TAR Firenze, sez. II, sentenza breve 2019-06-04, n. 201900823

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza breve 2019-06-04, n. 201900823
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201900823
Data del deposito : 4 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/06/2019

N. 00823/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00549/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 549 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Cino Benelli, Fabio Clauser e Adriano Saldarelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il primo in Firenze, corso Italia 24;



contro

il -OMISSIS-in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Firenze, via degli Arazzieri 4;
il -OMISSIS-in qualità di Ufficiale di Governo, non costituiti in giudizio;



e con l'intervento di

ad adiuvandum :
-OMISSIS-in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Gaetano Viciconte e Pier Matteo Lucibello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il secondo in Firenze, borgo Pinti 80;
-OMISSIS-in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Niccolò Cianferotti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



per l'annullamento

A) del provvedimento 9 aprile 2019 (prot. n. 0052287) a firma del Prefetto della Provincia di Firenze, pubblicato sul sito informatico della Prefettura di Firenze il 10 aprile 2019 e sull'Albo pretorio on line del Comune di Firenze dal 10 aprile 2019 al 14 luglio 2019;

B) di ogni altro atto e provvedimento ad esso presupposto e conseguente, ancorché incognito, ivi compresi i verbali e gli atti adottati all'esito della riunione di coordinamento delle Forze di Polizia del 20 marzo 2019 e dal Comitato Provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica nel corso della seduta del 27 marzo 2019, allo stato ignoti ma richiamati per relationem dal provvedimento sub A).

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti gli atti di intervento ad adiuvandum ,

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2019 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

1. Il dr. -OMISSIS-, dimorante presso il Comune di Firenze n via San Jacopino n. 10, è stato denunciato per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.

Il Prefetto di Firenze, con provvedimento 9 aprile 2019 prot. n. 0052287, ha disposto il divieto di stazionare nei seguenti diciassette luoghi della città, assurti a c.d. “zone rosse”: area della Fortezza da Basso, nel Parco delle Cascine, via dei Servi, piazza dei Ciompi, via dell’Ariento, via Sant’Antonino, borgo San Lorenzo, piazza del Mercato Centrale, via Nazionale, largo Fratelli Alinari, piazza della Stazione, via Panicale, via Guelfa, via de’ Benci, largo Pietro Annigoni, via dei Pandolfini e piazza San Jacopino. Il provvedimento è operante nei confronti delle persone cui è stata contestata la violazione della normativa sul commercio in area pubblica o che risultano denunciate per i reati di percosse, lesioni personali, rissa, danneggiamento o spaccio di sostanze stupefacenti. Ha durata trimestrale e prevede l’allontanamento dei trasgressori dalle aree sopraindicate. Detto provvedimento, in uno con gli atti presupposti, è stato impugnato dall’-OMISSIS-con il presente ricorso notificato e depositato il 2 maggio 2019.

Con primo motivo il ricorrente lamenta che nel caso di specie mancherebbero i presupposti di legge per l’esercizio del potere di ordinanza di necessità e urgenza. L’atto impugnato presenterebbe una contraddizione tra la parte motivazionale e quella dispositiva poiché mentre nel preambolo si limita a richiamare l’esigenza di rendere più efficaci i servizi delle Forze dell’Ordine a fronte di una sicurezza che sarebbe già sostanzialmente garantita, poi dispone una grave limitazione delle libertà personale e di circolazione per un lasso di tempo di ben tre mesi dalla sua pubblicazione. Non sarebbe enunciata la presenza di alcun pericolo irreparabile ed imminente per l’ordine pubblico o la sicurezza urbana che non sia fronteggiabile con i mezzi ordinari stabiliti dall’ordinamento. Il provvedimento racconta infatti di situazioni presenti da tempo e del tutto prevedibili e prevenibili con gli strumenti tipicamente previsti dall’ordinamento quale l’intensificazione dei controlli delle Forze dell’Ordine o l’adozione di misure di prevenzione personali già normativamente previste. Esso sarebbe quindi sproporzionato in quanto misure meno invadenti potrebbero conseguire ugualmente lo scopo perseguito; d’altra parte il suo effetto sarebbe semplicemente quella di spostare la situazione relativa alle cosiddette zone rosse della città in altri luoghi del territorio comunale.

Con secondo motivo si duole che il Prefetto sia intervenuto a limitare libertà costituzionali per tutelare non esigenze di ordine pubblico, come postulato dagli artt. 2 del R.d. 18 giugno 1931, n. 773 -Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza e 13 della legge 1 aprile 1981, n. 121, ma di semplice sicurezza urbana, ovverosia agendo a tutela di interessi diversi da quelli di pubblica sicurezza quali la vita civile, il miglioramento delle condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile, la coesione sociale e il decoro urbano che devono essere tutelate dal Sindaco. Il Prefetto si sarebbe quindi illegittimamente sostituito al Sindaco nell’esercizio dei poteri di ordinanza previsti a suo favore dal Testo unico degli enti locali.

Con terzo motivo si duole che il provvedimento gravato immotivatamente ritenga che i soggetti denunciati dalle forze di polizia siano automaticamente responsabili di comportamenti incompatibili con la vocazione e la destinazione di diciassette aree della città: il semplice deferimento all’Autorità Giudiziaria non potrebbe infatti considerarsi, di per sé, sufficiente a motivare limitazioni della sfera giuridica personale in assenza di un accertamento autonomo sulla pericolosità del soggetto interessato.

Con quarto motivo lamenta che il provvedimento impugnato sarebbe inutile rispetto agli interessi coinvolti e viziato da irragionevolezza nonché difetto di proporzionalità, anzitutto poiché sono state assimilate condotte eterogenee in termini di gravità ed equiparate le semplici denunce ai provvedimenti di giudizio o a quelli di condanna; detto vizio di irragionevolezza sarebbe predicabile anche in relazione alle tipologie di reato per i quali i soggetti interessati devono essere stati denunciati al fine di far scattare una presunzione assoluta di loro pericolosità sociale, con conseguente divieto di stazionamento nelle zone rosse. Sarebbe incomprensibile il criterio utilizzato per accomunare fattispecie eterogenee quali i reati di lesioni e percosse; di spaccio di sostanze stupefacenti e di danneggiamento e l’illecito amministrativo di commercio abusivo, mentre sono stati esclusi reati gravi contro la persona come le denunce per rapina, estorsione, usura ed omicidio volontario. Anche il bene giuridico del decoro non pare essere sotteso al provvedimento de quo poiché sono stati inspiegabilmente esclusi gli illeciti amministrativi previsti dagli artt. 688 c.p. (“Ubriachezza”) e 726 c.p. (“Atti contrari alla pubblica decenza”). Sarebbe quindi oscuro il criterio utilizzato per accomunare fattispecie

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