TAR Napoli, sez. III, sentenza 2017-08-28, n. 201704146

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. III, sentenza 2017-08-28, n. 201704146
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201704146
Data del deposito : 28 agosto 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/08/2017

N. 04146/2017 REG.PROV.COLL.

N. 02562/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2562 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
R S, rappresentata e difesa dall'avvocato F C, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, corso Umberto I, n. 75 e con i seguenti recapiti per le comunicazioni ai sensi dell’art. 136 cod. proc. amm.: fax. 0814109707;
PEC: francesco.cinque@ordineavvocatita.it;

contro

Comune di Pompei, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F Z, con domicilio eletto presso lo studio Salvatore Mascolo in Napoli, via Vittorio Colonna, n. 9 e con i seguenti recapiti per le comunicazioni ai sensi dell’art. 136 cod. proc. amm.: 0813615828;
PEC: fabrizio.zinno@forotorre.it;

per l'annullamento:

A), Quanto al ricorso introduttivo, notificato il 6 maggio 2016 e depositato il successivo 3 giugno:

dell’ordinanza n. 29 dell’8 marzo 2016, recante la demolizione di opere abusive, notificata il successivo 9;

Quanto al ricorso per motivi aggiunti:

- dell’ingiunzione prot. n. 0033605/U del 28 luglio 2016, notificata il successivo 29 luglio, di pagamento della sanzione pecuniaria di cui all’art. 31, comma 4-bis, d.p.r. 380/2001, nella misura massima prevista di € 20.000,00, conseguente all’inottemperanza all’ordinanza di demolizione n. 29 dell’8 marzo 2016;

- del provvedimento prot. n. 0038766/U del 12 settembre 2016 contenente il rigetto della domanda di accertamento di conformità.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Pompei;

Viste le memorie difensive;

Vista l’ordinanza cautelare n. 2092 del 20 dicembre 2016

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2017 il dott. G P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.-La ricorrente è proprietaria di un fondo in Pompei, alla via Crapolla, riportato in catasto al foglio 7, particelle n. 1082 e 1439, pervenutole dal coniuge per successione ab intestato. Sul fondo insistono due manufatti terranei, che asserisce realizzati molti anni prima dal coniuge, utilizzati per deposito attrezzi ed autorimessa.

Più precisamente, si tratta di:

a) un manufatto terraneo delle dimensioni di pianta di mt 5,00x8,00x3,00 circa, composto da struttura portante metallica e con copertura e chiusure in laminati zincati, in uso a deposito materiali vari, mobilio e garage;

b) un manufatto terraneo delle dimensioni in pianta di mt. 4,00x4,50x2,40 circa, composto da struttura portante in ferro, con copertura e chiusura in laminati zincati, in uso a garage.

A seguito di sopralluogo effettuato dal Comando di Polizia Municipale nel dicembre 2015, il Comune di Pompei, con provvedimento n. 38734 del 30 dicembre 2015, ha comunicato l’avvio di procedimento per la demolizione dei suindicati manufatti e per il ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001.

In data 14 gennaio 2016, la ricorrente ha presentato al comune di Pompei istanza di accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 d.p.r. 380/2001, acquisita dall’ente con nota prot. gen. n. 1593 del 14 gennaio 2016 (pratica n. 8266), corredata da progetto tecnico di riqualificazione con previsione di parziale demolizione delle opere.

L’Amministrazione comunale, con nota prot. n. 5939 del 10 febbraio 2016, ha però comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza e, con ordinanza n. 29 dell’8 marzo 2016, ha ingiunto la demolizione delle opere abusive.

2.- Con ricorso introduttivo, notificato alla resistente Amministrazione in data 6 maggio 2016 e depositato il successivo 3 giugno, R S ha impugnato la suddetta ordinanza.

Il Comune di Pompei, costituitosi in giudizio con atto depositato il 16 luglio 2016, ha chiesto il rigetto del ricorso.

3.- Con successivo provvedimento prot. n. 0033605/U del 28 luglio 2016, il Comune di Pompei, accertata l’inottemperanza all’ordine di demolizione, ha comminato la sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 31, co.

4-bis, D.P.R. 380/2001, nella misura massima di € 20.000,00.

Infine, con provvedimento prot. n. 0038766/U del 12 novembre 2016, ha rigettato la domanda di accertamento di conformità del 14 gennaio 2016, inerente alle medesime opere per le quali è stata ingiunta la demolizione ed irrogata la sanzione pecuniaria, per omesso ripristino dello stato dei luoghi. Entrambi i provvedimenti sono stati impugnati con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 28 ottobre 2016 e depositato il successivo 15 novembre.

4.- Con ordinanza n. 2092 del 2016, pubblicata il 21 dicembre 2016, questa Sezione ha respinto la richiesta di sospensione cautelare dell’ingiunzione prot. n. 0033605/U del 28 luglio 2016.

5.- A seguito di formale istanza di prelievo depositata il 10 febbraio 2017, è stata fissata udienza pubblica per il giorno 16 maggio 2017, in vista della quale le parti hanno scambiato memorie.

In quella data la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1.- Precede l’esame del ricorso introduttivo.

2.- Con il primo motivo del ricorso introduttivo, la ricorrente deduce i seguenti profili di illegittimità: violazione e falsa applicazione del D.P.R. 380/2001;
violazione e falsa applicazione dell’art. 2, l. 241/1990;
violazione della L.R. Campania n. 19 del 28 novembre 2001;
eccesso di potere;
violazione del giusto procedimento;
difetto di motivazione;
carenza di istruttoria;
illogicità manifesta.

Segnala, in particolare, la ricorrente, che l’intervento realizzato sul fondo di Pompei, per il quale ha presentato istanza di accertamento di conformità ex art. 36 d.p.r. 380/2001, contemplante la parziale demolizione dei preesistenti due manufatti abusivi con mantenimento di uno solo, destinato a box garage pertinenziale a servizio della vicina abitazione, sarebbe pienamente ammissibile alla luce della disciplina urbanistico-edilizia vigente, il che legittimerebbe il rilascio di titolo edilizio in sanatoria.

In ogni caso, la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità avrebbe comunque dovuto impedire all’Amministrazione comunale di dare impulso alle procedure sanzionatorie, senza essersi previamente pronunciata sulla citata istanza. Non sussisterebbero neppure i presupposti del silenzio rigetto, in quanto l’ordinanza di demolizione n. 29 dell’8 marzo 2016 sarebbe stata adottata prima dello spirare del decorso del termine di sessanta giorni previsto dal citato art. 36 d.p.r. 380/2001.

Peraltro, la ricorrente fa leva sul fatto che il procedimento di sanatoria, attivato in base all’appena menzionata disposizione, non avrebbe più potuto concludersi con il silenzio rifiuto posto che, una volta intervenuta la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda (prot. n. 5939 del 10 febbraio 2016), l’amministrazione comunale si sarebbe in sostanza auto-vincolata ad adottare un provvedimento espresso di diniego, indispensabile prima di notificare l’ordinanza di demolizione. Ciò è a suo avviso (cfr. memoria depositata il 12 aprile 2017) tanto più sostenibile ove si consideri che, ricevuta la richiesta di accertamento di conformità, l’amministrazione aveva aperto il relativo procedimento, nominato il responsabile, istruito la pratica ed adottato il cd. preavviso di diniego, ai sensi dell’art. 10-bis L. n. 241/1990, in questo modo evitando il formarsi del silenzio rigetto, che si produce laddove l’amministrazione rimanga del tutto inerente (a suo favore cita precedente Tar Campania, Salerno, sez. II, 4 gennaio 2014, n. 1833)

2.1.- Il motivo, per quanto suggestivo, è infondato.

2.1.1.- Va premesso che i manufatti contestati, insistenti sul foglio 7, particelle 1082 e 1439 del Comune di Pompei, ricadenti in zona classificata urbanisticamente in B2, ristrutturazione centro, in base alle verifiche effettuate d’ufficio dall’Amm.ne resistente, risultano privi di titolo edilizio autorizzatorio e non sono stati oggetto di apposite istanze di condono. Detti manufatti consistono in due locali adibiti ad uso deposito e garage, terranei, di circa 50 mq, quindi di notevoli dimensioni. Tale circostanza rende inapplicabile al caso di specie l’invocata L.R. Campania 19/2001, che, all’art. 6, commi 1 e 2, ritiene sufficiente la semplice D.I.A. solo per i parcheggi da realizzare nel sottosuolo.

2.1.2.-Va altresì ricordato che il Comune di Pompei è sottoposto al vincolo paesaggistico ai sensi del d.lgs. n. 42/2004;
ciò comporta che l’art. 36 D.P.R. 380/2001 – laddove vi siano stati creazioni di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati - non opera in relazione a territori ove sia imposto il vincolo paesaggistico, stante il divieto di autorizzazione paesaggistica postuma espressamente previsto, per questi casi, dall’art. art. 167, comma 4, d. lgs. 42/2004 (cfr. T.A.R. Campania- Napoli, n. 744/2015;
T.A.R. Lazio-Roma, n. 6494/2016).

2.1.3.-. Non sostenibile poi è l’assunto della ricorrente sull’impossibilità giuridica del formarsi del silenzio rifiuto;
la tesi della ricorrente si scontra con la chiara previsione legislativa secondo cui l’unica condizione in grado di evitare il formarsi del diniego per silentium è l’adozione di un provvedimento espresso nel termine di sessanta giorni, a nulla rilevando eventuali iniziative procedimentali che non si concludano con un atto conclusivo di natura provvedimentale.

Nella fattispecie in esame, il silenzio rifiuto si è comunque formato dopo il decorso di 60 giorni dal 14 gennaio 2016 (data di presentazione dell’istanza ex art. 36 cit.), dunque in data 14 marzo 2016, non essendo ulteriormente seguito alcun provvedimento espresso.

A rigore, quindi, la ricorrente avrebbe dovuto impugnare il silenzio-diniego formatosi sull’istanza in sanatoria del 14 gennaio 2016;
non avendo così proceduto, deve concludersi nel senso che l’infruttuoso decorso di sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza di accertamento di conformità abbia comportato, nella specie, la formazione di un provvedimento di rigetto non impugnato e quindi ormai incontestabile perché definitivo (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 13 gennaio 2010, n. 100;
Sez. VI, 27 gennaio 2014, n. 395).

Nel caso specifico, vi è peraltro da rilevare che l’amministrazione, pur essendo ormai decorso il termine di sessanta giorni e, quindi, formatosi comunque il silenzio con effetto di rifiuto, ha comunque emanato il provvedimento espresso di rigetto della domanda di accertamento di conformità con la nota prot. n. 38766/U del 12 settembre 2016, impugnata dal ricorrente con motivi aggiunti.

E’ chiaro che tale provvedimento ha effetto meramente confermativo di un diniego già formatosi per silentium.

2.1.4.- Inoltre, l’avvio del procedimento di rigetto sull’istanza di accertamento ai sensi degli artt. 7 e 8 della l. 241/1990 e dei motivi ostativi è stato segnalato con la comunicazione protocollo n. 5939 del 10 febbraio 2016, cui ha fatto seguito l’ordinanza di demolizione n. 29 dell’8 marzo 2016.

In primo luogo, si rileva che la ricorrente non ha dato alcun riscontro alla richiesta di osservazioni contenuta nella detta comunicazione.

In secondo luogo, l’ordinanza di demolizione impugnata può ben essere intesa quale atto sanzionatorio con implicito valore di diniego sull’istanza di accertamento, in quanto la medesima risulta comunque incompatibile con la volontà del Comune di Pompei di consentire la sanatoria degli abusi realizzati in una zona sottoposta a vincoli paesaggistici. L’esercizio da parte del Comune di Pompei di un potere implicito, connesso all’emanazione dell’ordinanza in questione, non appare contrastare con i principi di legalità e tipicità posto che l’ordinanza deve comunque riportare in motivazione tutti gli elementi dai quali è possibile risalire alle ragioni della non sanabilità delle opere abusive compiute.

3.- Con il secondo motivo del ricorso introduttivo, la ricorrente eccepisce il difetto d’istruttoria, per non aver l’amministrazione comunale adeguatamente valutato la natura, le dimensioni e la destinazione funzionale dei manufatti realizzati, i quali rientrerebbero nel novero delle opere pertinenziali, come tali non sanzionabili con la demolizione. Più specificamente, lamenta che, per l’intervento edilizio realizzato, non sarebbe stato necessario il permesso di costruire bensì la sola D.I.A., trattandosi di un intervento di risanamento conservativo ovvero di ristrutturazione edilizia, con la conseguenza che il Comune non avrebbe potuto adottare la misura rispristinatoria. Segnatamente, si sarebbe trattato di un intervento di parziale demolizione e ricostruzione del preesistente manufatto senza determinare alcun aumento dell’originario volume.

3.1.-Il motivo è infondato.

3.1.1.- E’ utile rammentare che le opere abusive realizzate consistono in:

a) un manufatto terraneo delle dimensioni di pianta di mt 5,00x8,00x3,00 circa, composto da struttura portante metallica e con copertura e chiusure in laminati zincati, in uso a deposito materiali vari, mobilio e garage;

b) un manufatto terraneo delle dimensioni in pianta di mt. 4,00x4,50x2,40 circa, composto da struttura portante in ferro, con copertura e chiusura in laminati zincati, in uso a garage.

3.1.2.- Dai rilievi fotografici, satellitari e dagli stralci aerofotogrammetrici allegati alla comunicazione del Comando di Polizia municipale di Pompei, n. 196/2015/ED del 28 dicembre 2015, acquisti nella fase istruttoria compiuta dal comune resistente, si evidenziano due manufatti terranei di notevoli dimensioni, comportanti significativi sviluppi di superficie e di incrementi volumetrici sull’area preesistente.

3.2.-Parte ricorrente non ha fornito alcun elemento probatorio dal quale possa trarsi la conclusione dell’affermata legittima preesistenza dei manufatti in questione (ossia del fatto che gli stessi risalgano al periodo nel quale, per realizzare siffatte opere, non era necessario munirsi preventivamente del titolo edilizio e di quello paesaggistico).

Sul punto, la giurisprudenza ha affermato che l'onere di fornire la prova dell'epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe esclusivamente sull'interessato e non sull'Amministrazione che, in presenza di un'opera edilizia non assistita da un titolo edilizio che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge e di adottare, ove ricorrano i presupposti, il provvedimento di demolizione (T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 2 luglio 2010, n. 16569).

Il Comune di Pompei, dunque, dopo avere rilevato l’esistenza dei due manufatti terranei di consistente estensione, ne ha legittimante ingiunto la demolizione ai sensi degli artt. 27, comma 2, e 31 del d.p.r. 380/2001.

Le opere contestate, infatti, sono l’esito di interventi edilizi per i quali sarebbe stato necessario acquisire il permesso di costruire, in linea con gli artt.3 e 10 del menzionato d.p.r. 380/2001, previa autorizzazione paesaggistica, stante l’idoneità, per caratteristiche e dimensioni, a produrre una significativa trasformazione dello stato dei luoghi in zona sottoposta a vincoli.

3.4.-Da quanto precede deriva che l’intervento realizzato, al contrario di quanto ipotizza la ricorrente, non può essere derubricato a risanamento conservativo o ristrutturazione edilizia, con conseguente mitigazione del trattamento sanzionatorio, consistendo lo stesso, in modo evidente, in una nuova costruzione. Per questo, risulta appropriata la disciplina di settore alla quale l’amministrazione ha fatto ricorso (artt. 27 e 31 d.p.r. 380/2001), la quale sanziona con la demolizione la realizzazione senza titolo di nuove opere su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità (sulla natura dell’intervento effettuato, cfr.: T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI, 21 aprile 2010, n. 2076;
7 aprile 2010 n. 1775;
Sezione III, 11 marzo 2009, n. 1376).

3.5.1.- È opportuno evidenziare altresì che, il comune di Pompei, con la comunicazione prot. n. 5939 del 10 febbraio 2016, ha esposto, con sufficiente chiarezza, le ragioni che conducono al mancato accoglimento della domanda, ossia che: il manufatto di 84 mq. “non è conforme urbanisticamente in quanto non rispetta le distanze di m. 5 dai confini e di m. 10 dai fabbricati, come previsto dall’art. 16 delle Norme di attuazione del vigente P.R.G. (zona residenziale di completamento B2)”;
le opere abusive, inoltre, “non sono conformi alla l. n. 1684 del 25/11/1962, art. 8, co. 3, per le costruzioni in zona sismica”. Per contro, neanche in questa sede giurisdizionale, la ricorrente ha dedotto elementi idonei a suffragare la pretesa conformità urbanistica ex post, tanto da non fornire alcuna dettagliata descrizione della consistenza dell’opera abusiva realizzata da cui potrebbe evincersi la prospettata conformità e la natura pertinenziale.

4.-Con il terzo motivo del ricorso introduttivo, la ricorrente lamenta che l’amministrazione avrebbe dovuto motivare la sussistenza di un interesse pubblico attuale e concreto al ripristino dello stato dei luoghi, stante il tempo trascorso dal momento della realizzazione delle opere contestate.

Deduce dunque che il comportamento del Comune avrebbe ingenerato una situazione di legittimo affidamento il quale avrebbe imposto un più approfondito onere motivazionale.

4.1.-Il motivo è infondato.

4.1.1.- Secondo orientamento consolidato in giurisprudenza, condiviso dal Collegio, la circostanza che l’abuso sia risalente nel tempo non esclude, in materia urbanistica ed edilizia, l’esercizio dei poteri di controllo e sanzionatori del comune, poteri non soggetti a prescrizione o decadenza, in considerazione della fondamentale immanenza dell’interesse pubblico alla corretta gestione del territorio. Ne consegue che l'accertamento dell'illecito amministrativo e l'applicazione della relativa sanzione può intervenire anche a notevole distanza di tempo dalla commissione dell'abuso, senza che siffatta distanza nell'adozione delle misure sanzionatorie possa significare forme di sanatoria o il sorgere di affidamenti per situazioni ormai di fatto consolidate (cfr. per tutte Cons. Stato sentenze nn. 1070/2017;
1774/2016; 4880/2015; 4892/2014;
5943/2013).

4.1.2.- Del resto, l'illecito edilizio ha carattere permanente, tale da conservare nel tempo la sua natura. Ne consegue, da un lato, che l'interesse del privato al mantenimento dell'opera abusiva è necessariamente recessivo rispetto all'interesse pubblico al rispetto della normativa urbanistico-edilizia, strumentale al corretto governo del territorio, leso in maniera duratura dall’abuso. Dall’altro, che non sussiste alcuna necessità di motivare in modo particolare un provvedimento col quale sia stata ordinata la demolizione di un manufatto, benché sia trascorso un lungo lasso di tempo tra l'epoca della commissione dell'abuso e il momento dell'adozione dell'ordinanza di demolizione, posto che l’interesse pubblico al perseguimento dell’illecito è in re ipsa. Infatti, l'ordinamento tutela l'affidamento solamente se esso è incolpevole, mentre la realizzazione di un'opera abusiva si concretizza in una attività volontaria del responsabile contra legem in quanto tale non tollerabile per l’ordinamento.

In altri termini, non può ammettersi un affidamento meritevole di tutela alla conservazione di una situazione illegale. Colui che realizza un abuso edilizio non può dolersi del fatto che l'amministrazione, restando inerte, lo abbia in un certo modo avvantaggiato, adottando soltanto a notevole distanza di tempo i provvedimenti repressivi dell'abuso non sanabile.

A quest'ultimo riguardo, il Consiglio di Stato, Sez. IV, con sentenza 4 maggio 2012, n. 2592, ha affermato che, quantunque il principio della tutela dell'affidamento trovi ormai piena applicazione con riguardo ai rapporti tra cittadino ed amministrazione, deve tuttavia ritenersi che, nel caso della mancata repressione di un abuso edilizio, la situazione sia affatto differente: il fattore tempo non agisce qui in sinergia con l'apparente legittimità dell'azione amministrativa favorevole, a tutela di un'aspettativa conforme alle statuizioni provvedimentali pregresse, ma opera in antagonismo con l'azione amministrativa sanzionatoria. Per le funzioni di vigilanza e controllo, in mancanza di una espressa previsione normativa in deroga, vale, invero, il principio dell'inesauribilità del potere, e pertanto il comportamento illecito dei privati è sempre sanzionabile, qualunque sia il tempo trascorso e l'entità dell'infrazione: va dunque posto l'accento sulla non configurabilità di un affidamento alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, in virtù di una legittimazione fondata sul tempo (cfr. da ultimo, anche Cons. Stato, sez. IV, n. 3182/2013, n. 4403/2011, n. 2497/2011, n. 79/2011, n. 3955/2010, n. 5509/2009 e n. 2529/2004, sez. VI, n. 6072/2012 e n. 2781/2011).

4.1.3.- Si è altresì precisato che ammettere la sostanziale estinzione di un abuso edilizio per decorso del tempo significherebbe configurare di fatto una sanatoria extra ordinem che potrebbe operare anche qualora l’interessato non abbia inteso (o potuto) avvalersi del corrispondente istituto legislativamente previsto (Cons. di Stato, Sez. VI, 5 gennaio 2015, n. 13). Né potrebbe invocarsi la c.d. sanatoria giurisprudenziale, stante il contrasto di questo istituto con il principio di legalità.

5.- Con il quarto motivo del ricorso introduttivo, la ricorrente sostiene, sotto diverso profilo, l’illegittimità del provvedimento impugnato, in quanto, in violazione delle regole del giusto procedimento di cui alla legge n. 241/1990, non sarebbe stato consentito alcun contraddittorio né svolta adeguata istruttoria;
l’ordinanza di demolizione sarebbe inoltre carente sotto l’aspetto motivazionale.

5.1-Il motivo è infondato.

5.1.1-Come già poc’anzi rilevato, il Comune, prima di determinarsi, ha puntualmente notificato la comunicazione di avvio del procedimento di rigetto, ai sensi degli artt. 7 e 8 L. n. 241/1990 nonché, con nota prot. n. 5939 del 10 febbraio 2016, comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda. Per contro, parte ricorrente, pur essendo stata messa nelle condizioni di replicare per evidenziare le proprie ragioni, non ha dato riscontro a tale comunicazione con puntuali e circostanziate osservazioni.

5.1.2.- Inoltre, dal fascicolo amministrativo depositato dal comune in allegato alla comparsa di costituzione agli atti (16 luglio 2016), si evince che i provvedimenti adottati dall’Amministrazione sono sorretti da adeguata istruttoria, con contestuale rappresentazione, anche fotografica, dello stato dei luoghi.

L’ordinanza impugnata può quindi ritenersi adeguatamente motivata, non solo per la puntuale individuazione delle norme rilevanti nella vicenda in concreto, ma anche per il richiamo per relationem alla presupposta comunicazione prot. 5939 del 10 febbraio 2016, la quale appare esaustiva nella descrizione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di accertamento di conformità.

5.1.3.- In ogni caso, giova ricordare che, secondo giurisprudenza consolidata, in materia di provvedimenti sanzionatori degli abusi edilizi, l’Amministrazione particolari non è soggetta a particolari oneri motivazionali, posto che non vi è spazio per apprezzamenti discrezionali, atteso che l'esercizio del potere repressivo mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto, per il quale è in re ipsa l'interesse pubblico alla sua rimozione (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. VI, 26 agosto 2010 , n. 17240). L'atto può ritenersi sufficientemente motivato per effetto della stessa descrizione dell'abuso accertato, presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare la spedizione della misura sanzionatoria.

6.-Segue l’esame del ricorso per motivi aggiunti.

6.1.- In via preliminare, si osserva che l’amministrazione resistente, con la comparsa di risposta depositata il 15 dicembre 2016, ha eccepito la tardività del ricorso per motivi aggiunti, posto che la ricorrente avrebbe dovuto impugnare il silenzio-diniego formatosi sull’istanza di sanatoria del 14 gennaio 2016, una volta decorso infruttuosamente il noto termine di sessanta giorni dalla presentazione della medesima, in base alle previsioni dell’art. 36 d.p.r. 380/2001.

Il Collegio osserva al riguardo che, in primo luogo, l’eccezione di irricevibilità può indirizzarsi esclusivamente verso il provvedimento di rigetto espresso (prot. n. 38766/U del 12 settembre 2016), non anche su quello di irrogazione della sanzione pecuniaria (prot. n. 33605/U del 28 luglio 2016) il quale costituisce una nuova determinazione dell’amministrazione in conseguenza della rilevata inottemperanza all’ordine di demolizione.

In secondo luogo, per quanto il provvedimento espresso di diniego sia meramente confermativo del diniego tacito già formatosi, l’eccezione può comunque essere superata ove si consideri, da un lato, l’infondatezza nel merito del ricorso per motivi aggiunti e, dall’altro, la deduzione di censure specifiche che nascono proprio dalla motivazione contenuta nel diniego espressole quali impongono, limitatamente ad esse, un rinnovato esame della questione.

6.2.- Ciò premesso, con il primo motivo, la ricorrente censura la violazione e la falsa applicazione dell’art. 31 d.p.r. 380/2001 e dell’art. 2 L. n. 241/1990, l’eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, carenza d’istruttoria, illogicità manifesta e derivata.

Obietta, in particolare, che l’ordinanza di demolizione e la successiva ingiunzione prot. n. 0033605/U del 28 luglio 2016 del Dirigente del V Settore Tecnico del Comune di Pompei, notificata il 29 luglio 2016, di pagamento della sanzione pecuniaria ex art. 31, co.

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