TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-04-18, n. 202407697

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2S, sentenza 2024-04-18, n. 202407697
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202407697
Data del deposito : 18 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/04/2024

N. 07697/2024 REG.PROV.COLL.

N. 09646/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9646 del 2015, proposto da
P Z, S M, R Z, rappresentati e difesi dagli avvocati F C, F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

della determinazione dirigenziale n. ch/844/2015 avente ad oggetto: acquisizione di diritto delle aree site in via Casteldelci s.n.c. fianco, oggetto di un intervento edilizio illecito nonché delle opere abusive realizzate. immissione di Roma Capitale nel possesso delle suddette aree e manufatti. (art. 15, commi 2 e 3, legge regione lazio n. 15/2008) - risarcimento danni -


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e del Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 29 marzo 2024 il dott. Andrea Gana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I ricorrenti P Z e S M hanno impugnato i provvedimenti indicati in epigrafe e, in particolare, la Delibera adottata dal Comune di Roma per l’ “acquisizione di diritto delle aree site in Via Casteldieci S.n.c. Fianco civ. 36 oggetto di un intervento edilizio illecito, nonché delle opere abusive sulle stesse realizzate. Immissione di Roma Capitale nel possesso delle suddette aree e manufatti”.

Avverso tali provvedimenti, i ricorrenti hanno dedotto in fatto:

- di avere acquisito, con atto di compravendita del 30 dicembre 2011, un terreno di are 10,50, sito nel Comune di Roma in località Castiglione, e di avervi posizionato due container per far fronte alla loro situazione di emergenza abitativa;

- che la Polizia Locale, a seguito di apposito sopralluogo, gli ha contestato la violazione dell’art. 110 c.p. e dell’art. 44, lett. B, del DPR n. 380/2001;

- che, con determina dirigenziale del 20.9.2014, il Comune di Roma Capitale gli ha ingiunto di rimuovere o demolire i manufatti abusivamente realizzati mentre il processo penale, scaturito dagli stessi accertamenti della Polizia Locale, si è concluso con una pronuncia di non doversi procedere per particolare tenuità del fatto;

- che, successivamente, l’Amministrazione comunale, con determina notificata in data 8.5.2015, constata l’inottemperanza all’ordine di demolizione, ha disposto in proprio favore l’acquisizione di diritto delle aree interessate dalle opere abusive, unitamente all’area di sedime e all’ulteriore porzione di terreno indicata nella misura di mq 150;

- che, con una ulteriore determina dirigenziale impugnata mediante differente ricorso amministrativo, l’Amministrazione comunale ha ingiunto il pagamento, a titolo di sanzione, della somma di euro 12.850,00 in applicazione dell’art. 15, comma 3, della legge regionale n. 15/2008.

Quanto ai motivi di impugnazione, i ricorrenti hanno lamentato quanto segue.

Con il primo motivo, i ricorrenti hanno evidenziato la violazione e la falsa applicazione degli artt. 27 e ss del DPR n. 380/2001, dell’art. 3 della legge n. 241/1990, nonché il vizio di eccesso di potere sub specie del difetto di istruttoria e della contraddittorietà con precedente provvedimenti.

Più nel dettaglio, i ricorrenti hanno osservato come la determina dirigenziale che ha ingiunto la demolizione delle opere, e quella successiva di acquisizione a titolo gratuito con immissione nel possesso in favore dell’Amministrazione comunale, abbiano individuato in modo contraddittorio l’area ulteriore da acquisire, posto che nel primo provvedimento è stata prevista l’acquisizione della “restante parte del lotto pari a 150 mq (intero lotto)”, mentre nel secondo dell’area di “mq 150 (restante parte del lotto).

Con il secondo motivo, i ricorrenti ha lamentato la violazione dell’art. 27 e dell’art. 31 del DPR n. 380/2001, degli artt. 2,10,59-62 del d.lgs. n. 42/2004, nonché il vizio di eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto, difetto di istruttoria, sviamento e incompetenza.

In primo luogo, i ricorrenti hanno evidenziato l’illegittimità del provvedimento impugnato in ragione della mancata comunicazione, al Ministero dei Beni culturali e alla competente Soprintendenza per i beni archeologici, dell’ordine di demolizione e di ripristino dei manufatti esistenti su un terreno gravato da vincolo paesaggistico in zona d’interesse archeologico.

In secondo luogo, i ricorrenti hanno rilevato la mancata notifica, nei loro confronti, del verbale di accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione.

Con il terzo motivo, i ricorrenti hanno lamentato l’errata applicazione dell’art. 3 del DPR n. 380/2001, nella parte in cui due container amovibili sono stati qualificati in termini di nuova costruzione.

Con il quarto motivo, i ricorrenti hanno evidenziato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, delle norme urbanistiche e delle NTA di Roma Capitale, nonché il vizio di eccesso di potere per difetto di istruttoria, di motivazione ed errata valutazione dei presupposti. In particolare, a giudizio dei ricorrenti, il Comune avrebbe dovuto considerare che l’installazione dei container, per quanto non autorizzata, era comunque coerente con l’antropizzazione e urbanizzazione della zona interessata, che ha una funzione residenziale, con la conseguenza che l’Amministrazione avrebbe potuto rilasciare il permesso di costruire per tali opere.

Quanto premesso, i ricorrenti hanno domandato l’annullamento degli atti impugnati, il risarcimento del danno patito in ragione dell’adozione di quest’ultimo e la rifusione delle spese di lite.

Si i è costituito in giudizio il Comune di Roma Capitale, domandando che il ricorso venga dichiarato inammissibile e comunque rigettato, in quanto infondato in fatto e diritto.

In vista dell’udienza di merito, le parti hanno depositato le memorie di cui all’art. 73 c.p.a. a supporto delle proprie difese.

All'udienza del 29.3.2024 di smaltimento dell’arretrato, svolta con modalità da remoto, il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.

Il ricorso non è fondato e deve essere respinto.

Preliminarmente, si osserva che, con determinazione dirigenziale n. 1881 del 29 settembre 2014, il Comune resistente ha ingiunto agli istanti, in qualità di comproprietari responsabili, di demolire le opere abusive edilizie realizzate in via Casteldelci n. 36 e consistenti in “Posa in opera di due container ad uso abitativo, delle dimensioni di mt. 12,00 x 7,40 e mt. 12,00 x 5,70, con altezza variabile da mt. 2,00 a mt. 2,50 circa, con copertura a doppia falda spiovente, posizionati su blocchetti. Entrambi risultano rifiniti ed abitati, per una superficie complessiva di mq. 157 circa. Realizzazione di un muro di blocchetti di cemento precompresso, alto circa mt. 1,60, di divisione del lotto in due parti, inoltre realizzazione di un muro perimetrale di confine lato strada lungo mt. 30,00 ed alto mt. 1,80 circa, con posa in opera di due cancelli di accesso per ciascuna parte del lotto”, con avviso che, in caso di inottemperanza, oltre all’acquisizione gratuita di diritto al patrimonio di Roma Capitale dell'opera e della relativa area, si sarebbe proceduto alla demolizione d’ufficio in danno e all’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall'art. 15 comma 3 L.R. n. 15/08.

Tale atto non è stato impugnato ed è divenuto definitivo.

Ciò implica che nel presente giudizio devono ritenersi inammissibili, in quanto tardivamente formulate, tutte le censure con le quali i ricorrenti hanno contestato che le opere in esame possano essere qualificate come abusive (in ragione, essenzialmente, del loro carattere amovibile, della conformità alla regolamentazione urbanistica o comunque all’urbanizzazione dell’area interessata), trattandosi di contestazioni che avrebbero dovuto essere formulate mediante l’impugnazione della richiamata ordinanza del 29 settembre 2014 che ne ha ingiunto la demolizione.

Si osserva, ulteriormente, che non sussiste alcuna violazione degli artt. artt. 2,10,59-62 del d.lgs. n. 42/2004, posto che le norme richiamate dai ricorrenti prescrivono la comunicazione alle competenti Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, soltanto quando il Dirigente dell’Amministrazione che ha accertato l’abuso provvede direttamente alla demolizione delle opere.

Nella fattispecie in esame, invece, l’Amministrazione ha ingiunto alle parti di provvedere alla demolizione delle opere (con provvedimento non impugnato dalle stesse) e, successivamente, constatato l’inadempimento a tale ordine, ha acquisito l’area al proprio patrimonio, immettendosi nel possesso.

Ne deriva, pertanto, la non applicabilità delle disposizioni sopra richiamate.

Con riferimento alle censure dei ricorrenti specificamente riferite all’ordinanza oggetto del presente giudizio, che possono essere trattate congiuntamente, si deve evidenziare come l’Amministrazione abbia documentato la notifica del verbale di accertamento dell’inadempimento all’ordinanza di demolizione.

Al tempo stesso, non è ravvisabile alcuna contraddittorietà o difetto di istruttoria e di motivazione nel provvedimento impugnato che reca la corretta individuazione dell’area effettivamente acquisita dall’Amministrazione, senza che assumano rilievo precedenti quantificazioni eventualmente indicate con formulazioni ambigue.

Ne consegue che per le ragioni esposte, attesa la legittimità del provvedimento impugnato, deve essere rigettata anche la domanda risarcitoria proposta dai ricorrenti, non sussistendo i relativi presupposti.

Le spese di lite devono essere compensate tra i ricorrenti e il Ministero dei Beni Culturali, in ragione della costituzione meramente formale di quest’ultimo;
relativamente al rapporto processuale tra i ricorrenti e Roma Capitale, le spese di lite devono essere poste a carico dei primi in ragione della loro soccombenza.

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