TAR Venezia, sez. II, sentenza 2009-06-15, n. 200901758

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. II, sentenza 2009-06-15, n. 200901758
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 200901758
Data del deposito : 15 giugno 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04095/1994 REG.RIC.

N. 01758/2009 REG.SEN.

N. 04095/1994 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 4095 del 1994, proposto da:
La Sabbia del Brenta Srl, in persona del suo rappresentante legale in carica, rappresentata e difesa dagli avv. A T e F Z, con domicilio eletto presso il loro studio in Venezia - Mestre, via Cavallotti, 22, come da procura a.l. a margine del ricorso,

contro

- il Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv. G G, M M, M B e G V, con domicilio eletto presso l’Avvocatura civica, nella sede municipale di Venezia, come da procura a.l. a margine dell’atto di costituzione;
- la Regione Veneto in persona del Presidente della giunta regionale p.t., non costituitasi in giudizio,

per l'annullamento

1- del provvedimento prot. n. 48351/26552/00 del 22.09.94, recante diniego di concessione in sanatoria;

2- se ed in quanto necessario, della variante tecnica al PRG adottata con delibera consiliare n. 811 del 20.03.90 e approvata con DGR n. 28 del 12.01.93;

3- di ogni altro atto connesso, ivi compreso il parere del settore urbanistica del Comune di Venezia, prot. n. 1387 dell’1.04.94.


Visto il ricorso, notificato il 10.12.94, e depositato presso la segreteria il 17.12.1994, con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia, depositato il 29.12.94;

viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 maggio 2009 il dott. I F e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


FATTO

Espone l’odierna ricorrente di essere concessionaria di area appartenente al Magistrato alle Acque in Mestre- S. Giuliano, e di avere ivi costruito, nel 1963, un modesto fabbricato in muratura (mq. 54) ad uso uffici, e nel 74 un altro locale ad uso magazzino e attrezzi con struttura in ferro e tamponamenti con lamiere zincate. In relazione a tali manufatti chiedeva il rilascio di concessione in sanatoria il 16.09.86. L’istanza veniva respinta su conforme parere dell’ufficio urbanistica del comune, con provvedimento 22.09.94, in ragione del fatto che su tali aree –classificate “a uso pubblico – viabilità” è ammessa dallo strumento urbanistico vigente soltanto la realizzazione di strade, essendo la zona destinata alla “viabilità di progetto” (destinazione confermata con la variante al PRG approvata con DGR n. 28 del 12.01.93).

Contro il diniego insorgeva l’interessato con il ricorso in epigrafe, deducendo i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 35 della l. n. 47/85, sul rilievo che il Comune si è pronunciato sull’istanza oltre il termine di 24 mesi, con la conseguenza che si è formato il silenzio- accoglimento;

2) violazione dell’art. 32 della L. n. 47/85 in relazione all’art. 2 della L. n. 1187/58, falsità di presupposto, carenza di istruttoria, difetto di motivazione e sviamento di potere, sull’assunto che il vincolo era decaduto per decorso del quinquennio e che la variante al PRG è stata approvata dopo la formazione del silenzio-assenso;

3) violazione sotto altro profilo dell’art. 32, falsità di presupposto, sul rilievo che erroneo è il richiamo del 4° comma dell’art. 32, e che i manufatti sono stati realizzati anteriormente all’introduzione dei vincoli di piano;

4) erroneità del richiamo delle norme di legge, carenza di motivazione e perplessità, sull’assunto che il Magistrato alle acque aveva manifestato il proprio assenso all’esistenza dei manufatti in questione;

5) eccesso di potere per violazione della procedura, non essendo stato acquisito il parere della CEC;

6) eccesso di potere per sviamento, violazione dell’art. 3 della legge n. 241 e carenza di motivazione, sul rilievo che non poteva reiterarsi il vincolo senza una motivazione puntuale e adeguata.

Si è costituito il Comune, instando per il rigetto del gravame. Con successiva memoria detta P.A. eccepisce che l’imposizione del vincolo ha impedito la formazione del silenzio- assenso, e che lo stesso rileva se vigente al momento dell’esame dell’istanza.

Replica con sua memoria parte ricorrente, insistendo, in particolare, sulla formazione del silenzio-assenso, potendo l’amministrazione denegare la sanatoria soltanto previo annullamento in autotutela dello stesso, e soggiungendo che essa non poteva chiedere integrazioni documentali dopo il perfezionamento di detto silenzio.

Con ordinanza collegiale istruttoria n. 23 resa nella camera di consiglio del 22 gennaio 2009, sono stati disposti incombenti istruttori per l’acquisizione delle delibere che hanno reiterato il vincolo di cui si è detto. Successivamente al deposito di detti documenti, la P.A. resistente conclude richiamando ancora il decisum di Ad. Plenaria n. 20/99 in ordine alla rilevanza della vigenza del vincolo al momento in cui viene esaminata l’istanza di sanatoria.

Conclude a sua volta la ricorrente asserendo che l’amministrazione, decorso il termine per la formazione del silenzio-assenso, aveva consumato il potere di determinarsi al riguardo, e sottolineando che l’Ad. Pl. n. 20/99 riguarda fattispecie inerenti ad ipotesi di vincolo paesaggistico, che non ricorre nel caso in esame, soggiungendo che la stessa p.a. resistente fa presente che la delibera consiliare n. 811/90 (di reiterazione del vincolo) riguardava una variante tecnica, di per sé inidonea ad assumere una simile determinazione, comunque affatto priva di motivazione sul punto.

All’udienza i difensori comparsi hanno insistito sulle rispettive conclusioni, dopo di che la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

1- Gli argomenti addotti a sostegno del ricorso proposto contro il diniego di sanatoria fanno leva su profili concorrenti di asserita illegittimità dello stesso, ognuno dei quali è dotato, peraltro, di una propria autonoma portata.

In particolare, il primo mezzo di gravame attiene alla asserita formazione del silenzio-assenso, per vano decorso dei 24 mesi previsti dalla legge a tale riguardo, senza che l’amministrazione competente si fosse pronunciata sull’istanza di sanatoria. Onde contrastare detta prospettazione, la p.a. resistente richiama (come si è visto nella narrativa in fatto che precede) la nota pronuncia dell’Ad. Pl. 22 luglio 1999 n. 20, secondo la quale –come riporta la stessa memoria di resistenza- “l’obbligo di pronuncia dell’autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione all’esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall’epoca il cui vincolo medesimo sia stato introdotto. Ciò in quanto tale valutazione corrisponde all’esigenza di vagliare l’attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati abusivamente”.

Senonché –a prescindere dalle perplessità ingenerate da tale (peraltro autorevole) pronuncia, segnatamente per il palese contrasto con la lettera della norma (art. 33, comma 1), circa il requisito dell’anteriorità del vincolo quale elemento ostativo della sanatoria- sta di fatto che, nel caso di specie, non si versa in ipotesi di vincolo paesaggistico, bensì di previsione, nello strumento urbanistico, di destinazione a viabilità dell’area sulla quale sorgono i manufatti ritenuti abusivi.

Dunque, a stretto rigore, l’Ad. pl. n. 20/99 è inapplicabile alla fattispecie, con la conseguenza che deve ritenersi fondato (oltre che, in parte, il terzo) il primo mezzo di impugnazione, anche avuto riguardo al fatto che la richiesta di integrazione documentale sulla pratica di condono è di data successiva allo scadere del termine biennale dalla presentazione dell’istanza.

2- Un altro “filone” di illegittimità attiene alla avvenuta decadenza del vincolo predetto per decorso del quinquennio, e per illegittima sua reiterazione ad opera della menzionata delibera consiliare n. 811 del 19/20 marzo 1990.

Detta reiterazione del vincolo si manifesta illegittima pressoché per tabulas. In effetti, come si legge nel corpo della medesima (a pag. 9), con la stessa è stata adottata una mera “variante tecnica” “per riconoscere validità alla <nuova cartografia>
e alle <nuove norme>, che … sono… la ricucitura di tutte le smagliature che si sono determinate con le varie varianti e in particolare per la parte cartografica”. Al riguardo non si può non convenire con la parte ricorrente allorquando osserva che un siffatto tipo di variante è inidoneo a contenere determinazioni di reiterazione di vincoli, che presuppongono (soggiunge il Collegio) una chiara e consapevole volontà di determinarsi in tal senso, al di là dell’esigenza “tecnica” di fare combaciare la nuova cartografia con quanto previsto nello strumento urbanistico vigente, così come mutato a seguito dell’approvazione di successive varianti nel tempo.

Del resto, al fine di reiterare un vincolo occorre una motivazione puntuale (riferita, cioè, allo specifico vincolo) e adeguata, elementi nella fattispecie del tutto assenti, come pure lamentato dalla ricorrente.

Di conseguenza, non può non convenirsi con quanto asserito dalla ricorrente con i motivi di ricorso secondo e sesto.

Conclusivamente, per le considerazioni su esposte, il ricorso si manifesta fondato e va accolto, con assorbimento di ogni altra censura. Per l’effetto, è annullato il provvedimento di diniego impugnato sub 1) dell’epigrafe.

Le spese e onorari di giudizio seguono la soccombenza, e sono liquidate come da dispositivo.

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