TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-08-11, n. 202304792

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2023-08-11, n. 202304792
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202304792
Data del deposito : 11 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/08/2023

N. 04792/2023 REG.PROV.COLL.

N. 02155/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2155 del 2022, proposto da
Cellnex Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S A, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Sessa Aurunca, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituito in giudizio;
Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per Le Province di Caserta e Benevento, e Ministero della Transizione Ecologica, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio fisico legale presso la sede di questa, in Napoli, via Diaz n. 11;

nei confronti

Wind Tre s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensiva

- del provvedimento prot. n. 0008591 del 14 marzo 2022, reso dalla Città di Sessa Aurunca, avente ad oggetto “ Comunicazione di diniego inerente al progetto per l'installazione di un impianto di radio telecomunicazioni per telefonia mobile su terreno sito in Sessa Aurunca via Domiziana (SS7) catastalmente identificato al Foglio 224 mappale 271 ”;

- del parere negativo prot. n. MIC|MIC_SABAP-CE_UO6|24/02/2022|0004032-P del 24 febbraio 2022, reso dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Caserta e Benevento – Direzione Generale Archeologia Belle Arti e paesaggio, Ministero della Cultura, avente ad oggetto il parere negativo alla realizzazione di un impianto tecnologico di radio telecomunicazioni per telefonia mobile su terreno sito in Sessa Aurunca in via Domiziana, in area sottoposta a vincolo paesaggistico in virtù del D.M. 28./03/1985, non notificato e allegato alla comunicazione di preavviso di diniego resa dal Comune di Sessa Aurunca prot. n. 0006815 del 28 febbraio 2022;

- di tutti gli atti connessi, ivi compreso, in via gradata e comunque ove necessario, del D.M. 28 marzo 1985, pubblicato in G.U. 26 aprile 1985, n. 98.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Cultura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 maggio 2023 il dott. Michele Buonauro, e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società ricorrente ha contestato gli atti con il quali il Comune di Sessa Aurunca, su parere conforme della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Caserta e Benevento, ha negato l’autorizzazione all’installazione di un impianto tecnologico per telecomunicazioni su terreno sito in Via Domiziana (SS7), in Catasto al fg. 224 mapp. 271, richiesto unitamente alla società Wind Tre s.p.a..

1.1. Avverso il suddetto diniego la Cellnex Italia s.p.a., rappresentando che un’autonoma impugnazione è stata proposta anche da Wind Tre s.p.a., ha proposto ricorso, deducendo la mancanza di preavviso di rigetto, la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto plurimi profili, contestando l’applicabilità delle prescrizioni paesaggistiche al caso di specie e, comunque, deducendo in subordine l’illegittimità del d,m. impositivo del vincolo.

1.2. L’amministrazione ministeriale si è costituita, concludendo per la reiezione del ricorso.

1.3. Accolta in sede di appello, ai soli fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito, con ordinanza n. 4027 del 2022, l’istanza cautelare rigettata in primo grado con ordinanza n. 1177 del 2022, all’udienza pubblica del 31 maggio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

2. Il ricorso non è meritevole di positivo apprezzamento.

2.1. Giova premettere in punto di fatto che la società ricorrente aveva presentato un’istanza in data 5 marzo 2021, sulla quale il Comune si era espresso sfavorevolmente solo sulla base del parere della Commissione Locale Paesaggio. Il Tribunale, con decisione n. 2338 del 2022 ha annullato il diniego sul presupposto dell’omesso coinvolgimento della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Caserta e Benevento.

Il Comune, dopo aver acquisito il parere (negativo) espresso dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Caserta e Benevento con nota del 24.2.2022 4032-P, ha comunicato un nuovo preavviso di diniego sull’istanza presentata dalla società ricorrente, recependo in sostanza le obiezioni sollevate nel parere paesistico.

A fronte di tale prospettazione, la società ricorrente ha inoltrato, il 10.3.2022, articolate osservazioni (cfr. doc. n.15 deposito ricorso) a supporto della propria richiesta.

3. Ciò premesso la prima censura (violazione dell’art. 146, comma 8, del D.Lgs. 42/2004 e dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990) non coglie nel segno, poiché dalla scansione temporale del procedimento emerge che alla società istante è stata data l’opportunità di contestare i motivi ostativi al rilascio del provvedimento favorevole, in conformità alla ratio dei moduli di partecipazione procedimentale stabiliti dalla normativa di riferimento, atteso che è necessario, ma anche sufficiente, che l’apporto del privato nel procedimento preceda il provvedimento finale. Pertanto non è condivisibile l’assunto difensivo secondo cui la Soprintendenza non sarebbe stata messa in grado di valutare le osservazioni del privato, appartenendo tale funzione all’amministrazione locale che è tenuta ad emanare il provvedimento finale. Giova per completezza soggiungere che la Soprintendenza ha rappresentato l’efficacia assorbente della difformità della trasformazione proposta con la normativa di tutela istituita dal P.T.P. vigente, la cui portata assolutamente preclusiva dell’intervento rendeva non dovute sia la valutazione in concreto dell’intervento sia l’indicazione di eventuali accorgimenti utili a rendere l’impianto compatibile con il vincolo di tutela.

Peraltro l’amministrazione comunale, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, ha chiaramente esplicitato le motivazioni del mancato accoglimento delle osservazioni del privato (pur in assenza di una analitica confutazione), ritenendo in sostanza che il divieto imposto in sede paesaggistica costituisse un ostacolo insormontabile.

4. Con queste precisazioni si può passare all’esame delle censure che contestano la ragionevolezza della motivazione a supporto del diniego impugnato in questa sede, che si sostanziano nell’assunto che le opere ricadano nel regime edilizio della zona interessata, in cui, a norma del piano paesaggistico, è vietata ogni opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici.

4.1. In estrema sintesi secondo la Soprintendenza (con valutazione condivisa dall’ente comunale) l’opera, per le dimensioni, la forma e l’ubicazione, comporta una apprezzabile alterazione visiva dei luoghi, in grado di pregiudicare i valori paesaggistici della zona.

Di contro, la ricorrente, sul presupposto che l’impianto è equiparato ad una opera di urbanizzazione primaria (art. 86, comma 3, del D. Lgs. n. 259 del 2003), ritiene non applicabile (e comunque irragionevole) un così radicale vincolo paesaggistico, tenuto anche conto che l’impianto andrebbe collocato a ridosso di un’arteria stradale già caratterizzata da imponenti pali di illuminazione e non dal litorale, in un’area in cui sono presenti già insediamenti abitativi ed altre opere di impiantistica telefonica similari.

4.2. Premesso che il vincolo paesaggistico, in considerazione del valore della zona di riferimento, non è né irragionevole né impertinente, le considerazioni, pur suggestive, svolte dalla difesa della società ricorrente tendono a sostituire la valutazione espressa dalla Soprintendenza con la propria, introducendo in tal modo un inammissibile sindacato sulla discrezionalità tecnica tipica di questa materia, essendo rimessa alla stessa il giudizio sulla capacità di impatto dell’opera sull’ambiente circostante e sulla valutazione della stessa in termini di detrattore paesaggistico.

Anche se le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, sotto il profilo edilizio, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7, del d.P.R. n. 380 del 2001 e non possono essere qualificate come “nuove costruzioni” ai fini edilizi, certamente possono essere considerate quali interventi antropici suscettibili di impatto paesaggistico e sono pertanto soggetti alle prescrizioni previste per la relativa salvaguardia.

E dunque, posto che il giudizio si basa su elementi giuridici e fattuali corretti e riflette un’opinione non irragionevolmente legata alla situazione del contesto paesaggistico ed ambientale, il sindacato del giudice amministrativo non può spingersi oltre la soglia della valutazione estrinseca di congruità e ragionevolezza.

5. Infine anche la doglianza avverso il d.m. 28 marzo 1985, in disparte i profili di ammissibilità, non risulta convincente, poiché l’introduzione di un divieto che affascia l’intera zona paesaggisticamente interessata non può ritenersi né indiscriminato né sproporzionato rispetto ai fini che la legislazione di riferimento intende tutelare, con il corollario che l’importanza strategica delle reti di comunicazioni non vale a scalfire le misure di protezione paesaggistico-ambientali.

Ed invero, la legittimità del P.T.P. sotto tale profilo è già stata ritenuta dalla stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 172 del 2018, laddove ha affermato che “con riferimento a determinate aree, e a prescindere dalla qualificazione dell’opera”, il piano può prevedere anche divieti assoluti di intervento.

5.1. Sul punto, come rammentato di recente dalla Sezione (cfr. Tar Napoli, VII, n. 1627 del 2023), la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 172 del 2018, si è pronunciata in ordine a una norma regionale (articolo 48 della legge regionale della Sicilia n. 16 del 017), la quale, “ pur enunciando espressamente il «rispetto dei principi di cui all’articolo 143 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42», stabilisce che i piani paesaggistici territoriali, nell’individuare le specifiche aree di tutela e predisporre le correlate prescrizioni d’uso, «devono prevedere la possibilità che le opere di pubblica utilità, realizzate da enti pubblici o società concessionarie di servizi pubblici e con esclusione dell’impiantistica di trattamento dei rifiuti comprese le discariche, siano realizzabili, previa specifica valutazione da effettuarsi caso per caso della concreta compatibilità con i valori paesaggistici oggetto di protezione, considerando nel complesso del progetto anche le possibili soluzioni in grado di ridurre, compensare o eliminare le eventuali incompatibilità»”.

Al riguardo, la Corte ha affermato che la previsione che “ con riferimento ad opere qualificate come di pubblica utilità (con esclusione dell’impiantistica di trattamento dei rifiuti, comprese le discariche) … esclude che dal piano possano derivare divieti assoluti di intervento … contrasta, evidentemente, con la finalità principale del piano paesaggistico che è, appunto, quella della tutela dell’interesse primario alla conservazione del paesaggio ”.

Secondo la Corte, “ naturalmente, va riconosciuto che il piano paesaggistico ha la funzione di strumento di ricognizione del territorio oggetto di pianificazione non solo ai fini della salvaguardia e valorizzazione dei beni paesaggistici, ma anche nell’ottica dello sviluppo sostenibile e dell’uso consapevole del suolo, in modo da poter consentire l’individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio.

In questa più ampia prospettiva, rilevano l’art. 135, comma 4, lettera d), e l’art. 143, comma 1, lettera h), cod. beni culturali, in base ai quali il piano deve provvedere alla individuazione «delle linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati» nonché «delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate».

Tuttavia, se la funzione del piano paesaggistico è quella di introdurre un organico sistema di regole, sottoponendo il territorio regionale a una specifica normativa d’uso in funzione dei valori tutelati, ne deriva che, con riferimento a determinate aree, e a prescindere dalla qualificazione dell’opera, il piano possa prevedere anche divieti assoluti di intervento. La possibilità di introdurre divieti assoluti di intervento e trasformazione del territorio appare, d’altronde, del tutto conforme al ruolo attribuito al piano paesaggistico dagli artt. 143, comma 9, e 145, comma 3, cod. beni culturali, secondo cui le previsioni del piano sono cogenti e inderogabili da parte degli strumenti urbanistici degli enti locali e degli atti di pianificazione previsti dalle normative di settore e vincolanti per i piani, i programmi e i progetti nazionale e regionali di sviluppo economico ”.

Tutto ciò vale, prosegue la Corte, anche per quelle opere “ che, prima della data di adozione dei singoli Piani Paesaggistici Territoriali, abbiano già ricevuto nulla osta, pareri favorevoli o autorizzazioni comunque denominate da parte di una Amministrazione regionale o locale competente in materia di tutela paesaggistico territoriale ai sensi del decreto legislativo n. 42/2004, ovvero per le quali la Regione abbia già rilasciato atti di intesa allo Stato … La disposizione regionale impugnata, infatti, non distinguendo tra procedimenti autorizzatori già conclusi e procedimenti ancora in itinere alla data di adozione dei piani paesaggistici territoriali, contrasta palesemente sia con la disciplina dell’autorizzazione paesaggistica dettata dall’articolo 146 cod. beni culturali e, in particolare, sia con il comma 4 di tale articolo, secondo cui l’autorizzazione paesaggistica costituisce atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti gli interventi urbanistico-edilizi, sia con il successivo comma 5, il quale stabilisce che il parere del soprintendente venga reso nel rispetto delle previsioni e delle prescrizioni del piano paesaggistico ” (in termini, Corte costituzionale, sentenze n. 45 del 2022, n. 219 del 2021, n. 86 del 2019).

Del resto, già prima della pronuncia della Corte costituzionale, il Consiglio di Stato aveva affermato che “ il favor assicurato, soprattutto dagli artt. 86 ss. del d. lgs. 259/2003, alla diffusione delle infrastrutture a rete della comunicazione elettronica, se comporta una forte compressione dei poteri urbanistici conformativi ordinariamente spettanti ai Comuni, non arriva a derogare alle discipline poste a tutela degli interessi differenziati (in quanto espressione di principi fondamentali della Costituzione), come quello naturalistico ambientale ” (sentenza n. 723 del 2014).

6. Per tutto quanto innanzi esposto, il ricorso è infondato e va rigettato, mentre le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, in favore delle sole amministrazioni statali, mentre nulla va disposto nei riguardi dei non costituiti Comune di Sessa Aurunca e Wind Tre spa.

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