TAR Milano, sez. III, sentenza 2023-07-06, n. 202301742

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. III, sentenza 2023-07-06, n. 202301742
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202301742
Data del deposito : 6 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/07/2023

N. 01742/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02009/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2009 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Primaticcio 8;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze – Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

del provvedimento del Comando Interregionale dell’Italia Nord Occidentale - Comandante Interregionale datato 7 giugno 2018 e notificato al ricorrente in pari data, recante l’irrogazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’impiego di 6 mesi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 giugno 2023 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1) Con il provvedimento impugnato, il Comandante Interregionale dell’Italia Nord Occidentale della Guardia di Finanza ha irrogato al Luogotenente CS -OMISSIS- la sanzione disciplinare della sospensione dall’impiego per 6 mesi.

Il provvedimento evidenzia che le condotte, che hanno determinato l’irrogazione della sanzione, sono consistite in:

a) in assenza di una preventiva autorizzazione, il militare ha: 1) sottoscritto in Pristina (Kosovo), il 21 febbraio 2017, un primo contratto di impiego a tempo pieno e collaborazione esclusiva con l’agenzia europea denominata EULEX in qualità di “Agente Verificatore Finanziario” per il periodo dal 18 febbraio 2017 al 14 giugno 2017;
2) manifestato, inoltrando apposita domanda, sin dal novembre 2016 la propria disponibilità a ricoprire il suddetto incarico;
3) prestato la propria opera presso la menzionata agenzia dal 18 febbraio 2017 sino a tutto il 23 giugno 2017;
4) accettato un compenso lordo mensile pari a € 3.700,00 (tremilasettecento) oltre a vari emolumenti;

b) in presenza di un formale diniego, notificatogli il 2 maggio 2017, alle richieste di concessione del collocamento fuori ruolo formulato il 23 dicembre 2016, egli ha: 1) continuato a prestare la propria opera in Pristina (Kosovo) fino a tutto il 23 giugno 2017, interrompendo il rapporto di lavoro con l’agenzia EULEX, solo per non incorrere nella decadenza del rapporto di lavoro ex art. 898 del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66;
2) sottoscritto il 20 giugno 2017 un ulteriore contratto di impiego a tempo pieno e collaborazione esclusiva con l’EULEX per il periodo dal 15 giugno 2017 al 14 giugno 2018;

c) al fine di garantire la propria presenza in Pristina (Kosovo), il militare ha fruito di n. 62 giorni di licenza ordinaria/riposi legge;
nelle richieste afferenti le concessioni ha dichiarato di beneficiare delle giornate di licenza in territorio italiano;

d) ha prestato la propria opera in Pristina (Kosovo) anche in occasione della fruizione di n. 2 giorni di licenza straordinaria per riposo medico domiciliare.

2) Il ricorrente lamenta, in primo luogo, la violazione del termine di 180 giorni, previsto dalla disciplina di riferimento per il completamento degli “accertamenti preliminari”, in quanto la conoscenza dei fatti si è verificata in data 13 maggio 2017, mentre la conclusione degli accertamenti si sarebbe realizzata in data 11 dicembre 2017 con l’avvio dell’inchiesta formale e contestuale comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio, sicché sarebbero decorsi 194 giorni con conseguente decadenza dal potere sanzionatorio.

La censura non può essere condivisa.

Vale ricordare che l’art. 1392, comma 2, del d.l.vo n. 66/2010 - Codice dell’Ordinamento Militare - prevede che “il procedimento disciplinare di stato a seguito di infrazione disciplinare deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari, espletati dall’autorità competente, nei termini previsti dagli articoli 1040, comma 1, lettera d), numero 19 e 1041, comma 1, lettera s), numero 6 del regolamento”.

A sua volta, l’art. 1041, comma 1, lettera s), n. 6 del D.P.R. n. 90/2010 - Testo Unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare – stabilisce che “il termine per gli accertamenti preliminari disciplinari di stato è di 180 giorni dalla conoscenza del fatto da parte dell’autorità competente”.

Dal coordinamento tra le due disposizioni citate emerge che, una volta conosciuto il fatto, l’amministrazione deve concludere gli accertamenti preliminari entro il termine di 180 giorni, mentre dalla conclusione degli accertamenti decorre il termine di 60 giorni per la contestazione degli addebiti all’interessato.

In ordine alla natura del primo dei due termini ora indicati, la giurisprudenza evidenzia (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. II, 14 luglio 2022, n. 6024;
sez. IV, 21 gennaio 2020, n. 484) che gli “accertamenti preliminari” non hanno indole disciplinare ed il relativo termine non è perentorio, sia perché manca una previsione espressa di legge in proposito, sia, comunque, perché detto termine trae il suo fondamento nella disciplina generale del procedimento amministrativo come riassettata ed attuata, per le specifiche esigenze dell’ordinamento militare, negli artt. 1039, 1040 e 1041 del DPR n. 90 del 2010;
risultando, invece, perentorio il solo termine di 60 giorni, previsto dal comma 2 dell’articolo 1392 del d.l.vo n. 66, per la contestazione degli addebiti, decorrente dalla “conclusione degli accertamenti preliminari”.

Il carattere non perentorio del termine di 180 giorni palesa di per sé l’infondatezza della censura in esame, in quanto l’amministrazione, quand’anche avesse superato questo termine, non sarebbe incorsa in alcuna decadenza.

Per completezza di trattazione, il Tribunale ritiene comunque di evidenziare che la violazione lamentata dal ricorrente non trova alcun riscontro negli atti di causa.

Per costante giurisprudenza, la “conoscenza del fatto da parte dell’autorità competente”, ex artt. 1040 e 1041 cit., quale momento di decorrenza del primo termine, va individuata nel momento di effettiva conoscenza del fatto illecito nelle sue concrete modalità di verificazione e nel grado di coinvolgimento del militare incolpato, risultanti da notizie di sufficiente affidabilità (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2020, n. 2107).

Nel caso di specie non è contestato che l’amministrazione sia venuta a conoscenza dell’illecito il 31 maggio 2017, allorché ha ricevuto, tramite mail, la comunicazione redatta dal Capo Ufficio risorse umane di “EULEX”, con la quale si palesava che il Lgt. -OMISSIS- era impiegato a tempo pieno come agente verificatore finanziario in Kosovo per conto di “EULEX” con contratto sottoscritto in data 21 febbraio 2017.

Del resto, la nozione di “accertamenti preliminari” non può essere circoscritta allo svolgimento dei soli accertamenti di fatto necessari per inquadrare, ricostruire e comprendere l’effettivo svolgimento degli accadimenti, ma deve necessariamente ricomprendere anche le successive delibazioni (appunto “preliminari”) operate in proposito dalla “autorità competente” e tese a verificare la completezza degli accertamenti stessi e, in caso affermativo, a vagliare la potenziale rilevanza disciplinare dei fatti, così come ricostruiti.

Si tratta quindi di un’attività di iniziale ed embrionale valutazione dei fatti, tesa a delibare l’opportunità, in via alternativa, di svolgere ulteriori accertamenti, di non procedere tout court all’instaurazione del procedimento disciplinare, ovvero di ritenere gli stessi, per come ricostruiti, potenzialmente rilevanti sul piano disciplinare, con conseguente opportunità di avvio del relativo procedimento.

Stante l’evidente esigenza generale di chiarezza e stabilità della disciplina lato sensu procedimentale, tanto più cogente nel contesto ordinamentale militare, la locuzione “autorità competente” va riferita sempre e solo all’autorità gerarchicamente sovraordinata all’incolpato, chiamata a valutare, una volta acquisita “la conoscenza dei fatti” e svolta la necessaria istruttoria, se considerare opportuno l’avvio del procedimento disciplinare.

La conclusione degli accertamenti preliminari, data nella quale si colloca la decorrenza del successivo termine di 60 giorni per la formale contestazione degli addebiti, va, dunque, individuata nell’atto con il quale il superiore gerarchico più alto in grado, all’esito dell’esame degli intendimenti degli ufficiali ad esso gerarchicamente sottoposti, esprime le proprie valutazioni e le proprie proposte.

Nella fattispecie non è ragionevole, né aderente alle risultanze istruttorie, la tesi del ricorrente che ritiene di individuare la data di conclusione degli accertamenti preliminari con l’adozione dell’atto di contestazione degli addebiti.

Invero, sin dal 23 ottobre 2017, il Comandante Interregionale - autorità più alta in grado nella linea gerarchica - ha disposto la valutazione della condotta serbata da -OMISSIS- nell’ambito di un procedimento disciplinare di stato;
successivamente, in data 23 novembre 2017, ha emesso l’ordine di inchiesta formale.

Si tratta di determinazioni che esprimo la conclusione degli accertamenti preliminari, in quanto racchiudono le delibazioni preliminari operate dall’“autorità competente”, con le quali è stata verificata la completezza degli accertamenti e la potenziale rilevanza disciplinare dei fatti accertati, così da giustificare la valutazione della condotta in ambito disciplinare e l’ordine di inchiesta formale.

Tanto se si considera la data del 23 ottobre 2017, quanto se si tiene conto della data 23 novembre 2017, risulta rispettato il termine perentorio di 180 giorni, fermo restando che il ricorrente neppure contesta la violazione del termine perentorio di 60 giorni previsto per la contestazione degli addebiti, termine comunque rispettato dall’amministrazione.

Va, pertanto, ribadita l’infondatezza della contestazione in esame.

3) Con le ulteriori censure proposte, da trattare congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, il ricorrente contesta la carenza di motivazione, la contraddittorietà intrinseca delle valutazioni espresse con il provvedimento gravato, il difetto di proporzionalità per mancata irrogazione di una sanzione più lieve e per omessa valutazione dei precedenti di carriera del militare.

Le censure sono destituite di fondamento.

3.1) In primo luogo, il provvedimento impugnato, da valutare anche alla luce degli atti istruttori in esso richiamati, è supportato da una corposa motivazione, che descrive in modo minuzioso i fatti addebitati al ricorrente e le valutazioni giuridiche che hanno condotto all’irrogazione della sanzione di stato.

Contrariamente a quanto censurato nel ricorso, il complesso delle norme violate emerge sia dal provvedimento gravato, sia dagli atti ad esso prodromici portati a conoscenza dell’interessato, come il rapporto finale redatto dall’Ufficiale inquirente e l’atto di contestazione degli addebiti;
in ogni caso, il provvedimento precisa in modo chiaro non solo i fatti, ma anche la loro rilevanza disciplinare, in dipendenza della violazione di specifici doveri normativamente incombenti sul militare e descritti nella loro dimensione giuridica.

Né il provvedimento è inficiato, sul piano istruttorio e motivazionale, per avere condiviso la proposta dell’Inquirente, come, invece, dedotto nel ricorso.

La proposta dell’Ufficiale Inquirente non è vincolante, poiché l’amministrazione resta titolare del potere valutativo discrezionale, sicché può disattenderla o condividerla, decidendo anche di irrogare una sanzione diversa.

La circostanza che l’amministrazione abbia deciso in coerenza con la proposta non è indice di eccesso di potere, né esprime una sorta di abdicazione alle competenze proprie del Comandante Interregionale, il quale ha semplicemente condiviso la prospettazione dell’Inquirente, facendola propria sulla base di una valutazione critica della vicenda complessiva, di cui si dà atto nella motivazione.

3.2) Neppure la tesi secondo la quale il provvedimento sarebbe intrinsecamente contraddittorio merita adesione.

Il ricorrente ritiene che siano indice di contraddittorietà alcuni passaggi motivazionali, ove si afferma che “la vicenda, pur non avendo avuto risonanza nell’opinione pubblica, ha arrecato disdoro all’immagine, al decoro ed al prestigio del Corpo”.

Parimenti, il provvedimento pur stigmatizzando la condotta del militare, che ha “ingenerato dubbi sulla correttezza degli appartenenti all’Istituzione, recando sicuro nocumento al superiore interesse pubblico e al buon andamento della Pubblica Amministrazione e della Guardia di Finanza”, rileva che essa non esprime una “totale inaffidabilità del militare” o la “definitiva compromissione dei requisiti minimi di moralità necessari a permanere nella fila del Corpo” e “non configura, pertanto, una piena violazione del giuramento prestato e una totale incompatibilità di status”.

La contraddittorietà consisterebbe, da un lato, nel fatto che la mancanza di risonanza pubblica esclude l’incidenza delle condotte illecite sull’immagine, il decoro e il prestigio del Corpo, dall’altro, nella circostanza che l’affermata gravità dei comportamenti serbati è smentita dalla ritenuta conservazione in capo al militare dei requisiti di moralità per l’appartenenza al Corpo.

Si tratta di affermazioni non condivisibili, perché non tengono conto della complessità della valutazione resa dall’amministrazione e della pluralità di elementi esaminati, che hanno condotto all’irrogazione della particolare sanzione.

E’ già stata evidenziata (retro) la natura delle condotte di cui -OMISSIS- si è reso protagonista, con la precisazione che egli non ha sollevato contestazioni in ordine alla loro effettiva consistenza.

Condotte oggettivamente gravi tali da intaccare il rapporto fiduciario con il Corpo di appartenenza e chiaramente contrastanti con il vincolo di esclusività.

La circostanza che la vicenda non abbia avuto risonanza pubblica non esclude la lesione del prestigio e del decoro dell’Istituzione, che sussiste anche quando tali valori sono pregiudicati nelle relazioni con altri corpi amministrativi o militari, come condivisibilmente evidenziato dall’Avvocatura distrettuale.

La vicenda ha sicuramente coinvolto un Organismo Internazionale – EULEX – che ha portato a conoscenza della Guardia di Finanza la situazione relativa a -OMISSIS-.

Non si tratta di una situazione “asettica”, priva di incidenza sull’immagine dell’Istituzione nazionale, in quanto per la sua consistenza concreta è oggettivamente idonea ad innescare dubbi sulla correttezza della partecipazione a missioni internazionali ad opera dei militari appartenenti alla Guardia di Finanza, specie considerando che -OMISSIS- non solo ha partecipato senza preventiva autorizzazione, ma ha perseverato nell’incarico nonostante il diniego espresso dal Corpo di appartenenza.

Non solo, la vicenda è stata doverosamente portata dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Milano a conoscenza delle Autorità Giudiziarie ordinaria e militare per le valutazioni di competenza e ciò rileva ai fini del prestigio, dell’immagine e del decoro del Corpo, indipendentemente dal livello di diffusione dell’informazione nell’opinione pubblica.

Né sussistono gli ulteriori profili di contraddittorietà denunciati.

Il provvedimento, oltre a rimarcare la gravità delle condotte poste in essere dal militare, ha legittimamente considerato tutti i profili soggettivi ed oggettivi della vicenda, compresi gli aspetti favorevoli all’interessato, in base anche ai precedenti di servizio meritevoli di positivo apprezzamento.

Il fatto che la condotta sia idonea ad intaccare il rapporto fiduciario, non significa che esso sia definitivamente compromesso, perché nella valutazione complessiva della “storia” del militare, l’amministrazione ha ragionevolmente tenuto conto del servizio prestato nel corso degli anni.

Proprio questa considerazione ha consentito l’irrogazione della specifica sanzione in luogo di un’altra ben più grave.

Ne deriva l’insussistenza della contraddittorietà lamentata dal ricorrente

3.3) Le considerazioni ora svolte introducono il tema sotteso all’ulteriore censura di difetto di ragionevolezza e di proporzionalità.

In via preliminare vanno richiamati i consolidati principi giurisprudenziali in ordine ai limiti che il giudice amministrativo incontra nella cognizione dei provvedimenti disciplinari adottati dall’amministrazione, della loro scelta e della relativa misura.

In proposito, si ribadisce (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. II, 3i gennaio 2022, n. 667;
sez. IV, 29 marzo 2021, n. 2669;
sez. IV, 26 febbraio 2019, n. 1344;
sez. IV, 20 aprile 2017, n. 1858) che la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità ed il travisamento;
precisandosi, altresì, che le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all’Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione ed il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 5 giugno 2015, n. 2791;
sez. VI, 16 aprile 2015, n. 1968).

Si è già evidenziato che nella vicenda in esame non sussiste alcun travisamento dei fatti da parte dell’Amministrazione, tanto che essi non sono neppure contestati nella loro materiale consistenza.

Inoltre, nei suddetti limiti di cognizione spettanti al giudice amministrativo, non risultano sussistere, nella determinazione in questa sede impugnata, profili di manifesta illogicità, irragionevolezza o sproporzione.

Il ricorrente ha intrapreso e mantenuto un rapporto di servizio con un Organismo internazionale senza alcuna autorizzazione e senza informare il Corpo di appartenenza;
non solo, lo ha conservato nonostante il sopravvenuto diniego dell’Amministrazione notificatogli il 2 maggio 2017, continuando a prestare la propria opera all’estero fino a tutto il 23 giugno 2017.

Ha giustificato la sua assenza dal Reparto con la fruizione di licenze, riposi compensativi e riposi legge (ben 62 giorni di licenza ordinaria/riposi di legge e 2 giorni di licenza straordinaria per riposo medico domiciliare), dichiarando falsamente di beneficiare delle giornate di licenza in territorio italiano, mentre in realtà si trovava a Pristina (Kosovo).

Ha percepito senza alcuna autorizzazione e, pertanto, illecitamente sul piano amministrativo, le somme contrattualmente pattuite con “EULEX”, pur conservando gli emolumenti spettanti in qualità di Ispettore del Corpo.

E ancora, nonostante il richiamato provvedimento di diniego alla richiesta di collocamento “fuori ruolo”, seguito da una diffida in data 13 giugno 2017, -OMISSIS- ha sottoscritto un secondo contratto di impiego a tempo pieno ed esclusivo con “EULEX” per il periodo dal 15 giugno 2017 al 14 giugno 2018.

A fronte di simili condotte, consapevolmente poste in essere dal ricorrente – il quale aveva una pregressa esperienza nelle missioni all’estero e ben conosceva la disciplina di riferimento - la valutazione di gravità resa dall’Amministrazione nella scelta della sanzione non risulta affetta da profili di irragionevolezza o di illogicità.

Parimenti è infondata la dedotta violazione del canone di proporzionalità della sanzione rispetto alle mancanze commesse dal militare, poiché la valutazione articolata risulta rispettosa del principio del gradualismo sanzionatorio.

L’Amministrazione ha correttamente valutato, nel graduare la sanzione, il tipo e la gravità delle infrazioni commesse, la loro perduranza nonostante il diniego adottato dall’amministrazione, la circostanza che il ricorrente abbia intrapreso il servizio presso Eulex senza alcuna autorizzazione e fornendo false dichiarazioni in ordine al luogo di fruizione di licenze e permessi.

Nonostante la gravità e il numero delle violazioni, l’amministrazione ha applicato la sanzione della sospensione per 6 mesi, che non è certo la più afflittiva tra quelle irrogabili, atteso che la sospensione disciplinare può essere disposta fino ad un massimo di 12 mesi e fermo restando che la più grave sanzione disciplinare prevista è quella espulsiva, ossia la perdita del grado per rimozione.

A tale risultato l’Amministrazione è giunta valorizzando gli elementi favorevoli al militare, desunti dal suo percorso professionale.

L’operato dell’Amministrazione esprime un’accurata attività di valutazione in termini di gradualismo sanzionatorio, giungendo ad applicare la sospensione per una durata inferiore al massimo edittale e senza irrogare la più grave sanzione dell’espulsione.

La scelta risulta proporzionata all’entità del fatto addebitato e conseguente all’adeguata ponderazione di tutti gli elementi, favorevoli e non al ricorrente, presenti nella fattispecie.

Il ricorrente ritiene che sarebbe stata più congrua la sanzione della consegna, prevista dall’art. 1361 del Codice dell’ordinamento militare, a fronte dei suoi positivi precedenti di servizio.

Si tratta di una prospettazione che tende, da un lato, ad introdurre un inammissibile sindacato sostitutivo del giudice amministrativo, dall’altro, cela una lettura travisata dei fatti, che non considera la loro oggettiva gravità e si basa su una valutazione parcellizzata di essi che non può essere condivisa, in quanto non coglie l’evidente disvalore della vicenda complessiva.

Va dunque ribadito, nei limiti del sindacato ammesso sulla discrezionalità amministrativa, che la determinazione impugnata riflette canoni di ragionevolezza e di proporzionalità, con conseguente infondatezza delle censure in esame.

4) In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi