TAR Catania, sez. II, sentenza 2014-11-19, n. 201403008
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N. 03008/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01333/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1333 del 2012, proposto da:
N R, rappresentato e difeso dagli avv.ti P E ed A C, e R B, rappresentata e difesa dall'avv. P E, entrambi con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. A C in Catania, Via Umberto, n. 303;
contro
Comune di Catania, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'avv. G M, con domicilio eletto presso la Direzione Affari Legali del Comune medesimo in Catania, via Guglielmo Oberdan, n. 141;
per l'esecuzione
del giudicato nascente dalla sentenza n. 678/09 emessa dalla Corte d'Appello di Messina il 2 dicembre 2009 nel procedimento R.G. n. 295/2000, passata in giudicato, giusta attestazione del Cancelliere della Corte di Appello di Messina datata 24 aprile 2012, con cui il Comune di Catania è stato condannato al pagamento in favore dei ricorrenti della somma di euro 62.491,28 a titolo di risarcimento del danno oltre rivalutazione ed interessi nonché alla rifusione della metà delle spese relative al giudizio innanzi alla Corte di Cassazione liquidate in euro 2.020,00 e delle spese di giudizio liquidate in complessivi euro 3.283,91, oltre I.V.A. e C.P.A..
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Catania;
Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 novembre 2014 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il presente gravame i ricorrenti hanno chiesto l’esecuzione della sentenza in epigrafe, con cui il Comune di Catania è stato condannato al pagamento di euro 62.491,28 a titolo di risarcimento del danno oltre rivalutazione ed interessi nonché alla rifusione della metà delle spese relative al giudizio innanzi alla Corte di Cassazione liquidate in euro 2.020,00 e delle spese di giudizio liquidate in complessivi euro 3.283,91, oltre I.V.A. e C.P.A..
Il Comune di Catania si è costituito in giudizio e, con relazione depositata il 19 luglio 2013, ha rappresentato che: con deliberazione del Consiglio Comunale n. 53 del 2012 l’amministrazione ha fatto ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale di cui all’art. 243 bis del d.lgs n. 267/2000;che lo schema istruttorio è stato trasmesso alla Corte dei Conti ed al Ministero dell’Interno;che la Corte dei Conti non ha ancora espresso l’approvazione od il diniego in quanto il termine a sua disposizione non è ancora giunto al termine.
Successivamente, in relazione all’ordinanza n. 2244/11, lo stesso Comune ha depositato ulteriore nota prot. n. 326974, evidenziando che con deliberazione n. 86 del 29 maggio 2014 il Consiglio Comunale ha riconosciuto il debito fuori bilancio scaturante dalla sentenza per cui è causa e con conseguente provvedimento dirigenziale B16/64 del 14 agosto 2014 ha disposto in favore dei ricorrenti il pagamento della somma di euro 155.085,62 comprensiva di rivalutazione monetaria ed interessi, poi eseguito con mandati n.15130 e 15131 del 20 agosto 2014.
I ricorrenti con memoria depositata il 20 ottobre 2014, nel rappresentare che il Comune di Catania resterebbe debitore della complessiva somma di euro 5.807,28 per sorte capitale, oltre interessi legali dal 23 agosto 2014 sino al soddisfo, insistono per la condanna del Comune medesimo al pagamento di tale somma, oltre che alla rifusione delle spese ed al risarcimento del danno ex art. 69 c.p.c..
Alla camera di consiglio del 5 novembre 2014 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
Deve in primo luogo osservarsi che il presente ricorso è stato notificato il 22 maggio 2012 e che la notifica della decisione della Corte d’Appello di Messina in forma esecutiva all’amministrazione comunale nella propria sede legale è avvenuta il 27 ottobre 2010.
Ne consegue, che, al momento della notifica del ricorso, era decorso il termine dilatorio di centoventi giorni per la proposizione di azioni esecutive nei confronti della Pubblica Amministrazione di cui all’articolo 14 del decreto legge n. 669/1996, modificato dall’articolo 147, primo comma, lettera a), della legge n. 388/2000 e dall’articolo 44, terzo comma, lettera a), del decreto legge n. 269/2003, come modificato, in sede di conversione, dalla legge n. 326/2003.
La decisione di cui si chiede l’esecuzione, inoltre, è stata depositata in originale ai sensi dell’articolo 114, secondo comma, cod. proc. amm. e risulta dall’attestazione apposta in calce alla stessa dalla Corte di Appello di Messina il 24 aprile 2012 che avverso la stessa non è stata proposta impugnazione.
Inoltre, risulta in atti che l’amministrazione comunale non ha dato integrale esecuzione alla sentenza di cui si tratta, restando essa debitrice nei confronti di parte ricorrente della residua somma di euro 5.807,28 per sorte capitale, oltre interessi legali dal 23 agosto 2014 sino al soddisfo, come da relativo prospetto di cui alla memoria di parte ricorrente depositata in data 20 ottobre 2014.
Pertanto, in accoglimento del ricorso (ed in coerenza con le previsioni di cui al piano di riequilibrio finanziario pluriennale), il ricorso deve accolto per quel che attiene il pagamento di tale residua somma di euro 5.807,28 (cinquemilaottocentosette/28) per sorte capitale, oltre interessi legali dal 23 agosto 2014 sino al soddisfo, dovendo, per l’effetto, ordinarsi al Comune di Catania, di dare esecuzione alla sentenza in epigrafe, eseguendo tale pagamento entro sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione, ovvero della sua notifica su istanza di parte se anteriore.
Per l’ipotesi di ulteriore inadempienza, si nomina il Prefetto di Catania - con facoltà di delega ad altro Funzionario dello stesso U.T.G. - quale commissario ad acta per procedere in via sostitutiva nell’ulteriore termine di giorni sessanta.
Non può, invece, essere accolta, perché infondata, la domanda dei ricorrenti di condanna del Comune ex art. 96 c.p.c. (“ Responsabilità aggravata ”).
Tale articolo, per quanto in questa sede interessa, prevede che, qualora risulti che la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell'altra parte, può condannarla, oltre che alle spese di lite, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza.
Orbene, il Collegio non ritiene nel caso di specie di fare applicazione di tale disposizione, come richiamata dall'art. 26 del cod. proc. amm., non risultando provata l'esistenza dei presupposti per affermare la “ responsabilità aggravata ” dell’amministrazione comunale resistente, ossia la sua “ mala fede o colpa grave ”, dovendo in particolare evidenziarsi che la sospensione delle procedure esecutive di cui all’art. 243-bis, quarto comma, d.lgs. n. 267/2000 trova applicazione anche nel caso in cui il credito per cui si procede non sia stato inserito dall’Amministrazione Comunale nel piano di riequilibrio finanziario pluriennale.
In ragione della soccombenza reciproca (atteso che la domanda di condanna formulata da parte ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c. è stata rigettata), sussistono giusti motivi per compensare interamente fra le parti in causa le spese del presente giudizio.