TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2022-10-03, n. 202212493

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2022-10-03, n. 202212493
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202212493
Data del deposito : 3 ottobre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/10/2022

N. 12493/2022 REG.PROV.COLL.

N. 14796/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14796 del 2014, proposto da Soc. Fiordaliso Mobili S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato C C, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giacinto Carini, 32 - Pal. A;

contro

Soc Gse S.p.A. - Gestore Servizi Energetici, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G M E, M A F, A P, con domicilio eletto presso lo studio G M E in Roma, Lungotevere Arnaldo Da Brescia, 11;
Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

della comunicazione GSE spa con la quale non si riconoscono i requisiti per il riconoscimento della maggiorazione del 10% per l’utilizzo di componenti prodotti nei paesi membri dell' Unione europea per l'impianto fotovoltaico.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Gse S.p.A. - Gestore Servizi Energetici e di Ministero dello Sviluppo Economico;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 23 settembre 2022 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La ricorrente è titolare di un impianto fotovoltaico per il quale chiedeva la maggiorazione del 10% della tariffa incentivante, prevista dall’art. 14, comma 1, lettera d) del D.M. 5 maggio 2011 per gli impianti il cui costo di investimento, per quanto riguarda i componenti diversi dal lavoro, sia per non meno del 60% riconducibile ad una produzione realizzata all’interno dell’Unione Europea/SEE.

In data 20/02/2012 il GSE comunicava alla ricorrente il riconoscimento delle tariffe incentivanti richieste, con riserva di ulteriori verifiche in ordine alla sussistenza di circostanze ostative alla ridetta maggiorazione del 10% della tariffa.

All’esito dei controlli effettuati dal GSE questi rilevava la mancata rispondenza delle caratteristiche tecniche dei moduli fotovoltaici installati richiesti dal citato D.M. per l’incremento del 10%, pertanto, in data 14/01/2013 inviava alla ricorrente preavviso di annullamento del provvedimento di riconoscimento delle tariffe incentivanti, limitatamente alla maggiorazione del 10%, concedendo un termine di dieci giorni per produrre eventuali osservazioni e documenti.

Il GSE rilevava che “ i numeri di serie dei moduli fotovoltaici, riportati nel documento elenco dei moduli fotovoltaici, non forniscono riscontro circa la decodifica dei siti di produzione europea così come descritta all’interno della regola sequenziale riportata nell’Attestato di Factory Inspection relativo ai moduli utilizzati per la realizzazione dell’impianto ”.

In data 19/04/2013 la ricorrente inviava le proprie controdeduzioni al GSE, sostenendo che l’impianto presentava i requisiti per l’incremento del 10% della tariffa.

Stante la ritenuta inidoneità delle osservazioni presentate a superare le difformità riscontrate, con provvedimento del 5/09/2014 (asseritamente, in modo incontestato, notificato alla ricorrente il 15/9/2014) il GSE adottava il provvedimento definitivo di diniego della maggiorazione del 10%.

Avverso il suddetto provvedimento veniva proposto ricorso notificato il 14 novembre 2014 e depositato il 27 novembre 2014, con istanza di sospensione.

La camera di consiglio per la trattazione dell’istanza cautelare veniva fissata al 22/01/2015 e in tale occasione il Collegio rinviava la causa al merito.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto.

Con il primo motivo la ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento impugnato, in quanto a suo dire non è dato sapere se il nominativo posto in calce all’atto sia di soggetto idoneo a rappresentare il GSE. Si deduce anche la nullità del provvedimento in quanto sarebbe stato firmato digitalmente e poi inviato per raccomandata cartacea.

Con il secondo motivo la ricorrente lamenta carenza di motivazione, laddove il GSE asserisce che la maggiorazione del 10% non sarebbe ammissibile in quanto risulterebbe impossibile determinare, sulla base dei documenti versati, la sussistenza di tutti i requisiti per il riconoscimento di tale maggiorazione. Lamenta anche il fatto che il provvedimento finale recherebbe solo la menzione delle valutazioni di parte ricorrente fatte nel contraddittorio procedimentale, senza esplicitare le ragioni per cui non sono state ritenute idonee.

Con il terzo motivo contesta il provvedimento impugnato lamentando, letteralmente, “ violazione di legge posta in essere dall'emissione dello stesso, laddove non si tiene conto della deroga contenuta nel regolamento di attuazione delle richieste di incentivazione ”. In particolare, si invoca la deroga accordata “ per impianti entrati in esercizio fino al 31 dicembre 2011 ”.

Con il quarto motivo si lamenta una presunta disparità di trattamento tra il proprio impianto e quello di altra società, Mimosa Mobili – s.r.l., già Cedis Distribuzioni Mobili s.r.l., sito in Scarlino.

Si sono costituiti per resistere il G.S.E. e il Ministero per lo Sviluppo economico, il G.S.E. si è difeso con documenti e memorie.

All’udienza del 23/09/2022 la causa è stata posta in decisione.

Il ricorso è infondato per le ragioni che seguono.

Quanto al primo motivo di ricorso, vanno respinte sia la doglianza dubitativa e priva di specificità circa la legittimazione alla rappresentanza esterna del soggetto il cui nominativo è indicato in calce all’atto impugnato, sia la censura basata sulla nullità dell’atto a causa della notazione di firma convalidata digitalmente. Sul punto va richiamata condivisibile giurisprudenza la quale afferma che “ la non leggibilità della firma, ma la stessa autografia della sottoscrizione, non costituiscono requisiti di validità dell'atto amministrativo ove concorrano elementi testuali che permettono di individuare la sua sicura provenienza” (T.A.R. Piemonte, sez. II, 29/04/2020, n. 244);
e più diffusamente che “ sebbene la firma apposta in calce ad un provvedimento o ad un atto amministrativo costituisca lo strumento per la sua concreta attribuibilità, psichica e giuridica, all'agente amministrativo che risulta averlo formalmente adottato, è pur vero che, anche in omaggio al più generale principio di correttezza e buona fede cui debbono essere improntati i rapporti tra p.a. e cittadino, che non solo la non leggibilità della firma, ma anche la stessa autografia della sottoscrizione non possono costituire requisiti di validità dell'atto amministrativo, ove concorrano elementi testuali (indicazione dell'ente competente) emergenti anche dal complesso dei documenti che lo accompagnano, che permettono di individuare la sua sicura provenienza. In conclusione, l'atto amministrativo esiste come tale allorché i dati emergenti dal procedimento amministrativo consentano comunque di ritenerne la sicura provenienza dall'Amministrazione e la sua attribuibilità a chi deve esserne l'autore secondo le norme positive” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VII, 03/05/2018, n. 2960).

Nel caso all’attenzione del Collegio, è fuori di dubbio che l’atto impugnato fosse attribuibile al Gestore, per i riferimenti testuali recati dall’atto gravato e per il fatto di concludere un procedimento in cui vi è stata interlocuzione tra le parti.

Quanto alla specifica doglianza inerente la convalida digitale, ad abundantiam , a dimostrazione della sua infondatezza si consideri quanto previsto dall’art. 3 D.lgs 39/1993, secondo cui “ 2. Nell'ambito delle pubbliche amministrazioni l'immissione, la riproduzione su qualunque supporto e la trasmissione di dati, informazioni e documenti mediante sistemi informatici o telematici, nonché l'emanazione di atti amministrativi attraverso i medesimi sistemi, devono essere accompagnati dall'indicazione della fonte e del responsabile dell'immissione, riproduzione, trasmissione o emanazione. Se per la validità di tali operazioni e degli atti emessi sia prevista l'apposizione di firma autografa, la stessa è sostituita dall'indicazione a stampa, sul documento prodotto dal sistema automatizzato, del nominativo del soggetto responsabile.”

Quanto al secondo motivo, è infondata la doglianza relativa alla mancata indicazione dei motivi ostativi, in quanto il gravato provvedimento espressamente fa riferimento al tema della regola di decodifica dei numeri di serie recata dalla factory inspection . Quest’ultima, lungi dal consentire la decodifica dei numeri identificativi elencati nella domanda da parte ricorrente, pare individuare nel codice “ 12 ” quello relativo al sito produttivo di Singapore e non, identificare, come sostenuto dalla ricorrente, la produzione europea (cfr. doc 7c allegato al ricorso).

Ad ogni modo, il GSE ha nel gravato provvedimento puntualmente rappresentato che “ i numeri di serie dei moduli fotovoltaici, riportati nel documento elenco dei moduli fotovoltaici allegato alla richiesta di ammissione alle tariffe incentivanti dalla società ricorrente non forniscono riscontro circa la decodifica dei siti di produzione europea così come descritta all’interno della regola sequenziale riportata nell’Attestato di Factory Inspection relativo ai moduli utilizzati per la realizzazione dell’impianto” . In ciò rendendo chiaramente edotta parte ricorrente circa i motivi ostativi alla richiesta maggiorazione.

Parimenti va disattesa la doglianza relativa alla mancata puntuale confutazione delle osservazioni procedimentali fatte dalla ricorrente. Va sul punto richiamata la condivisibile giurisprudenza formatasi in tema e anche di recente ribadita, secondo cui “ la motivazione finale di un provvedimento amministrativo non deve contenere un'analitica confutazione delle osservazioni procedimentali svolte dalla parte, ex art. 10- bis della L. n. 241/1990, reputando sufficiente che dalla motivazione si evinca che l'Amministrazione abbia nella sostanza tenuto conto, nel loro complesso, di quelle osservazioni e controdeduzioni per la corretta formazione della propria volontà, e siano nella sostanza percepibili le ragioni del loro mancato recepimento. (T.A.R. Toscana sez. II, 21/03/2022, n. 352).

Quanto al terzo motivo, lo stesso è infondato poiché assume, quale presupposto dell’invocata deroga l’entrata in esercizio dell’impianto entro il 31 dicembre 2011. Si afferma, infatti, nel motivo rinviando sul punto alla ricostruzione in fatto premessa nel ricorso, che “ l’impianto di produzione fosse entrato in funzione il 23.12.2011, come documentato dai verbali di installazione prodotti al G.S.E. ”.

Tuttavia non c’è alcuna evidenza che l’impianto sia entrato in esercizio entro il 31 dicembre 2011, poiché a riprova c’è solo il verbale di installazione del contatore allegato al ricorso (cfr. doc. 4), che, peraltro, attesta che al 23 dicembre 2011 veniva immessa in rete energia pari a zero.

Va considerato che il D.M. 5 maggio 2011, art. 3 lett. c) definisce “entrata in esercizio di un impianto fotovoltaico”, “la prima data utile a decorrere dalla quale sono verificate tutte le seguenti condizioni: c1) l’impianto è collegato in parallelo con il sistema elettrico;
c2) risultano installati tutti i contatori necessari per la contabilizzazione dell’energia prodotta e scambiata o ceduta con la rete;
c3) risultano assolti tutti gli eventuali obblighi relativi alla regolazione dell’accesso alle reti”
.

Condizioni di cui manca, complessivamente la prova.

Ad ogni modo, in disparte le esposte considerazioni inerenti la messa in esercizio, l’applicabilità sostanziale al caso di specie dell’invocata deroga, è comunque da negarsi per le convincenti deduzioni del Gestore sul punto - cfr. memoria depositata il 19 gennaio 2015 -, secondo cui i numeri di serie dei prodotti installati non trovavano riscontro in nessuna delle decodifiche per individuare almeno un componente tra silicio, wafer e cella, prodotto in sito europeo secondo quanto descritto nelle regole sequenziali riportate nella factory inspection .

Anche il quarto motivo è infondato, infatti, l’accertata legittimità dell’operato del Gestore nel caso di specie non è influenzata da eventuali (e per il vero indimostrati) precedenti atti di senso diverso adottati, i quali, qualora veramente perfettamente sovrapponibili a quello di specie, si porrebbero nella diversa prospettiva dell’eventuale autotutela. Ha di recente, infatti, ricordato al giurisprudenza che “ la censura di eccesso di potere per disparità di trattamento a fronte di scelte discrezionali dell'Amministrazione è riscontrabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato, situazioni la cui prova rigorosa deve essere fornita dall'interessato, con la precisazione che la legittimità dell'operato dell'amministrazione non può comunque essere inficiata dall'eventuale illegittimità compiuta in altra situazione”. (T.A.R. Piemonte sez. II, 19/01/2022, n. 52).

In conclusione, per le considerazioni espresse, il ricorso va rigetto per essere infondate le censure con lo stesso introdotte.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo a favore del G.S.E., compensate le altre per la ridotta attività difensiva svolta dal Ministero costituito.

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