TAR Bologna, sez. I, sentenza 2018-06-11, n. 201800477

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2018-06-11, n. 201800477
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201800477
Data del deposito : 11 giugno 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/06/2018

N. 00477/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00068/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 68 del 2012, proposto da:
Edilizia Moderna S.r.l., in persona del curatore fallimentare, rappresentata e difesa dagli avv.ti G G, B G, con domicilio eletto presso il loro studio in Bologna, via dei Mille 7/2;

contro

Comune di Rimini, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Assunta Fontemaggi, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Bragagni in Bologna, Strada Maggiore 31;

per l'accertamento

delle eccessività e quindi illiceità della pretesa del Comune di Rimini di attribuire alle aree da cedere per parcheggi pubblici nell'intervento edilizio diretto di via Duca degli Abruzzi n. 43 un valore economico come aree edificabili, richiedendo ad essa l'importo di € 35.048,74 quale "monetizzazione" sostitutiva della cessione;

e la conseguente condanna

del Comune di Rimini alla restituzione delle somme acquisite per tali titoli, con interessi dalla data del pagamento al saldo;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rimini;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 giugno 2018 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori G G, Francesco Bragagni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

La società ricorrente chiedeva accertarsi che l’importo chiesto a titolo di monetizzazione sostitutiva della cessione di aree per la realizzazione di parcheggi pubblici dal Comune di Rimini, in relazione ad un intervento edilizio diretto, era eccessivo e pertanto illegittimo.

L’ingiustizia della quantificazione dell’importo di tale monetizzazione deriverebbe dal fatto che la determinazione dell’importo è stata fatta considerando come edificabile il terreno che non era stato oggetto della cessione che il Comune avrebbe giustificato prendendo come parametro quanto disposto dall’art. 37

DPR

327/2001.

Faceva presente che la questione giuridica oggetto del ricorso era stata già esaminata con la sentenza 702/2012 del TAR poi riformata dalla sentenza 253/2014 del Consiglio di Stato.

Prima di entrare nel merito della questione sollevata, analizzandola sotto i vari profili, è necessario affrontare l’eccezione preliminare sollevata dal Comune di Rimini e relativa all’inammissibilità dell’azione di accertamento in subiecta materia.

La questione è stata già affrontata dalle sentenze prima richiamate ed è opportuno riportare i passaggi di quelle sentenze in merito.

La sentenza del TAR, nel dichiarare inammissibile l’azione di accertamento, così argomentava: “ O, occupandosi dei rimedi giurisdizionali utilizzabili dal privato che voglia opporsi alla c.d. monetizzazione sostitutiva della cessione degli standards, la giurisprudenza ha avuto modo di rilevare come non sia ammissibile in simili casi l’azione di accertamento, in quanto la posizione soggettiva azionata presenta i caratteri dell’interesse legittimo e deve essere dunque fatta valere censurando, nel termine decadenziale, il titolo edilizio che rechi l’imposizione della prestazione patrimoniale contestata, secondo il tipico rito impugnatorio (v. Cons. Stato, Sez. IV, 16 febbraio 2011 n. 1013). Né rileva che nella fattispecie la ricorrente si duole del quantum e non dell’an della “monetizzazione”, in quanto la circostanza che la definizione della somma dovuta si sottragga ad una fissazione automatica o predeterminata – quale sarebbe se esistessero tariffe o criteri puntuali già codificati –, ed implichi invece l’esercizio di poteri discrezionali-valutativi propri dell’attività provvedimentale della pubblica Amministrazione, evidenzia che la situazione soggettiva coinvolta è da qualificarsi come interesse legittimo, in analogia del resto con quel costante orientamento giurisprudenziale in tema di controversie relative ai canoni delle concessioni amministrative, ritenute inerenti a posizioni di diritto soggettivo solo quando la lite sia contrassegnata da un contenuto meramente patrimoniale e comporti unicamente l’accertamento tecnico dei presupposti fattuali di un rapporto concessorio il cui contenuto si presenta già interamente regolato dalla legge o dall’accordo delle parti, di modo che in tali casi, e soltanto in questi, la determinazione del dovuto esula dal potere autoritativo dell’Amministrazione (v., tra le altre, Cass. civ., Sez. un., 12 ottobre 2011 n. 20939 e 12 gennaio 2007 n. 411). ”.

La sentenza del Consiglio di Stato, invece, seppur in via incidentale stante la poca rilevanza in concreto della questione, ha affermato: “ Come correttamente osservato dall’appellante incidentale, l’azione di accertamento, da ritenersi ammissibile alla luce del principio di atipicità delle azioni (Cfr. A.P n. 15/2011) è stata esperita contestualmente a quella di annullamento in parte qua del provvedimento, in considerazione del fatto che trattasi di obbligazioni pecuniarie che, sebbene quantificate unilateralmente dall’amministrazione, costituiscono espressione di un potere vincolato a parametri oggettivi.

Non c’è quindi aggiramento del termine decadenziale. ”.

Ritiene il Collegio che le considerazioni svolte nella sentenza del TAR siano più pregnanti di quelle contenute nella sentenza del Consiglio di Stato;
infatti non è vero che la quantificazione unilaterale dell’amministrazione è espressione di un potere vincolato a parametri oggettivi come avviene normalmente quando si parla di obbligazioni pecuniarie che derivano da obblighi pubblicistici.

Non vi è alcun parametro oggettivo cui ancorare la determinazione del quantum della monetizzazione tanto è vero che non è stato riscontrato un criterio da porre a fondamento dell’individuazione della somma corretta da richiedere.

Infatti nel ricorso si critica la scelta effettuata dal Comune di scegliere come parametro il valore medio delle aree edificabili nel Comune di Rimini, svolgendo una serie di argomentazioni per sostenere che sarebbe giusto ricorrere ad altro parametro. Se il Comune di Rimini avesse dato attuazione a quanto previsto dall’art. 29, comma 4, L.R. 20/2000 fissando le modalità di calcolo delle monetizzazioni delle dotazioni territoriali nel RUE, l’azione di accertamento sarebbe stata ammissibile per contestare un calcolo errato dell’amministrazione, mentre sarebbe stata necessaria un’impugnazione della norma regolamentare nel caso si fosse contestata la scelta dei criteri di quantificazione della monetizzazione adottati nello strumento urbanistico.

Ma il Comune di Rimini non ha adottato il RUE e negli atti pianificatori previsti dalle norme applicabili al caso di specie ratione temporis, non vi comunque la definizione di criteri cui ancorare la quantificazione dell’importo della monetizzazione.

In tal caso l’importo determinato nei singoli atti di concessione è espressione di un potere discrezionale e non rileva il fatto che il calcolo sia demandato ad un ufficio del Comune poiché la scheda predisposta è un mero atto interno di ausilio per consentire l’individuazione della cifra esatta, ma il criterio deriva dalla scelta discrezionale di parametrare il valore delle aree a scomputo con i terreni edificabili, scelto discrezionalmente dal Comune ma non oggettivato in nessun atto di natura regolamentare.

E’, quindi, corretto quanto ricordato dal Consiglio di Stato circa la natura atipica delle azioni nel codice di rito, ma ciò vale quando non esiste un’azione tipica mentre in questo caso era possibile esercitare l’azione di annullamento per contestare l’uso del potere discrezionale nel quantificare l’importo delle monetizzazioni in quanto non ancorato a nessun parametro predeterminato.

Per questa ragione non può operarsi una differenziazione tra l’an ed il quantum della monetizzazione come se la scelta se consentire di monetizzare la cessione di aree fosse discrezionale a differenza della determinazione dell’importo.

Il ricorso è, pertanto, inammissibile ma le spese possono essere compensate per la particolarità della questione

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi