TAR Catania, sez. IV, sentenza 2021-07-28, n. 202102536
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Pubblicato il 28/07/2021
N. 02536/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00004/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, G D G e C L L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
- del provvedimento adottato dalla Prefettura di -OMISSIS- l’11 dicembre 2018, prot. n. 0042536, di rigetto dell'istanza di annullamento in autotutela del Decreto del Prefetto di -OMISSIS-, 31 luglio 2018, prot. n. 22107, datata 29 ottobre 2018;
- di ogni altro atto presupposto e connesso, e più in particolare – ove occorra – delle note della Questura di -OMISSIS- Cat. A1/17-Digos del 19 maggio 2017, del 14 marzo 2018, e del 22 novembre 2018;
e per la dichiarazione dell'obbligo della Prefettura di -OMISSIS- di riesaminare l'istanza e dare al sig. -OMISSIS-il titolo di agente di P.S., necessario per esercitare le funzioni di Polizia Municipale;
per quanto riguarda i motivi aggiunti:
del decreto della Prefettura di -OMISSIS- di diniego dell’attribuzione della qualifica di agente di P.S., Prot. n. 0009319 del 17 febbraio 2020, notificato il 20.02.2020;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 maggio 2021, celebrata da remoto, in videoconferenza, ai sensi dell’art. 25 del D.L. n. 137/2020, convertito in L. n. 176/2020, il dott. Francesco Bruno;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il sig. -OMISSIS- espone di essere Comandante della Polizia Municipale del Comune di -OMISSIS-.
Essendo incorso nell’anno 2012 in una vicenda dai risvolti penali e disciplinari, è stato trasferito al settore Staff-Protezione civile;conseguentemente, non svolgendo più le funzioni di agente di p.s. connesse al ruolo precedentemente rivestito, il Sindaco gli ha revocato l’arma di servizio ed ha chiesto alla Prefettura di -OMISSIS- di provvedere alla revoca della qualifica di agente di p.s.
Il provvedimento di revoca della qualifica è stato quindi adottato dal Prefetto di -OMISSIS- con nota prot. n. 6000 dell’1 marzo 2013.
Successivamente, il Sindaco di -OMISSIS- ha reintegrato il -OMISSIS-nel ruolo e nelle funzioni di Comandante di Polizia Municipale, ed ha chiesto alla Prefettura di attribuirgli nuovamente la qualifica di agente di P.S.
La richiesta è stata però respinta con provvedimento del 31 luglio 2018, nel quale sono state individuate – quali ragioni ostative all’attribuzione della qualifica, ai sensi dell’art. 5, co. 2, lett. b), della legge 7/3/1986 n. 65 – una sentenza di condanna definitiva per delitto non colposo emessa dalla Corte di -OMISSIS- il 14 maggio 2001 (per violazione degli obblighi di assistenza familiare), e la pendenza del procedimento penale avviato nel 2012 (relativo ad una ipotesi di falso nell’attestazione di residenze presso il Comune di -OMISSIS-).
Avverso tale decreto, il sig. -OMISSIS-ha presentato sia istanza di annullamento in autotutela rivolta alla Prefettura di -OMISSIS-;sia ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
La richiesta di esercizio dell’autotutela è stata respinta dall’amministrazione con nota dell’11 dicembre 2018, nella quale, a seguito di più approfondita istruttoria, si è dato atto che – pur essendo intervenuta in data 21.02.2018 la riabilitazione dalla condanna del 2001 - non è possibile procedere all’annullamento, dovendosi confermare le valutazioni già rese in precedenza.
Il citato provvedimento prefettizio dell’11 dicembre 2018, relativo al diniego di esercizio dell’autotutela, è stato impugnato dal sig. -OMISSIS-col ricorso introduttivo del presente giudizio.
Costituitosi in giudizio, il Ministero dell’interno ha in primo luogo eccepito l’inammissibilità del ricorso poichè il provvedimento impugnato in via principale, ovvero la nota prot. n.0042536 dell’11.12.2018 con cui la Prefettura di -OMISSIS- ha rigettato l’istanza di annullamento in autotutela, è meramente confermativo del precedente atto di diniego della qualifica di Agente di P.S. (che risulta impugnato in sede di ricorso straordinario). La natura di atto di “mera conferma” (dunque, non provvedimentale) viene ricavata dal fatto che tutti gli elementi posti a fondamento dell’istanza di annullamento in autotutela (ivi compreso il provvedimento di riabilitazione concesso da Tribunale di -OMISSIS- in data 21.2.2018 in ordine alla condanna definitiva per il reato di cui all’art.570 c.c. emessa dalla Corte -OMISSIS- in data 14 maggio 2001) erano già noti nell’ambito del procedimento concluso con l’adozione del provvedimento di diniego in data 31.07.2018, e che l’istanza di riconoscimento della qualifica di Agente di P.S. era stata respinta richiamando espressamente il disposto di cui all’art. 5 della l. 7/3/1986 n. 65, che esclude – senza alcuna eccezione – la possibilità di concedere la predetta qualifica in caso di condanna a pena detentiva per delitto non colposo. L’Avvocatura dello Stato ha anche eccepito l’inammissibilità dell’’impugnazione, per violazione del principio di alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale, ove quest'ultimo sia stato proposto dopo la presentazione del ricorso straordinario. Nel merito, è stata dedotta l’infondatezza del gravame poiché il rigetto della domanda di attribuzione della qualifica accessoria di agente di p.s. è stato esclusivamente ed adeguatamente motivato con il riferimento alla precisa norma dell’art. 5, lett. b, della L. 65/1986, che postula necessariamente in capo al richiedente il requisito di “ non aver subito condanna a pena detentiva per delitto non colposo ”. Riguardo alla sopravvenuta riabilitazione concessa dal Tribunale di -OMISSIS-, il Ministero ne ha dedotto l’irrilevanza, ricordando che questa estingue le pene accessorie e gli effetti penali, ma non cancella le condanne né estingue i relativi reati.
L’istanza cautelare allegata al ricorso è stata respinta dalla Sezione con ordinanza n. -OMISSIS-, nella quale si è così statuito:
“ Considerato che:
a causa della pendenza di un ricorso straordinario al Capo dello Stato avverso il provvedimento che si postula in ricorso poter determinare la invalidità in via derivata dell’atto con quest’ultimo specificamente impugnato, il Collegio, in base al principio di alternatività vigente fra tale rimedio giustiziale e quello di giustizia affidato alle cure del G.A., non ritiene allo stato possibile una propria autonoma valutazione delle censure proposte con il secondo ed il terzo motivo del ricorso in epigrafe;
quanto ai sollevati dubbi di costituzionalità dell’art. 5 L. n. 65/1986 (che in caso di validità della relativa norma fornirebbe una inoppugnabile base giuridica al provvedimento impugnato, con conseguente irrilevanza di tutti i vizi, di ordine procedimentale, postulati con il primo motivo di ricorso), le sintetiche argomentazioni del ricorrente a loro supporto non sono tali da condurre il Collegio a condividerli, quantomeno allo stato; ”. (ordinanza confermata dal CGA con ordinanza n.-OMISSIS-).
Con successiva istanza, il ricorrente ha richiesto al Tar l’adozione di una nuova misura cautelare, evidenziando la sopravvenienza di due circostanze nuove: a) il fatto che il Sindaco di -OMISSIS- abbia attribuito al Comandante della Polizia Municipale la cd. “posizione organizzativa” del Settore, con assunzione diretta di elevata responsabilità di prodotto e di risultato, ma abbia subordinato tale riconoscimento all’acquisizione della qualifica di agente di p.s.;b) l’intervenuto proscioglimento nel procedimento penale avviato per l’ipotesi di falso, disposto dal GIP con ordinanza del 10 settembre 2019.
A tale istanza, la Sezione ha dato riscontro con l’ordinanza n. -OMISSIS-, nella quale si è richiesto alla Prefettura di effettuare un riesame della posizione del ricorrente, tenuto conto del sopravvenuto provvedimento di archiviazione dalle accuse penali.
La rivalutazione è stata effettuata con provvedimento del 17 febbraio 2020, nel quale l’amministrazione ha rilevato che la sopravvenuta archiviazione del procedimento penale per il reato di falso non produce alcun effetto rilevante sulla vicenda in esame, dal momento che il diniego di riconoscimento della qualifica di agente di p.s. è stato motivato unicamente sull’assorbente rilievo che il richiedente fosse colpito da condanna penale considerata, per legge, del tutto ostativa al riconoscimento della qualifica, senza spazio alcuno per valutazioni discrezionali da parte del Prefetto.
Quest’ultimo provvedimento prefettizio del 17 febbraio 2020 è stato impugnato dal signor -OMISSIS-con motivi aggiunti, affidati alle seguenti censure:
1.- VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 5, CO. 2, L. N. 65/1986. DIFETTO DI ISTRUTTORIA E DI MOTIVAZIONE;
si afferma nel motivo in esame che l’esistenza della condanna penale risalente al 2001 non potrebbe costituire fattore vincolante e decisivo per il rigetto dell’istanza di attribuzione della qualifica di agente di p.s., poiché occorrerebbe piuttosto valutare il tempo in cui il fatto è intervenuto, la natura del reato commesso, l’esistenza del provvedimento di riabilitazione;
2.- ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELLA VIOLAZIONE/ TRAVISAMENTO DELLE INDICAZIONI DISPOSTE DALL’ORDINANZA DI REMAND;
ritiene il ricorrente, nel motivo in esame, che il remand imposto all’amministrazione con l’ordinanza cautelare n. -OMISSIS- implicasse solo l’esame degli effetti conseguenti all’avvenuto proscioglimento dalle accuse più recenti, e che di conseguenza lo stesso giudice non avesse attribuito valore determinante alla sentenza di condanna del 2001;
3.- VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3 - 97 DELLA COSTITUZIONE, ECCESSO DI POTERE SOTTO IL PROFILO DELL’IRRAGIONEVOLEZZA, IMPARZIALITA’, CONTRADDITTORIETA’ MANIFESTA;
il ricorrente denuncia l’irrazionalità del complessivo sistema normativo applicato, tenuto conto del fatto che questo consente al soggetto condannato per reati gravi, che abbia però ottenuto la riabilitazione, di essere titolare della licenza di porto d’armi per uso sportivo (art. 43 TULPS, nel testo novellato nel 2018);mentre, d’altra parte, continua ad escludere il riconoscimento della qualifica di agente di p.s. a favore dell’agente di polizia municipale che sia incorso (come nella fattispecie) in condanna penale per fatto di modesta entità;
4.- ECCESSO DI POTERE SOTTO L’ULTERIORE PROFILO DEL DIFETTO DI ISTRUTTORIA, IRRAGIONEVOLEZZA, OMESSA ATTUALIZZAZIONE DEI FATTI INERENTI LA CONDANNA;
secondo il ricorrente, l’amministrazione avrebbe errato omettendo di tenere conto del nuovo quadro normativo di cui alla legge n. 67/2014, la quale ha introdotto nell’ordinamento la sospensione del processo con messa alla prova. In base a tale normativa, se il ricorrente avesse commesso il fatto dopo l’anno 2014, avrebbe certamente potuto beneficiare della cd. “messa alla prova”;avrebbe potuto ottenere l’estinzione del reato;ed avrebbe potuto accedere quindi senza ostacoli alla ambìta qualifica.
Il Ministero dell’Interno si è costituito per resistere anche ai motivi aggiunti.
Con Ordinanza n. -OMISSIS-, la Sezione ha ulteriormente respinto la domanda cautelare formulata con i motivi aggiunti, con la seguente motivazione: “ Ritenuto che l’esame delle articolate censure mosse avverso il provvedimento oggetto di impugnazione con i motivi aggiunti, incentrate sulla negazione del carattere ostativo della condanna a suo tempo riportata, ritenuto dall’amministrazione persistente pur a seguito dell’intervenuta riabilitazione, richieda adeguato approfondimento, possibile solo nella sede di merito;
Ritenuto, inoltre, che il carattere di strumentalità della tutela cautelare non consenta l’emissione di misure, sia pure interinali, che risultino pienamente satisfattive dell’interesse del ricorrente, pur a fronte di poteri comunque ampiamente discrezionali dell’autorità prefettizia;
Ritenuto, pertanto, che l’istanza cautelare debba essere respinta e che la complessità delle questioni da trattare giustifichi la compensazione delle spese della presente fase del giudizio; ”.
Tale pronunciamento cautelare è stato però riformato in appello con ordinanza del C.G.A. -OMISSIS-, in base alla quale: “ Le doglianze dedotte con l’atto di gravame appaiono, prima facie sorrette dal fumus boni iuris ritenuto sufficiente nei limiti dell’esame proprio della sede cautelare. Il periculum in mora è convincentemente prospettato da parte appellante che non si limita a lamentare solo il danno economico e non è scongiurato dalla sola sollecita fissazione del merito già disposta dal Tar. ”.
Più di recente, in esecuzione dell’ordinanza cautelare concessa dal Giudice d’appello, la Prefettura di -OMISSIS- ha avviato nuovamente l’istruttoria e in data 15.09.2020, “ ritenuta la necessità di ottemperare all’ordinanza del CGA n. -OMISSIS-”, “vista la nota Cat. A1/20/Digos/1^Sez del 12/9/2020 con la quale la Questura di -OMISSIS- ha comunicato che nei confronti del Sig. -OMISSIS-non risultano sopravvenuti elementi ostativi ”, ha decretato che “ nelle more della definizione del giudizio nel merito, attesa l’esecutività della sopracitata ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa, al dipendente del Comune di -OMISSIS- (SR), -OMISSIS-, in premessa generalizzato, è riconosciuta la qualifica di Agente di P.S. per l’esercizio delle funzioni d’istituto ”.
All’udienza pubblica del 22 ottobre 2020, la Sezione ha disposto con ordinanza n. -OMISSIS- la sospensione del giudizio, osservando quanto segue:
“ Considerato che il ricorrente ha proposto ricorso straordinario al Presidente della Regione Siciliana avverso il provvedimento adottato dal Prefetto di -OMISSIS- in data 31 luglio 2018, recante il diniego di conferimento della qualifica di agente di p.s.;
Ritenuto che la questione posta col ricorso straordinario risulti pregiudiziale rispetto a quelle poste con il ricorso ed i motivi aggiunti in epigrafe;
Ritenuto, pertanto, che debba essere disposta la sospensione del presente giudizio, fino alla definizione del citato ricorso straordinario (sulla possibilità di sospendere il giudizio allorquando pende in sede di ricorso straordinario una questione pregiudiziale, v. Cons. Stato, VI, 20 agosto 2018, n. 4961);
Visti l'art. 79, co. 1, cod. proc. amm. e l’art. 295 c.p.c.;
Ritenuto che la prosecuzione del giudizio avverrà previa istanza di fissazione udienza, da presentare ai sensi dell’art. 80 c.p.a. entro novanta giorni dalla comunicazione dell'atto che fa venir meno la causa della sospensione;
Ritenuto di acquisire dal Ministero dell’Interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione centrale per gli uffici territoriali del Governo e per le Autonomie locali – Ufficio VI Contenzioso sulle attività delle Autonomie locali, documentati chiarimenti in ordine allo stato del procedimento relativo al ricorso straordinario di cui trattasi. ”.
Il Ministero dell’interno ha provveduto ad eseguire l’istruttoria, depositando atti in data 7 dicembre 2020.
Il ricorrente ha depositato in data 18 febbraio 2021 istanza di fissazione udienza ex art. 80 cpa, allegando altresì il decreto di decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato n. -OMISSIS-, corredato del parere n. -OMISSIS- reso dal Consiglio di Stato.
Gli stessi adempimenti sono stati curati anche dal Ministero dell’interno.
Con memoria da ultimo depositata in vista dell’udienza il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti.
All’udienza del 13 maggio 2021 la Sezione ha adottato ai sensi dell’art. 73, co. 3, c.p.a., l’ordinanza n. -OMISSIS-, con la quale ha rilevato d’ufficio una possibile ragione di inammissibilità dell’impugnativa, per violazione del principio di alternatività fra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale, alla luce dei principi affermati nel parere del Consiglio di Stato n. -OMISSIS- adottato nei confronti dell’odierno ricorrente.
Conseguentemente, è stata riservata la decisione ed assegnato alle parti il termine di dieci giorni per eventuali memorie.
In risposta alla predetta ordinanza, parte ricorrente ha depositato una stringata memoria nella quale ha precisato che sebbene il D.P.R. n. 557/PAS/1018.2.A.76/BNG (decreto di decisione del ricorso straordinario) abbia annullato il provvedimento originario di diniego dell’attribuzione della qualifica di p.s., è anche vero che il successivo diniego, adottato a seguito di ordinanza di remand e impugnato con motivi aggiunti nel presente giudizio, non è mai stato annullato. Ciò determinerebbe conseguenze negative per il destinatario, e pertanto permane l’interesse all’annullamento o alla dichiarazione di illegittimità del provvedimento prot. n. 0009319 del 2020.
Il resistente Ministero dell’interno ha invece condiviso la prospettata ragione di inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti.
Alla camera di consiglio dell’8 luglio 2021 è stata sciolta la riserva, e la causa è stata decisa.
DIRITTO
Per riassumere la complessa vicenda indicata in fatto, è utile precisare che:
a)- Oggetto del ricorso straordinario proposto dall’odierno ricorrente era il provvedimento adottato dalla Prefettura di -OMISSIS- in data 31 luglio 2018, nel quale sono state individuate – con richiamo all’art. 5, co. 2, lett. b), della legge 7/3/1986 n. 65 - ragioni ostative all’attribuzione della qualifica di agente di p.s. pretesa dal ricorrente (la condanna penale del 2001, e la pendenza di altro procedimento penale del 2012 per il reato di falso);
b)- Oggetto del ricorso introduttivo del presente giudizio è il provvedimento adottato dalla Prefettura di -OMISSIS- in data 11 dicembre 2018, con il quale è stato negato l’intervento in autotutela, sollecitato dal sig. -OMISSIS-al fine di rivedere la decisione adottata dalla stessa Prefettura il 31 luglio in relazione all’attribuzione della qualifica di agente di p.s.;
c)- Oggetto dei motivi aggiunti è il provvedimento prefettizio adottato dalla Prefettura di -OMISSIS- in data 17 febbraio 2020, con il quale è stata riesaminata la posizione del ricorrente alla luce dell’archiviazione del procedimento penale avviato nell’anno 2012, ed è stata confermata l’impossibilità ex lege di concedere la qualifica richiesta.
Fatta tale premessa ricostruttiva, il Collegio ritiene che il ricorso ed i motivi aggiunti debbano essere dichiarati inammissibili per violazione del principio di alternatività (come già prospettato alle parti con l’ordinanza n. -OMISSIS-), alla luce delle considerazioni espresse dal Consiglio di Stato in ordine ai rapporti fra i due istituti (ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale), come delineate nel parere n. -OMISSIS- adottato nei confronti dell’odierno ricorrente.
In dettaglio, il Consiglio di Stato ha espresso nel predetto parere (al punto 7) le seguenti condivisibili considerazioni ricavate dall’esame della giurisprudenza amministrativa: “ (i) che la contestuale pendenza di due procedimenti (uno relativo al ricorso straordinario avverso il provvedimento di diniego della qualifica di p.s. e l’altro relativo al ricorso al TAR avverso il diniego di annullamento in autotutela del medesimo provvedimento di diniego della qualifica), tra loro connessi da un rapporto di pregiudizialità, non ne consente una trattazione separata;(ii) che la ratio del principio di alternatività risiede nell’esigenza di impedire un possibile contrasto di giudizi in ordine al medesimo oggetto;(iii) che il principio di alternatività trova applicazione anche quando si tratti di atti distinti, purché legati tra loro da un nesso di presupposizione, e sussiste dunque un’obiettiva identità dell’oggetto del contendere;(iv) che nell’ipotesi in cui l’atto presupposto (a monte) venga impugnato con ricorso straordinario e il successivo atto presupponente (a valle) con ricorso giurisdizionale dinnanzi al giudice amministrativo o viceversa, occorrerà – in applicazione del principio di alternatività – dichiarare inammissibile il giudizio introdotto per ultimo;(v) che tale conclusione deve reputarsi valida sia nel caso di stretta presupposizione – ossia quando, vi è la necessaria derivazione del secondo dal primo come sua inevitabile ed ineluttabile conseguenza e senza necessità di nuove ed ulteriori valutazioni di interessi – sia nel caso di mera derivazione cui conseguirebbe solo un effetto meramente viziante per l’atto a valle;(vi) che, ragionando diversamente, si legittimerebbe il frazionamento della tutela giurisdizionale in contrasto con il principio del giusto processo (art. 111 Cost.) e con il suo corollario dell’economia dei mezzi giuridici, ed aumenterebbe inoltre il rischio di decisioni contrastanti all’interno dello stesso plesso giurisdizionale con conseguente lesione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale;(vii) che, data l’ormai consolidata assimilazione del rimedio giustiziale alla giurisdizione piena, il dispiegamento del principio di alternatività nei termini riassunti risulta essere anche un corollario della evoluzione che ha caratterizzato la giustizia amministrativa nel suo insieme, orientata sempre più verso il giudizio sul rapporto ovvero sulla spettanza del bene della vita in relazione a cui il ricorrente chiede la rimozione della situazione antigiuridica; ”.
Con riferimento specifico al caso ora in esame, il parere ha precisato che la decisione sul ricorso straordinario, con cui è chiesto l’annullamento del primo provvedimento di diniego, avrebbe un’efficacia assorbente rispetto alla decisione sul ricorso per l’annullamento del rigetto della domanda di annullamento in autotutela e, in ogni caso, occorre evitare la possibilità di due decisioni tra loro contrastanti;ha quindi concluso nel senso che - in ossequio ai principi prima richiamati - il principio di alternatività debba essere risolto in modo da privilegiare il procedimento davanti al Consiglio di Stato relativo al ricorso straordinario.
Orbene, applicando i principi appena esposti, e tenendo conto del fatto che il ricorso straordinario è stata proposto in epoca anteriore rispetto a quello giurisdizionale, e che il rimedio straordinario ha ad oggetto il provvedimento amministrativo col quale è stata denegata al richiedente l’attribuzione della qualifica di agente di p.s. in ragione della valenza ostativa ex lege attribuita alla pregressa condanna penale, ossia ha ad oggetto un provvedimento caratterizzato da un nucleo centrale presente anche nei provvedimenti gravati in sede giurisdizionale (col ricorso ed i motivi aggiunti), il Collegio ritiene che sussista l’eccepita violazione del principio di alternatività, e che in conclusione il ricorso ed i motivi aggiunti debbano essere dichiarati inammissibili.
Le spese processuali possono essere compensate, tenuto conto della complessità della questione esaminata e della parziale novità di alcune problematiche giuridiche.