TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2011-11-08, n. 201108543

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1T, sentenza 2011-11-08, n. 201108543
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201108543
Data del deposito : 8 novembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 13144/1997 REG.RIC.

N. 08543/2011 REG.PROV.COLL.

N. 13144/1997 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 13144 del 1997 proposto dai signori C B, E B, G M, A N, R N, A N, rappresentati e difesi dagli avvocati G V e S D ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, Via Baiamonti 10;

contro

La Regione Lazio e il Comune di Pomezia, ciascuno in persona del rappresentante legale in carica, rappresentata e difesa la prima dallo studio Crulli Irelli – Lzio e segnatamente dall’avv. Maria Athena Lzio presso il cui studio in Roma, Via Dora 1 è elettivamente domiciliata;
rappresentato e difeso, il secondo, dall’avvocato G D B ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via della Giuliana 38;

nei confronti di

della Cavedil srl, oggi Ecologia srl,
rappresentata e difesa dall’ avvocato Anna Maria Bruni ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via G. Banti 34;

per l'annullamento

dell’ordinanza 33 del Presidente della Giunta regionale del Lazio con la quale è stata reiterata l’ordinanza n. 69 del 1996 ed è stato ordinato alla Cavedil di attivare, nella discarica già in esercizio presso il Comune di Pomezia, lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto;
della delibera della Giunta comunale 434 del 10 aprile 1990 con la quale il Comune di Pomezia ha autorizzato la predetta Cadevil ad esercitare attività di discarica di tipo 2A, in via definitiva;
della delibera del Consiglio comunale di Pomezia n. 37 del 21 aprile 1990, di ratifica della delibera CC 434 del 1990;
dell’art. 6, comma 3, del dPR 8 agosto 1994 nel punto in cui consente lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto in discariche di II categoria di tipo A


Visti gli atti della causa;

Nominato relatore all’Udienza Pubblica in Camera di Consiglio del 13 ottobre 2011 il consigliere dr. Linda Sandulli e sentiti gli avvocati come da verbale d’udienza ;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato e depositato nei termini i signori indicati in epigrafe hanno impugnato gli atti con i quali le resistenti Amministrazioni hanno autorizzato, prima in via provvisoria, poi in via definitiva, lo smaltimento di rifiuti contenenti amianto, nella discarica già esistente in Pomezia gestita dalla Cavedil srl, oggi Ecologia srl.

Di tali atti hanno chiesto l’annullamento.

Le Amministrazione intimate, ritualmente costituitesi in giudizio, hanno controdedotto a tutte le argomentazioni dei ricorrenti e chiesto il rigetto del ricorso.

Anche la controinteressata si è costituita in giudizio e controdedotto alle argomentazioni di parte ricorrente chiedendo il rigetto del gravame.

Con atto formale, ritualmente notificato alla regione Lazio, il signor A N ha presentato rinuncia al ricorso.

Con istanza depositata in data 11 marzo 2011 il Comune di Pomezia ha chiesto la fissazione dell’udienza per la trattazione della questione in esame e la questione è stata inserita nel ruolo dell’udienza pubblica del 13 ottobre 2011.

Richiamando l’articolo 1, comma 1, allegato 3 del D. Lvo 104 del 2010 i ricorrenti hanno chiesto la cancellazione della causa dal ruolo e si sono opposti alla trattazione della causa manifestando la loro mancanza di interesse alla decisione.

A tale istanza ha aderito anche la Regione Lazio la quale dopo aver ricostruito la vicenda in esame ha concluso, alla luce della precisazione della mancanza di interesse alla decisione da parte dei ricorrenti medesimi, manifestando la sua adesione alla richiesta di cancellazione della causa dal ruolo. Ha anche chiesto il rimborso delle spese di giudizio.

Il Collegio riassunta brevemente la vicenda all’esame osserva che, effettivamente, l’articolo 1, comma 3, dell’allegato 3 al D.Lgs. 104 del 2010, secondo quanto correttamente messo in evidenza dai medesimi ricorrenti, pone a carico del ricorrente e del difensore l’onere di presentare un’istanza di fissazione d’udienza entro 180 giorni dalla sua entrata in vigore, prevedendo, per il caso di inerzia, la perenzione del ricorso da dichiararsi con decreto del presidente della sezione.

Nella fattispecie in esame tale istanza è a firma del Comune, parte resistente nel giudizio, e non della parte che ha introdotto il giudizio medesimo sicchè la causa non avrebbe dovuto essere iscritta nel ruolo dell’odierna udienza.

E’ stato precisato al riguardo che: “La richiesta di fissazione dell'udienza di discussione presentata dall'Amministrazione resistente non è idonea a dare valido impulso al processo, impedendone la perenzione, ai sensi dell'art. 9, comma 2, l. 21 luglio 2000 n. 205, in quanto la novella introdotta dal citato art. 9, a proposito dei ricorsi ultradecennali, costituisce norma speciale, in parte derogatoria dell'ordinario regime della perenzione scaturente dall'art. 40, t.u. 26 giugno 1924 n. 1054 e dagli art. 23, commi 1 e 6, e 25, l. 6 dicembre 1971 n. 1034, secondo i quali è sufficiente che la discussione del ricorso (ovvero che la fissazione dell'udienza di discussione) sia richiesta da qualunque delle parti costituite - sia il ricorrente, sia l'Amministrazione, sia le altre parti, pubbliche o private - entro il termine perentorio di due anni dal deposito del ricorso, ovvero dall'eseguita istruttoria, ovvero dal compimento di ogni altro atto della procedura che esaurisca gli effetti della domanda di fissazione d'udienza. Invece, a mente dell'art. 9, ove si tratti di ricorsi ultradecennali ed in presenza di un avviso della segreteria, il potere di richiedere la fissazione dell'udienza di discussione è conferito solo alle parti ricorrenti. Infatti, il legislatore ha presupposto che solo i ricorrenti siano portatori di un interesse, pretensivo o oppositivo, a tutela del quale hanno adito il Giudice amministrativo e, pertanto, solo le parti ricorrenti, e non già l'Amministrazione intimata, protraendosi oltre misura la durata del processo, sono legittimate a darvi impulso, così evitandone la morte.” (T.A.R. Marche Ancona, sez. I, 4 ottobre 2010, n. 3325)

Osserva il Collegio che, in ogni caso, la norma sopra richiamata affida all’inerzia e al decorso del termine l’obbligo della declaratoria della perenzione del ricorso e rileva che nel caso in esame tale inerzia, ancorchè determinata dall’erronea fissazione dell’udienza di discussione della causa, non vi è stata.

Infatti, parte ricorrente si è attivata e non si è limitata a chiedere la cancellazione della causa dal ruolo per le ragioni sopra indicate ma ha anche aggiunto di non aver interesse alla decisione.

A tale dichiarazione ha, poi, aderito anche la regione Lazio.

Ne consegue che non potendosi dichiarare estinto il giudizio per perenzione per la ragione su esposta, vale a dire per la mancanza di inerzia e per la manifestazione di volontà espressa, lo stesso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.

Le spese di lite, in ragione della particolarità della vicenda esaminata, possono essere compensate tra le parti giusta il disposto dell'art. 45 2° comma del R.D. 17.8.1907, n. 642.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi