TAR Salerno, sez. II, sentenza 2018-04-23, n. 201800643
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Pubblicato il 23/04/2018
N. 00643/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01800/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, numero di registro generale 1800 del 2006, proposto da
B A, rappresentato e difeso dall’Avv. A R e dall’Avv. F C, con domicilio eletto, in Salerno, al Corso Vittorio Emanuele, 127, presso lo studio dell’Avv. R;
contro
Comune di Capaccio, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
Corpo Forestale dello Stato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno, domiciliato per legge in Salerno, al Corso Vittorio Emanuele, 58;
per l’annullamento
- a) dell’ordinanza n. 97 del 29.06.2006 del Responsabile del Settore III – Gestione del Territorio –Sportello Unico del Comune di Capaccio, di demolizione di pretese opere abusive, perché realizzate in assenza di titolo abilitativo;
- b) del verbale di sopralluogo per accertamento di opere edilizie, redatto e sottoscritto dall’U. T. C. di Capaccio in data 18.04.2006;
- c) della comunicazione del Corpo Forestale dello Stato, redatta a seguito di sopralluogo, pervenuta in data 2.05.2006, prot. n°16306;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Corpo Forestale dello Stato;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 10 aprile 2018, il dott. Paolo Severini;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
FATTO
Il ricorrente, A B, socio della struttura turistico alberghiera “Hotel Ariston”, costituita sotto forma di società a responsabilità limitata, sita nel Comune di Capaccio, premesso che in data 18.04.06, a seguito di sopralluogo sul terreno di proprietà della detta società, distinto in catasto al fol. 10, p.lla 102, l’Ufficio Tecnico del Comune di Capaccio aveva rilevato, con propria relazione tecnica, “l’assunta abusività di alcune opere costruite nella predetta struttura turistica (una rampa di scale e una veranda chiusa con “invetriate in alluminio”)”, sul presupposto della mancanza di un titolo abilitativo;che, a seguito del detto sopralluogo, sulla base anche della comunicazione del Corpo Forestale dello Stato, pervenuta in data 2.05.2006, prot. n. 16306, l’Amministrazione Comunale di Capaccio, con ordinanza di demolizione, a firma del Responsabile del Settore III – Gestione del Territorio – Sportello Unico, n. 97 del 29.06.2006, gli aveva ingiunto, in quanto ritenutolo autore dell’abuso, di rimuovere le opere, “realizzate illecitamente e descritte (anche se in modo alquanto generico) nell’atto impugnato”, nonché la rimessione in pristino dello stato dei luoghi;tanto premesso, avverso i provvedimenti di cui in epigrafe articolava le seguenti censure:
I) Nullità del provvedimento per difetto di legittimazione passiva di A B, rispetto all’atto impugnato;Nullità della sua notificazione, ai sensi dell’art. 145 c. p. c.;Violazione del d. P. R. n. 380/2001;Eccesso di potere per difetto d’istruttoria e dei presupposti: era dedotta la nullità della notificazione di un’ordinanza di demolizione, fatta ad un “socio” di una società a responsabilità limitata, privo del potere di rappresentanza;e ciò sul rilievo che tale tipologia di società, in quanto organismo di capitali, è dotata di una propria personalità giuridica e gode, quindi, di una piena autonomia patrimoniale, essendo proprietaria dei beni sociali e dovendo, i soci, rispondere limitatamente per le obbligazioni sociali;ne conseguiva che, ove non fosse diversamente pattuito nel contratto sociale, l’amministrazione della società spettava al solo socio che ne aveva la rappresentanza;nella specie, la struttura turistico – alberghiera denominata “Hotel Ariston”, era una società a responsabilità limitata e, come tale, soggetta alla disciplina giuridica delle società di capitali;se ne doveva arguire che la qualità di socio di una s. r. l. non implicava, in capo al ricorrente, l’ordinario potere di amministrazione e rappresentanza della società, titolo necessario affinché l’Amministrazione Comunale gli potesse ingiungere la demolizione di opere abusive, costruite su un immobile sociale;l’ordine di demolizione, oggetto d’impugnativa, avrebbe pertanto dovuto essere rivolto alla società a responsabilità limitata, proprietaria dell’immobile in cui erano state realizzate le opere abusive e avrebbe dovuto essere notificato nelle forme, all’uopo previste dal codice di procedura civile (art. 141 c. p. c., comma 1), essendo il ricorrente un “socio”, privo del potere di rappresentanza;a fronte della descritta situazione, la notifica dell’ordinanza di demolizione era nulla, per difetto di legittimazione passiva, di A B, rispetto all’atto impugnato, essendo il ricorrente un “socio” privo del potere di rappresentanza e, pertanto, “illegittimamente destinatario dell’ordinanza di demolizione relativa ad un immobile di proprietà dell’organismo societario” (cfr. il certificato della Camera di Commercio, esibito in giudizio);era, inoltre, “indubbio che il semplice socio di organismo societario di capitali, privo di poteri di rappresentanza e non amministratore”, non aveva la disponibilità giuridica e materiale del bene, oggetto dell’ingiunzione demolitoria, per cui non avrebbe potuto eseguire l’ordine impostogli e la disposizione della P. A. sarebbe stata “priva, quindi, di valore cogente e mancante dei presupposti per la sua emanazione, nei confronti di soggetto non legittimato passivamente”;
II) Violazione degli art. 7, 8, 9 e 10 della l. 7 agosto 1990, n. 241;Violazione del giusto procedimento ed eccesso di potere sotto varie figure sintomatiche;Nuova violazione del d. P. R. n. 380/01:
II.1) L’ordine di demolizione di un manufatto abusivo è illegittimo, se non preceduto dall’avviso del relativo procedimento, ai sensi dell’art. 7 della l. n. 241/90;sicché il Comune di Capaccio avrebbe dovuto notiziare il ricorrente dell’avvio del procedimento, volto alla demolizione delle opere abusive in oggetto;e “la sostanzialità di simile censura” emergeva “per tabulas dalle considerazioni di fatto e di diritto contenute nel gravame e che avrebbero reso la previa comunicazione come un atto non assolvente un mero obbligo formale bensì come soddisfacente una concreta necessità di indagine”;
II.2) In ogni caso, l’ingiunzione demolitoria risultava “non rigorosa ai sensi di legge”, perché non soddisfaceva “le esigenze tipizzate dal testo unico in materia edilizia, che come disposizione cogente è applicabile alla fattispecie”.
Il Comune di Capaccio non si costituiva in giudizio.
Si costituiva in giudizio il Corpo Forestale dello Stato, con memoria di stile.
All’udienza pubblica del 10 aprile 2018, il ricorso era trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso non è fondato.
Quanto alla sua prima censura, s’osserva che, nelle premesse dell’ordinanza di demolizione gravata, a firma del Responsabile del Settore III – Gestione del Territorio – Sportello Unico del Comune di Capaccio, n. 97 del 29 giugno 2006, si legge:
“Vista la comunicazione del Corpo Forestale dello Stato, redatta a seguito di sopralluogo, pervenuta in data 2.5.2006 prot. n. 16306, e l’esito del sopralluogo congiunto con personale di questo Settore, dal quale si rileva che il sig B A (…) ha posto in essere in località Laura, in agro del Comune di Capaccio, sull’immobile individuato in catasto terreni al foglio 10, particella n. 102, nell’ambito dell’attività turistico – ricettiva, denominata “Hotel Ariston”, opere edilizie abusive ;
Viste le risultanze del sopralluogo, dalle quali risulta che le opere realizzate abusivamente consistono in:
- ampliamento sul fronte nord – occidentale della veranda del bar – ristorante con opere costituite da struttura in ferro, invetriate in alluminio, copertura piana con pannelli coibentati;
- rampa di scale con lastre di travertino sul fronte nord – occidentale, che consente l’ingresso alla veranda suddetta”.
Come può notarsi, l’ordinanza di demolizione gravata è stata notificata, al ricorrente, in qualità di esecutore delle opere abusive, ivi rilevate.
In giurisprudenza, cfr. la massima seguente: “Ai sensi dell’art. 29, d. P. R. n. 380 del 2001, la figura del responsabile dell’abuso si identifica in colui che ha materialmente eseguito l’opera ritenuta abusiva. Inoltre, l’art. 31 comma 2, T. U. Edilizia indirizza l’ordine di demolizione sia all’autore, sia al proprietario e al responsabile dell’abuso, in forma non alternativa, ma congiunta e simultanea, così rendendo palese che tutti i predetti soggetti sono chiamati a ripristinare il corretto assetto edilizio violato dall’abuso. Ne consegue che legittimamente l’ordine di demolizione in argomento è stato ingiunto e notificato nei confronti dell’esecutore materiale e responsabile dell’abuso” (T. A. R. Campania – Napoli, sez. VI, 15/09/2016, n. 4319).
Ne consegue che la censura, sollevata nel primo motivo, non è pertinente, in essa stigmatizzandosi la notificazione dell’ordinanza di demolizione de qua, nei confronti del ricorrente, in qualità di socio di una s. r. l., come tale sfornito del potere di rappresentanza legale della stessa società;laddove, come s’è visto, la sanzione edilizia gli è stata rivolta, non già in quanto proprietario, bensì in qualità di soggetto, che ha posto in essere materialmente l’abuso.
Ne deriva che, non venendo controdedotto alcunché, circa l’asserita esecuzione, da parte sua, degli abusi edilizi de quibus, la censura resta priva di pregio ed incapace d’influire sulla legittimità dell’impugnato provvedimento.
Quanto alla seconda doglianza, che nella sua prima parte è volta a contestare l’omessa comunicazione, al ricorrente, dell’avvio del procedimento, culminato con l’emanazione dell’ordinanza di demolizione (in disparte che la stessa è contraddittoria rispetto alla prima, ove s’è postulato il difetto di legittimazione passiva del ricorrente: ma allora, in quella prospettiva, nessuna comunicazione gli sarebbe spettata), osserva il Tribunale che la giurisprudenza assolutamente prevalente è nel senso d’escludere la necessità di tale adempimento formale, nel caso in esame, trattandosi di provvedimento vincolato (cfr., ex multis, la massima seguente: “L’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce attività doverosa e vincolata dell’Amministrazione, con la conseguenza che i relativi provvedimenti (tra cui l’ordinanza di demolizione) costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto” (T. A. R. Campania – Napoli, Sez. III, 19/12/2017, n. 5967).
Tra l’altro, stante la sostanziale irrilevanza della prima doglianza, come sopra riferita, un ipotetico avviso d’avvio del procedimento, e la conseguente eventuale partecipazione del ricorrente al medesimo, non avrebbe potuto apportare alcun elemento conoscitivo di rilievo, in grado di modificare le determinazioni dell’Amministrazione.
Quanto, poi, alla seconda parte della seconda censura (secondo cui l’ingiunzione demolitoria sarebbe risultata “non rigorosa ai sensi di legge”, perché non avrebbe soddisfatto “le esigenze tipizzate dal testo unico in materia edilizia, che come disposizione cogente è applicabile alla fattispecie”), non può che rilevarsene l’estrema genericità, tale da impedirne, all’evidenza, ogni favorevole delibazione.
Sussistono, peraltro, per la vetustà del ricorso e la peculiarità della specie, eccezionali motivi per disporre la compensazione di spese e compensi di lite tra le parti.