevalente indirizzo giurisprudenziale, condiviso da questo Tribuna-le (cfr. per es. TAR Basilicata Sent. n. 89 del 14.2.2006), l’obbligo della Pubblica Amministrazione di valutare il contenuto delle me-morie, presentate nell’ambito del procedimento amministrativo non si traduce in un obbligo di puntuale confutazione, essendo sufficien-te che dal contenuto complessivo del provvedimento impugnato in via giurisdizionale possano evincersi le ragioni ostative all’accoglimento dei rilievi esposti dal soggetto partecipante al pro-cedimento;3) comunque, va rilevato che il parere legale, redatto dal Prof. P M (docente di Diritto Urbanistico ed Ammini-strativo presso il Politecnico di Milano), era stato articolato, tenen-do conto della memoria presentata dalla società ricorrente (cfr. pagg. 3 e 7 di tale parere legale);4) in ogni caso, ai sensi dell’art. 21 octies, comma 2, seconda frase, L. n. 241/1990 il Comune resi-stente aveva dimostrato che il contenuto del provvedimento non a-vrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Con l’ottavo motivo di impugnazione la società ricorrente ha dedot-to la violazione dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990, l’eccesso di po-tere per difetto di istruttoria e di motivazione e per omessa ponde-razione degli interessi pubblici e privati incisi, per l’assenza di un interesse pubblico specifico, diverso dal mero ripristino della legali-tà violata, e tenuto conto del tempo decorso.
Tale doglianza non poteva trovare accoglimento, attesocchè l’Ordinanza n. 252 del 21.7.2006, con la quale il Responsabile dell’Ufficio Controllo Edilizio del Comune di Matera aveva annul-lato il permesso di costruire, rilasciato alla società ricorrente il 20.9.2006, il Comune resistente non aveva violato l’art. 21 nonies L. n. 241/1990 ed i principi in materia di autotutela, in quanto: a) ta-le permesso di costruire, come sopra detto, contrastava con il Piano di Lottizzazione di cui è causa;b) il superamento del limite del pa-rametro della superficie lorda massima, la realizzazione di un mag-gior numero dei piani rispetto a quello previsto dalla tavola n. 7 e l’alterazione delle percentuali delle destinazioni d’uso, stabilite dall’art. 8 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano di Lottiz-zazione di cui è causa, contribuiscono a configurare e/o a costituire un interesse pubblico specifico, diverso dal mero ripristino della le-galità violata, se si tiene conto anche della circostanza che la viola-zione del criterio della superficie lorda massima (cioè dell’indice di utilizzazione edilizia che impone un limite di superficie utilizzabile per ogni mq. edificato) non permetteva il rilascio del permesso di costruire ai proprietari degli altri lotti B1, B2 e B5;c) la società ri-corrente, benché già in data 20.9.2004 aveva conseguito il rilascio del citato permesso di costruire (e perciò pure tenendo conto del tempo decorso), al momento dell’adozione dell’impugnata Ordi-nanza n. 252 del 21.7.2006 non aveva ancora avviato alcuna attività edificatoria.
Con il nono ed ultimo motivo di impugnazione la società ricorrente ha anche chiesto in via subordinata l’accertamento del diritto ad ot-tenere la riduzione della prestazione, prevista dalla società ricorren-te a carico della società ricorrente nel contratto del 22.5.2003, in quanto con tale contratto si era impegnata a realizzare opere di ur-banizzazione di importo pari a 2.233.746,73 €, mentre l’appli-cazione, oltre della volumetria massima consentita, anche del para-metro della superficie lorda massima provocherebbe alla società ri-corrente una perdita di 364.764,00 €, per cui la società ricorrente ai sensi degli artt. 1430, 1464, 1467, 1492 e 1555 C.C. chiedeva che fosse proporzionalmente ridotto il predetto obbligo di realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Anche quest’ultima domanda, la quale ai sensi dell’art. 11, comma 5, L. n. 241/1990 spetta alla cognizione del Giudice Amministrati-vo, non poteva essere accolta, attesocchè nella fattispecie in esame non potevano trovare applicazione: a) l’art. 1430 C.C., in quanto secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale: a1) si ha erro-re di calcolo, solo quando in operazioni matematiche, definiti in modo chiaro e preciso i termini da computare ed il criterio matema-tico da seguire, si commette per inesperienza o per disattenzione un errore materiale di cifra, che si ripercuote sul risultato finale, rileva-bile ictu oculi (cfr. per es. Cass. Civ. Sez. II Sent. n. 3228 del 20.3.1995), ma tale ipotesi non ricorrente nella fattispecie in esame;a2) l’errore di calcolo non configurabile, quando si contestino gli stessi dati numerici posti a base del calcolo (cfr. per es. Cass. Civ. Sez. II Sent. n. 4567 del 6.7.1983), cioè proprio quando è accaduto nella vicenda in esame, dove la società ricorrente ha contestato l’applicazione del parametro della superficie lorda massima;b) gli artt. 1464 e 1467 C.C., in quanto a fronte della cessione da parte del Comune di Matera alla società ricorrente dei terreni di proprietà comunale, pari a 714/1000 del lotto B3 ed a 772/1000 del lotto B4, la società ricorrente si era impegnata a realizzare alcune opere di urbanizzazione (cioè la strada prevista dal PRG adottato con Del. C.C. n. 1 del 23.2.2000, il mercato rionale e la piazza-teatro con i relativi volumi interrati), per cui quest’ultima controprestazione ri-sultava espressamente correlata soltanto all’acquisto dei predetti terreni e non anche al rilascio di un particolare permesso di costrui-re, peraltro in violazione del Piano di Lottizzazione, approvato con Del. C.C. n. 46 dell’11.4.2002;infatti, a riprova di ciò va rilevato che: il progetto unitario ex art. 9 del Piano di Lottizzazione in esa-me, il quale non teneva conto dell’ulteriore parametro della superfi-cie lorda massima, è stata presentato da tutti i lottizzanti in data 25.11.2003 e perciò anche dai lottizzanti, che non avevano acqui-stato terreni di proprietà comunale;il permesso di costruire, annul-lato con l’impugnata Ordinanza n. 252 del 21.7.2006, era stato rila-sciato soltanto il 20.9.2004, cioè oltre un anno dopo dall’avvenuta stipula del contratto di compravendita immobiliare tra il Comune e la ricorrente, per cui, tenuto conto di tale distanza temporale, non si rinviene alcun nesso tra il predetto atto di cessione del 22.5.2003 ed il citato permesso di costruire del 20.9.2004;c) gli artt. 1492 e 1555 C.C., in quanto la fattispecie in esame non può essere inquadrata nell’ambito dell’istituto della garanzia dei vizi della cosa venduta.