TAR Torino, sez. III, sentenza 2024-04-04, n. 202400336
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Pubblicato il 04/04/2024
N. 00336/2024 REG.PROV.COLL.
N. 01135/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1135 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati R F e E M Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Giustizia, non costituito in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dagli avvocati G P e F Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
- del provvedimento n. prot. -OMISSIS- del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Direzione Generale del Personale e delle Risorse Ufficio secondo - Corpo di Polizia penitenziaria, notificato in data -OMISSIS-di diniego alla richiesta, presentata dal ricorrente, di riconoscimento del beneficio di cui all’art. 36, comma 2, del DPR 164/2002;
e per quanto di ragione:
- del preavviso di diniego relativo all’istanza sub a) notificato in data 28.07.2022;
- del parere rilasciato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica n. 63362 del 05.08.2022;
- di ogni altro atto preordinato, connesso, conseguente e/o comunque lesivo per l’interesse del ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 marzo 2024 il dott. L M L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso ritualmente notificato e regolarmente depositato presso la Segreteria del T.A.R. Piemonte -OMISSIS-, agente del Corpo di Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale -OMISSIS-, impugnava gli atti indicati in epigrafe, mediante i quali veniva negato il beneficio di cui all’art. 36, comma 2, del DPR 164/2002, sulla scorta della considerazione per cui, prima della scadenza del biennio di aspettativa per lo svolgimento di attività sindacale, una modifica normativa (operata con D.P.R. 20.4.2022, pubblicato in G.U. del 31.5.2022) aveva espunto, tra le condizioni che legittimavano all’ottenimento del beneficio in parola, l’aver goduto di un periodo di aspettativa sindacale, condizione che avrebbe consentito al ricorrente il trasferimento alla luce della disciplina previgente.
L’atto veniva impugnato per i seguenti motivi.
1. Violazione e falsa applicazione art. 36, comma 2 D.P.R. 164/2002. Violazione dei principi in materia di legittimo affidamento, proporzionalità e buona fede. Violazione degli artt. 2, 3 e 97 Cost. Sviamento. Ingiustizia manifesta.
2. Medesime censure indicate sub 1) sotto diverso profilo.
3. In via subordinata. Illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 2, 3 e 97 Costituzione.
In data 28.11.2022 intervenivano in giudizio ad adiuvandum -OMISSIS-, appartenenti al corpo di Polizia Penitenziaria ai quali era stata riconosciuta l’aspettativa non retribuita per l’espletamento di mansioni sindacali, al fine di ottenere una pronuncia che potesse indirizzare l’amministrazione in senso favorevole agli intervenienti, in quanto titolari di una posizione analoga a quella del ricorrente.
In data 12.2.2024 gli intervenienti rinunciavano all’atto di intervento.
All’udienza odierna parte ricorrente insisteva per l’accoglimento del ricorso ed il Collegio tratteneva la causa in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, il Tribunale ritiene di non doversi pronunciare in merito all’intervento in giudizio ad adiuvandum da parte di -OMISSIS-, in quanto gli stessi in data 12.2.2024 hanno dichiarato di rinunciare all’atto di intervento.
Ciò posto, con tre distinti motivi di ricorso, da scrutinare congiuntamente per identità di ratio , il ricorrente censurava i provvedimenti indicati in epigrafe lamentando l’illegittimità del diniego di concessione del beneficio di cui all’art. 36, comma 2, del D.P.R. n. 164 del 2002 in quanto l’interpretazione fornita dall’amministrazione faceva applicazione della novella normativa operata con D.P.R. del 20.4.2022 anche in un caso, quale quello del ricorrente, in cui la maggior parte dell’aspettativa utile (secondo la previgente disciplina) all’ottenimento del beneficio di legge del trasferimento con prelazione era già stata maturata al momento di entrata in vigore della riforma (residuando solo due mesi circa, a fronte di un periodo di due anni richiesto dalla vecchia disciplina). Inoltre, parte ricorrente lamenta l’illegittimità costituzionale della disciplina attualmente vigente, laddove interpretata nel senso che la stessa si applichi senza tenere conto dell’affidamento del privato a fronte di un periodo di aspettativa sindacale già trascorso in larga parte sotto la vigenza della disciplina anteriore alla novella.
I motivi di ricorso non sono fondati, per i motivi che si vanno ad esporre.
Rileva ai fini della decisione la disciplina di cui all’art. 36, comma 2, del D.P.R. n. 164 del 2002, come modificata con D.P.R. del 20.4.2022 (a decorrere dal 15.6.2022), a tenore della quale “ Il dirigente che riprende servizio al termine del distacco sindacale può, a domanda, essere trasferito con precedenza rispetto agli altri richiedenti in altra sede dalla propria amministrazione, quando dimostri di aver svolto attività sindacale e di aver avuto domicilio negli ultimi due anni nella sede richiesta e nel caso non abbia nel frattempo conseguito promozioni ad altro ruolo a seguito di concorso ”.
La versione precedente della disposizione ammetteva a godere del beneficio in essa previsto anche i dipendenti che si fossero avvalsi dell’aspettativa non retribuita finalizzata all’espletamento di attività sindacale.
Costituisce principio generale relativo all’individuazione della disciplina applicabile al procedimento amministrativo quella per cui devono trovare applicazione le norme vigenti al momento dell’adozione dell’atto ( tempus regit actum ).
Nel caso della fattispecie di cui all’art. 36 citato, la delibazione circa la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del beneficio va compiuta dall’amministrazione nel momento in cui il dipendente richiede di potersi avvalere dello stesso, con conseguente necessario riferimento alla disciplina vigente a tale data.
Non consente di giungere ad una diversa soluzione la qualificazione della fattispecie come “rapporto di durata”, atteso che se tale attributo può senza dubbio essere riferito al rapporto di lavoro tout court ovvero alle fattispecie del distacco e dell’aspettativa non retribuita (come vicende eventuali che si innestano sul rapporto di lavoro), diversamente la previsione di cui all’art. 36 si limita a disciplinare uno degli effetti del fatto costituito dall’aver svolto per un biennio l’attività lavorativa in regime di distacco (o, nella disciplina previgente, di essersi avvalso per un biennio dell’aspettativa sindacale non retribuita), con la conseguenza che non può discutersi, in tal caso, tecnicamente di un “rapporto di durata” che consenta di qualificare come “retroattiva” l’applicazione dell’art. 36, come novellato, ai casi in cui al momento dell’entrata in vigore della novella, sia già trascorsa una parte del periodo di aspettativa non retribuita.
Inoltre, va rilevato come la funzione primaria dell’istituto dell’aspettativa sindacale sia quella di consentire al dipendente di dedicarsi a “tempo pieno” alle attività connesse alla funzione rivestita nell’ambito dell’organizzazione sindacale, dovendosi individuare la relativa ratio nell’esigenza di tutela delle prerogative del sindacato stesso. In questa prospettiva, dunque, la possibilità di avvalersi del beneficio di cui all’art. 36 citato non illumina direttamente la funzione dell’istituto dell’aspettativa sindacale, atteggiandosi a mera conseguenza secondaria, favorevole per il dipendente, che non costituisce, nel disegno normativo, il fondamento dell’istituto.
Ritiene, inoltre, il Tribunale che tale interpretazione non si ponga in contrasto con il principio di affidamento, atteso che non vi sono elementi che consentono di affermare l’esistenza di un affidamento nella stabilità della disciplina positiva in materia, trattandosi di ambito di intervento in cui l’amministrazione (nell’esercizio del potere regolamentare) è titolare di ampi margini di discrezionalità, entro il limite della ragionevolezza nella configurazione di trattamenti differenziati o nella configurazione di una regolamentazione retroattiva (fattispecie, quest’ultima, che non ricorre nel caso di specie alla luce delle considerazioni sopra svolte).
In particolare, non potrebbe ritenersi che la disciplina positiva di rango regolamentare, come sopra interpretata, si ponga in contrasto con la Costituzione in quanto determinerebbe un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto ai dipendenti che riprendano servizio a seguito di un distacco sindacale. Va rilevato, infatti, come un trattamento differenziato tra le due fattispecie si giustifichi alla luce delle differenze strutturali e funzionali esistenti tra i due istituti.
In questa direzione va condiviso l’orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui “ aspetto caratteristico dell’aspettativa è l’assenza, fermo rimanendo il rapporto di lavoro, di prestazione lavorativa per tutto il tempo in cui il dipendente riveste la carica elettiva o sindacale, tant’è che è sospesa la retribuzione.
Col distacco, invece, la prestazione lavorativa continua ad essere dovuta secondo i parametri tipici del sinallagma contrattuale, con permanere del corrispondente diritto alla retribuzione.
Ne consegue che solo nel caso dell’aspettativa - proprio perché non vi è una prestazione lavorativa - si giustifica la sospensione dell’adempimento degli obblighi retributivi a carico del datore di lavoro;mentre, nell’ipotesi di distacco, tali obblighi permangono, salvo (di norma) il loro passaggio dal datore di lavoro distaccante a quello distaccatario che riceve il lavoratore (cfr. ex plurimis, Corte di Cassazione, sentenza n. 5661 del 1999).
L’istituto del distacco sindacale è in concreto fattispecie maggiormente comparabile al rapporto di lavoro subordinato ordinario, permanendo in essa gli elementi costitutivi essenziali del medesimo rapporto di lavoro, ai sensi dell’art. 2094 cod. civ., ossia, da un lato, la concreta messa a disposizione delle energie del lavoratore e, dall’altro, il pagamento della retribuzione da parte del datore di lavoro. Entrambi questi elementi risultano invece sospesi nell’ipotesi di aspettativa sindacale non retribuita.
Ai sensi dell’art. 5, comma 3, del contratto collettivo nazionale quadro del 7 agosto 1998 sulle modalità di utilizzo dei distacchi, aspettative e permessi nonché delle altre prerogative sindacali, i periodi di distacco (e non quelli di aspettativa non retribuita) "sono equiparati a tutti gli effetti al servizio prestato nell’amministrazione anche ai fini della mobilità, salvo che per il diritto alle ferie e per il compimento del periodo di prova" (cfr., Cons. Stato, Sez. VI, 20 giugno 2019, 4252, in relazione a fattispecie relativa a dipendente del Ministero dell’Istruzione).
Sotto altro profilo, l’innovazione normativa è razionale anche perché garantisce che l’impegno nello svolgimento di attività sindacale "a tempo pieno", non essendo nemmeno più indirettamente collegato ad eventuali benefici sul prosieguo del rapporto di lavoro, quale quello della prevalenza all’atto del trasferimento della sede di servizio, sia ispirato esclusivamente dall’obiettivo di tutelare le istanze dei lavoratori rappresentati, piuttosto che da interessi di natura personale.
In considerazione delle differenze sostanziali tra i due istituti, rientra nella piena discrezionalità dell’amministrazione - nel ruolo di regolatore della disciplina normativa - disporre un trattamento normativo differenziato a situazioni che non sono omogenee e che, pur trovando fattore comune nello svolgimento dell’attività sindacale, si distinguono fondamentalmente per lo svolgimento in un caso (il distacco) ma non per l’altro (l’aspettativa) della prestazione lavorativa ” (TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 3.5.2023, n. 267).
Si giustifica, pertanto, un trattamento differenziato tra le due categorie di dipendenti, ciò che esclude qualsiasi profilo di irragionevolezza della disciplina per violazione dell’art. 3 Cost.
Facendo applicazione di tali principi al caso di specie, il provvedimento di diniego del beneficio impugnato deve ritenersi conforme alla disciplina positiva in quanto la disciplina vigente ratione temporis al momento della delibazione circa i presupposti della domanda di trasferimento con priorità non prevedeva il beneficio in favore di chi, come il ricorrente, si fosse avvalso del periodo di aspettativa sindacale non retribuita.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Nulla sulle spese, in quanto parte resistente non si è costituita in giudizio.