TAR Roma, sez. III, sentenza 2010-03-18, n. 201004274

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2010-03-18, n. 201004274
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201004274
Data del deposito : 18 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07692/2009 REG.RIC.

N. 04274/2010 REG.SEN.

N. 07692/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

S

sul ricorso n.7692 del 2009 proposto da L R, A C, P S, A F, G C, A C C, A A, P Arosio, M B, U D, G S, rappresentati e difesi dagli avv.ti prof. F L, S C e A O ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. Orefice in Roma, Via Alessandro III, n.6;

contro

- il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi n.12, è domiciliatario;
- la Banca d’Italia, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. ti Olina Capolino, Marco Mancini e Giuseppe Tiscione ed elettivamente domiciliata presso la propria sede in Roma, via Nazionale n.91;

nei confronti di

Soc Cooperativa Banca Popolare Vesuviana A Rl, Claudio Giombini, Claudio Fernando Aramini, Michele Sandulli, Enrico Amodeo, Pietro Cavasola;

per l'annullamento:

I) del decreto n.368 del 6 maggio 2009 con cui l’intimato Ministero ha disposto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo della Banca Popolare Vesuviana e la sottoposizione della stessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi dell’art.70, comma 1, lett.a) del d.lgvo n.385/1993;

II) della nota n.372366 dell’8.2009 con cui la Banca d’Italia ha proposto lo scioglimento degli organi con funzione di amministrazione e di controllo della Banca Popolare Vesuviana e la sua sottoposizione alla procedura di amministrazione straordinaria;

III) del provvedimento n.465732 del 7.5.2009 con cui la Banca d’Italia ha nominato i commissari straordinari e i componenti del comitato di sorveglianza della banca de qua;

IV) di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente a quelli impugnati.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Banca D'Italia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 febbraio 2010 il dott. Giuseppe Sapone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con il proposto gravame gli odierni ricorrenti, ex componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della Banca Popolare Vesuviana hanno impugnato:

a) il decreto n.368 del 6 maggio 2009 con cui l’intimato Ministero ha disposto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo della Banca Popolare Vesuviana e la sottoposizione della stessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi dell’art.70, comma 1, lett.a) del d.lgvo n.385/1993;

b) la nota n.372366 dell’8.2009 con cui la Banca d’Italia ha proposto lo scioglimento degli organi con funzione di amministrazione e di controllo della suddetta banca e la sua sottoposizione alla procedura di amministrazione straordinaria;

c) il provvedimento n.465732 del 7.5.2009 con cui la Banca d’Italia ha nominato i commissari straordinari e i componenti del comitato di sorveglianza della banca de qua;

In punto di fatto deve essere evidenziato che.

1) la menzionata banca popolare, costituita nel 1992, nel 2002 è stata sottoposta ad accertamenti ispettivi in esito ai quali emerse un quadro negativo relativamente all’inadeguatezza dell’azione di governo degli organi aziendali, alla carenza degli assetti di controllo interni specie in materia di antiriciclaggio, al rilevante deterioramento del portafoglio crediti e della capacità di reddito;

2) alla luce delle risultanze ispettive la Banca d’Italia disponeva, ai sensi dell’art.53, comma 3m lett. b) e c) del TUB, la convocazione della assemblea ai fini dell’integrale sostituzione degli organi collegiali ed imponeva un coefficiente di solvibilità pari al 25% del complesso delle attività a rischio ponderato, successivamente ridotto (2004) al 18%,, aliquota comunque sempre ben superiore all’aliquota ordinaria dell’8%;

3) nel 2005 la Popolare è stata nuovamente sottoposta ad accertamenti ispettivi conclusisi con esiti sfavorevoli essendo stato riscontrato il permanere di diffusi elementi di problematicità;

4) alla luce dei suddetti accertamenti ispettivi e delle regolarità emerse, in particolare quelle relative alla carenza di istruttoria, erogazione e gestione della pratiche di fido, sono state irrogate nei confronti degli esponenti aziendali sanzioni pecuniarie, la cui legittimità è stata confermata dalla Corte di Appello;

5) successivamente negli anni 2006 e 2007 nel 2008 la BI ha più volte rappresentato alla Vesuviana la necessità di dar corso alla concreta attuazione degli interventi programmati al fine di sanare le carenze organizzative di cui sopra e di continuare nell’azione di riqualificazione del comparto creditizio;

6) nell’ottobre del 2008 il predetto istituto è stato nuovamente sottoposto ad accertamenti ispettivi i quali hanno riscontrato che “l’azione del consiglio di amministrazione è risultata inidonea a rimuovere le diffuse carenze già riscontrate dai precedenti accertamenti ispettivi e non ha assicurato l’efficace governo dei rischi”;

7) con riferimento alle risultanze di tali ultimi accertamenti la BI ha proposto all’intimato Ministero l’adozione nei confronti della Vesuviana del provvedimento di amministrazione straordinaria, ai sensi dell’art.70, comma 1, del TUB, per gravi violazione normative ed irregolarità nell’amministrazione, facendo presente che:

a) tali criticità erano da addebitare agli organi aziendali, i quali, sebbene fossero stati più volte sollecitati in tal senso, non avevano adottato e realizzato le richieste iniziative di riorganizzazione;

b) sussistevano diffuse commistione di interessi fra esponenti aziendali e società affidate che avevano prodotto un rilevante scadimento della qualità del credito;

c) alcuni dei suddetti esponenti erano stati coinvolti in indagini penali;

d) le riscontrate irregolarità avevano interessato tutte le fasi del processo creditizio, con pesanti negative ricadute sull’adeguatezza patrimoniale e sulla capacità di reddito;

8) l’intimato ministero si uniformato alla proposta de qua adottando il contestato decreto con cui ha disposto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo della Banca Popolare Vesuviana e la sottoposizione della stessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi dell’art.70, comma 1, lett.a) del d.lgvo n.385/1993.

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di doglianza:

I) Violazione artt.4, 14, 15, 36 e 70 del d.lgvo n.385/1993. Violazione del regolamento della Banca d’Italia del 27 giugno 2008. Violazione art.39 del DPR n.398/2003, Violazione degli artt.3 e 7 della L. n.241/1990. Violazione artt.42, 47 e 97 della Costituzione. Carenza dei presupposti. Erroneità. Carenza della motivazione. Travisamento. Sviamento. Omessa Comunicazione di avvio del procedimento. Contraddittorietà – Eccesso di potere;

II) Violazione degli artt. 4 e 70 del D.lgvo n.385/1993. Violazione art.39 del DPR n.398/2003. Violazione degli artt.3 e 7 della L. n.241/1990. Violazione degli artt.41, 47 e 97 della Costituzione. Carenza dei presupposti. Erroneità. Carenza della motivazione. Travisamento. Sviamento. Omessa comunicazione di avvio del procedimento. Contraddittorietà;

III) Violazione degli artt. 4 e 70 del D.lgvo n.385/1993. Violazione art.39 del DPR n.398/2003. Violazione degli artt.3 e 7 della L. n.241/1990. Violazione degli artt.41, 47 e 97 della Costituzione. Carenza dei presupposti. Erroneità. Carenza della motivazione. Travisamento. Sviamento. Omessa comunicazione di avvio del procedimento. Contraddittorietà sotto altri profili;

IV) Violazione del D.lgvo n.231/2007. Violazione legge n.197/1991. Violazione decalogo della Banca d’Italia del 12.01.2001. Violazione degli artt. 4 e 70 del D.lgvo n.385/1993. Violazione art.39 del DPR n.398/2003. Violazione degli artt.3 e 7 della L. n.241/1990. Violazione degli artt.41, 47 e 97 della Costituzione. Carenza dei presupposti. Erroneità. Carenza della motivazione. Travisamento. Sviamento. Omessa comunicazione di avvio del procedimento. Contraddittorietà. Violazione indicatori di anomalia emanati dell’UIC il 24.2.2006;

V) Violazione degli artt. 4 e 70 del D.lgvo n.385/1993. Violazione art.39 del DPR n.398/2003. Violazione degli artt.3 e 7 della L. n.241/1990. Violazione degli artt.41, 47 e 97 della Costituzione. Carenza dei presupposti. Erroneità. Carenza della motivazione. Travisamento. Sviamento. Omessa comunicazione di avvio del procedimento. Contraddittorietà;

VI) Violazione degli artt. 4 e 70 del D.lgvo n.385/1993, Violazione art.39 del DPR n.398/2003. Violazione artt. 3 e 7 della L. n.241/1990. Violazione artt. 41, 47 e 97 della Costituzione. Carenza dei presupposti. erroneità. Carenza della motivazione. Travisamento – Sviamento – Omessa comunicazione di avvio del procedimento – Contraddittorietà;

VII) Violazione artt.4, 14, 15, 36 e 70 del d.lgvo n.385/1993. Violazione del regolamento della Banca d’Italia del 27 giugno 2008. Violazione art.39 del DPR n.398/2003, Violazione degli artt.3 e 7 della L. n.241/1990. Violazione artt.42, 47 e 97 della Costituzione. Carenza dei presupposti. Erroneità. Carenza della motivazione. Travisamento. Sviamento. Omessa Comunicazione di avvio del procedimento. Contraddittorietà – Eccesso di potere;

VIII) Violazione artt.4, 14, 15, 36 e 70 del d.lgvo n.385/1993. Violazione del regolamento della Banca d’Italia del 27 giugno 2008. Violazione art.39 del DPR n.398/2003, Violazione degli artt.3 e 7 della L. n.241/1990. Violazione artt.42, 47 e 97 della Costituzione. Carenza dei presupposti. Erroneità. Carenza della motivazione. Travisamento. Sviamento – Eccesso di potere;

IX) Illegittimità derivata.

Si sono costituiti sia il Ministero dell’Economia e delle Finanze sia la Banca d’Italia contestando con dovizia di argomentazioni la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali e concludendo per il rigetto delle stesse con vittoria di spese.

Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2010 il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO

Con il proposto gravame gli odierni ricorrenti, ex componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della Banca Popolare Vesuviana hanno impugnato:

a) il decreto n.368 del 6 maggio 2009 con cui l’intimato Ministero ha disposto lo scioglimento degli organi con funzioni di amministrazione e di controllo della Banca Popolare Vesuviana e la sottoposizione della stessa alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi dell’art.70, comma 1, lett.a) del d.lgvo n.385/1993;

b) la nota n.372366 dell’8.2009 con cui la Banca d’Italia ha proposto lo scioglimento degli organi con funzione di amministrazione e di controllo della suddetta banca e la sua sottoposizione alla procedura di amministrazione straordinaria;

c) il provvedimento n.465732 del 7.5.2009 con cui la Banca d’Italia ha nominato i commissari straordinari e i componenti del comitato di sorveglianza della banca de qua.

Con il primo motivo di doglianza è stata prospettata la contraddittorietà dell’operato della Banca d’Italia, la quale nel 2008 aveva autorizzato l’apertura di una nuova filiale della Popolare sulla base di una positiva valutazione della complessiva situazione aziendale della stessa, salvo a distanza di pochi mesi formulare la contestata proposta di sottoposizione ad amministrazione straordinaria.

In punto di fatto deve essere chiarito che:

a) l’istanza di apertura delle nuova dipendenza era stata presentata in data 1° dicembre 2006;

b) nessun formale provvedimento autorizzativo è stato adottato in merito dall’intimato istituto, atteso che in materia di succursali bancarie la disciplina al tempo vigente stabiliva che l’iniziativa di apertura di una nuova dipendenza doveva essere comunicata alla BI, la quale poteva, entro il termine di 90 gg, poteva sospenderne l’attivazione per motivi attinenti la adeguatezza organizzativa o la situazione finanziaria, patrimoniale ed economica della banca, la quale, pertanto, in assenza di tale sospensione, poteva procedere all’apertura della dipendenza nei successivi 12 mesi decorrenti dalla scadenza del menzionato termine di 90 gg;

c) nella fattispecie in questione a fronte dell’istanza della Vesuviana la BI non ha adottato alcun provvedimento di sospensione per cui l’azienda ha potuto procedere all’apertura della richiesta dipendenza.

In tale contesto il Collegio sottolinea che:

I) se è palese l’assenza di qualsiasi formale provvedimento autorizzativo, tuttavia risulta alquanto atipica la mancata adozione di un provvedimento di sospensione avuto presente che la BI conosceva perfettamente la critica situazione organizzativa e patrimoniale della Vesuviana, come descritta negli accertamenti ispettivi del 2005;

II) tuttavia pur avendo presente tale circostanza non si può ritenere quest’ultima in grado di inficiare il successivo operato della BI, avuto presente che:

a) il silenzio serbato dall’istituto di vigilanza è localizzato temporalmente tra dicembre 2006 e marzo 2007;

b) il menzionato istituto successivamente a tale periodo ha più volte evidenziato alla Polare la criticità della sua situazione organizzativa e patrimoniale, sollecitandola ad adottare ed a porre in essere le sempre più necessarie misure riorganizzative;

c) la contestata proposta è stata formulata sulla base degli ultimi accertamenti ispettivi del 2008 in cui era stato stigmatizzata l’inerzia degli organi amministrativi a dar corso al necessario processo di riorganizzazione della struttura aziendale che aveva generato una pesante situazione economica e patrimoniale della banca.

Ala luce di tali considerazioni, pertanto, la proposta doglianza deve essere rigettata.

Non suscettibile di favorevole esame è anche il successivo motivo di doglianza con cui è stata prospettata la violazione dell’art.3 della L. n.241/1990, in quanto il gravato decreto non avrebbe indicato le ragioni che ne hanno giustificato l’adozione, la quale, inoltre, sarebbe avvenuta senza che il Ministero dell’Economia avesse effettuato un’autonoma istruttoria in merito.

Al riguardo deve essere sottolineato che:

a) il gravato decreto è motivato per relationem in quanto ha fatto proprie le ragioni contenute nella proposta della BI, in cui è stata analiticamente rappresentata, anche sotto il profilo della dinamica temporale, la vicenda che ha condotto alla sua formulazione, con particolare riferimento alle ragioni che ne hanno giustificato la formulazione.

Per quanto concerne, invece, la mancata valutazione dei miglioramenti fatti registrare dalla situazione aziendale della banca in conseguenza delle misure correttive apportate sulla base degli accertamenti ispettivi, il Collegio osserva che:

a) alla luce della ricostruzione fattuale di cui sopra è palese che le suddette misure migliorative, sia pure formalmente adottate, sono state realizzate solo parzialmente, tant’è che la situazione della banca, come risulta dagli accertamenti ispettivi del 2008 e dalla relazione dei commissari straordinari, si è progressivamente aggravata;

b) correttamente è stato stigmatizzato il comportamento dilatorio tenuto nella vicenda de qua dal consiglio di amministrazione, il quale è rimasto nella maggioranza ( 5 su 9 compreso il Presidente) immutato nonostante che nel 2003 in esito agli accertamenti ispettivi dell’anno precedente la BI aveva disposto la convocazione dell’assemblea al fine di procedere all’integrale ricambio degli organi collegiali.

Per quanto concerne l’ultimo profilo di doglianza con cui è stato fatto presente che il resistente Ministero non avrebbe effettuato un’autonoma istruttoria al fine di verificare la sussistenza dei presupposti legittimanti l’adozione del contestato decreto, deve essere evidenziato che il consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr CGA n.145/2002 che ha integralmente riformato la sentenza del Tar Sicilia invocata da parte ricorrente a sostegno della propria prospettazione) ha affermato che il potere di ispezione e di verifica sulle banche è devoluto unicamente alla competenza della Banca d’Italia.

Con il terzo ed articolato motivo di doglianza parte ricorrente ha proceduto ad una analitica contestazione in ordine alla sussistenza delle presunte illegittimità ed irregolarità gestionali poste a base del contestato decreto di scioglimento nonché in ordine alla riconducibilità della stesse alle ipotesi di cui all’art.70 TUB.

In particolare per quanto concerne tale ultimo aspetto, sul presupposto che l’amministrazione straordinaria poteva essere disposta solamente al fine di prevenire la paralisi operativa degli enti in funzione della tutela del risparmio nonchè della salvaguardia dei terzi che potevano essere coinvolti in un dissesto bancario, è stato fatto presente che tale pericolo non era in alcun rinvenibile nella vicenda in esame in quanto gli organi di amministrazione e di controllo avevano avviato un processo di riorganizzazione della struttura aziendale.

La censura è palesemente infondata sia in punto di fatto che di diritto.

In ordine al processo di riorganizzazione aziendale predisposto dall’organo amministrativo, è sufficiente evidenziare, come chiarito dalla BI, che gran parte delle misure ivi previste non erano state realizzate, tant’è che la situazione complessiva della Vesuviana è andata progressivamente aggravandosi, come meticolosamente rimarcato negli accertamenti ispettivi del 2008, e come successivamente confermato dalla relazione degli amministratori straordinari.

Per quanto riguarda la riconducibilità dei presupposti alle ipotesi delineate dall’art..70 TUB, la tesi ricorsuale è in palese contrasto con il tenore letterale della richiamata disposizione, la quale al fine della legittima adozione di un decreto di scioglimento degli organi collegiali e della sottoposizione di un’azienda di credito ad amministrazione straordinaria, richiede la sussistenza di gravi irregolarità nell’amministrazione ovvero la sussistenza di gravi violazione delle disposizioni legislative ed amministrative regolanti l’attività delle banche, non facendo, quindi, alcun riferimento alla sussistenza della situazione invocata da parte ricorrente.

Inoltre, come chiarito dalla BI (pag. 20 della memoria conclusionale) il consolidato orientamento giurisprudenziale ha costantemente affermato che le gravi violazione della normativa di riferimento si pongono in alternativa alla gravi irregolarità gestionali, sicchè sarebbe sufficiente la sussistenza delle prime per giustificare la sottoposizione di una banca ad amministrazione straordinaria.

Ciò precisato, occorre, per organicità e chiarezza espositiva, richiamare le ragioni che hanno giustificato l’adozione del contestato decreto ministeriale.

In particolare nella proposta formulata dalla BI, integralmente recepita dal resistente Ministero, è stato fatto presente che:

a) l’azione del consiglio di amministrazione non si è dimostrata idonea a rimuovere le diffuse carenze già rilevate nei precedenti rapporti ispettivi:

b) la gestione aziendale era connotata da scarsa prudenza, oggettività e trasparenza dei processi decisori, per la diffusa commistione di interessi in capo agli organi aziendali e per il reiterato coinvolgimento di alcuni esponenti in vicende di natura penale;

c) numerosi consiglieri e sindaci svolgevano funzioni amministrative, di controllo e di consulenza, in palese violazione della previsione normativa in tema di obbligazioni degli organi aziendali, in società con le quali erano stati instaurati rapporti creditizi caratterizzati da rilevanti anomalie, i quali hanno successivamente generato posizioni di incagli e sofferenza per circa un terzo del totale;

d) il collegio sindacale non avrebbe ottemperato ai compiti di sorveglianza sulla gestione ed in particolar modo ha omesso di evidenziare le anomalie gestionali afferenti le lacune del sistema dei controlli e le procedure concernenti il comparto creditizio;

e) la gestione del processo creditizio evidenziava significative criticità in tutte le sue fasi;

f) la normativa interna presentava gravi lacune in materia di antiriclaggio, processi di gestione del credito e del servizio di tesoreria;

g) sotto il profilo patrimoniale le sofferenze ammontavano alla datata del 30.9.2008 all’11,68% degli impieghi e gli incagli risultavano pari al 6,8% di questi ultimi.

Al riguardo per quanto concerne l’incapacità del consiglio di amministrazione di rimuovere le criticità riscontrate nonostante che fosse stato costantemente invitato dalla BI, il Collegio osserva, preliminarmente che il suddetto organo è rimasto nella maggioranza dei propri componenti ( 5 su 9 compreso il Presidente) immutato nonostante che nel 2003 la BI ne avesse sollecitato l’integrale ricambio.

Inconferente, poi, risulta essere l’argomentazione risorsuale, dedotta per contestare l’addebitabilità al predetto consiglio delle irregolarità riscontrate, con cui è stato fatto presente che le suddette irregolarità erano sostanzialmente da ascrivere all’operato del Direttore generale.

Premesso che la nomina del Direttore Generale costituiva un tassello essenziale del piano di organizzazione predisposto dalla Popolare all’Autorità di Vigilanza, è da rilevare che la scelta rivelatasi sbagliata del suddetto direttore generale non può non concretizzare una culpa in eligendo dell’organo amministrativo.

In ogni caso, anche ad ammettere che le riscontrate irregolarità, specie quelle afferenti la gestione del processo creditizio, dovevano essere imputante al negligente operato del Direttore generale, nondimeno una tale circostanza non può di certo rappresentare una sorta di esimente a favore del consiglio di amministrazione come fondatamente osservato dall’intimato istituto (pagg.37 e 38 della memoria difensiva).

Per quanto concerne la contestazione di cui al punto b) (scarsa trasparenza e prudenza nei processi decisori per la diffusa commistione di interessi in capo agli organi aziendali) è palese la violazione dell’art.136 del TUB, il quale stabilisce :

“Chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso una banca non può contrarre obbligazioni di qualsiasi natura o compiere atti di compravendita, direttamente od indirettamente, con la banca che amministra, dirige o controlla, se non previa deliberazione dell'organo di amministrazione presa all'unanimità e col voto favorevole di tutti i componenti dell'organo di controllo, fermi restando gli obblighi previsti dal codice civile in materia di interessi degli amministratori e di operazioni con parti correlate (1).

2. Le medesime disposizioni si applicano anche a chi svolge funzioni di amministrazione, direzione e controllo, presso una banca o società facenti parte di un gruppo bancario, per le obbligazioni e per gli atti indicati nel comma 1 posti in essere con la società medesima o per le operazioni di finanziamento poste in essere con altra società o con altra banca del gruppo. In tali casi l'obbligazione o l'atto sono deliberati, con le modalità previste dal comma 1, dagli organi della società o banca contraente e con l'assenso della capogruppo.

2-bis. Per l'applicazione dei commi 1 e 2 rilevano anche le obbligazioni intercorrenti con società controllate dai soggetti di cui ai medesimi commi o presso le quali gli stessi soggetti svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, nonché con le società da queste controllate o che le controllano. Il presente comma non si applica alle obbligazioni contratte tra società appartenenti al medesimo gruppo bancario ovvero tra banche per le operazioni sul mercato interbancario”

atteso che gli accertamenti ispettivi hanno individuato n.4 delibere in contrasto con la richiamata disposizione, come affermato dal resistente istituto (pag.27 della memoria difensiva), in alcun modo contestato sul punto.

Relativamente alla contestazione di cui al punto c) deve essere evidenziato che in sede ispettiva è stata riscontrata l’irregolare situazione di alcune società affidate (Gruppo Simonetti;
srl F;
sas La Rosa, sas Immobiliare Visone) a favore della quali alcuni componenti del consiglio sindacale della Popolare svolgevano attività di consulenza.

Per quanto concerne il gruppo Simonetti è pacifico che:

a) un sindaco della Vesuviana svolgeva attività di consulenza a favore del gruppo;

b) gli assegni del gruppo Simonetti erano irregolarmente tenuti in sospeso oltre i termini del protesto,

Relativamente alla srl F l’anomalia del rapporto creditizio intrattenuto dalla popolare con la stessa, integrante,a altresì, una palese violazione del menzionato art.136 TUB, risulta avvalorata dalla circostanza che la suddetta società ha beneficiato di affidamenti deliberati in data 28.2.2007 senza le cautele previste dalla legge pur essendo a quella data un consigliere della Vesuviana Presidente del Collegio sindacale.

Per quanto concerne la sas la Rosa l’anomalia della situazione creditizia di quest’ultima risulta suffragata dal fatto che:

a) la società era stata presentata da un consigliere che era socio della Edosim sas di R L che curava l’invio in via telematica della dichiarazione fiscale della suddetta società;

b) assegni della sas de qua erano stati mantenuti in sospeso oltre i termini per elevare il protesto ed erano stati addebitati con forzatura per un ammontare complessivo di 380 mila euro.

Una simile situazione è stata riscontrata anche per la Immobiliare Visone, il cui debito risulta incagliato, la quale ha potuto beneficiare di fidi erogati dalla vesuviana in virtù del ruolo svolto dal dottor L, consigliere della banca che risulta al contempo essere consulente della Visone.

Una simile gestione della politica creditizia, poco attenta al merito creditizio delle imprese affidate e contraddistinta da un basso grado di trasparenza delle decisioni a tal fine adottate, come avvalorato, altresì, dal mancato rispetto del disposto dell’art.2400 cc, ha avuto anche, come rilevato dal resistente istituto, pag.35 memoria difensiva, pesanti ricadute patrimoniali per l’azienda, atteso che un terzo degli affidamenti problematici, da cui possono derivare perdite per la banca è rappresentato proprio da affidamenti concessi in situazione di conflitto di interessi.

Alla luce di tali elementi, pertanto, anche il profilo di doglianza dedotto avverso tale contestazione deve essere rigettato.

Relativamente alla correttezza della politica di gestione del credito nella gravata proposta della BI è stato fatto presente che:

a) l’istruttoria non teneva adeguatamente conto della capacità di rimborso dei richiedenti;

b) il monitoraggio non è risultato in grado di percepire tempestivamente le difficoltà finanziarie dei debitori;

c) la revisione dei fidi a revoca sconta significativi ritardi rispetto alle scadenze previste dalla regolamentazione interna;

d) la gestione del contenzioso è stata caratterizzata da incertezze nella prosecuzione delle azioni intraprese.

Al riguardo, premesso che l’inadeguatezza della fase istruttoria, contrariamente a quanto prospettato da parte ricorrente, era stata già oggetto di contestazione nel rapporto ispettivo del 2005, deve essere sottolineato che risulta del tutto inconferente il rilievo ricorsuale secondo cui i finanziamenti riscontrati irregolari rientravano nella competenza del Direttore generale e non del Consiglio di amministrazione, atteso che, giusta quanto disposto dalle Istruzioni di Vigilanza il consiglio di amministrazione deve essere consapevole dei rischi a cui la banca si espone, conoscere e approvare le modalità attraverso i quali i rischi stessi sono rilevati e valutati.

Né ad attenuare la gravità delle irregolarità riscontrate risulta essere conferente il rilievo ricorsuale secondo cui le operazioni erano assistite da ampie garanzie immobiliari in quanto, come rilevato dal resistente istituto, le menzionate disposizioni di vigilanza impongono ai fini della valutazione del merito creditizio e dell’appostazione a sofferenza di un’esposizione di valutare solo la solvibilità dell’affidato, prescindendo, quindi, dall’esistenza di eventuali garanzie poste a presidio dei crediti.

Per quanto concerne il rilievo di cui al punto b) è dirimente, al fine di avvalorarne la fondatezza, il riferimento al dato statistico, in alcun modo contestato, del luglio 2009 in base al quale le sofferenze lorde assorbono il 17.92% del’erogato, le previsioni di perdita – con riferimento alla quota di crediti assoggettata a revisione dai commissari straordinari a tale data – rappresentano il 13,11% dell’erogato, con un peso che graverà sul conto economico per 3.8 mln di euro, comportando un deficit suscettibile di falcidiare il patrimonio di vigilanza.

In merito alla fondatezza del rilievo di cui al punto c) è sufficiente evidenziare che:

I) la Vesuviana aveva previsto di raggiungere l’obiettivo dell’azzeramento dell’arretrato entro giugno 2008;

II) tale obiettivo, che avrebbe assicurato una corretta gestione del credito, non è stato in alcun modo conseguito alla citata data, come attestato dai commissari straordinari, che a luglio 2009 hanno rilevato notevoli ritardi nell’aggiustamento di pratiche di fido scadute, alcune risalenti al 2005.

Per quanto concerne poi l’inadeguatezza della gestione del contenzioso, la fondatezza del rilievo in questione, in alcun modo contestato in sede ricorsuale, risulta avvalorato da quanto affermato dai commissari straordinari in merito (pag. 44 della memoria difensiva della BI).

Per quanto concerne l’asserita carenza delle normativa interna in materia di riciclaggio deve essere evidenziato che la Banca d’Italia aveva invitato il collegio sindacale ad effettuare un’apposita verifica ed trasmettere gli esiti all’Autorità di Vigilanza.

Tale verifica secondo la tesi ricorsuale avrebbe dato un esito positivo, così come attestato dalla società di revisione esterna BDO Sala Scelsi Farina cui la Vesuviana avrebbe affidato la funzione di controllo interno.

La ricostruzione ricorsuale risulta smentita per tabulas sia dalle risultanze dei successivi accertamenti ispettivi, sia da quanto affermato dalla stessa società affidataria del servizio in questione, la quale ha fatto presente, che gli adempimenti previsti dal contratto comprendenti verifiche sulla complessiva attività della banca erano stati ampiamente derogati sulla base di estemporanee richiesti provenienti dal responsabile dell’area governo. Pertanto molti settori non erano stati sottoposti a verifica, il controllo sulle filiali veniva sistematicamente preannunciato ai preposti, e persino le relazioni redatte dagli incaricati della BSO venivano revisionate e concordate con il cennato responsabile.

In ordine poi ai ritardi fatti registrare nell’evadere le informazioni richieste dall’Autorità giudiziaria le argomentazioni ricorsuali tese a giustificare tali ritardi con la necessità di garantire il normale e corretto svolgimento dell’attività bancaria, risultano radicalmente prive di pregio, avuto presente, come rilevato dalla Banca d’Italia, che a livello aziendale non esisteva alcuna regolamentazione della materia, adottata solo il 9.12.2008 in corso di ispezione, con la conseguenza che “ numerose richieste di informazioni dell’Autorità giudiziaria fossero evase direttamente dai preposti alle filiali, in assenza di meccanismi di coordinamento e controllo, determinando ritardi e rischi di un inidoneo riscontro alle richieste degli inquirenti”.

Infondata è anche la contestazione mossa in sede ricorsuale al rilievo relativo alla inefficienza del sistema informatico che avrebbe richiesto laboriosi e sistematici interventi manuali e risultava carente di presidi di sicurezza, come risultava avvalorato dalla presenza di sconfinamenti autorizzati in eccesso ai poteri delegati per oltre 9 mln di euro non sottoposti a ratifica degli organi superiori.

In merito parte ricorrente ha fatto presente che dal tabulato contabile utilizzato dagli ispettori si evince che numerose partite riguarderebbero addebiti riferiti a somme di modesta entità relativa a spese di tenuta conto, bolli addebiti Pos, utilizzi bancomat e varie.

Al riguardo come ha evidenziato l’istituto resistente (pag.57 della memoria conclusionale), in nessun modo contestato sul punto da parte ricorrente, che con riferimento ai dati forniti dalla Vesuviana, gli ispettori hanno tenuto conto dei soli assegni addebitati con forzature in assenza di disponibilità ed hanno riscontrato l’emergere di operazioni senza autorizzazione per un ammontare di 9,148 mln di euro.

Palesemente infondato è, infine, il profilo di doglianza prospettato avverso il rilievo ispettivo, integralmente recepito nella gravata proposta, con cui è stata contestata la grave situazione della qualità complessiva del credito erogato dalla Vesuviana.


A tal fine è dirimente far presente che il rapporto tra sofferenze rettificate ed impieghi a settembre 2009 era pari all’11.57% e risultava più del doppio rispetto al dato medio del suddetto rapporto riferito alla Campania.

Alla luce di tali argomentazioni,, pertanto il terzo motivo di doglianza deve essere integralmente rigettato.

Con la successiva censura è stata contestata la legittimità della gravata proposta nella parte in cui ha denunciato la violazione da parte della Vesuviana della normativa in materia di antiriciclaggio con riferimento ai rapporti intrattenuti da quest’ultima con il gruppo “Langella-Ammirati”, principale depositante della Popolare con il 14,4% della raccolta.

In merito l’Autorità di Vigilanza ha evidenziato che:

a) reiterati anomali prelievi di denaro contante avvenuti nell’arco di 18 mesi per complessivi 18 mln di euro erano stati tardivamente segnalati e solo dopo un’apposita richiesta di una Procura della Repubblica;

b) la mancata valutazione da parte della Popolare, con conseguente mancata segnalazione, del versamento eseguito in data 12.09.2006 sul conto della Fermental sud sas, società riconducibile al gruppo di cui sopra, di n.30 assegni circolari di importo unitario di poco inferiore alla soglia di legge per complessivi euro 325.000.

La Vesuviana ha contestato la fondatezza della irregolarità di cui al punto a) procedendo, erroneamente, a valutare autonomamente le operazioni poste in essere dal signor Langella e dal signor Ammirati, ignorando, quindi, l’esistenza, peraltro ben conosciuta alla banca , della strette relazioni economiche esistenti tra questi due soggetti che avrebbero imposto una considerazione unitaria delle operazioni poste in essere dagli stessi ai dell’individuazione di eventuali operazioni sospette.

Né risulta in alcun modo conferente l’argomentazione ricorsuale secondo cui l’osservanza degli artt. 45 e 46 del D.lgvo n.231/2007 non avrebbe in alcun modo consentito al CdA di venire a conoscenza delle segnalazioni, con la conseguenza che allo stesso non può essere imputata alcuna violazione della disciplina in materia di antiriciclaggio.

Al riguardo, come correttamente affermato dal resistente istituto, le finalità perseguite con le invocate disposizioni del D.lgvo n.231/2007, sono quella di tutelare le persone fisiche che hanno effettuato le segnalazioni nonché quella di evitare che i soggetti segnali ed anche terzi estranei alla banca avvisati della segnalazione possano compromettere gli sviluppi dell’indagine.

In tale contesto, quindi, è palese che tali esigenze non possono essere ravvisate nei confronti degli amministratori, i quali in nessun caso non posso essere ricompresi nei terzi estranei alla banca.

Né in merito risulta conferente l’altro rilievo ricorsuale secondo cui l’esecuzione delle segnalazioni de quibus avrebbe richiesto ulteriori indagini investigative, dato che la segnalazione di operazioni sospette costituiscono, come giustamente rilevato dalla BI a pag.65 della memoria difensiva, un corollario dell’adeguata verifica della clientela che costituisce un’attività essenziale della banca stessa.

Con il quinto motivo di doglianza è stata contestata la gravata proposta nella parte in cui è stato fatto riferimento ai precedenti penali che avrebbero interessato un sindaco (signor S) ed un consigliere (dottor R).

In punto di fatto deve essere rilevato che:

a) nel corso degli accertamenti ispettivi è stato appurato che a carico dei suddetti esponenti aziendali risultavano pendenti due procedimenti penali che non erano stati tempestivamente portati a conoscenza del CdA;

b) solamente nella seduta del 27.11.2008 il consiglio è stato reso edotto dei citati procedimenti penali, ma non ha potuto valutarne la rilevanza ai fini del possesso dei requisiti di onorabilità atteso che i citati esponenti, sebbene sollecitati più volte dal menzionato organo, non hanno in alcun modo prodotto la necessaria documentazione.

In tale contesto, quindi, non assume alcuna rilevanza la gravità penalistica dei procedimenti a carico del S e del R, come affermato da parte ricorrente, bensì il comportamento assolutamente ingiustificabile di questi ultimi, i quali nella totale noncuranza della disciplina in materia, hanno precluso all’organo collegiale, rimasto sostanzialmente inerte una volta accertata l’indisponibilità dei citati esponenti, di verificare la sussistenza in capo agli stessi del requisito de quo.

Alla luce di tali argomentazioni, pertanto, anche la doglianza in esame deve essere rigettata.

Da rigettare è anche il sesto motivo di doglianza con cui è stato fatto presente (pag.89 del gravame) che il lungo lasso temporale intercorso tra le conclusioni dell’attività ispettiva e la formulazione della proposta di scioglimento evidenziava l’insussistenza di una situazione di gravità ed urgenza tale da rendere necessario lo scioglimento degli organi in funzione di rappresentanza e di controllo, avuto presente, altresì, che nelle more non si era verificato alcun evento modificativo della situazione accertata al termine dell’ispezione.

Innanzitutto il Collegio sottolinea che tra i presupposti richiesti dall’art.70 del TUB per la legittima adozione del provvedimento di scioglimento degli organi collegiali non risulta l’urgenza del provvedere, considerato che a tal fine è stato previsto l’istituto dell’amministrazione provvisoria (ex art.76 del TUB).

Ciò premesso in punto di fatto deve essere rilevato che:

a) la visita ispettiva si è conclusa in data 9.1.2009;

b) gli incaricati degli accertamenti ispettivi hanno proceduto alla stesura degli stessi, i quali sono stati portati a conoscenza degli organi competenti nella materia de qua solamente il 20.2.2009;

c) la proposta della BI al Ministero dell’Economia è datata 8.4.2009.

In tale contesto, quindi, non è individuabile alcuna contraddittorietà nell’operato del resistente istituto, atteso che il tempo impiegato per la formulazione della proposta appare razionalmente giustificato in relazione alla complessa situazione della Popolare alla luce del rilevante numero di irregolarità ed illegittimità che hanno caratterizzato l’operato di quest’ultima.

Né risulta veritiera l’osservazione di parte ricorrente secondo cui successivamente alla data di conclusione degli accertamenti ispettivi non si sarebbe verificato alcun fatto rilevante tale da giustificare l’adozione della contestata proposta, atteso che successivamente a tale data sarebbero stati avviati contatti con un’altra Popolare e si è proceduto alla nomina di un nuovo Direttore generale, eventi comunque che la gravata proposta non ha ritenuto idonee a rimuovere il quadro di diffuse e gravi irregolarità emerso dagli accertamenti de quibus.

Nessuna rilevanza ha poi l’argomentazione ricorsuale secondo cui, contraddittoriamente, la BI avrebbe concesso una proroga dei termini per produrre le controdeduzioni a favore degli esponenti aziendali nell’ambito del procedimento sanzionatorio attivato nei loro confronti sulla base delle medesime risultanze ispettive, dato che il procedimento conclusosi con le gravate determinazioni e quello sanzionatorio nei confronti degli esponenti aziendali, pur originando dai medesimi accertamenti hanno palesemente finalità diverse.

Con il settimo motivo di doglianza è stata prospettata la violazione dell’art.7 della L. n.241/1990 in quanto ai ricorrenti non è stata in alcun modo data previa comunicazione dell’avvio del procedimento conclusosi con le contestate determinazioni.

Al riguardo, in linea con quanto affermato dal Consiglio di Stato, sez.n.2947/2005, il Collegio osserva che per effetto dell'art. 4 comma 3, d.lg. n. 385 del 1993 le disposizioni della l. n. 241 del 1990 si applicano ai provvedimenti della Banca d'Italia in quanto compatibili, pertanto, per effetto dell'art. 70 comma 3, dello stesso d.lg., secondo cui "il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e la proposta della Banca d'Italia sono comunicati dai commissari straordinari agli interessati, che ne facciano richiesta, non prima dell'insediamento ai sensi dell'art. 73" (ossia dell'insediamento dei commissari straordinari), non esiste nessun obbligo di previa comunicazione, agli organi di amministrazione dell'istituto di credito, dell’avvio del procedimento con riguardo alla proposta di apertura della procedura di amministrazione straordinaria. La disposizione comporta quindi una legittima deroga alle disposizioni generali in tema di comunicazione dell’avvio del procedimento, in quanto antepone alla pretesa all'immediata informazione del destinatario del futuro provvedimento la tutela dell'interesse pubblico alla stabilità del mercato e alla salvaguardia del risparmio, interessi protetti dall'art. 47 cost.

Palesemente infondato è anche l’ottavo motivo di doglianza prospettante l’eccesso di potere per sviamento, in quanto i contestati provvedimenti sarebbero stati adottati non con riferimento alle illegittimità ed irregolarità riscontrate, ma con riferimento a comportamenti tenuti dagli organi aziendali ostativi all’incorporazione della Vesuviana in un altro istituto di credito.

In merito il Collegio osserva che:

I) al termine degli accertamenti ispettivi era stata individuata una situazione aziendale sia sotto il profilo gestionale che patrimoniale gravemente deficitaria;

II) l’acclarata sussistenza di una simile situazione di per sé poteva legittimamente giustificare l’adozione del provvedimento di sottoposizione ad amministrazione straordinaria.

III) in tale contesto, quindi, la mancata realizzabilità della progettata aggregazione della Vesuviana ad altra banca non ha rappresentato in alcun modo un elemento costitutivo del contestato decreto, atteso che erano sussistenti tutti i presupposti legittimanti l’adozione di quest’ultimo, e, pertanto, non sussiste la prospettata illegittimità, tenuto conto, altresì, che parte ricorrente non ha dato alcun specifico elemento di prova a sostegno della dedotta illegittimità così come richiesto dal consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'esistenza di un vizio di sviamento di potere, consistente in una divergenza tra l'atto e la sua funzione istituzionale, deve essere dedotta mediante l'allegazione di precisi elementi di prova, i quali possono anche consistere in presunzioni ed indizi, ma occorre che essi rivelino in modo indubbio il dissimulato scopo che integra il vizio dell'atto, essendo cioè necessario che dalle presunzioni e dagli indirizzi si passi alla dimostrazione dell'illegittima finalità perseguita in concreto dall'organo amministrativo.(CdS n.1947/2005).

Da rigettare è infine l’ultimo motivo di doglianza prospettante l’illegittimità derivata del decreto ministeriale come conseguenza della illegittimità della proposta formulata dalla Banca d’Italia.

Ciò premesso, il proposto gravame deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza.

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