TAR Catania, sez. IV, sentenza 2018-07-09, n. 201801439

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2018-07-09, n. 201801439
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201801439
Data del deposito : 9 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/07/2018

N. 01439/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00611/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 611 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
-OMISSIS- in Liquidazione, in persona del legale rappresentante p.t ., rappresentata e difesa dall'avvocato A S, domiciliato ex art. 25 cpa presso Tar Catania, Segreteria;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell'Interno - Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Messina, in persona dei legali rappresentanti p.t ., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliataria in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

nei confronti

Consorzio -OMISSIS- nella qualità di Soggetto Responsabile del Patto Agroalimentare -OMISSIS-, -OMISSIS- in Liquidazione, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

Ricorso introduttivo

- del D.D.G. del Ministero dello Sviluppo Economico del 24 novembre 2015 n. 6527, con il quale è stato revocato il contributo economico ex L. n. 662/1996 concesso in via provvisoria alla ricorrente giusto D.M. 20 aprile 2001, n. 2511, ed è stato altresì disposto il recupero della somma erogata;

- dell’informativa interdittiva di cui alla nota della Prefettura di Messina del 10582 dell’1 luglio 2008;

- di ogni altro atto connesso, presupposto e/o consequenziale;

I^ motivi aggiunti

del silenzio serbato dalla Prefettura di Messina sull’istanza di aggiornamento della informazione antimafia presentata dalla società ricorrente in data 15 Aprile 2016;

II^ motivi aggiunti

dell’informativa interdittiva di cui alla nota della Prefettura di Messina del 10 novembre 2016, protocollo 100724/2016/Area I trasmessa via PEC in data 11 novembre 2016;

III^ motivi aggiunti

dell’informativa interdittiva decretata dalla Prefettura di Messina con provvedimento prot. 91031/2017/Area I del 27 settembre 2017;

Visti il ricorso, i tre ricorsi per motivi aggiunti ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministero dell'Interno - Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Messina;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 marzo 2018 il dott. F B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con provvedimento n. 6527 adottato dal Ministero dello sviluppo economico in data 24 novembre 2015 era stata disposta a carico della società beneficiaria -OMISSIS- la revoca del contributo economico già concessole in via provvisoria;
tale decisione si fondava sull’esistenza di una informativa antimafia interdittiva emessa dalla Prefettura di Messina in data 1 luglio 2008, successiva alla erogazione del contributo, nella quale si rilevava che uno dei due soci della -OMISSIS- – il sig. -OMISSIS- - era stato tratto in arresto in esecuzione di una misura cautelare disposta dal GIP del Tribunale di Messina per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.

Da tale vicenda, la Prefettura aveva dedotto la sussistenza di “ elementi comprovanti possibili tentativi di infiltrazione mafiosa o, comunque, di permeabilità all’influenza della criminalità organizzata ”.

Il provvedimento ministeriale di ritiro del contributo, nonché la sottostante informativa prefettizia dell’1 Luglio 2008, sono stati impugnati dalla società -OMISSIS- col ricorso introduttivo del presente giudizio, col quale si deduce:

1.- violazione dell’art. 4 del D. Lgs. 490/1994 e degli artt. 84 e 91 del D. Lgs. 159/2011, nonché dell’art. 3 della L. 241/90, poiché – a fronte di una informativa cd. “atipica” – il Ministero dello sviluppo economico ha ritirato il contributo concesso in precedenza, ritenendo di dover porre in essere un’attività assolutamente vincolata, senza procedere invece ad una valutazione discrezionale circa gli effetti dell’informativa;

2.- violazione degli artt. 2, 3 e 6 della L. 241/90 per l’eccessivo lasso di tempo lasciato decorrere tra il ricevimento dell’informativa e l’adozione del provvedimento di revoca del contributo, nel quale avrebbe dovuto essere aggiornata l’istruttoria;

3.- violazione dell’art. 120 del D. Lgs. 159/2011 e dell’art. 9 del D. Lgs. 218/2012. Deduce la ricorrente che l’abrogazione dell’istituto delle informative atipiche avrebbe dovuto far venir meno l’efficacia anche di quella emessa nel 2008 dal Prefetto di Messina;

4.- Difetto di istruttoria e di motivazione con riguardo alla mancata esternazione delle ragioni che hanno indotto al ritiro del contributo concesso in precedenza;

5.- Mancata esternazione delle ragioni di interesse pubblico sottostanti la scelta del Ministero, che avrebbe dovuto anche valutare il fatto che l’investimento è stato ormai realizzato;

6.- Omessa valutazione delle osservazioni fornite dalla società nel corso del confronto infraprocedimentale avviato con la comunicazione di avvio del procedimento di revoca.

Si sono costituiti per resistere all’impugnativa sia il Ministero dell’interno - Prefettura di Messina, sia il Ministero per lo sviluppo economico.

Di seguito alla celebrazione del processo penale a carico del menzionato socio - conclusosi in primo grado con sentenza di condanna del Tribunale di -OMISSIS- n. -OMISSIS-per il solo reato di traffico di sostanze stupefacenti in concorso, e con l’assoluzione dal reato associativo - la società ricorrente ha presentato, in data 15 Aprile 2015, istanza alla Prefettura di Messina per chiedere la revisione dell’informazione antimafia, richiamando le conclusioni cui è pervenuto il giudice penale ed evidenziando che il proprio socio non è mai stato imputato del reato di cui all’articolo 416 bis c.p. (associazione per delinquere di tipo mafioso).

Avverso il silenzio seguito alla istanza di revisione, la società ricorrente ha proposto (la prima) impugnativa per motivi aggiunti, al fine di far dichiarare l’illegittimità della inerzia mantenuta dalla Prefettura di Messina nel procedimento avviato a domanda, avente ad oggetto la revisione dell’informazione antimafia.

Tuttavia, nelle more, in data 10 novembre 2016, la Prefettura di Messina ha rinnovato l’informazione antimafia nei confronti della società ricorrente, da una parte, prendendo atto delle risultanze emerse nella sentenza penale di primo grado emessa dal Tribunale di -OMISSIS-, che hanno visto restringersi il numero e la tipologia delle imputazioni mosse a carico del socio -OMISSIS-;
dall’altra parte, evidenziando come nel procedimento penale in cui era imputato il -OMISSIS-risultasse coinvolto anche -OMISSIS-, successivamente arrestato in altra operazione per i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione e spaccio di stupefacenti. Ulteriormente, la Prefettura ha anche rilevato che il -OMISSIS-- nel periodo 2000/2016 - ha frequentato persone controindicate per reati contro il patrimonio, in materia di armi, e sostanze stupefacenti (segnatamente, -OMISSIS-, oltre al citato -OMISSIS-).

Dal quadro descritto, l’autorità procedente ha tratto elementi per ritenere altamente plausibile il rischio di infiltrazioni mafiose e di condizionamento criminale nell’attività di impresa, ed ha adottato quindi la nuova informativa interdittiva datata 10 Novembre 2016.

A seguito di tale nuovo pronunciamento della Prefettura la società ricorrente ha proposto un (secondo) ricorso per motivi aggiunti, allo scopo di chiedere l’annullamento della seconda informazione interdittiva. Nelle more, questa Sezione – all’udienza camerale del 23 febbraio 2017 - ha adottato la sentenza n. 876/2017 che ha dichiarato cessata la materia del contendere nel primo ricorso per motivi aggiunti, proposto per far valere l’illegittima inerzia della Prefettura in ordine alla revisione dell’informativa antimafia.

Nei secondi motivi aggiunti la società ricorrente deduce quanto segue:

1.- che la condanna riportata dal -OMISSIS-riguarda un reato diverso da quelli “indizianti” contemplati nell’articolo 84, co. 4, lett a), del D. Lgs. 159/2011, e dunque non può fondare di per sé alcuna prognosi di rischio di infiltrazione mafiosa;
inoltre, verrebbe in rilievo un singolo episodio risalente nel tempo, con conseguente mancanza del requisito dell’attualità;

2.- le frequentazioni con alcuni soggetti controindicati, menzionate nel provvedimento, non possono assumere rilevanza ai fini perseguiti dall’autorità prefettizia, data la genericità circa il loro numero e le circostanze di fatto in cui si sarebbero verificate;
inoltre, tali frequentazioni non evidenziano alcun legame, rapporto o cointeresse fra il -OMISSIS-ed i soggetti menzionati.

L’Avvocatura dello Stato ha eccepito con memoria difensiva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adìto, richiamando la nota giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 17/2013 e 6/2014) formatasi in materia di revoca di contributi pubblici disposta per inadempienza del beneficiario.

In prossimità dell’udienza di merito del -OMISSIS-, la società ricorrente ha chiesto un rinvio della trattazione, evidenziando la circostanza che in data 12 maggio 2017 il socio -OMISSIS- ha ceduto all’altro socio (-OMISSIS--OMISSIS-) le sue quote di partecipazione alla società, e che a seguito di tale estromissione dalla compagine sociale è stato chiesto alla Prefettura di Messina un ulteriore aggiornamento dell’interdittiva antimafia, a quella data ancora non esitato.

La Prefettura si è poi pronunciata su tale domanda ed ha adottato una nuova informativa interdittiva in data 27.09.2017, prot. 91031/2017/Area I, sostenendo che permangono i rischi di infiltrazione della criminalità nell’impresa, poichè il socio -OMISSIS-, benchè formalmente estromesso dalla compagine societaria, continua ad essere di fatto coinvolto nell’attività gestionale.

Il nuovo provvedimento è stato impugnato dalla società col terzo ricorso per motivi aggiunti notificato il 24 novembre 2017, con il quale si denuncia:

1.- violazione e falsa applicazione dell’art. 91 del D. Lgs. 159/2011 nonché eccesso di potere per travisamento dei fatti.

Secondo la ricorrente, in particolare, la Prefettura avrebbe errato nella valutazione dei fatti allorquando ha ritenuto che il socio -OMISSIS- avesse alienato le proprie quote societarie in favore del fratello -OMISSIS--OMISSIS-al solo scopo di simulare l’allontanamento dalla società, nella gestione della quale invece sarebbe rimasto pienamente coinvolto. Infatti, secondo la ricorrente non possono essere utilizzate per giungere a tale conclusione le argomentazioni espresse dall’amministrazione nel provvedimento impugnato, appuntate sul fatto che: (i) il sig. -OMISSIS- sia proprietario dell’immobile in cui la società esercita l’attività;
(ii) lo stesso sig. -OMISSIS-è anche residente nel medesimo immobile;
(iii) la Guardia di finanza ha accertato – nel corso di un controllo fiscale/amministrativo, attraverso le dichiarazioni rese da due dipendenti presenti nel luogo di lavoro – che i pagamenti in favore del personale dipendente vengono effettuati dal sig. -OMISSIS-.

In relazione a tali circostanze la ricorrente ha replicato: (i) che lo stabilimento della società era ed è rimasto sempre il medesimo, collocato su un immobile appartenente alla famiglia -OMISSIS-;
(ii) che non è di alcun rilievo il fatto che il sig. -OMISSIS- abbia ivi stabilito la propria residenza;
(iii) che le dichiarazioni rese da alcuni dipendenti tese ad indicare il soggetto che effettua i pagamenti in veste di datore di lavoro sono erronee e giustificate dal fatto che costoro non erano a conoscenza dei recenti mutamenti dell’assetto societario.

2. – illegittimità derivata dai vizi già dedotti con le precedenti impugnative con riguardo alla temuta infiltrazione della criminalità nella gestione dell’impresa indicata nell’informativa interdittiva del 10.11.2016.

In data 19/02/2018 la società -OMISSIS- posta in liquidazione si è costituita in giudizio per mezzo del liquidatore ed ha depositato una memoria difensiva.

Anche il Ministero dell’interno ha prodotto, da ultimo, una memoria difensiva.

All’udienza pubblica del 20.12.2017, su istanza della parte ricorrente, è stato concesso rinvio alla data del 22 Marzo 2018;
a quest’ultima udienza la causa è stata introitata per la decisione.

DIRITTO

Sulla giurisdizione.

Preliminarmente va rilevato che l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo adìto - sollevata dall’Avvocatura dello Stato con riguardo al fatto che il provvedimento di revoca del contributo adottato dal Mi.S.E. si fonda su una inadempienza del soggetto beneficiario – è infondata.

Invero, il provvedimento ministeriale impugnato non costituisce un atto di revoca di un contributo già concesso in via definitiva, quanto piuttosto il provvedimento di completamento del procedimento avviato con la domanda di concessione, che si sovrappone all’atto di erogazione delle somme emesso in precedenza a titolo dichiaratamente provvisorio. Si tratta, in altri termini, non di un provvedimento di secondo grado che incide, modificandola, sulla precedente determinazione della PA, quanto piuttosto dell’atto finale del procedimento di esame della domanda di concessione del contributo, nel quale era stata contemplata a titolo meramente provvisorio l’erogazione anticipata di una somma. Significativa prova di tale ricostruzione si trae anche (i) dal fatto che la informativa prefettizia del 2008, impugnata col ricorso introduttivo, sia stata emessa in riscontro ad una istanza del Consorzio Intercomunale -OMISSIS- del 13 Marzo 2008, ossia del soggetto responsabile della gestione dei fondi pubblici, con la quale si chiedeva la cd. “informazione antimafia” ai fini della concessione definitiva dell’agevolazione finanziaria;
(ii) dallo stesso decreto ministeriale di “revoca” del contributo, nella parte in cui menziona la precedente erogazione come anticipazione disposta a titolo provvisorio.

In conclusione, non si è in presenza di un provvedimento di secondo grado che incide su diritti soggettivi maturati in capo al beneficiario dell’aiuto, ma piuttosto di un interesse legittimo che caratterizza la posizione del soggetto che attende ancora la definitiva statuizione dell’amministrazione sulla propria domanda di accesso alle contribuzioni pubbliche. La giurisdizione, quindi, è radicata in capo al g.a., quale giudice degli interessi legittimi.

I.- Il ricorso introduttivo del giudizio .

Il ricorso introduttivo del giudizio deve ritenersi parzialmente improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, nella parte in cui era diretto ad impugnare l’originaria informativa antimafia della Prefettura di Messina emessa nel 2008, giacché la valutazione complessiva dell’impresa sotto tale particolare aspetto è stata rinnovata dalla medesima Prefettura col provvedimento emesso il 10 novembre 2016, e successivamente con l’ulteriore informativa aggiornata nel 2017, che costituisce ora il nuovo pronunciamento dell’autorità prefettizia sui rischi di infiltrazione ravvisabili in capo alla società ricorrente. Non sussiste, quindi, un interesse processualmente apprezzabile in capo alla società ricorrente a chiedere l’annullamento di provvedimenti prefettizi non più attuali, in quanto sostituti da una nuova ed aggiornata valutazione.

Il ricorso è, invece, ammissibile ma infondato nella parte in cui denuncia l’asserita illegittimità del decreto del Mi.S.E., deducendo che si tratti di provvedimento applicativo di una interdittiva “atipica” e comunque non istruito ed aggiornato rispetto alla situazione attuale.

Sotto un primo profilo, risulta erronea la qualificazione di informativa “atipica” attribuita dalla ricorrente al provvedimento prefettizio del luglio 2008. Infatti, se pur è vero che questo è stato emesso in epoca in cui esisteva ancora la distinzione tra informazioni “tipiche” ed “atipiche”, e che la base normativa del relativo potere era allora rappresentata dall’art. 4 del D. Lgs. 490/1994 e dall’art. 10 del D.P.R. 252/98, nel caso di specie si è in presenza di una informazione “tipica”, inquadrabile nell’ambito dell’art. 10, co. 2, del D.P.R. 252/98, ossia di un provvedimento che segnala l’esistenza di possibili tentativi di infiltrazione, e che produce effetti immediatamente vincolanti per la PA che l’ha richiesto. Il menzionato comma 2, dell’art. 10, in particolare stabiliva che: “ Quando, a seguito delle verifiche disposte dal prefetto, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni. ” (art. 10, co. 2, cit.).

Ai fini dell’applicazione del comma 2 – ossia, per verificare la sussistenza di una possibile infiltrazione - il successivo comma 7 dell’art. 10 in esame distingueva diverse tipologie di accertamenti svolti dal Prefetto al fine di valutare il rischio di infiltrazione, che poteva essere desunto: “ a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per taluno dei delitti di cui agli articoli 629, 644, 648-bis, e 648-ter del codice penale, o dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di cui agli articoli 2-bis, 2-ter, 3-bis e 3-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575;

c) dagli accertamenti disposti dal prefetto anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell'interno, ovvero richiesti ai prefetti competenti per quelli da effettuarsi in altra provincia. ”.

La giurisprudenza formatasi in relazione a tale disposizione precisava che “ Il tratto distintivo fra l'informativa interdittiva c.d. “tipica”, prevista dalle lett. a) e b), e quella c.d. “atipica”, di cui alla lett. c), art. 10, comma 7, d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (“Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia”) consiste in ciò che: mentre nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b) i presupposti e le condizioni per l'adozione del provvedimento sono pienamente tipizzate e non lasciano all'Organo statale margini di valutazione, dovendo quest'ultimo limitarsi a verificare se siano stati adottati i provvedimenti espressamente contemplati dalle medesime disposizioni;
al contrario, nelle ipotesi di cui alla lettera c) la Prefettura deve fornire puntuali e motivate indicazioni in ordine agli accertamenti in concreto disposti (anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento all'uopo delegati) al fine di stabilire la sussistenza di concreti elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa idonei a condizionare le scelte dell'impresa
” (Consiglio di Stato, VI, 1730/2014).

Orbene, nel caso oggi in esame, il Prefetto ha segnalato l’esistenza di alcune pendenze penali inquadrabili nella lettera a) del citato comma 7;
ne consegue che si è in presenza di una informativa “tipica” ad effetti strettamente vincolanti, e non – come postulato in ricorso – di quella “atipica”.

A tale qualificazione consegue ulteriormente l’infondatezza delle censure nn. 1, 3, 4 e 5 mosse col ricorso introduttivo, poiché tali doglianze presuppongono la natura atipica dell’informazione antimafia emessa dal Prefetto di Messina.

La seconda e la sesta censura sollevate col ricorso introduttivo del giudizio sono da ritenere ormai improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, dal momento che la Prefettura di Messina ha rinnovato – a domanda della ricorrente – l’istruttoria sulla situazione giudiziaria del socio della società ricorrente, e ciononostante ha concluso per la permanenza del rischio di contaminazione da parte della criminalità organizzata, anche alla luce delle nuove ed aggiornate risultanze.

II.- Il primo ricorso per motivi aggiunti.

Sul primo ricorso per motivi aggiunti – proposto contro il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza di revisione dell’informazione antimafia – la Sezione si è già pronunciata con la sentenza n. -OMISSIS-, che ha dichiarato cessata la materia del contendere a seguito dell’adozione di una nuova interdittiva antimafia emessa dall’U.T.G./Prefettura di Messina in data 10 Novembre 2016 (atto poi impugnato dalla società col secondo ricorso per motivi aggiunti indicato in epigrafe).

III.- Il secondo ricorso per motivi aggiunti.

Analoga statuizione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse processuale deve essere formulata – per le ragioni già illustrate nella parte iniziale del punto I - con riguardo al secondo ricorso per motivi aggiunti.

IV.- Il terzo ricorso per motivi aggiunti .

Il provvedimento interdittivo emesso dal Prefetto di Messina, impugnato col terzo ricorso per motivi aggiunti, prende le mosse dalle circostanze poste a base dell’informativa antimafia emessa dallo stesso Ufficio nel 2008, e rigetta l’ultima domanda di aggiornamento e revisione dell’esito dell’informativa presentata dalla società ricorrente. In particolare, la Prefettura ha ritenuto ininfluenti ai fini della modifica dell’informativa le circostanze evidenziate dalla società, ribadendo l’esistenza di rischi di infiltrazione mafiosa e di condizionamento criminale nella gestione dell’impresa, e menzionando a sostegno della propria decisione l’art. 91, co. 6, del D. Lgs. 159/2011.

Innanzi tutto, deve essere richiamata la norma di legge (art. 91, co. 5, del D. Lgs. 159/2011) in base alla quale “ Il prefetto competente estende gli accertamenti pure ai soggetti che risultano poter determinare in qualsiasi modo le scelte o gli indirizzi dell'impresa. ”: tale norma legittima l’accertamento operato dalla Prefettura di Messina in relazione alla posizione di un socio della s.n.c. ricorrente, e la valutazione compiuta circa la possibilità che tale soggetto – colpito da una condanna penale (ancora non definitiva), e incline alla frequentazione con soggetti controindicati - possa incidere sulla gestione dell’impresa.

In secondo luogo risulta dirimente, al fine di predicare la legittimità dell’informativa adottata dalla Prefettura, il richiamo contenuto nel provvedimento prefettizio all’art. 91, co. 6, del cd. Codice antimafia. Tale disposizione, infatti, stabilisce che “ Il prefetto può, altresì, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa da provvedimenti di condanna anche non definitiva per reati strumentali all'attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l'attività d'impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata, nonché dall'accertamento delle violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari (…) ”.

Dunque, deve affermarsi che il legislatore ha elevato a presupposto per l’adozione di una informativa antimafia interdittiva – non solo i provvedimenti giudiziari adottati per i cd. “reati spia” menzionati nell’art. 84, co. 4, del D. Lgs. 159/2011 – ma anche provvedimenti giudiziari per reati strumentali all’attività di organizzazioni criminali, allorquando risulti che l’attività di impresa possa agevolare le suddette attività criminose, ovvero esserne condizionata.

Questi presupposti ricorrono senza dubbio nel caso oggi in esame, laddove si è in presenza di due fattori sintomatici: la condanna di uno dei due soci della società ricorrente per reato di spaccio di stupefacenti (che è certamente reato strumentale rispetto all’associazione criminale contemplata nella sentenza stessa);
nonché l’estromissione solo “formale” di tale soggetto dalla compagine sociale, alla quale è conseguita la sua permanenza nella concreta gestione dell’impresa ed il possibile condizionamento di quest’ultima.

Più in dettaglio, va rilevato che la sentenza del Tribunale di -OMISSIS- n. -OMISSIS-prodotta in giudizio dallo stesso ricorrente consente di comprendere come: (i) sia stata individuata una associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (ex art. 74 del D.P.R. 309/1990), di cui facevano parte i sigg. -OMISSIS-, -OMISSIS--OMISSIS- (v. pagg. 17 e 25 della motivazione, nonché il

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