TAR Torino, sez. I, sentenza 2018-08-07, n. 201800941

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2018-08-07, n. 201800941
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201800941
Data del deposito : 7 agosto 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/08/2018

N. 00941/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00677/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 677 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Fallimento De Tomaso Automobili s.p.a in liquidazione (Fallimento n. 294/2012 Tribunale di Torino), in persona del Curatore fallimentare Dottor E S, rappresentato e difeso dagli avvocati M O, F F, con domicilio eletto presso lo studio M O in Torino, via Alfonso Lamarmora, 6;

contro

Città di Grugliasco, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato C M, con domicilio eletto presso il suo studio in Torino, Galleria Enzo Tortora n. 21;
A.R.P.A. Piemonte, non costituita in giudizio;

nei confronti

Sviluppo Investimenti Territorio S.r.l., non costituita in giudizio;

per l'annullamento,

con il ricorso introduttivo, dell' ordinanza del Sindaco del Comune di Grugliasco n. 7331 del 23 maggio 2017, comunicata via p.e.c. in data 24 maggio 2017, con cui viene ordinato alla ricorrente:

“1) di porre, nell'immediato, in condizioni di sicurezza la suddetta parte di immobile, al fine di consentire agli operatori incaricati di procedere ad approfonditi accertamenti, finalizzati alla verifica delle condizioni di inquinamento delle matrici ambientali;

2) di provvedere, entro 45 gg. dalla notifica del presente atto, alla valutazione dei rischi ambientali presenti nella medesima area, dovuti alla presenza dei rifiuti, solidi e liquidi, trasmettendo al Comune ed all'

ARPA

Piemonte una relazione contenente le risultanze della valutazione, le certificazioni analitiche dei rifiuti presenti, nonché le modalità e i tempi previsti per il loro corretto smaltimento;

3) di provvedere, entro i successivi 30 gg., alla rimozione di tutti i rifiuti presenti ed al loro corretto smaltimento, nel rispetto delle disposizioni di legge e secondo le risultanze dei risultati analitici descritti nella Relazione di cui al punto 2;

4) di trasmettere, entro ulteriori 60 gg., la quarta copia dei formulari di identificazione dei rifiuti (FIR), comprovanti il corretto smaltimento degli stessi;

5) di comunicare, con anticipo di almeno 15 giorni, a questo Ente e all'

ARPA

Piemonte le date degli interventi e delle indagini ambientali di cui ai punti precedenti
”;

- del provvedimento del Comune di Grugliasco del 16 giugno 2017, protocollo n. 24906, di diniego di annullamento in autotutela dell'impugnata ordinanza;

- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso e consequenziale, anche non cognito e, in particolare, <<per quanto occorrer possa>>, della relazione che l’A.R.P.A. Piemonte predisponeva a seguito di sopralluogo sull'area ex Pininfarina in data 25 agosto 2016;

con i motivi aggiunti del 14 novembre 2017, dei verbali dei sopralluoghi del 20 luglio 2017 e del 21 settembre, effettuati dall'A.R.P.A. Piemonte sull’immobile di proprietà di S.I.T. s.r.l. per verificare il rispetto degli adempimenti prescritti dal Comune con l'ordinanza n. 7139/2016, nei quali si accertava la presenza di rifiuti vari, specificamente elencati, anche nella centrale termica e tettoia di servizio nella disponibilità della ricorrente.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio, la memoria e gli allegati della resistente Città di Grugliasco;

Viste le memorie e le repliche presentate dalle parti ex art. 73 c.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2018 la dott.ssa R P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con sentenza del 11 luglio 2012 il Tribunale di Torino dichiarava il fallimento della De Tomaso Automobili s.p.a. in liquidazione (documento n. 5 del ricorrente).

Il patrimonio fallimentare include un terreno sul quale insiste un fabbricato adibito a centrale termica, con piazzale antistante, contraddistinto al N.C.T.U. al Foglio 14, mappale 185, sito all’interno dell’area ex Pininfarina nella Città di Grugliasco, che la De Tomaso Automobili s.p.a. aveva acquistato in data 20 gennaio 2010 dalla S.I.T. s.r.l. per lo svolgimento di attività produttive (documenti n. 4 e n. 7 del ricorrente).

Successivamente alla dichiarazione di fallimento la Curatela fallimentare entrava nel possesso del predetto terreno intercluso e vi accedeva, previo consenso della S.I.T. s.r.l., proprietaria dell’area circostante, contraddistinta al N.C.T.U. al Foglio 14, mappale 129, per procedere all’inventario ed alla vendita dei beni mobili ivi presenti, che provvedeva a far asportare tra il 2014 e il 2015 (documento n. 12 del ricorrente).

1.1.In data 25 agosto 2016 l’A.R.P.A. Piemonte effettuava un sopralluogo sull’intera area ex Pininfarina, all’esito del quale accertava una diffusa presenza di rifiuti derivanti da lavori di demolizione dell’impianto.

Il Comune di Grugliasco, sulla scorta del verbale di sopralluogo, avviava un procedimento volto alla valutazione dei rischi ambientali, alla messa in sicurezza delle aree ed alla rimozione dei rifiuti ivi rinvenuti nei confronti della S.I.T. s.r.l. e della Curatela del Fallimento De Tomaso Automobili in liquidazione (documento n. 3 del ricorrente).

Nel corso del procedimento la Curatela fallimentare interveniva adducendo di non aver mai svolto attività produttiva nell’immobile interessato, in quanto non era stata autorizzata alla prosecuzione dell’attività di impresa e che, ad eccezione di sporadici accessi, comunque effettuati con il consenso della S.I.T. s.r.l., l’area interessata risultava nella effettiva disponibilità di questa (documento n. 9 del ricorrente).

Il Comune di Grugliasco, ritenute infondate le allegazioni del Curatore fallimentare, emetteva l’ordinanza n. 21455 del 23 maggio 2017, con la quale, ai sensi dell’articolo 192, comma 3, del D.Lgs. 152/2006, gli ordinava di procedere, previa messa in sicurezza dell’immobile e valutazione dei rischi ambientali, alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti abbandonati nell’area che ospitava la centrale termica (documento n. 1 del ricorrente).

In data 6 giugno 2017 il Curatore fallimentare avanzava istanza di riesame in autotutela (documento n. 13 del ricorrente) che in data 16 giugno 2017 il Comune di Grugliasco rigettava confermando l’ordinanza del 23 maggio 2017.

1.2. Avverso l’ordinanza confermata ed il diniego di autotutela proponeva ricorso la Curatela fallimentare e ne chiedeva l’annullamento per numerosi motivi riconducibili sostanzialmente alle seguenti questioni:

a) il curatore fallimentare non può essere destinatario di obblighi ambientali di bonifica e di ripristino in quanto egli è un mero amministratore del patrimonio fallimentare in funzione liquidatoria e può operare esclusivamente, salvo autorizzazione del Tribunale, per soddisfare le ragioni dei creditori della massa fallimentare: l’ordinanza impugnata sarebbe, pertanto, nulla per impossibilità dell’oggetto;

b) violazione del principio comunitario del <<chi inquina paga>>;
l’ordinanza impugnata ha imposto al curatore fallimentare, al quale non può essere riconosciuta una responsabilità di posizione, obblighi di ripristino e di comunicazione per fatti riconducibili esclusivamente all’impresa fallita, senza individuare in capo medesimo una condotta dolosa o colposa di abbandono o deposito incontrollato di rifiuti, ai sensi dell articolo 192 D.L.gs. 152/2006 o la qualifica di <<responsabile dell’inquinamento>>, ai sensi dell’articolo 242 D.Lgs. 152/2006;

c) carenza del presupposto della emergenza “ sanitaria o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale ”, richiesto dall’articolo 50, comma 5, D.Lgs. 267/2000, e contestazione, a monte, dell’utilizzo dello strumento dell’ordinanza sindacale contingibile e urgente, in luogo di quello specifico previsto dall’articolo 191, comma 1, del D.Lgs. 152/2006, al solo fine di eludere la prova del <<non poter provvedere altrimenti>>
da questo richiesta;

d) illegittimità dell’ordinanza la cui motivazione si fonda esclusivamente sulla relazione dell’A.R.P.A. Piemonte del 25 agosto 2016, ritenuta frutto di un’indagine sommaria e temporalmente distante rispetto alla sua emissione, per cui gli obblighi imposti alla Curatela sarebbero sproporzionati ed irragionevoli rispetto ai fatti contestati;
l’ordinanza impugnata sarebbe, altresì, illegittima per disparità di trattamento rispetto all’ordinanza di pari tenore, scaturita dalla medesima indagine ed emessa nei confronti della S.I.T. s.r.l. in data 7 ottobre 2016, alla quale veniva contestato l’abbandono di rifiuti su un’area ben più ampia;
l’ordinanza sarebbe, infine, illegittima nella parte in cui minaccia la sanzione penale per l’inadempimento dei prescritti obblighi, prevista dall’articolo 255 del D.L.gs 152/2006, ai quali il Curatore fallimentare riteneva di non poter adempiere se non con “ grave danno alle pretese dei creditori ”;

e) illegittimità derivata del rigetto dell’istanza di riesame in autotutela per non aver tenuto conto delle considerazioni svolte dalla Curatela fallimentare e per avere, anzi, esplicitato in seguito ad esse delle precisazioni tardive, a conferma della carenza dell’istruttoria e della motivazione dell’ordinanza impugnata.

1.3. In data 26 luglio 2017 si costituiva in giudizio la Città di Grugliasco la quale, con memoria del 31 agosto 2017 e la documentazione ad essa allegata, resisteva al ricorso evidenziando l’infondatezza dei singoli motivi e adducendo che i fatti contestati nell’impugnata ordinanza sarebbero addebitabili ad un’inerzia colposa della Curatela la quale, successivamente alla rimozione effettuata a proprie spese dei rottami ferrosi e dei materiali fuori uso, terminata nel 2015 (documento n. 7 della resistente), si era sostanzialmente disinteressata dell’area che continuava a detenere e della quale aveva la piena disponibilità: le dimostrate difficoltà nell’accesso all’area interclusa, posta all’interno della proprietà della S.I.T. s.r.l., non erano idonee ad esimere la Curatela dagli obblighi di custodia e di vigilanza sul bene, che non risultavano delegati ad altri soggetti.

Deduceva la resistente che proprio la presenza di rifiuti abbandonati su quell’area in data 25 agosto 2016, vale a dire successivamente alle operazioni di asporto dei beni e rimozione dei residui terminate nel 2015, confermava la realizzazione di una condotta omissiva colposa della ricorrente, causale rispetto all’abbandono dei rifiuti.

1.4. In data 20 luglio 2017 e 21 settembre 2107 l’A.R.P.A. Piemonte effettuava dei sopralluoghi sulla porzione di terreno contrassegnata al Foglio 14, mappale 129, per verificare l’adempimento della proprietaria S.I.T. s.r.l. agli obblighi imposti con l’ordinanza n. 7139 del 7 ottobre 2106 e, in quell’occasione, confermava la permanenza di rifiuti, pericolosi e non, sull’area nella disponibilità del Fallimento.

1.5. Con ricorso per motivi aggiunti del 14 novembre 2017, la Curatela fallimentare impugnava i predetti verbali di sopralluogo denunciando l’illegittimità delle integrazioni istruttorie in essi contenute e ritenute lesive della propria sfera giuridica.

1.6. Entrambe le parti depositavano memorie e repliche in vista della pubblica udienza del 9 maggio 2018 nella quale la causa veniva trattenuta in decisione.

2. Osserva il Collegio che le doglianze espresse dalla Curatela del Fallimento De Tomaso Automobili s.p.a. in liquidazione sono infondate.

2.1. Il Collegio ben conosce e condivide l’orientamento giurisprudenziale citato dalla ricorrente, consolidatosi con la sentenza del Consiglio di Stato, Sezione V, 30 giugno 2014, secondo il quale il Curatore fallimentare, non essendo né un successore, né un rappresentante dell’imprenditore fallito, non risponde per fatti a questi addebitabili, nè per fatti relativi all’attività di impresa ove non sia stato autorizzato dal Tribunale alla sua continuazione.

2.2. Il richiamo alla citata giurisprudenza è, tuttavia, inconferente nel caso di specie poiché risulta dagli atti che:

a) l’attività produttiva è definitivamente cessata in data 31 marzo 2011 con la scadenza del termine di durata della commessa sub-appaltata dalla Pininfarina s.p.a. (documento n. 7 del ricorrente);

b) il Curatore fallimentare ha provveduto a far asportare i beni mobili esistenti nel capannone, i rottami ferrosi e i materiali fuori uso residui, tra il 2014 e il 2015 (documento n. 7 della resistente);

c) durante il sopralluogo del 25 agosto 2016 sono stati rinvenuti nell’immobile rifiuti da demolizione (documento n. 3 della ricorrente) e nel corso dei sopralluoghi del 20 luglio 2017 e del 21 settembre 2017 è stata confermata la loro presenza (documenti n. 19 e n. 20 del ricorrente);

d) nella memoria del 10 aprile 2018 la difesa della Curatela espressamente afferma, al punto 5.5, che “ resta comunque accertato che, con tutta evidenza, i nuovi rifiuti oggi presenti nell’area della ex centrale termica sono stati depositati in un momento successivo alla dichiarazione di fallimento ”.

Tali acquisizioni fattuali escludono che l’abbandono di rifiuti sia causalmente riconducibile allo svolgimento dell’attività di impresa poiché, per ammissione dello stesso Curatore, nel 2015 l’area risultava sgomberata da tutti i beni mobili e materiali residui in essa contenuti e tale evento costituisce un fatto interruttivo del nesso causale che collega le contestate condotte di abbandono e di deposito incontrollato di rifiuti all’attività di impresa esercitata nell’immobile.

3. Ciò posto, occorre ravvisare quale sia la condotta attiva di abbandono o quella di omesso controllo nel deposito imputata al Curatore fallimentare con l’ordinanza sindacale impugnata ed a quale titolo di responsabilità gli sia addebitata.

Il Collegio ritiene di soffermarsi più diffusamente su tale punto decisivo della controversia, non solo perché dalla soluzione del medesimo dipende la decisione degli ulteriori motivi di ricorso ma anche perché esso è stato oggetto di censura, in sede di giudizio cautelare, da parte dell’ordinanza del 19 gennaio 2018, n. 191 della Quarta Sezione del Consiglio di Stato.

3.1. Il Collegio condivide l’orientamento giurisprudenziale consolidato, rispettoso degli articoli 31 e 104 della legge fallimentare, secondo il quale il Curatore fallimentare non subentra nella proprietà dei beni, di cui rimane titolare il fallito.

Tuttavia non ritiene che da questo assunto possa automaticamente dedursi che in capo al Curatore fallimentare non siano configurabili obblighi di custodia dal momento che egli non sarebbe proprietario, né titolare di un diritto reale di godimento, ma un mero amministratore a scopo esclusivamente liquidatorio.

E’, invero, ravvisabile in capo al Curatore fallimentare una proprietà sostanziale dei beni del fallito, funzionale alla più ampia gestione dei medesimi e indirizzata alla liquidazione del patrimonio, al fine ultimo di soddisfare le classi creditorie, che gli deriva per legge dall’Ufficio di cui è titolare.

Afferma il ricorrente che il Curatore fallimentare non può essere equiparato al “ normale proprietario ” anche per quanto riguarda gli spazi di azione che definisce “ inesistenti ” in quanto esso deve agire “ prioritariamente a tutela dei creditori ”.

La censura è infondata: la funzionalizzazione dei poteri gestori a fini prevalentemente liquidatori non può determinare, infatti, una limitazione dei medesimi alle mere operazioni di liquidazione, in quanto ad essi sono ineludibilmente ricollegati degli obblighi minimi posti a garanzia della conservazione e della salvaguardia dei beni.

Il Curatore fallimentare ha, dunque, l’obbligo di fare il possibile, utilizzando l’ordinaria diligenza, per impedire che sui beni che si trovano nella sua disponibilità si realizzino abbandoni ed accumuli di rifiuti che finirebbero per deprezzarne il valore ed ostacolarne la circolazione in danno delle ragioni del ceto creditorio.

Una lettura restrittiva dei poteri della proprietà gestoria mal si concilia con la funzione sociale della proprietà predicata dall’articolo 42 della Costituzione, che deve essere riconosciuta ad ogni tipo di proprietà e che non si realizzerebbe ove si dovesse accedere alla predetta interpretazione.

Il fallito, che resta il proprietario formale, in quanto privato della capacità di agire e spossessato dei beni per effetto della dichiarazione di fallimento, sarebbe, infatti, impossibilitato ad esercitare sugli stessi la sorveglianza necessaria ad evitare comportamenti di abbandono e di accumulo di rifiuti mentre il Curatore fallimentare, al quale è rimessa in via esclusiva, sotto la vigilanza del Tribunale, la gestione del patrimonio del fallito, andrebbe esente da responsabilità ambientale di tipo preventivo sol perché la legge fallimentare non gliela attribuisce espressamente.

In realtà la legge, nell’attribuzione del munus publicum finalizzato alla liquidazione del patrimonio per soddisfare i creditori del fallito e del fallimento, non attribuisce al Curatore specifici poteri escludendone altri ma si limita a subordinare l’esercizio dei poteri gestori più incisivi alla previa autorizzazione del Tribunale.

3.2. In capo al Curatore fallimentare, pertanto, proprio in virtù della detenzione qualificata dei beni e degli ampi poteri gestori che gli derivano dalla legge, tra i quali è incluso il potere di spesa per la conservazione e valorizzazione del patrimonio fallimentare, sorge un obbligo di custodia dei beni che non può essere limitato a garantire le operazioni liquidatorie ma deve estendersi a tutti quegli obblighi, inclusi quelli in materia di prevenzione ambientale, che gravano su chi, in concreto, è in grado di esercitare il potere di spesa per la conservazione dei beni.

L’ordinanza impugnata ha, pertanto, correttamente individuato il fatto proprio colpevole del Curatore fallimentare nell’omissione degli accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggeriva di realizzare per un’efficace custodia e protezione dell’area sottoposta alla sua vigilanza, che si estende ad impedire che in essa possano essere depositati rifiuti da parte di ignoti o di terzi operatori.

La circostanza evidenziata nei provvedimenti impugnati che, dopo aver fatto asportare i beni mobili contenuti nel capannone, la Curatela abbia ritenuto di non doversi più occupare dell’area, in quanto aveva ormai realizzato l’operazione di vendita del materiale a fini liquidatori, non la esime, pertanto, da responsabilità colposa per violazione dell’obbligo di custodia.

La Curatela ha allegato, in sua difesa, le seguenti circostanze di fatto:

a) l’immobile nella sua disponibilità risulta, di fatto, intercluso, in quanto il mappale 185 è collocato all’interno del mappale 129 (documento n. 26 del ricorrente);

b) in forza di un accordo intervenuto con la S.I.T. s.r.l. in data 13 dicembre 2012 l’accesso all’immobile sarebbe dovuto avvenire dietro consenso della S.I.T. s.r.l. (documenti n. 8, n. 27 e n. 28 del ricorrente);

c) la vigilanza diurna e notturna dell’immobile era stata effettuata, fino al dicembre 2014 ed a titolo oneroso, dalla S.I.T. s.r.l. (documenti n. 14 e n.15 del ricorrente);

d) nella memoria del 10 aprile 2018 la difesa della Curatela afferma che non era esigibile un controllo sull’area in quanto il controllore effettivo era la S.I.T. s.r.l., proprietaria dell’area più vasta in cui si inserisce l’area più piccola oggetto dell’ordinanza impugnata .

Le predette giustificazioni - in disparte la questione controversa sollevata dalla resistente, la cui soluzione il Collegio ritiene non rilevante ai fini del decidere, se l’accordo intervenuto tra la Curatela e la S.I.T. si riferisca all’immobile individuato al mappale 185, oggetto dei provvedimenti impugnati o al diverso immobile individuato al mappale 129, di proprietà della S.I.T. - non sono idonee a provare che la Curatela fosse assolutamente impossibilitata, in via di fatto, ad accedere ai locali della centrale termica e, dunque, ad esercitare la custodia sugli stessi, né che la stessa avesse delegato alla S.I.T. s.r.l. specifici obblighi di vigilanza sulla predetta area.

La circostanza che, nel periodo intercorso tra il 25 agosto 2016 e il 21 settembre 2017, l’A.R.P.A. abbia accertato la presenza di rifiuti, anche pericolosi, su tale area prova, al contrario, in via presuntiva ed in applicazione del paradigma causale del <<più probabile che non>>
che l’abbandono e il deposito di rifiuti siano stati cagionati dall’omissione di quelle cautele che la Curatela avrebbe dovuto esercitare dal momento dello spossessamento dei beni fino a quello della chiusura del fallimento.

Pertanto il Curatore fallimentare, pur non avendo posto in essere una condotta attiva di abbandono di rifiuti, ha tenuto un comportamento omissivo che avrebbe potuto evitare esercitando un più intenso dovere di custodia dei beni ad esso affidati per legge e consistente:

a) nell’implementazione degli accessi all’immobile che non gli erano impediti dalla interclusione del fondo e che ha esercitato, senza eccessive difficoltà, in occasione delle operazioni di inventario e di asporto dei beni mobili e residui ferrosi;

b) nella prosecuzione del servizio di vigilanza notturna e diurna, affidato alla S.I.T. s.r.l. solo fino al 2014;

c) nella installazione, avendone il potere decisorio e di spesa, di dispositivi minimi di sicurezza;

d) nella coltivazione delle eventuali azioni di responsabilità per violazione degli obblighi di prestazione e di protezione nell’esecuzione dei contratti, nei confronti delle società incaricate della rimozione dei beni mobili e dei materiali fuori uso.

3.3. Di nessun pregio si rivela poi la censura svolta dal ricorrente secondo la quale, anche ove avesse voluto provvedere all’adempimento dell’ordinanza impugnata, non avrebbe potuto farlo perché i relativi costi si sarebbero riversati sul patrimonio fallimentare e sui creditori da soddisfare;
il ragionamento avrebbe colto nel segno se i comportamenti di abbandono fossero riferibili allo svolgimento della precedente attività di impresa ma non nel caso di specie in cui nel procedimento si è raggiunta la prova presuntiva che l’abbandono, secondo l’ id quod plerumque accidit , è stato verosimilmente causato dalla trascuratezza colposa del curatore il quale, una volta cessate le operazioni di asporto, si è sostanzialmente disinteressato dell’immobile.

A sostegno di tale interpretazione il Collegio richiama il proprio orientamento (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 15 luglio 2016, n. 994) e quello del Consiglio di Stato (C.D.S., Sez. III, 22 giugno 2017, n. 3672;
1 dicembre 2017, n. 5632).

3.4. L’ordinanza impugnata è, dunque, legittima per avere esattamente individuato in capo al Curatore fallimentare un titolo di responsabilità derivante da colpa per mancato adempimento degli obblighi di custodia e vigilanza su un bene nella propria disponibilità.

4. Occorre ora più brevemente soffermarsi sugli altri profili di illegittimità dell’atto impugnato e degli atti presupposti sollevati dal ricorrente.

4.1. Quanto ai vizi di manifesta sproporzione e disparità di trattamento, per aver trattato in maniera identica situazioni diverse, la censura è destituita di fondamento: pur avendo, infatti, il Comune di Grugliasco emanato un’ordinanza di analogo contenuto nei confronti della S.I.T. s.r.l., proprietaria delle aree limitrofe sulle quali si era realizzato un ben più esteso abbandono di rifiuti, è evidente che ad ogni responsabile è stato richiesto di adempiere in concreto, secondo il fatto proprio addebitatogli, agli obblighi imposti dal provvedimento, uguali solo da un punto di vista qualitativo ma diversi sotto il profilo quantitativo.

Occorre, infine, evidenziare che la S.I.T. s.r.l., in data 20 luglio 2017, ha provveduto a dare esecuzione alla predetta ordinanza, a conferma, sia pure indiretta, della correttezza dell’operato del Comune.

4.2. Il Collegio ritiene che sia infondato anche il vizio di invalidità derivata del provvedimento di diniego di autotutela, in quanto, a detta del ricorrente, con esso il Comune di Grugliasco avrebbe tardivamente integrato una motivazione insufficiente: il provvedimento di diniego risulta, al contrario, adottato per le stesse motivazioni esplicitate nell’ordinanza impugnata, ritenute valide in quanto fondate su presupposti correttamente individuati in ordine alla corretta ubicazione e descrizione dei rifiuti, oltre che del titolo di responsabilità di cui al precedente punto 3.

L’ordinanza impugnata risulta, pertanto, sufficientemente motivata anche a prescindere dalle considerazioni svolte in sede di diniego di autotutela per rispondere al ricorrente nel rispetto dei canoni di correttezza procedimentale.

4.3. Anche la censura relativa all’errato utilizzo dello strumento di cui all’articolo 50, comma 5, del D.Lgs. 267/2000, in assenza del presupposto della urgente necessità di provvedere, è infondata in quanto il predetto strumento si rivela idoneo e proporzionato ad assicurare le misure di prevenzione di cui all’articolo 192 D.Lgs. 152/2006 e, comunque, il Comune di Grugliasco ha individuato la urgente necessità nella duplice finalità di prevenire l’aggravamento dell’inquinamento ambientale e di tutelare, al contempo, la sicurezza delle persone che avrebbero dovuto accedere all’immobile per effettuare gli ulteriori necessari accertamenti.

Anche nel parere dell’A.R.P.A. del 26 luglio 2016 era stata evidenziata l’urgenza di intervenire a tutela di una situazione di emergenza igienico-sanitaria che le allegazioni del ricorrente, secondo il quale non sussisterebbe un pericolo per la incolumità delle persone in quanto l’area era da tempo dismessa e non accessibile al pubblico, non si rivelano idonee a smentire.

5.Il ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse a ricorrere.

I verbali di sopralluogo dell’A.R.P.A. del 20 luglio 2017 e del 21 settembre 2017, infatti, lungi dal configurare una integrazione istruttoria postuma dell’ordinanza impugnata, adottata sul precedente verbale di sopralluogo del 25 luglio 2016, hanno ad oggetto l’area contraddistinta al N.C.T.U. Foglio 14, mappale 129, di proprietà della S.I.T. s.r.l. e sono finalizzati alla verificazione dell’adempimento dell’ordinanza adottata nei confronti della medesima;
essi si limitano a segnalare la permanenza di rifiuti, pericolosi e non, sull’area nella disponibilità della ricorrente, visionata solo dall’esterno in quanto non oggetto dell’accertamento, senza nulla aggiungere rispetto all’accertamento del 26 luglio 2016 sul quale si fonda l’ordinanza impugnata.

Il Collegio non ravvisa, pertanto, alcuna contraddizione tra l’accertamento della presenza “ di rifiuti derivanti da lavori di demolizione degli impianti ” e l’accertamento della permanenza sull’area “ di rifiuti, pericolosi e non ” per cui la censura sollevata dal ricorrente si rivelerebbe comunque infondata.

Tuttavia dai verbali impugnati, che il ricorrente ritiene lesivi della sua sfera giuridica, non è scaturita una ulteriore ordinanza di rimozione dei rifiuti rinvenuti nell’area ma solo la notitia criminis dell’abbandono di rifiuti pericolosi che la Curatela ha provveduto a denunciare alla Procura della Repubblica territorialmente competente (documento n. 21 del ricorrente).

In assenza di un atto applicativo, attualmente lesivo di una posizione soggettiva del ricorrente, il ricorso per motivi aggiunti deve essere dichiarato, pertanto, inammissibile per mancanza di interesse a ricorrere.

6. In conclusione il Collegio, per le motivazioni sopra esposte, rigetta il ricorso principale in quanto infondato e dichiara inammissibile, per carenza di interesse a ricorrere, il ricorso per motivi aggiunti.

7. In virtù dell’interesse del ceto creditorio a non vedersi ulteriormente prosciugato il patrimonio fallimentare a causa della condanna alle spese del giudizio che dovrebbe seguire la soccombenza, il Collegio ravvisa giustificati motivi per disporne la compensazione.

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