TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2012-01-13, n. 201200018
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N. 00018/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00270/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 270 del 2004, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
S M, rappresentata e difesa dall'avv. R D, con domicilio eletto in Cagliari presso lo studio dell’avv. G C, via Satta n. 33;
contro
il Comune di La Maddalena, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti S F e G C R, con domicilio eletto presso in Cagliari, presso lo studio dell’avv. S C, Vico II Merello n. 1;
il Ministero di Grazia e Giustizia, in persona del Ministro .p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliato per legge in Cagliari presso gli uffici della medesima, via Dante n. 23;
la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente p.t., non costituita in giudizio;
per l'annullamento
con il ricorso principale:
- della nota prot. n. 4882 del 19.4.2002, a firma del Dirigente capo area tecnica del Comune di La Maddalena, avente ad oggetto: diniego di condono edilizio ex L. n. 47/85 per opere abusive, fabbricato di nuova costruzione ad uso residenziale sito in regione denominata Spalmatore;
- di ogni atto ad esso precedente e/o presupposto, conseguente e/o connesso,
e per la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni patiti e patiendi;
e con i motivi aggiunti depositati in data 15.4.2008:
- del provvedimento prot. n. 2313 dell'8.2.2008, portante diniego di presa d'atto e costituzione di silenzio assenso su domanda di condono edilizio ex L. 326/03;
- di ogni atto ad esso precedente, presupposto, conseguente e/o connesso;
e per la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni patiti e patiendi a causa dell'atto gravato.
e con i secondi motivi aggiunti
del provvedimento n. 4709 del 14 aprile 2009, adottato al fine della comunicazione dell’avviso di inizio del procedimento volto alla reiezione della richiesta di concessione in sanatoria ex art. 32 della legge n. 326/03 e della legge regionale n. 4/2004;
di ogni atto ad esso precedente, presupposto, conseguente e/o connesso;
e per la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni patiti e patiendi a causa dell'atto gravato;
e con i terzi motivi aggiunti
del provvedimento n. 12317 del 19 settembre 2009, recante il diniego di condono edilizio ex L. 326/2003 e L.R. n. 4/2004 e n. 6/2004, per opere abusive realizzate in Comune di La Maddalena, sull’immobile distinto in catasto al foglio 3, particella 7-8, sito in regione Spalmatore, consistenti in nuova costruzione di immobile ad uso residenziale;
di ogni atto ad esso precedente, presupposto, conseguente e/o connesso;
e per la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento dei danni patiti e patiendi a causa dell'atto gravato;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di La Maddalena e del Ministero di Grazia e Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2011 il dott. T A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La ricorrente è comproprietaria di un lotto di terreno sito nel Comune di La Maddalena, regione Spalmatore, distinto in catasto al foglio 3, mappale nn. 7 e 8.
Anteriormente al 1985 vi ha realizzato, in assenza di concessione edilizia, un fabbricato destinato ad uso residenziale.
Per quanto sopra presentava, in data 24 settembre 1986, domanda di condono edilizio ai sensi della legge 25 febbraio 1985 n. 47.
Sennonché, con nota n. 4882 del 19 aprile 2002, il Comune di La Maddalena rendeva noto l’avvenuto rigetto della richiesta di condono nel rilievo che l’opera abusiva non era ammessa a sanatoria in quanto realizzata entro la fascia dei 150 metri dal mare successivamente all’apposizione del vincolo di cui alla legge regionale n. 10/1976.
Nell’assunto della ricorrente, tuttavia, tale atto di diniego sarebbe illegittimo per i seguenti motivi:
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11, lett. c), della legge regionale 9 marzo 1976 n. 10 – Difetto assoluto di presupposto legittimante – Carenza di istruttoria e difetto di motivazione – Eccesso di potere per travisamento di atti e fatti decisivi: in quanto la legge reg. n. 10/1976 non avrebbe affatto apposto un vincolo di in edificabilità duraturo ma , piuttosto, un vincolo temporaneo ormai decaduto per effetto dell’entrata in vigore della legge regionale n. 17/1981. Sarebbe pertanto illegittimo il provvedimento impugnato in quanto fondato su un presupposto normativo inesistente;
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14, lett. b), della legge regionale n. 17 del 19 maggio 1981 - Difetto assoluto di presupposto legittimante – Carenza di istruttoria e difetto di motivazione – Eccesso di potere per travisamento di atti e fatti decisivi: in ogni caso, neppure l’art. 14 della legge regionale n. 17/1981 poteva fondare, quale fonte del vincolo di inedificabilità, il provvedimento di reiezione dell’istanza, in quanto a sua volta abrogata dall’art. 39 della legge regionale n. 43/1989;
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 14, lett. b), della legge regionale n. 17 del 19 maggio 1981 in relazione all’art. 18 della stessa legge regionale e violazione e/o falsa applicazione della medesima norma - Carenza di istruttoria e difetto di motivazione – Eccesso di potere per travisamento di atti decisivi: in ogni caso il provvedimento impugnato sarebbe comunque illegittimo per non essersi considerate le deroghe previste dall’art. 18 cit. per le isole minori;
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 28 della legge regionale n. 23/1985 – Difetto di presupposto legittimante - Eccesso di potere per travisamento di atti e fatti decisivi: in quanto il menzionato art. 28 sarebbe divenuto inefficace essendo venute meno le disposizioni impositive del vincolo da esso richiamate;
Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 33, comma 1, lett. b) e dell’art. 28 della legge reg. n. 23/1985 – Difetto di presupposto – Eccesso di potere per travisamento di atti e fatti decisivi: con riguardo all’illegittimo richiamo al citato art. 33 nella parte in cui non consente il rilascio del condono edilizio per il caso di vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa di coste marine, lacuali e fluviali.
Contestualmente alla domanda di annullamento la ricorrente ha chiesto la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno, da quantificarsi nel corso del giudizio.
Concludeva, quindi, la sig.ra S chiedendo l’accoglimento del ricorso, vinte le spese.
In data 9 dicembre 2004 la ricorrente presentava, in relazione al medesimo immobile, una nuova domanda di condono ai sensi dell’art. 32 della legge n. 326/03 e della legge regionale n. 4/2004, allegando all’uopo la prescritta documentazione.
In assenza di pronunciamento espresso del comune, ritenendo formatosi il silenzio assenso per decorso del termine di 24 mesi di cui all’art. 32, comma 37, della legge n. 326/03, la ricorrente inviava al comune di Nuoro, in data 21 gennaio 2008, un atto di significazione e presa d’atto dell’intervenuto silenzio assenso.
Sennonché, con nota n. 2313 dell’8 febbraio 2008, il Comune di La Maddalena esprimeva il proprio diniego a prendere atto dell’avvenuto silenzio assenso ritenendone insussistenti i presupposti per carenza della necessaria documentazione.
Avverso tale provvedimento negativo la ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti, lamentandone l’illegittimità per i seguenti motivi:
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, commi 35 lett. b) e 37 della legge n. 326/2003 – Difetto di presupposto – Eccesso di potere: con riguardo alla ritenuta infondatezza dei motivi posti dall’amministrazione a fondamento del suo provvedimento;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 10bis della legge n. 241/1990, per la mancata preventiva comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.
Contestualmente alla domanda di annullamento la ricorrente ha chiesto la condanna dell’amministrazione intimata al risarcimento del danno, da quantificarsi nel corso del giudizio.
Con secondo ricorso per motivi aggiunti, depositato il 26 giugno 2009, la sig.ra S ha poi impugnato il provvedimento n. 4709 del 14.4.2009, adottato al fine della comunicazione dell’avviso di inizio del procedimento volto alla reiezione della richiesta di concessione in sanatoria ex art. 32 della legge n. 326/03 e della legge regionale n. 4/2004, affidandolo, attesa la sostanziale identità dei motivi del rigetto, agli stessi motivi di impugnazione indicati nell’atto introduttivo del giudizio.
Successivamente, in data 16 dicembre 2009, la ricorrente ha depositato un terzo ricorso per motivi aggiunti, con il quale ha impugnato il provvedimento n. 12317 del 19 settembre 2009, col quale il Dirigente dell’Area Tecnica del Comune di La Maddalena ha respinto la domanda di condono di cui sopra, affidandolo ad analoghi motivi di censura.
Concludeva quindi la ricorrente chiedendo l’annullamento dei provvedimenti impugnati, con vittoria delle spese.
Per resistere al ricorso si è costituita l’amministrazione intimata che, con memoria depositata il 21 ottobre 2011, ne ha chiesto la reiezione, vinte le spese.
Per il Ministero della Giustizia si è altresì costituita in giudizio l’Avvocatura dello Stato che ha chiesto il rigetto dell’impugnazione, con favore delle spese.
In vista della trattazione del merito della causa la ricorrente ha depositato memorie di replica.
Alla pubblica udienza del 23 novembre 2011, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente dev’essere disposta l’estromissione dal giudizio del Ministero della Giustizia, non risultando impugnati atti riferibili a tale amministrazione ma, soltanto, provvedimenti adottati dal Comune di La Maddalena nell’ambito del procedimento di condono di opere realizzate in assenza di concessione edilizia avviato dalla ricorrente nel 1986, restando dunque quest’ultima l’unica amministrazione legittimata passivamente nel presente giudizio.
Sempre in via preliminare, va disattesa la richiesta istruttoria formulata dalla ricorrente con atto depositato il 24 giugno 2011 al fine di acquisire le domande di sanatoria e i provvedimenti conclusivi dei relativi procedimenti concernenti la posizione di taluni proprietari di immobili collocati nelle vicinanze di quello per cui è causa.
E’ invero pacifico in giurisprudenza che il provvedimento di diniego di condono edilizio costituisce espressione di potere vincolato rispetto ai presupposti normativi richiesti e dei quali deve farsi applicazione, con la conseguenza che in ordine al medesimo non possono venire in rilievo profili di eccesso di potere quali la disparità di trattamento, propri dell'esercizio del potere discrezionale, atteso altresì che il rilascio del condono registratosi in analoghi casi di abusi non condonabili, e quindi suscettibili di annullamento giurisdizionale o amministrativo, non può comunque ex se legittimare la pretesa a identico trattamento (da ultimo, Consiglio Stato , sez. IV, 24 febbraio 2011 , n. 1235).
Può quindi passarsi all’esame del merito della controversia, precisando che l’opera abusiva per cui è causa è stata realizzata nella fascia dei 150 metri dal mare successivamente all’imposizione del vincolo di cui all’art. 11, lettera b) della legge regionale 9 marzo 1976 n. 10, ai sensi del quale “È vietato eseguire costruzioni o opere di urbanizzazione soggette a licenza edilizia ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765:
…
b) nel demanio marittimo e in ogni caso ad una distanza inferiore a centocinquanta metri dal mare nelle zone territoriali omogenee - confinanti con il mare - classificate «D» «E» ed «F» ai sensi del decreto interassessoriale n. 01856 del 6 agosto 1968….”.
Il Collegio ritiene di affrontare per prima la questione centrale della controversia (sostanzialmente unitaria anche se articolata nei motivi 1, 2 e 4 del ricorso), ossia quella relativa alla contestazione della persistenza del vincolo di inedificabilità dell’area interessata dall’abuso edilizio, con conseguente illegittimità, ad avviso della ricorrente, della decisione di reiezione della domanda di condono fondata su tale presupposto normativo.
Sostiene infatti quest’ultima che il vincolo imposto dalle richiamate disposizioni normative avrebbe avuto natura temporanea, con la conseguente illegittimità di un diniego fondato su disposizioni divenute inefficaci.
L’argomento è infondato.
L'impugnato atto di diniego della domanda di concessione in sanatoria, infatti, rinviene il suo fondamento nell’ubicazione delle opere abusive all'interno della fascia di rispetto dei 150 metri dal mare, circostanza determinante la non assentibilità della istanza di sanatoria in virtù del vincolo di assoluta inedificabilità ivi insistente ai sensi degli artt. 11 l.r. Sardegna 9 marzo 1976, n. 10, 14 l.r. Sardegna 19 maggio 1981, n. 17, e 10 bis l.r. Sardegna 22 dicembre 1989, n. 45, introdotto dall'art. 2 l.r. Sardegna 7 maggio 1993, n. 23, letti in combinato disposto con gli artt. 28, comma 1, l.r. Sardegna 11 ottobre 1985, n. 23, ed 11 l.r. Sardegna 7 aprile 1995, n. 6.
In particolare, nel caso di specie, l'amministrazione ha invocato, al fine di giustificare la non assentibilità in sanatoria delle stesse, l'art. 28, comma 1, lett. a) l.r. 11 ottobre 1985, n. 23 (richiamato dall'art. 11 l.r. 7 aprile 1995, n. 6), ai sensi del quale "non possono conseguire il rilascio della concessione o dell'autorizzazione in sanatoria le opere abusive, realizzate dopo l'apposizione del vincolo, che si trovino entro la fascia di rispetto costiero dei 150 metri dal mare, di cui all'art. 14, lett. b), della l.r. 19 maggio 1981, n. 17, per le quali non sia ammessa la deroga ai sensi dell'art. 18 della medesima legge regionale".
Orbene, il quadro ordinamentale sopra precisato evidenzia la sostanziale continuità del vincolo di inedificabilità di cui sopra, in relazione al quale le disposizioni normative che si sono succedute, nell’attesa del perfezionarsi di definitivi assetti della materia, pur con talune variazioni in ordine all’ampiezza della fascia di inedificabilità assoluta, hanno sempre evidenziato l’intento del legislatore regionale di salvaguardare il territorio costiero da interventi suscettibili di pregiudicarne l'integrità paesaggistica.
Con riguardo al caso di specie, alla data di realizzazione dell’abuso (risalente, come si ricava dalla fatture in atti, al mese di aprile 1983) il vincolo in questione era sicuramente vigente per effetto dell’art. 14 l.r. Sardegna 19 maggio 1981, n. 17, che ha confermato quello imposto dalla legge regionale n. 10/1976 “fino all’emanazione di un’organica legge regionale sarda in materia di pianificazione urbanistica”, il divieto di costruzioni od opere di urbanizzazione soggette a concessione edilizia nella fascia dei 150 metri dal mare.
La legge regionale 22 dicembre 1989 n. 45, all’art. 39, ha abrogato l’art. 14 sopra riportato prevedendo, peraltro, all’art. 12, che “Nei territori compresi entro una fascia di due chilometri dal mare, fino all'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui ai precedenti articoli 10 e 11 e per un periodo non superiore a due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è vietato realizzare opere nuove soggette a concessione edilizia, ad autorizzazione, nonché ogni nuova modificazione dell'assetto del territorio…”.
Tale termine è stato prorogato a 30 mesi dall’art.1 della legge regionale 18 dicembre 1991 n. 37.
Successivamente è intervenuta la legge regionale 7 maggio 1993, n. 23 che, con l’art. 2, ha inserito dall’art. 10 bis della bis l.r. Sardegna 22 dicembre 1989, n. 45 recante il vincolo di inedificabilità per la fascia costiera di 300 metri.
E’ dunque pacifico che, senza soluzione di continuità, dalla data di realizzazione dell’abuso fino all’adozione del provvedimento impugnato (19 aprile 2002), l’area interessata dall’abuso edilizio commesso dalla ricorrente è sempre stata soggetta a vincolo di inedificabilità (ed alla conseguente inammissibilità di sanatoria), con conseguente legittimità, sotto tale profilo della decisione di rigetto dell’istanza di condono assunta dall’amministrazione.
Vale infatti il principio, già affermato da questo Tribunale (TAR Sardegna, 16 maggio 1996 n. 701), per il quale il vincolo non viene meno quando una successiva legge ne rinnovi la fonte riconfermando l’interesse del legislatore alla salvaguardia della suddetta porzione di territorio regionale.
Di qui la reiezione delle censure 1,2 e 4 del ricorso principale.
Col terzo motivo del ricorso la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 18 della legge regionale n. 17/1981, che alla lettera g) prevede la possibilità di deroghe con riguardo alle costruzioni ubicate nel territorio delle isole minori.
A suo avviso, infatti, l’amministrazione non avrebbe motivato in ordine alle ragioni impeditive dell’applicazione del regime derogatorio.
Neppure tale argomento è decisivo.
La disposizione invocata dalla ricorrente consente la deroga alla disposizione dell’art. 14 ove accordata dal Sindaco, su conforme deliberazione del Consiglio comunale, previo nulla osta dell’Assessore regionale competente, sentita la Commissione urbanistica regionale di cui all’art. 21 della stessa legge, e previo eventuale parere della Soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici.
Ebbene, non risulta che nel caso di specie la ricorrente abbia presentato la sua domanda di condono chiedendo di essere ammessa al regime di deroga sopra precisato, né che al fine di sollecitare in tal senso la determinazione dell’amministrazione la sig.ra S abbia inoltrato specifica istanza.
Con la conseguenza di non potersi oggi dolere della mancata iniziativa d’ufficio, da parte del Comune di La Maddalena, nell’esercizio di valutazioni legate a situazioni eccezionali, meramente facoltative e comunque rimesse a scelte amministrative ampiamente discrezionali, all’invocato procedimento derogatorio, giacché, nella specie, l’amministrazione non ha ritenuto di esercitare tali poteri.
Alla luce di quanto sopra viene meno l’interesse della ricorrente all’esame della 5° censura, con il quale si contesta la legittimità, nel diniego impugnato, sotto il profilo dell’illegittimo richiamo all’art. 33, lettera b) della legge reg. n. 47/85, giacché, per quanto sopra esposto con riguardo agli altri motivi, anche l’eventuale accoglimento della censura non consentirebbe comunque la sanabilità dell’abuso.
In ogni caso essa non sarebbe decisiva, giacché, comunque, essendo l’intero territorio di La Maddalena sottoposto a vincolo paesaggistico, il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria restava subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso, che nella specie non è mai stato rilasciato.
Come esposto in narrativa, nel 2004 la ricorrente ha presentato un’ulteriore domanda di condono.
Decorsi 24 mesi senza ottenere riscontro, ha inoltrato all’amministrazione un atto di significazione ai fini della presa d’atto, da parte di quest’ultima, dell’intervenuto silenzio assenso.
Con nota n. 2313 dell’8 febbraio 2008, il Comune di La Maddalena esprimeva il proprio diniego a prendere atto dell’avvenuto silenzio assenso ritenendone insussistenti i presupposti per carenza della necessaria documentazione.
Con ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato tale provvedimento chiedendone l’annullamento per i motivi indicati in narrativa.
Neppure tale ricorso è fondato.
Anche a prescindere da ogni ulteriore considerazione, si è già rilevato che l’intero territorio di La Maddalena è sottoposto a vincolo paesaggistico.
Con la conseguenza che tra la documentazione necessaria ai fini del positivo riscontro della domanda di condono, e, comunque, al fine di rendere la stessa corredata di tutta la documentazione necessaria al maturarsi del silenzio assenso, occorreva acquisire il parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso, parere che, come giustamente rilevato dall’amministrazione nell’impugnata nota n. 2313/2008, non è mai stato rilasciato.
Con conseguente infondatezza dell’asserita formazione del silenzio assenso per una carenza documentale che ha impedito il decorso dl termine necessario alla formazione del provvedimento implicito.
Questo Tribunale, infatti, ha più volte precisato che nell'ipotesi di mancata esplicita definizione della domanda di condono, la formazione del silenzio assenso ai sensi dell'art. 35, l. 28 febbraio 1985 n. 47, si ha dopo il termine di ventiquattro mesi decorrente dalla data nella quale viene depositata la documentazione completa a corredo della domanda di concessione in sanatoria (per tutte, TAR Sardegna, Sez. II, 17 novembre 2010 n. 2600).
Di qui, senza necessità di ulteriori argomentazioni, la reiezione del ricorso.
Con i secondi motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato il preavviso di rigetto di cui alla determinazione dirigenziale n. 4709 del 14 .4.2009.
I motivi aggiunti vanno tuttavia dichiarati inammissibili perché l’atto con essi impugnato non ha natura provvedimentale.
Con i terzi motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato la determinazione conclusiva del secondo procedimento di condono deducendo, nella sostanza, le medesime censure proposte avverso l’atto introduttivo del giudizio.
Quanto al primo motivo, interamente sovrapponibile alle censure nn. 1,2 e 4 del primo ricorso, è sufficiente rinviare alle conclusioni sopra esposte per concludere per la sua infondatezza.
Quanto alla seconda censura, rivolta alla qualificazione come zona H dell’area nella quale ricade l’immobile in questione, anche senza necessità di acquisire presso l’amministrazione comunale precisazioni in ordine all’anzidetta destinazione urbanistica, attraverso la produzione dello stralcio dello strumento urbanistico, deve concludersi per la sua irrilevanza attesa, comunque, l’insuperabile insanabilità dell’opera per tutte le considerazioni esposte nella precedente censura.
Il ricorso si rivela, pertanto, in parte inammissibile ed in parte palesemente infondato, nei sensi precisati in motivazione.
Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza e si liquidano nel dispositivo.