TAR Napoli, sez. V, sentenza 2022-11-28, n. 202207339

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2022-11-28, n. 202207339
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202207339
Data del deposito : 28 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/11/2022

N. 07339/2022 REG.PROV.COLL.

N. 04438/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4438 del 2017, proposto da F.I.L. Fabbrica Imballaggi in Legno S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato G B, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Napoli alla Via Filangieri, 21 come in atti.

contro

Comune di Ponte, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato N L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Carducci 37;
Provincia di Benevento, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato G M, con domicilio eletto presso lo studio Maria Iele in Napoli, via Lucci n. 137;
Regione Campania, Arpac - Agenzia Regionale Protezione Ambientale per la Campania, Gesesa Spa, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento:

a) del provvedimento del Responsabile del SUAP del Comune di Ponte, prot. 5702 dell'11 agosto 2017, provv. n. 3, con il quale è stata negata l'Autorizzazione Unica Ambientale, oggetto della richiesta, presentata in data 20.12.2016, diretta ad ottenere il rilascio dei seguenti titoli abilitativi, di cui all'art. 3, co. 1, D.P.R. 13.03.2013, n. 59: 1) Autorizzazione agli scarichi in acque reflue in pubblica fognatura di cui al Capo II della parte terza del D.vo 03.04.2015, n. 152 e successive modificazioni;
2) Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all'art. 269 Codice dell'Ambiente;
3) Nulla Osta relativo all'impatto acustico di cui all'art. 8, co. 6, della L. 26 ottobre 1995, n. 447;
4) Comunicazioni relative alle operazioni di smaltimento e recupero rifiuti di cui agli artt. 215 e 216 Cod. Ambiente, per l'impianto di compostaggio a biocelle da ubicare nel Comune di Ponte (BN) alla Via S.P. A07 Attività Principale messa a riserva e recupero di rifiuti organici non pericolosi;
b) della Determinazione n. 1722 del 7 Agosto 2017 della Provincia di Benevento – Settore Tecnico – Gestione Integrata Risorse Idriche – Ecologia avente ad oggetto “Diniego adozione AUA (Autorizzazione Unica Ambientale) n. 59, Ditta F.I.L. – Fabbrica Imballaggi in Legno S.r.l. – Impianto di compostaggio a biocelle (da Piana, Ponte BN, Amministratore Unico Magnolia Massimo n. 30.1.65)”;
c) dei verbali della Conferenza dei Servizi del 15.03.2017, 05.07.2017, 18.07.2017;
d) del parere negativo del Comune di Ponte allegato alla Nota depositata agli atti della Conferenza dei Servizi del 18.07.2017, n. 5180 del 17.07.2017;
e) del parere negativo della Provincia di Benevento espresso nella Conferenza dei Servizi decisoria del 18.07.2017;
f) del parere sfavorevole della Regione Campania,

UOD

Ecologia espresso nella Conferenza dei Servizi decisoria del 18.07.2017;
g) della Nota della Gesesa S.p.A., n.q. di concessionaria del Comune di Ponte per la gestione della Rete Idrica, prot. 30561 del 21.07.2017;
h) del parere di compatibilità urbanistica del Responsabile del Settore Urbanistico Edilizio del Comune di Ponte, prot. n. 5176 del 17.07.2017;
i) della Relazione Tecnica Preliminare da un punto di vista ambientale, relativa alla realizzazione di un Impianto di gestione e recupero rifiuti umidi nella zona P.I.P. del 24.05.2017 a firma del Responsabile del Settore Tecnico Manutentivo del Comune di Ponte;
l) della Relazione concernente gli aspetti urbanistici – edilizi della procedura AUA (Autorizzazione Unica Ambientale) – D.P.R. 13.03.2013 n. 59 – Ditta Fabbrica Imballaggi in Legno S.r.l. a firma del Responsabile del Settore Tecnico – Urbanistico del Comune di Ponte del 04.07.2017;
m) di ogni altro atto preordinato, connesso, conseguenziale, comunque lesivo del diritto della Società ricorrente, ivi compreso il preavviso di diniego, ai sensi dell'art. 10 bis, L. 241/90, adottato in data 21.07.2017, con Nota prot. 30562.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ponte e della Provincia di Benevento;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 22 novembre 2022 il dott. F D L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


1. La nominata impresa ricorrente ha proposto ricorso per ottenere l’annullamento, unitamente agli atti connessi e presupposti, del provvedimento del Responsabile del SUAP del Comune di Ponte, prot. 5702 dell’11 agosto 2017, provv. n. 3, con il quale è stata negata l’Autorizzazione Unica Ambientale, oggetto della richiesta, presentata in data 20.12.2016, diretta ad ottenere il rilascio dei seguenti titoli abilitativi, di cui all’art. 3, co. 1, D.P.R. 13.03.2013, n. 59: 1) Autorizzazione agli scarichi in acque reflue in pubblica fognatura di cui al Capo II della parte terza del D.vo 03.04.2015, n. 152 e successive modificazioni;
2) Autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti di cui all’art. 269 Codice dell’Ambiente;
3) Nulla Osta relativo all’impatto acustico di cui all’art. 8, co. 6, della L. 26 ottobre 1995, n. 447;
4) Comunicazioni relative alle operazioni di smaltimento e recupero rifiuti di cui agli artt. 215 e 216 Cod. Ambiente, per l’impianto di compostaggio a biocelle da ubicare nel Comune di Ponte (BN) alla Via S.P. A07 Attività Principale messa a riserva e recupero di rifiuti organici non pericolosi.

La Provincia di Benevento si è costituita deducendo l’infondatezza dell’impugnazione.

Il Comune di Ponte si è costituito per resistere al ricorso.

Non si sono costituite Gesesa S.p.A., l’Arpac, e la Regione Campania.

Con ordinanza cautelare n. 2017/1803 depositata in data 22/11/2017 il Collegio ha respinto la domanda cautelare ritenendo insussistente il fumus boni juris .

All’esito dell’udienza di smaltimento del 22 novembre 2022, tenuta da remoto, il Collegio ha riservato la decisione in camera di consiglio.

2. È impugnato, unitamente agli atti connessi e presupposti, il provvedimento del Responsabile del SUAP del Comune di Ponte, prot. 5702 dell’11 agosto 2017, provv. n. 3, emesso all’esito della conferenza dei servizi, con il quale è stata negata l’Autorizzazione Unica Ambientale, oggetto della richiesta, presentata in data 20.12.2016, diretta ad ottenere il rilascio del titolo abilitativo per l’attività di trattamento dei rifiuti organici.

Con il primo motivo la ricorrente ha lamentato che erroneamente il Dirigente p.t. del Servizio Urbanistico Edilizio del Comune di Ponte avrebbe asserito, nel suo parere del 17.07.2017, che, in prossimità dell’area di proprietà della S.r.l. F.I.L., e, comunque, entro la fascia di rispetto dei 200 mt., esisterebbe un pozzo per la captazione delle risorse idriche posto a servizio della rete dell’acquedotto del Comune di Ponte;
tale pozzo non potrebbe costituire elemento ostativo al rilascio della richiesta autorizzazione.

Con il quarto motivo è lamentata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, in quanto erroneamente la Regione Campania e la Provincia di Benevento, la cui presenza alla Conferenza dei Servizi è richiesta a presidio di interessi specifici e autonomi, avrebbero ritenuto, nell’esprimere il proprio parere, in modo asseritamente acritico di conformarsi a quello del Comune di Ponte, mentre tali amministrazioni avrebbero dovuto esprimere autonome valutazioni, a tutela degli interessi pubblici di cui sono affidatarie, concernenti il merito del progetto presentato dalla Società F.I.L. S.r.l.

Con il sesto motivo è lamentato che il provvedimento conclusivo del procedimento non sarebbe sufficientemente motivato con il semplice rinvio al parere espresso dall’autorità comunale, in quanto ente portatore di propri e specifici interessi, mentre sarebbe stata necessaria una valutazione complessiva, frutto della trasparente valutazione della totalità degli interessi coinvolti.

Il primo, il quarto e il sesto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Il diniego del rilascio del provvedimento ampliativo è motivato, tra le varie ragioni, anche con il richiamo al profilo ostativo della sussistenza, entro 200 mt., di un pozzo che alimenta la rete idrica comunale, tuttora in uso da parte delle Gesac.

Tale circostanza rende il gravato diniego vincolato, ai sensi dell’art. 94 commi 4 e 6 Dlgs. 152/2006. In particolare, l’art. 94 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, rubricato “ Disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano ”, stabilisce che:

1. Su proposta delle Autorità d'àmbito, le regioni, per mantenere e migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto che riveste carattere di pubblico interesse, nonché per la tutela dello stato delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela assoluta e zone di rispetto, nonché, all'interno dei bacini imbriferi e delle aree di ricarica della falda, le zone di protezione.

(…)

4. La zona di rispetto è costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati l’insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti attività:

(…)

h) gestione di rifiuti;

(…)

6. In assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province autonome della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un’estensione di 200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione ”.

Nel caso in esame, è stata riscontrata l’esistenza di un pozzo potabile “ in uso pubblico al servizio dell’acquedotto comunale ” che, come confermato dalla Gesesa s.p.a., sebbene non iscritto al Catasto Utenti Pozzi provinciale, alimenta di fatto la rete idrica comunale, per cui “ il pozzo sito alla c.da piana zona PIP del Comune di Ponte fornisce acqua potabile al servizio pubblico dell’acquedotto comunale, configurandosi in merito carattere di interesse pubblico generale ”;
il pozzo inoltre si trova ad una distanza di 200 metri, difettando così, per l’impianto che la ricorrente vorrebbe realizzare, la fascia di rispetto e di sicurezza. Neppure è condivisibile l’assunto secondo cui “ la presenza entro la fascia di 200 mt. prevista dall’art. 94. co. 1 D.vo 152/06 di altro impianto autorizzato che provvede alla gestione di rifiuto pericolosi e non pericolosi costituisce conferma evidenza della fondatezza del rilievo ”;
infatti l’amministrazione resistente ha rilevato che sussiste una differenza dirimente rispetto all’attività di impresa oggetto dell’impugnato diniego, non potendo essere assimilata alla diversa attività della zincatura a caldo, la quale comporta minori rischi per la sicurezza in quanto è una lavorazione a circuito chiuso e con l’ausilio di tunnel di aspirazione e di abbattimento che non emette quindi scarichi industriali in acque esterne o emissioni non controllate in aria.

Il rispetto della distanza è quindi un vincolo posto a presidio della sicurezza e della salute, per cui non è dirimente valutare se il pozzo sia autorizzato o se invece sia abusivo, dovendosi privilegiare la circostanza fattuale, non contestata, che l’acqua potabile ivi estratta è fruita dalla collettività. Ciò premesso, il pozzo comunque non risulta abusivo. In particolare, Gesesa S.p.A. ha presentato in data 21/07/2017 “ domanda di regolarizzazione ex art. 38 Regolamento Regionale della Regione Campania n. 12/2012 dichiarando espressamente che “ la derivazione dal pozzo sito nella contrada Piana fornisce acqua potabile al servizio pubblico dell’acquedotto comunale, configurandosi in merito carattere di interesse pubblico generale ”;
quindi la Provincia, trattandosi di pubblico servizio, ha attivato la procedura ex art. 38 commi 6 e 7 del regolamento regionale 12/2012 al fine di sanare la situazione di detto bacino idrico a tutela dell’interesse pubblico generale che afferisce allo stesso. Orbene, alla fattispecie in esame si applica l’art. 38 c. 6 del vigente Regolamento della Regione Campania n. 12/2012 (“ Regolamento per la disciplina delle procedure relative a concessioni per piccole derivazioni, attingimenti e uso domestico di acque pubbliche ”), in base al quale, per pozzi in uso senza autorizzazione, in presenza di ragioni di interesse pubblico generale, nelle more della regolarizzazione è possibile la continuazione provvisoria del prelievo, con ciò intendendosi salvaguardare le esigenze correlate alla continuità della fornitura di pubblico servizio. Lo sfruttamento del pozzo, per il quale è stata formulata domanda di regolarizzazione in data 21.7.2017 (facendo seguito ad analoga precedente risalente al 29 dicembre 2005), ben poteva essere proseguito nelle more del procedimento di regolarizzazione. Per questo non può essere condiviso l’assunto della ricorrente, secondo cui l’utilizzo del pozzo sarebbe abusivo in quanto dopo la presentazione della domanda di regolarizzazione non sarebbe intervenuto un provvedimento favorevole espresso;
peraltro, sotto tale ultimo profilo, occorre evidenziare che il Settore Gestione Integrata Risorse Idriche della Provincia di Benevento, giusta Determina del Responsabile del servizio n. 1628 del 24 luglio 2017, ha espressamente autorizzato la Gesesa s.p.a. a continuare lo sfruttamento di acqua da destinare ad uso potabile dai suddetti n. 3 pozzi, espressamente motivando in ordine al fatto che: tali pozzi forniscono acqua potabile all’acquedotto comunale;
Gesesa s.p.a. è gestore del servizio idrico integrato del Comune di Ponte;
sussistono preminenti ragioni di interesse pubblico generale di cui al comma 6 dell’art. 38 del Regolamento Regionale n. 12/2012, e in particolare l’esigenza, tutelata da tale norma, di non interrompere il servizio pubblico di acqua potabile. Per tali ragioni, non sussistono i presupposti per la sospensione del presente giudizio invocata dalla parte ricorrente nel corso dell’udienza di smaltimento del giorno 22.11.2022 per la pendenza, davanti a questa Sezione, del giudizio ex art. 117 c.p.a. rubricato RG. 5460/22 proposto per l’impugnazione del silenzio asseritamente formatosi a fronte della richiesta di rilascio dell’autorizzazione definitiva per lo sfruttamento del pozzo per cui è causa: il Collegio ritiene da un lato che manchi il rapporto di pregiudizialità che giustifica la sospensione, e dall’altro che è dirimente il dato fattuale della necessità della tutela della salute pubblica, anche in base al principio di precauzione, a fronte dello sfruttamento del pozzo (comunque ad abundantiam allo stato autorizzato in base alla descritta autorizzazione provvisoria) per attingere acqua potabile a beneficio della collettività.

Quindi l’attività di sfruttamento del pozzo da parte di Gesesa rispetta pienamente le previsioni del regolamento della Regione Campania n. 12/2012 e dell’art. 94 D.lgs 152/2006.

Dunque, a fronte dell’esistenza di un pozzo di acqua potabile al servizio della collettività, è vincolato il diniego opposto dall’amministrazione, così che tutte le amministrazioni coinvolte nella conferenza dei servizi non potevano che prendere atto di tale circostanza ostativa, da ciò derivandone altresì l’infondatezza del quarto e del sesto motivo di ricorso secondo cui la Regione e la Provincia si sarebbero limitate a prendere atto di tale motivo ostativo rappresentato dal Comune di Ponte senza fare una valutazione complessiva che tenga conto anche dell’interesse di cui siano portatrici. Occorre piuttosto evidenziare che la valutazione complessiva è stata compiuta, ma che l’esistenza del citato profilo ostativo della presenza del pozzo idropotabile nel raggio di 200 metri non poteva che condurre a un diniego vincolato (Consiglio di Stato, Sezione IV, 24 settembre 2013, n. 4693).

3. Con il quinto motivo, la ricorrente ha lamentato che il verbale conclusivo della Conferenza dei Servizi del 18.07.2017 sarebbe stato sottoscritto oltre il termine di 90 giorni previsto dall’art. 14 ter , L. 241/90 e dell’art. 208 Cod. Ambiente, così che esso sarebbe tardivo perché adottato oltre il termine di legge, quando la Conferenza di Servizi avrebbe già perso il potere di provvedere.

Sul punto, tuttavia, le amministrazioni costituite hanno evidenziato che la conferenza dei servizi, avviata in data 14 marzo 2017, si è conclusa con diniego motivato nella seduta del 18.7.2017 a cui poi ha fatto seguito il provvedimento comunale definitivo di diniego n. 5702 del giorno 11 agosto 2017, e che nel corso del procedimento sono pervenute integrazioni da parte della odierna ricorrente così che è stato interrotto il termine di conclusione dei lavori della conferenza. A fronte di tale rilievo di interruzione dei termini parte ricorrente nulla ha replicato.

Ad abundantiam , occorre evidenziare che in ogni caso non si sarebbe verificata alcuna consumazione del potere per tardiva conclusione del procedimento. Infatti, l’art. 208 del d.lgs. 152/06, richiamato dalla ricorrente, prevede quanto segue:

« 8. L'istruttoria si conclude entro centocinquanta giorni dalla presentazione della domanda di cui al comma 1 con il rilascio dell'autorizzazione unica o con il diniego motivato della stessa.

9. I termini di cui al comma 8 sono interrotti, per una sola volta, da eventuali richieste istruttorie fatte dal responsabile del procedimento al soggetto interessato e ricominciano a decorrere dal ricevimento degli elementi forniti dall'interessato.

10. Ferma restando la valutazione delle eventuali responsabilità ai sensi della normativa vigente, ove l'autorità competente non provveda a concludere il procedimento di rilascio dell'autorizzazione unica entro i termini previsti al comma 8, si applica il potere sostitutivo di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 ». Quindi la scadenza del termine di durata del procedimento, in base alla norma in esame, non ha valore di silenzio significativo, né comporta una decadenza dal potere di provvedere, ma semplicemente comporta l’eventuale attivazione dei poteri sostitutivi (nel caso in esame comunque non attivati).

Quindi il quinto motivo è infondato.

4. Premesso che il legittimo motivo di diniego relativo alla presenza del pozzo è assorbente, con il secondo motivo la ricorrente ha lamentato che il Responsabile del Servizio Urbanistico del Comune di Ponte avrebbe erroneamente ritenuto il contrasto dell’impianto che la Società ricorrente intenderebbe realizzare in area P.I.P. con le disposizioni del P.T.C.P. (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale della Provincia di Benevento), adottato con Delibera Consiliare n. 27 del 26.07.2012. Con il terzo motivo, che può essere esaminato congiuntamente con il secondo, la ricorrente ha affermato che, pur applicando le disposizioni del P.T.C.P. alla realizzazione dell’intervento per cui è causa, l’impianto di compostaggio per cui è causa sarebbe comunque conforme alla normativa del Piano Provinciale.

Tali due motivi di ricorso sono infondati.

Il Collegio rileva che il P.T.C.P. nelle tavole del sistema ambientale e naturalistico, sezione strutture complesse, qualifica l’area del P.I.P. di Ponte come “ facente parte delle fasce di protezione dei corridoi ecologici ”, disponendo direttive ed indirizzi tecnici per escludere l’installazione di sistemi produttivi ad elevato impatto sull’ambiente e sulla salute, e consentendo solo il ripristino di condizioni di uso sostenibili. Neppure può sostenersi che i piani e gli strumenti urbanistici comunali possano derogare al P.T.C.P., in quanto, nell’ambito della gerarchia dei piani e regolamenti, le fonti comunali non possono porsi in contrasto con il P.T.C.P., il quale anzi coordina ed indirizza la pianificazione del successivo livello, e quindi anche di quello comunale.

Sotto altro profilo, come evidenziato dal Comune di Ponte, l'A.U.A. è l’autorizzazione che può essere richiesta per l'esercizio delle attività di recupero e smaltimento dei rifiuti, mentre la ricorrente ha presentato tale istanza per la costruzione ovvero la realizzazione degli impianti necessari per lo svolgimento di tale attività per cui, invero avrebbe dovuto richiedere l’a.i.a. al competente organo, in quanto « le procedure autorizzative semplificate previste dagli artt. 214 e seguenti del D.Lgs 152 del 2006 riguardano "l'esercizio delle operazioni di recupero dei rifiuti" (art. 216 comma 1) e non anche la legittimazione degli impianti attraverso cui tali attività vengono svolte » (T.A.R. Toscana, Firenze, 8/6/2016, n. 964).

Anche sotto il profilo della conformità agli strumenti comunali, il Comune di Ponte ha evidenziato che l’attività che la ricorrente vorrebbe realizzare, in base alle previsioni dell’art. 216 del T.U. sulle leggi sanitarie, sarebbe pericolosa, e il P.R.G. comunale ed il P.I.P. vietano la localizzazione di industrie nocive di qualsiasi genere e natura, anche in ragione della vicinanza di strutture sensibili come attività agroalimentari in una zona di coltivazione e trattamento di uve da trasformare in prodotti con certificati D.o.p. e I.g.p., inducendo ciò il Comune ulteriormente esprimere parere negativo.

Non è adeguatamente contestata dalla ricorrente neppure l’altro profilo allegato dal Comune di Ponte, secondo cui il progetto per il quale la ricorrente ha chiesto l’a.u.a piuttosto che l’a.i.a., in base all’allegato III del D.lgs. 152/2006, avrebbe dovuto essere assoggettato a v.i.a. e/o a valutazione di incidenza, in quanto, come sostenuto in giurisprudenza, “ non può prescindersi dalla valutazione di impatto ambientale in relazione agli impianti di smaltimento dei rifiuti ove prescritta in relazione alle caratteristiche dell'impianto ” (C.G.A.R.S., 18.7.2016, n. 205;
conf. T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 08/10/2018, n.5819);
sotto tale profilo, risulta a maggior infondata la doglianza relativa alla asserita violazione dell’art. 20 n.t.a. del P.T.C.P. della Provincia di Benevento da cui la ricorrente vorrebbe far discendere la possibilità di accoglimento della sua istanza, in quanto piuttosto tale previsione richiede la “ previa predisposizione di uno studio di impatto ambientale ”, la quale tuttavia difetta nella fattispecie concreta in esame.

In ordine alla mancanza di compatibilità urbanistica, occorre anche richiamare l'art. 6 delle norme di attuazione del Piano degli Insediamenti Produttivi, in base al quale “ le aree delimitate dal piano possono essere assegnate esclusivamente per la realizzazione di impianti di carattere industriale, artigianale e commerciale ”, così che sono compatibili con il P.I.P. del Comune di Ponte solo a condizione del rispetto dell'art. 9 delle citate norme di attuazione in base a cui " nel piano sono consentiti solo quegli insediamenti che non producono scarichi solidi, liquidi e gassosi difformi dai limiti imposti dalle vigenti leggi in materia di inquinamenti ";
nel caso in esame è evidente che l’impianto per cui è causa non rientra tra quelli autorizzabili.

5. Il ricorso è pertanto infondato e deve essere respinto.

6. Nel rapporto processuale tra la ricorrente e le amministrazioni resistenti costituite le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

Nel rapporto processuale tra la ricorrente e le parti non costituite non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite.

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