TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-09-05, n. 202211398

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. V, sentenza 2022-09-05, n. 202211398
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202211398
Data del deposito : 5 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/09/2022

N. 11398/2022 REG.PROV.COLL.

N. 07710/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7710 del 2021, proposto da
M A, A C, V P, M R, C S, A S, L V, rappresentati e difesi dall'avvocato M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Luigi Capuana n.207;

contro

I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato A D M ed A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi 12;

per l'accertamento

- del diritto dei ricorrenti ai benefici economici normativamente contemplati all'art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987, con il conseguente obbligo dell'Amministrazione di provvedere alla rideterminazione dell'indennità di buonuscita, mediante l'inclusione nella relativa base di calcolo, dei sei scatti stipendiali;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Inps;
del Ministero dell'Economia e delle Finanze (Comando Generale della Guardia di Finanza);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 giugno 2022 il dott. Sebastiano Zafarana e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1. Con ricorso notificato il 26 luglio 2021 e depositato il successivo 28 luglio, i ricorrenti - tutti ex appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza congedati a domanda successivamente al compimento dei 55 anni di età e con oltre trentacinque anni di servizio utile contributivo -  hanno esposto che i prospetti di liquidazione del TFS elaborati dall’Amministrazione recano un conteggio senza indicazione specifica delle voci prese a base del calcolo, e che per tale ragione non avevano inizialmente rilevato alcuna anomalia finché non si sono avveduti che l’INPS, nel conteggio della riferita base di calcolo, aveva escluso la maggiorazione dei sei scatti stipendiali (art. 4 del d.lgs. n. 165/1997) normativamente attribuibili – a loro avviso - anche al personale delle forze di polizia ad ordinamento militare cessato a domanda, come previsto dall’art. 6 bis del d.l.. n. 387/1987.

I militari, preso atto dell’operato dell’Amministrazione, hanno presentato ai competenti uffici apposita istanza volta ad ottenere il beneficio di legge contemplato dall’invocata normativa.

In riscontro alle istanze dei ricorrenti, il Centro Informatico Amministrativo Nazionale del Corpo della G.d.F., ha comunicato che “… questo Centro è impossibilitato al riscontro delle istanze in riferimento … non essendo al medesimo riconducibile l’adozione del provvedimento esitante il relativo procedimento amministrativo ...”.

Le singole Direzioni Provinciali INPS, cui rispettivamente fanno territorialmente capo i ricorrenti, hanno, da parte loro, reso la seguente risposta: “in relazione alla sua richiesta di riliquidazione del TFS per l’applicazione dei sei scatti stipendiali si precisa che nel Prospetto Dati per Buona uscita inviato dalla sua Amministrazione, tali emolumenti non sono stati indicati, pertanto confermiamo la correttezza del pagamento. Si ricorda inoltre che le sentenze hanno efficacia solo tra le parti”.

Infine, la sede INPS di Roma Tuscolana, Ente preposto all’elaborazione dei progetti di liquidazione del TFS, ha assunto la seguente posizione: “in merito a quanto richiesto con l’Istanza per la determinazione del Trattamento di fine servizio ex art.6 bis D.L. n 387 del 1987 per i Sig.ri … si evidenzia che l’art. 15 bis del D.L.N°379/1987, convertito nella L. n 486/1987, tuttora in vigore, limita l’applicazione dei 6 scatti stipendiali ai fini della liquidazione del TFS a coloro che “cessano dal servizio per età o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti”.

Pertanto con il ricorso in esame i ricorrenti hanno chiesto a questo Tribunale che sia accertato il loro diritto a godere del beneficio di cui all’art. 6- bis del d.l. n. 387/1987, con conseguente obbligo dell’Amministrazione di provvedere alla rideterminazione dell’indennità di buonuscita mediante l’inclusione nella relativa base di calcolo dei sei scatti stipendiali contemplati dalla disposizione appena citata, con rivalutazione monetaria ed interessi maturati e maturandi fino al soddisfo.

1.2. Il gravame è affidato ad un unico motivo di ricorso così rubricato:

Violazione e/o falsa applicazione dell’art. art. 6 bis D.L. n.387/1987 come modificato dall’art. 21 Legge 232/1990. Eccesso di potere. Illogicità manifesta. Disparità di trattamento. Ingiustizia manifesta. Arbitrarietà. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost. Violazione e/o falsa applicazione articolo 3 legge 241/1990 .

1.3. Si è costituito in giudizio l’INPS il quale, nel contestare la fondatezza del ricorso ha dedotto nel merito che:

a) L'indennità di buonuscita corrisposta dall'E.N.P.A.S. agli ex dipendenti dello Stato (r.d. 26 febbraio 1928, n. 619;
legge 25 novembre 1957, n. 1139;
T.U. delle norme sulle prestazioni previdenziali in favore dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032;
legge 29 aprile 1976, n. 177;
legge 20 marzo 1980, n. 75;
legge 29 gennaio 1994, n. 87) avrebbe chiaramente una funzione previdenziale (Corte costituzionale, 19 giugno 1979, n. 82) e non costituirebbe una forma di retribuzione differita, come il trattamento di fine rapporto per i lavoratori privati di cui agli artt. 2120 e 2121 c.c. o come l'indennità di anzianità spettante ai dipendenti degli enti pubblici non economici in forza dell'art. 13 della legge 20 marzo 1975 n. 70.

Nell'ambito di un tale assetto giuridico, tipico dell'attuale sistema di previdenza obbligatoria (laddove l'esistenza di leggi speciali comporta la deroga al c.d. principio dell'" automatismo delle prestazioni " di cui all'art. 2116 c.c.) deve ritenersi imprescindibile il nesso sinallagmatico tra la contribuzione obbligatoria e la prestazione previdenziale, nel senso che questa non può essere garantita senza quella.

Attualmente la base contributiva di calcolo dell'indennità di buonuscita è costituita dall'80% dello stipendio annuo, della tredicesima mensilità (art. 2 legge n. 75/1980), dell'indennità integrativa speciale (art. 1 legge n. 87/1994) e dei soli assegni ed indennità tassativamente indicati dall'art. 38 d.P.R. n. 1032 del 1973.

Tanto premesso, sostiene l’Istituto che il riconoscimento di un determinato emolumento ai fini dell’indennità di buonuscita deve trovare puntuale titolo nella legge, non potendosi estendere ad ipotesi che la stessa non contempla.

b) Inoltre l’art. 6- bis del d.l. n. 387/1987 non riguarderebbe il personale delle forze di polizia ad ordinamento militare (Carabinieri, Guardia di Finanza), ma solo quello delle forze ad ordinamento civile (Polizia di Stato).

c) Per gli appartenenti alle forze di polizia ad ordinamento militare sarebbe invece applicabile l’art. 1, comma 15- bis , del d.l. n. 379/1987, convertito dalla legge n. 468/1987, come sostituito dall’art. 11 della legge n. 231/1990, che riconosce l’attribuzione dei sei scatti stipendiali ai fini pensionistici e della liquidazione dell’indennità di buonuscita “ ai sottufficiali delle Forze armate, compresi quelli dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di Finanza…. omissis … che cessano dal servizio per età o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti, sono attribuiti, ai soli fini pensionistici e della liquidazione dell’indennità di buonuscita, sei scatti di stipendio in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante” ;
la norma, tuttavia, non prevedrebbe detto beneficio per coloro che cessano a domanda, a prescindere dai requisiti anagrafici e contributivi, e non sarebbe stata modificata dalla legge n. 232/1990 che chiaramente, sia nell’intestazione che nel corpo dell’articolo 11 citato, non fa alcun riferimento alla legge n. 468/87 di conversione del d.l. n. 379/87.

In ogni caso l’Inps ha comunque eccepito la prescrizione quinquennale del diritto deducendo che “I ricorrenti Avola Maurizio (collocato a riposo nel novembre 2015), Cassano Alberto (collocato a riposo nel febbraio 2011), Scrivano Claudio (collocato a riposo nel febbraio 2012) e Virdis Luigi (collocato a riposo nel luglio 2015) non sembrano aver richiesto tempestivamente la maggiorazione di cui è causa”.

1.4. Si è costituito in giudizio anche il Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando generale della Guardia di Finanza, il quale – pur rilevando che l’invocato diritto dei ricorrenti, al computo dei citati sei scatti stipendiali nel calcolo dell’indennità di buonuscita, risulta essere stato affermato da diverse pronunce del Giudice Amministrativo (ex plurimis: Cons. Stato Sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3365;
Sez. VI, 22 ottobre 2008, n. 5168 e Sez. III, 22 febbraio 2019, n. 1231) – ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e conseguentemente chiesto la estromissione dal giudizio, essendo la liquidazione ed il pagamento del trattamento di fine servizio di competenza esclusiva dell’INPS.

1.5. In vista della discussione della causa i ricorrenti hanno depositato una memoria difensiva.

1.6. All’udienza pubblica del 17 giugno 2022, sentite le parti presenti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Deve preliminarmente essere esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando generale della Guardia di Finanza, sul rilievo che la liquidazione e il pagamento del T.F.S., alla luce delle previsioni degli artt. 25 e 28 del d.P.R. n. 1032 del 29 dicembre 1973 sono, comunque, di competenza dell’I.N.P.S.

L’eccezione è fondata e, conseguentemente, deve disporsi l’estromissione dal giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, ex datore di lavoro dei ricorrenti, dal momento che, per consolidata giurisprudenza, l’unico soggetto obbligato a corrispondere l’indennità di buonuscita è il competente Ente previdenziale (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2019, n.1231;
Cons. Stato, Sez. VI, 6 settembre 2010, n. 6465;
Cons. Stato, Sez. VI, 31 gennaio 2006, n. 329), nei cui esclusivi confronti, quindi, doveva essere ritualmente instaurata la controversia.

3. Va poi esaminata l’eccezione di prescrizione quinquennale del diritto dei ricorrenti, ancorché proposta dall’Inps in via subordinata.

Assume l’INPS che i ricorrenti Avola Maurizio (collocato a riposo nel novembre 2015), Cassano Alberto (collocato a riposo nel febbraio 2011), Scrivano Claudio (collocato a riposo nel febbraio 2012) e Virdis Luigi (collocato a riposo nel luglio 2015) “non sembrano aver richiesto tempestivamente la maggiorazione di cui è causa” ritenendo così implicitamente di far decorrere (e peraltro con formula dubitativa) il computo dei termini prescrizionali a far data dal congedo dei militari.

I ricorrenti si sono difesi rilevando che la data da cui far decorrere il dies a quo della prescrizione coincide con quella dell’ultimo ordinativo di pagamento del TFS, dovendosi peraltro tenere conto degli atti interruttivi della prescrizione nel frattempo posti in essere, per come da loro documentati.

3.1. L’eccezione è infondata nei termini di seguito precisati.

L'articolo 1 del D.P.R. 29-12-1973, n. 1032 (recante il testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato) dispone, al comma 1, che “I dipendenti statali, all'atto della cessazione dal servizio, conseguono il diritto all'indennità di buonuscita o all'assegno vitalizio secondo le norme del presente testo unico”.

Il successivo articolo 20, rubricato “Cause di perdita del diritto”, prevede, al comma 2, che “il diritto del dipendente e dei suoi aventi causa all'indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui è sorto il diritto”.

Va premesso che la giurisprudenza ha seguito diversi orientamenti sulla data di decorrenza del termine di prescrizione del diritto disciplinato dall'articolo 20 citato: per un orientamento, tale data coincide con quella di emanazione dell'ultimo ordinativo di pagamento del credito principale (cfr. Cons. Stato, VI, 18 agosto 2010, n. 5870;
VI, n. 1526 del 2012;
VI, 14 novembre 2014, n. 5598), mentre per un altro orientamento rileva la data di cessazione del servizio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 24 aprile 2017, n. 1887;
sez. VI, 25 maggio 2005, n. 2653).

Il Collegio ritiene di condividere la più recente statuizione con il quale il Consiglio di Stato (Sez. VI, 10/08/2018, n. 4898) – dato atto dei propri precedenti orientamenti e sul rilievo che l'ordinativo di pagamento del credito principale costituisce l'atto con il quale, successivamente alla cessazione del servizio, viene liquidata la buonuscita – ha precisato che:

a) quando il diritto sia sorto precedentemente alla cessazione dal servizio ed alla liquidazione dell'indennità di buonuscita, il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale quinquennale deve essere individuato nell'originario provvedimento di liquidazione della buonuscita (e non dalla semplice data di cessazione dal servizio del dipendente come implicitamente sostenuto dall’Inps), il quale non abbia tenuto conto dei relativi miglioramenti economici;

b) allorquando, invece, dopo la liquidazione dell’indennità di buonuscita interviene un successivo atto di inquadramento recante l'attribuzione di un diverso trattamento economico (a seguito di D.P.R. o norma di legge o provvedimento amministrativo) dalla quale deriva un diverso ammontare dell'indennità di buonuscita, il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale quinquennale deve essere individuato nell’ultimo provvedimento di liquidazione della buonuscita, il quale non abbia tenuto conto dei relativi miglioramenti economici;
in tal caso, infatti, il diritto alle somme dovute sorge successivamente ed è, quindi, ragionevole ritenere che il termine prescrizionale decorra dalla entrata in vigore del trattamento economico previsto dai suddetti atti successivi.

Orbene nel caso di specie è certo che il diritto a miglioramenti economici che avrebbero avuto incidenza sull'indennità di buonuscita era sorto precedentemente alla cessazione del servizio, sicché il dies a quo di decorrenza della prescrizione quinquennale andrebbe correttamente individuato nel primo ordinativo di pagamento della indennità di buonuscita successivo alla cessazione del servizio.

Infatti, giacché non calcolata in tale ordinativo di pagamento, la riliquidazione dell'indennità di buonuscita riveniente dalla predetta normativa si sarebbe dovuta chiedere nel quinquennio decorrente dalla suddetta data.

Tuttavia nel caso di specie, l’Inps si è limitata a dubitativamente indicare, ai fini del computo del dies a quo, la data di collocazione a riposo dei dipendenti pubblici, e comunque non deduce e non documenta quale sia la data in cui è stato rispettivamente loro liquidato il trattamento di fine servizio, mentre costituisce principio pacifico in giurisprudenza che “ Poiché l'eccezione di prescrizione di un credito costituisce eccezione in senso proprio, essa deve essere sollevata dalla parte, alla quale spetta specificare i fatti che ne costituiscono il fondamento, ivi compresa la data di inizio del corso prescrizionale” (Consiglio di Stato , sez. IV , 01/03/2006 , n. 936).

Ne consegue che essendo ignota la data di liquidazione del TFS, l’eccezione per come proposta è infondata, risultando pertanto superfluo prendere in esame le date degli ultimi ordinativi di pagamento e degli atti interruttivi della prescrizione documentati dai ricorrenti.

4. Nel merito il ricorso è fondato per le ragioni già sostenute da questa Sezione in fattispecie sovrapponibili alla presente, nonché affermate anche dalla recente giurisprudenza di altri T.A.R.

Il collegio infatti, pur consapevole anche dell’esistenza di recenti pronunce di segno opposto, ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale che riconosce al personale in quiescenza delle forze di polizia ad ordinamento militare il beneficio previsto per il personale della Polizia di Stato e consistente nell’attribuzione dei sei scatti stipendiali figurativi ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio (TAR Umbria, Sez.I., 17/05/2022 n.287;
Tar Abruzzo, Sez.I, 10/05/2022, n.162;
TAR Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 1 aprile 2022, n. 315;
TAR Friuli-Venezia Giulia, Sez. I, 19 marzo 2022, n. 153;
nonché dicembre 2021, nn. 374, 375, 376, 377, 378, 379, 380, 381, n. 383 e 384;
e ancor prima 23/04/2021 n.133;
TAR Sicilia, Catania, Sez. III, 11 marzo 2022, n. 712 e 714;
nonché 7 ottobre 2021, n. 2962;
TAR Lombardia, Milano, Sez. IV, 28 gennaio 2022, n. 193;
Sez. IV, 13 maggio 2021, n. 1183;
TAR Veneto, Sez. I, 4 gennaio 2022, n. 6).

5. Ciò premesso appare opportuno ripercorrere il percorso logico-argomentativo già seguito da questa Sezione con le recenti sentenze n. 8298 del 21 giugno 2022, n. 9011 dell’1 luglio 2022 e n.9033 del 4 luglio 2022, prendendosi dunque in esame anche argomentazioni a contrario non specificamente dedotte dall’Inps in questo giudizio.

L’art. 6 bis del DL 387/1987 dispone al primo comma che: “… Al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate, che cessa dal servizio per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto, sono attribuiti ai fini del calcolo della base pensionabile e della liquidazione dell'indennità di buonuscita, e in aggiunta a qualsiasi altro beneficio spettante, sei scatti ciascuno del 2,50 per cento da calcolarsi sull'ultimo stipendio ivi compresi la retribuzione individuale di anzianità e i benefìci stipendiali di cui agli articoli 30 e 44 della L. 10 ottobre 1986, n. 668, all'articolo 2, commi 5, 6 10 e all'articolo 3, commi 3 e 6 del 8 6 presente decreto”.

Al secondo comma del riferito d.l.. è normativamente indicato: “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche al personale che chieda di essere collocato in quiescenza a condizione che abbia compiuto i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile;
la domanda di collocamento in quiescenza deve essere prodotta entro e non oltre il 30 giugno dell'anno nel quale sono maturate entrambe le predette anzianità;
per il personale che abbia già maturato i 55 anni di età e trentacinque anni di servizio utile alla data di entrata in vigore della presente disposizione, il predetto termine è fissato per il 31 dicembre 1990”.

6. Sotto un primo profilo, il Collegio non ritiene condivisibile la tesi sostenuta dall’Inps che, a monte, fa discendere l’infondatezza della pretesa di parte ricorrente dal fatto che l’elenco delle voci computabili al fine della liquidazione dell’indennità per cui è causa, contenuto nell’art. 38 d.P.R. n. 1032/1973, rubricato “ Base contributiva ”, non contempla la computabilità dei sei scatti biennali oggetto di controversia;
come infatti rilevato dal Consiglio di Stato “ Basti osservare, in senso contrario, che il beneficio reclamato dalla parte appellante rinviene il suo fondamento normativo nel disposto dell’art. 6 bis D.L. n. 387/1987, ovvero in una disposizione successiva a quella recata dall’art. 38 D.P.R. n. 1032/1973 e dotata, nei confronti di quest’ultima, di ogni coerente effetto integrativo” (Cons. Stato Sez. III, 22.2.2019 n. 1231).

7. Sotto altro profilo il Collegio non condivide la tesi secondo la quale l’art. 6- bis del d.l. n. 387/1987, convertito con modificazioni dalla legge n. 472/1987, come sostituito dall’art. 21, comma 1, della legge n. 232/1990, sarebbe applicabile soltanto “ al personale della Polizia di Stato appartenente ai ruoli dei commissari, ispettori, sovrintendenti, assistenti e agenti, al personale appartenente ai corrispondenti ruoli professionali dei sanitari e del personale della Polizia di Stato che espleta attività tecnico-scientifica o tecnica ed al personale delle forze di polizia con qualifiche equiparate ” con esclusione delle altre forze di polizia non espressamente contemplate dalla norma.

Secondo la superiore prospettazione alle forze di polizia ad ordinamento militare si applicherebbe invece l’art. 1, comma 15- bis , del d.l. n. 379/1987, convertito dalla legge n. 468/1987, come sostituito dall’art. 11 della legge n. 231/1990, che riconosce l’attribuzione dei sei scatti stipendiali ai fini pensionistici e della liquidazione dell’indennità di buonuscita « ai sottufficiali delle Forze armate, compresi quelli dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza sino al grado di maresciallo capo e gradi corrispondenti, promossi ai sensi della legge 22 luglio 1971, n. 536, ed ai marescialli maggiori e marescialli maggiori aiutanti ed appuntati, che cessano dal servizio per età o perché divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o perché deceduti »;
dunque senza possibilità del riconoscimento dello stesso beneficio a coloro che cessano dal servizio su propria domanda, situazione appunto ricorrente nel caso in esame.

7.1. Il Collegio. al riguardo, osserva che la norma da ultimo richiamata è stata oggetto di abrogazione espressa per opera dell’art. 2268, comma 1, n. 872, del d.lgs. n. 66/2010 (codice dell’ordinamento militare), che ha espunto dall’ordinamento l’intera legge 8 agosto 1990, n. 231, con la sola esclusione degli artt. 4, 5, commi. 1 e 2, 7, 9 e 10;
dunque, per quel che qui rileva, risulta certamente abrogato l’art. 11 della legge n. 231/1990, che, appunto, aveva integralmente sostituito l’art. 1, comma 15- bis , del d.l. n. 379/1987, dovendosi peraltro escludere, alla luce dei principi affermati dal giudice costituzionale (tra le tante, Corte cost., 24 gennaio 2012, n. 13) fenomeni di reviviscenza normativa dell’art. 1, comma 15- bis , del d.l. n. 379/1987 nella versione originaria per come introdotta dalla legge di conversione n.468/1987.

Non soltanto;
va inoltre rilevato che nello stesso codice dell’ordinamento militare è espressamente dichiarata la volontà del legislatore di superare le differenze di trattamento rispetto a quanto previsto per il personale della Polizia di Stato, coerentemente con il fine perseguito della equiparazione del trattamento economico delle diverse Forze di Polizia (Corte Cost., 12 giugno 1991, n. 277), laddove, all’art. 1911, comma 3, è espressamente stabilito che « Al personale delle Forze di polizia a ordinamento militare continua ad applicarsi l’articolo 6-bis, del decreto-legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 1987, n. 472 ».

Tutte le considerazioni sopra svolte inducono a ritenere che l’articolo 6- bis del decreto-legge n.387/1987 debba trovare applicazione, oltre che nei confronti del personale della Polizia di Stato, anche nei confronti del personale delle altre forze di polizia ad ordinamento militare, quale certamente è il Corpo della Guardia di Finanza in virtù di quanto espressamente previsto dall’art. 1 del d.lgs. n. 68/2001 il quale al comma 1 recita: “Il Corpo della Guardia di finanza è forza di polizia ad ordinamento militare con competenza generale in materia economica e finanziaria sulla base delle peculiari prerogative conferite dalla legge”.

7.2. Non appare poi condivisibile la tesi secondo cui il TFS avrebbe natura previdenziale, con la conseguenza che il riconoscimento di un determinato emolumento ai fini dell’indennità di buonuscita dovrebbe trovare puntuale titolo nella legge, non potendosi estendere ad ipotesi che la stessa non contempla.

A questo riguardo sono state richiamate le disposizioni recate all'articolo 4 del Dlgs 165\1997, titolato “Maggiorazione della base pensionabile”, che regola l'applicazione dei sei scatti stipendiali sulla pensione prevedendo, per coloro che cessano a domanda, il pagamento della restante contribuzione previdenziale.

In particolare, recita l’art.4 che “1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo i sei aumenti periodici di stipendio di cui all'articolo 13 della legge 10 dicembre 1973, n. 804, all'articolo 32, comma 9- bis , della legge 19 maggio 1986, n. 224, inserito dall'articolo 2, comma 4, della legge 27 dicembre 1990, n. 404, all'articolo 1, comma 15- bis , del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1987, n. 468, come sostituito dall'articolo 11 della legge 8 agosto 1990, n. 231, all'articolo 32 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196, e all'articolo 21 della legge 7 agosto 1990, n. 232, sono attribuiti, in aggiunta alla base pensionabile definita ai sensi dell'articolo 13 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, all'atto della cessazione dal servizio da qualsiasi causa determinata, con esclusione del collocamento in congedo a domanda, e sono assoggettati alla contribuzione previdenziale di cui al comma 3”.

Sotto un primo profilo va osservato che mentre l’art.

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