TAR Lecce, sez. III, sentenza 2015-01-23, n. 201500349
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N. 00349/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00147/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 147 del 2011, proposto da:
M Remo, rappresentato e difeso dall'avv. G P, con domicilio eletto presso l’avv. G P in Lecce, via Augusto Imperatore, 16;
contro
Comune di Maruggio, rappresentato e difeso dagli avv.ti E S D e S S Damiani, con domicilio eletto presso l’avv. E S D in Lecce, via 95° Rgt. Fanteria, 9;
per l’accertamento del proprio diritto ad essere risarcito di tutti i danni patiti in conseguenza dell'approvazione di una variante al P.d.F. prima (delib. C.C. 26.2.79 n. 17 e G.R.P. 21.5.1980 n. 3696), di un P.P. poi (delib. C.C. 27.9.1982 n. 95, 8.1.1983 nn. 2 e 6), nonchè di una concessione edilizia (85/91), in virtù dei quali l'area di proprietà del ricorrente, tipizzata Bq, residenziale esistente, risultava interessata dalla realizzazione di opere viarie che rendevano inutilizzabile il lotto, nonché per la condanna del Comune di Maruggio al risarcimento di tutti i danni, con l’indicazione dei criteri per la relativa liquidazione.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Maruggio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 ottobre 2014 la dott.ssa Maria Luisa Rotondano e uditi per le parti gli avv.ti G. Pellegrino ed E. Sticchi Damiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il sig. M Remo, proprietario di un’area sita nell’abitato urbano del Comune di Maruggio, è titolare di una concessione edilizia (n. 70 del 1975), rilasciata dal Sindaco per una casa di civile abitazione. A seguito di un’istanza avanzata nel 1976 per una variante al progetto precedentemente assentito, lo stesso ha ricevuto comunicazione del parere sfavorevole della Commissione Edilizia Comunale, perché l’area interessata dall’intervento edilizio era “soggetta a lottizzazione convenzionata o piano quadro”.
A ciò sono seguiti: 1) l’adozione e conseguente approvazione regionale, rispettivamente con delibere del Consiglio comunale del 26.2.1979 n. 17 e della Giunta regionale del 21.5.1980 n. 3696, di una variante al vigente P.d.F., che ha previsto la destinazione di una parte dell’area del ricorrente alla realizzazione di opere viarie, impugnata dallo stesso M con ricorso n. 479/1981;2) il Piano Particolareggiato (formato con deliberazioni consiliari del 27.9.1982 n. 95 e 8.1.1983 nn. 2 e 6), su cui insiste anche l’area del sig. M, con il quale è stata confermata la previsione viaria di cui alla predetta variante del P.d.F., impugnata dal ricorrente con ricorso n. 2566/1983;3) il rilascio da parte dell’Amministrazione in favore dei sigg.ri V, proprietari di suoli inseriti nel suddetto P.P., della concessione edilizia del 20.5.1991 n. 85, anch’essa impugnata dal M con ricorso n. 2468/1991.
Con sentenza n. 516/1995 di questo T.A.R. sono stati accolti tutti e tre i predetti ricorsi, ritenendo la delibera di variante al P.d.F. (n. 17/1979) viziata in quanto adottata con la partecipazione di consiglieri interessati (nella specie, il Sindaco), e, quindi, in violazione dell’art. 290 T.U. n. 148/1915, con conseguente illegittimità derivata di tutti gli atti successivi.
Tale sentenza (516/1995) è stata sospesa (su appello proposto dall’Ente civico) con successiva ordinanza del Consiglio di Stato (n. 840/1996), che ha (come rilevato dallo stesso sig. M nell’odierno gravame - pag. 3 del ricorso introduttivo) ritenuto sussistente l’allegato pregiudizio grave ed irreparabile, fondato sulla necessità di evitare la paralisi dello sviluppo urbanistico cittadino.
Tuttavia, a seguito della mancata presentazione, da parte del Comune, di istanza di fissazione udienza nei termini di rito, la predetta sentenza n. 516/1995 è passata in giudicato per intervenuta perenzione dell’appello proposto dall’Ente civico (decreto presidenziale 6.12.2006, n. 7184).
Con atto di diffida del 17.7.2007, quindi, il sig. M ha intimato al Comune di Maruggio il ripristino dello status quo ante dei terreni interessati da interventi edilizi illegittimamente assentiti, il riesame o comunque la nuova valutazione e il conseguente accoglimento dell’istanza edilizia del 1°.4.1976 e, a seguito dell’inerzia dell’Amministrazione, ha proposto ricorso (n. 1643/2007) per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla predetta sentenza n. 516/1995. Nel corso del giudizio di ottemperanza, il Comune ha depositato la delibera del Consiglio comunale n. 42 del 19.12. 2007, con cui è stato deciso: 1) di confermare l’approvazione della variante al P.d.F. e dei P.P., precedentemente annullata da questo Tribunale con sentenza n. 516/1995;2) di stralciare dalla conferma di tale previsione pianificatoria le aree appartenenti al sig. M e quelle adiacenti di proprietà di parenti dell’ ex Sindaco;3) di dare atto che, “per le aree stralciate, vale il regime urbanistico precedente all’adozione ed approvazione degli atti deliberativi oggetto di annullamento da parte del T.A.R. Lecce, e, pertanto, il regime urbanistico riconducibile al P.d.F. contingentemente vigente, approvato con delibera G.R. n. 4016 del 01.08.1975”.
A valle di tale deliberazione, l’Ente civico ha rilasciato al sig. V il permesso di costruire n. 12/2008, che veniva impugnato dal sig. M unitamente alla delibera n. 42/2007, nella parte relativa alla conferma della strumentazione urbanistica (rispettivamente ricorsi nn. 986/2008 e 267/2008).
Il T.A.R. Puglia - Lecce, con sentenza 962/2009, ha accolto il ricorso per l’ottemperanza alla sentenza n. 516/1995 e, per l’effetto, ordinato al Comune di Maruggio di dare esecuzione al giudicato;con sentenze 961 e 960 del 2009, ha rispettivamente annullato (1) la deliberazione del Consiglio comunale n. 42/2007 (stante “l’illegittimità della delibera impugnata per non averla, il consiglio comunale, adottata attraverso un nuovo procedimento, ma con mera conferma di quello precedente”) e (2) la concessione edilizia n. 12/2008 (per illegittimità derivata dai vizi inficianti la delibera del Consiglio comunale n. 42/2007).
Su appello interposto dal Comune di Maruggio, con successiva sentenza n. 4486/2010 il Consiglio di Stato ha riformato le suddette pronunce di questo Tribunale (960, 961 e 962/2009), confermando la legittimità della delibera C.C. n. 42/2007 e contestualmente accogliendo la censura incidentale proposta dal sig. M, diretta a far valere la illegittimità della concessione edilizia n. 12/2008, posto che “ dalla salvezza, espressamente prevista nella deliberazione n. 42 del 2007 al punto 3 del dispositivo, della applicabilità della previgente normativa urbanistica per le aree stralciate con la stessa deliberazione discende senza incertezze che ogni effetto della nuova normativa (in particolare per quel che qui interessa le norme sui distacchi degli edifici dai confini e dai fabbricati) non può riverberarsi sulla posizione del signor M ” e che “ la realizzazione di una parete finestrata sul confine laterale del lotto edificato in base a tale concessione determina in effetti un arretramento delle costruzioni da realizzare nel lotto confinante (ex articolo 9, primo comma del DM n.1444 del 1968) ed in quelli a questo finitimi conseguenza che deve essere esclusa con riguardo al lotto del signor M ”.
Con il presente gravame, il sig. M Remo chiede l’accertamento del proprio diritto ad essere risarcito di tutti i danni patiti in conseguenza dell'approvazione della variante al Programma di Fabbricazione prima (delibere di Consiglio Comunale 26.2.79 n. 17 e della Giunta Regionale della Puglia 21.5.1980 n. 3696), del Piano Particolareggiato, poi (delibere di Consiglio Comunale 27.9.1982 n. 95, 8.1.1983 nn. 2 e 6), nonché della concessione edilizia (n. 85/1991), in virtù dei quali l’area di proprietà del ricorrente tipizzata Bq, residenziale esistente, è stata interessata dalla realizzazione di opere viarie che rendevano inutilizzabile il lotto.
Si costituisce il Comune di Maruggio, eccependo in limine l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione (in considerazione della mancata impugnazione avverso il diniego opposto sull’istanza di variante del 1976 e della conseguente acquiescenza) e la tardività dello stesso (essendo spirati i termini per la proposizione della domanda risarcitoria), e chiedendone, poi, la reiezione nel merito.
All’udienza pubblica del 15.10.2014, la causa è stata ritenuta per la decisione.
DIRITTO
0. - Si può prescindere dall’esame delle eccezioni di rito formulate dal Comune resistente, perché il ricorso è infondato nel merito e va respinto.
1. - Il ricorrente deduce che la P.A. ha adottato provvedimenti pianificatori illegittimi che hanno compresso, per circa trenta anni, le potenzialità edificatorie dell’area di proprietà;asserisce che la propria posizione si configura quale interesse legittimo oppositivo alla conservazione dell’edificabilità del lotto, e, di conseguenza, quale pretesa a non essere “disturbato” nell’esercizio delle facoltà inerenti al diritto dominicale. Sostiene, inoltre, che il requisito della colpa emergerebbe dal comportamento complessivo del Comune di Maruggio (violazione dell’obbligo di astensione nell’approvazione consiliare degli atti pianificatori, appello avverso la sentenza T.A.R. Lecce 595/1995 e successiva perenzione per inattività, inerzia dinanzi a richiesta risarcitoria già del 17/7/2007, reiterazione dell’illegittimo assenso al V), per cui non potrebbe configurarsi alcun errore scusabile. Deposita consulenza tecnica di parte, con la quale quantifica il danno subito nella somma di euro 1.986.855,00 (di cui euro 497.272,00 pari all’utile del valore immobiliare attualizzato degli edifici che avrebbero potuto essere realizzati sin dal 1980, ed euro 1.489.583,00, pari al mancato utile netto dei fitti non introitati negli ultimi trenta anni, oltre interessi legali);chiede, in alternativa, la condanna al pagamento della diversa somma di giustizia, previa ammissione di consulenza tecnica d’ufficio, o l’indicazione dei criteri ex art. 34, comma 4, D.Lgs. n. 104/2010.
1.1 - La questione posta all’esame di questa Sezione attiene alla sussistenza della responsabilità del Comune di Maruggio in relazione alla complessa vicenda descritta nella parte in fatto.
Nel caso di lesione arrecata all’interesse legittimo, elemento costitutivo della responsabilità della P.A. (oltre all’elemento oggettivo, al nesso di causalità ed al danno ingiusto, inteso come lesione alla posizione di interesse legittimo) è l’elemento soggettivo, costituito dalla “colpevolezza” o “rimproverabilità” del comportamento posto in essere.
Il Collegio condivide, al riguardo, quanto a più riprese affermato dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui l'azione di risarcimento conseguente all'annullamento in sede giurisdizionale di un provvedimento illegittimo implica la valutazione dell'elemento psicologico della colpa, non essendo il risarcimento una conseguenza automatica della pronuncia (caducatoria) del giudice della legittimità: “ non è sufficiente che l’amministrazione emani un atto illegittimo perché possa ritenersi anche responsabile dei danni subiti dal privato destinatario dell’atto. Devono, pertanto, essere mantenute separate le regole di validità dell’atto dalle regole di responsabilità ” (Cons. Stato, VI, cit., n. 3521/2013).
Sul punto, la giurisprudenza amministrativa ha tipizzato alcune situazioni la cui ricorrenza può indurre a ritenere che l’emanazione dell’atto illegittimo sia stata determinata da un errore scusabile. In particolare, si è ritenuto che integra gli estremi dell’esimente da responsabilità l’esistenza di: a) contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma;b) una formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore;c) una rilevante complessità del fatto;d) una illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata ( ex multis , Cons. Stato, VI, cit., n. 3521/2013, Cons. Stato, III, 6.5.2013, n. 2452;Cons. Stato, V, 12.2.2013, n. 798;Cons. Stato, VI, 9.3.2007, n. 1114).
1.2 - Nel caso in esame, la vicenda trae le mosse dall’annullamento giurisdizionale (sentenza n. 516/1995) degli atti pianificatori adottati con la partecipazione di consiglieri che avevano interessi personali all’adozione della variante, e quindi in violazione dell’art. 290 T.U. n. 148/1915 (con illegittimità derivata di tutti gli atti consequenziali, incluso il titolo edilizio rilasciato al V).
Orbene, il Collegio rileva la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale sull’interpretazione dell’(allora vigente) art. 290 T.U. Comunale del 1915, riguardo all’obbligo di astensione dei consiglieri comunali per l’approvazione di strumenti urbanistici generali (e relative varianti), che vale a fondare la scusabilità dell’errore.
Difatti, accanto all’indirizzo statuente l’obbligo di astensione (espresso dalla sentenza di questo Tribunale n. 516/1995), altra giurisprudenza amministrativa riteneva, invece (in considerazione dei molteplici interessi - pubblici, collettivi e individuali- confluenti nel complesso procedimento di formazione degli strumenti urbanistici generali e della riferibilità del voto espresso dal singolo amministratore non alla specifica prescrizione, bensì al contenuto complessivo dell'atto), che il dovere di astensione gravante sugli amministratori degli enti locali (ai sensi dell'art. 279 del R.D. 3 marzo 1934 n. 383 e dell'art. 290 del R.D. 4 febbraio 1915 n. 148) dovesse intendersi limitato alle sole adunanze dei collegi deliberanti nel corso delle quali si fossero verificate le situazioni di incompatibilità ipotizzate dalla norma con riferimento agli oggetti specifici delle decisioni adottate dagli organi collegiali, non potendo invece configurarsi - pena la paralisi della vita amministrativa della maggior parte dei Comuni italiani - in riferimento alle deliberazioni aventi ad oggetto provvedimenti normativi o generali, ancorché da questi potessero derivare, in via immediata e indiretta, effetti favorevoli per terzi, legati agli amministratori comunali da rapporti di parentela e affinità (in tal senso, Consiglio di Stato, Sez. IV, sent. n. 682 del 28-10-1986). Veniva anche affermato (Consiglio di Stato, VI, 23.5.1986, n. 385) che il predetto dovere di astensione riguardasse i (soli) provvedimenti suscettibili di incidere in via immediata sulle sfere soggettive dei destinatari, non anche gli atti a contenuto generale o normativo che siano presupposti da quelli.
1.3 - Inoltre, ad avviso del Collegio, la verifica dell’elemento psicologico della colpa e della rimproverabilità del comportamento deve essere effettuata anche alla luce dei vizi concreti che inficiavano il provvedimento stesso, “ dovendosi comunque anche valutare la natura, formale o sostanziale, della violazione commessa ” (Consiglio di Stato, VI, cit. n. 3521/2013).
Nel caso di specie, con riferimento al vizio concreto che ha portato all’annullamento giurisdizionale degli atti impugnati, la Sezione rileva che si tratta di un vizio formale e non sostanziale: la sentenza 516/1995 ha, difatti, valutato esclusivamente il vizio derivante dalla mancata astensione, ritenendolo fondato ed assorbente rispetto alle ulteriori censure;tale vizio, da solo, ha determinato l’annullamento giurisdizionale dell’atto pianificatorio e, per invalidità derivata, anche degli atti successivi (piano particolareggiato e concessione edilizia n. 85/1991 al V).
1.4 - Il Collegio osserva, ancora, che, in base ad un giudizio prognostico, l’Amministrazione avrebbe comunque adottato l’atto anche in assenza degli amministratori “interessati”, se è vero (come è vero) che ancora nel 2007 il Consiglio Comunale (delibera n. 42, la cui legittimità è stata riconosciuta dal Consiglio di Stato) ha confermato l’approvazione della variante, ai sensi dell’art. 78, comma 4 del D. Lgs. n. 267/2000, sulla scorta del prevalente (ed ancora attuale) interesse pubblico urbanistico.
Del resto, lo stesso Consiglio di Stato, nel sospendere (ordinanza cautelare n. 840/1996) l’efficacia della sentenza impugnata (n. 516/1995), ha ritenuto sussistente l’allegato pregiudizio grave ed irreparabile, fondato (come rilevato dallo stesso ricorrente, pag. 3 ricorso introduttivo) sulla necessità di evitare la paralisi dello sviluppo urbanistico cittadino, con ciò operando una chiara valutazione della sussistenza dell’interesse pubblico sotteso alle scelte pianificatorie. Ancora il Consiglio di Stato, poi, con la sentenza n. 4486/2010, nel riformare le pronunce del T.A.R. Puglia-Lecce del 2009, ha riconosciuto la legittimità della delibera C.C. n. 42/2007, così confermando anche la legittimità della variante “parziale” (epurata delle sole previsioni coinvolte dal vizio di legittimità derivante dalla mancata astensione e dal giudicato amministrativo, relative alle aree dei sigg.ri M e V, per le quali è stato disposto lo stralcio dalla nuova strumentazione urbanistica e la conferma espressa del regime previgente).
1.5 - La Sezione rileva, altresì, che il Consiglio di Stato (sentenza n. 4486/2010), ha accolto (parzialmente) l’appello incidentale proposto dal sig. M, limitatamente alla censura diretta a far valere l’illegittimità della concessione edilizia n. 12/2008 (rilasciata al sig. V), statuendo che “ dalla salvezza, espressamente prevista nella deliberazione n. 42 del 2007 al punto 3 del dispositivo, della applicabilità della previgente normativa urbanistica per le aree stralciate con la stessa deliberazione discende senza incertezze che ogni effetto delle nuova normativa (in particolare per quel che qui interessa le norme sui distacchi degli edifici dai confini e dai fabbricati) non può riverberarsi sulla posizione del signor M ” e che “ il Comune di Maruggio, in sede di rinnovo della concessione in questione, avrà cura di evitare, se necessario con disposizioni specifiche di natura edilizia riferibili solo al caso che riguarda il signor M, tale effetto negativo per l’attuale appellato, che, come risulta dagli atti di causa, ha in corso una procedura per conseguire un titolo edilizio secondo la normativa previgente alla variante oggetto del presente giudizio ”: il che esclude l’ulteriore compromissione della potenzialità edificatoria del lotto del ricorrente.
2. - In conclusione, il ricorso non può essere accolto.
3. - Sussistono gravi ed eccezionali motivi (la complessità fattuale e giuridica delle questioni trattate) per disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio.