TAR Palermo, sez. IV, sentenza 2024-02-08, n. 202400477

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. IV, sentenza 2024-02-08, n. 202400477
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 202400477
Data del deposito : 8 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/02/2024

N. 00477/2024 REG.PROV.COLL.

N. 00026/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 26 del 2023, proposto da
-OMISSIS- rappresentata e difesa dall'avvocato G G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Gela, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato R G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

a) del provvedimento prot. -OMISSIS-del 10.11.22, adottato dall’Ufficio Servizio Sociale Professionale del Comune di Gela, con il quale è stato comunicato all'odierna ricorrente che “la retta di ricovero al costo del servizio non potrà essere a carico dell'Ente Comune”;

b) dei limiti dell’interesse della ricorrente, della delibera di Giunta Municipale del Comune di Gela-OMISSIS- del 7.06.2013 avente per oggetto: “Linee guida per il ricovero degli anziani, inabili e disabili mentali in strutture residenziali”;
di ogni altro atto presupposto, connesso, consequenziale, anche potenzialmente lesivo della posizione dell'odierna parte ricorrente;

nonché per l’accertamento

della sussistenza dei requisiti per l’accesso all’intervento di integrazione della retta di ricovero previsti dall’art. 4 della Delibera di G.M. n° 1549 del 7.6.2013;

dell’obbligo del Comune di Gela di provvedere alla detta integrazione


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gela;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023 il dott. G G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso in epigrafe, la sig.ra -OMISSIS- lamenta il mancato riconoscimento da parte del Comune di Gela del diritto di compartecipazione dello stesso Comune al pagamento del costo del servizio di ricovero presso la Comunità Alloggio “ Carolenz ”.

2. Va premesso in fatto che:

- il GIP del Tribunale di Gela, con ordinanza del 22 settembre 2022, ha disposto nei confronti della ricorrente, soggetto con disabilità psichica, la sostituzione del luogo di esecuzione della misura di sicurezza della libertà vigilata dalla CTA “ Villa Lina ”, sita a Castrofilippo, alla Comunità Alloggio per disabili psichici “ Carolenz ” soc. coop. sociale, sita in Raffadali, C.da Manaresi, n. 6;

- con nota del 3 ottobre 2022, prot. n. -OMISSIS-, il Comune di Gela ha riscontrato la richiesta di compartecipazione al pagamento delle rette di ricovero della ricorrente, ritenendo la propria incompetenza a provvedere, in ragione del fatto che il ricovero medesimo è stato disposto dal GIP del Tribunale di Gela in sostituzione del luogo di esecuzione della misura di sicurezza della libertà vigilata e pertanto il ricovero presso la Comunità Alloggio “ Carolenz ” esula dalla competenza comunale, sussistente nella sola ipotesi di assistenza di disabili psichici bisognosi di un percorso di aiuto e non in caso di soggetti autori di reato socialmente pericolosi, che dovrebbero essere ricoverati nelle apposite REMS;

- in data 28 ottobre 2022, la ricorrente ha dato riscontro alla prefata nota comunale, contestandone i contenuti, e la stessa ha invitato il Comune di Gela a corrispondere la propria quota di pagamento in partecipazione delle rette di ricovero;

- con nota del 28 ottobre 2022, prot. n. -OMISSIS-, il Comune di Gela ha richiesto alla ricorrente una integrazione documentale, con particolare riferimento alla sua situazione reddituale e patrimoniale;

- con nota del 10 novembre 2022, prot. n.-OMISSIS- il Comune di Gela ha rigettato la richiesta della ricorrente sulla base della seguente motivazione: “ Vista la documentazione agli atti acquisita da questo Ufficio al fine di valutare la quota di compartecipazione al costo del servizio di ricovero dovuta dalla S.V. Considerata che dall’esame della stessa risulta che Ella percepisce pensione e che l’entità patrimoniale della famiglia è superiore al limite previsto dall’art. 4 comma b – c della Delibera di G.M.-OMISSIS- del 7/6/2013. ”.

3. Avverso gli atti impugnati la ricorrente ha proposto i seguenti motivi di ricorso:

- “ I) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 4 DELLA DELIBERA DI G.M. N° 1549 DEL 7/6/2013. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART. 6

COMMI

1 E 2 DEL

DPCM

5

DICEMBRE

2013, N. 159. ECCESSO DI POTERE PER SVIAMENTO DELLA CAUSA TIPICA, ILLOGICITÀ, INGIUSTIZIA MANIFESTA, TRAVISAMENTO ED ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI.
”.

Con il motivo in esame, la ricorrente censura il provvedimento di rigetto della richiesta di compartecipazione alla retta da parte del Comune anzitutto perché esso è stato adottato in violazione della delibera di G.M. n. 252 del 14 giugno 2013, sul punto, a suo dire, erroneamente interpretata dall’amministrazione.

Sempre a dire della ricorrente, la diversa interpretazione della norma del Regolamento comunale propugnata dall’amministrazione nel provvedimento impugnato comporterebbe il contrasto della stessa norma con la previsione di cui all’art. 6, comma 2, del d.P.C.M. del 5 dicembre 2013 n. 159.

In particolare, assume la ricorrente che la disposizione del Regolamento comunale sarebbe illegittima per contrasto con la disposizione statale recata dall’art. 6, comma 2, d.P.C.M. n. 159/2013, che, espressamente, richiede che la situazione reddituale per l’accesso ai benefici deve essere riguardata con esclusivo riferimento al soggetto richiedente maggiorenne e al nucleo familiare ristretto (coniuge e figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti).

- “ II) VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 2, 32 e 38 DELLA COSTITUZIONE. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELLA LEGGE N. 328/2000. ”.

Con il presente motivo, la ricorrente assume di aver diritto alla compartecipazione del Comune di Gela al pagamento della retta, ritenendo che gli atti impugnati si pongano in aperta violazione degli artt. 32 e 38 della Costituzione, così come declinati nella L. n. 328 del 2000.

3.1 La ricorrente richiede in ogni caso l’accertamento dell’obbligo del Comune di Gela alla compartecipazione al pagamento della retta di ricovero dovuta al Centro “ Carolenz ”.

4. In data 24 gennaio 2023 si è costituito in giudizio il Comune di Gela, che ha depositato documenti e memoria difensiva con cui ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ritenendo che, nel caso di specie, si faccia questione di un rapporto di utenza avente ad oggetto mere richieste di natura patrimoniale, non involgenti in quanto tali la spendita di potere amministrativo;
in secondo luogo, il Comune di Gela ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per mancata tempestiva impugnazione degli atti presupposti da parte della ricorrente;
nel merito, lo stesso Comune ha contestato gli assunti attorei, deducendone l’infondatezza.

5. Con ordinanza del-OMISSIS- la Terza Sezione del Tar Palermo ha accolto la richiesta di adozione di misure cautelari proposta dalla ricorrente con il ricorso introduttivo ai sensi dell’art. 55, comma 10, cpa, con la fissazione dell’udienza del 10 maggio 2023 per la trattazione di merito.

6. Con sentenza del -OMISSIS-il Tar Palermo, III Sezione, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

6.1 Con sentenza n. -OMISSIS-, il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana, in riforma della prefata sentenza di questo Tar, ha dichiarato la sussistenza della giurisdizione amministrativa sulla controversia in esame, sulla base delle seguenti ragioni: “ 6.2 Nel caso di specie non si controverte in ordine a «indennità, canoni ed altri corrispettivi», relativi al rapporto concessorio fra comune concedente ed ente concessionario (a questi si riferisce il caveat di cui sopra: non è configurabile la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, lett. c), c.p.a «nelle controversie relative ad inadempienze contrattuali, di contenuto meramente patrimoniale, della gestione, non ricorrendo quell'agire della P.A. secondo moduli autoritativi, richiesto invece per integrare i presupposti giuridicofattuali della giurisdizione del giudice amministrativo», così Cass., sez. un., 15 gennaio 2021 n. 613). Nel caso di specie, non si controverte, infatti, in ordine all’attuazione dell’atto di concessione. E ciò anche in ragione del fatto che altrimenti dovrebbe essere coinvolto il concessionario.

6.3. Neppure si controverte in ordine a rapporti patrimoniali fra concessionario e utenti, cui si riferiva l’art. 33 del d.lgs. n. 80/1998, che prevedeva espressamente la riserva della giurisdizione ordinaria sui rapporti individuali di utenza con soggetti privati: pertanto non può ritenersi che il venir meno di tale previsione supporti la giurisdizione del giudice ordinario nei rapporti fra Comune concedente e utente.

6.4. Il caso di specie, pertanto, non rientrando nella fattispecie di deroga alla giurisdizione esclusiva del g.a. («escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi»), rientra nella previsione generale di giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133 comma 1 lettera c) del c.p.a., essendo una controversia «in materia di pubblici servizi […] relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione».
”.

6.2 Con atto notificato in data 1 agosto 2023 e depositato in pari data, la ricorrente ha ritualmente riassunto il giudizio innanzi a questo Tribunale.

7. Previo scambio di memorie difensive, all’udienza del 19 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Si può prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari proposte dal Comune di Gela in ragione della infondatezza nel merito del ricorso discendente dalle seguenti ragioni.

9. In via preliminare, ritiene il Collegio necessario operare un excursus della normativa di riferimento ai fini dell’inquadramento della tipologia di prestazione richiesta.

9.1 Ai sensi dell’art. 3 septies del d. lgs. del 30 dicembre 1992, n. 502 nell’ambito delle prestazioni sociosanitarie si distingue tra: “ a) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, cioè le attività finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite;
b) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, cioè tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute.
”.

Il comma 3 del citato art. 3 septies precisa che: “ L'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 2, comma 1, lettera n), della legge 30 novembre 1998, n. 419, da emanarsi, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della sanità e del Ministro per la solidarietà sociale, individua, sulla base dei princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo, le prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui al comma 2, lettere a) e b), precisando i criteri di finanziamento delle stesse per quanto compete alle unità sanitarie locali e ai comuni. Con il medesimo atto sono individuate le prestazioni sociosanitarie a elevata integrazione sanitaria di cui al comma 4 e alle quali si applica il comma 5, e definiti i livelli uniformi di assistenza per le prestazioni sociali a rilievo sanitario. ”.

L’articolo 2, comma 1, lettera n), della legge delega 30 novembre 1998, n. 419 ha espressamente previsto tra i criteri di delega che i decreti legislativi devono “ prevedere tempi, modalità e aree di attività per pervenire ad una effettiva integrazione a livello distrettuale dei servizi sanitari con quelli sociali, disciplinando altresì la partecipazione dei comuni alle spese connesse alle prestazioni sociali;
stabilire princìpi e criteri per l'adozione, su proposta dei Ministri della sanità e per la solidarietà sociale, di un atto di indirizzo e coordinamento, ai sensi dell'articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59 , in sostituzione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 8 agosto 1985 , pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 191 del 14 agosto 1985, che assicuri livelli uniformi delle prestazioni socio-sanitarie ad alta integrazione sanitaria, anche in attuazione del Piano sanitario nazionale;
”.

9.2 Sulla base della richiamata normativa di rango primario, con D.P.C.M. del 14 febbraio 2001 è stato adottato l'atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie, il cui art. 3, commi 1 e 2, opera le seguenti distinzioni: “ 1. Sono da considerare prestazioni sanitarie a rilevanza sociale le prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale e alla espressione personale. Dette prestazioni, di competenza delle aziende unità sanitarie locali ed a carico delle stesse, sono inserite in progetti personalizzati di durata medio/lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell'àmbito di strutture residenziali e semiresidenziali.

2. Sono da considerare prestazioni sociali a rilevanza sanitaria tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute. Tali attività, di competenza dei comuni, sono prestate con partecipazione alla spesa, da parte dei cittadini, stabilita dai comuni stessi e si esplicano attraverso:

a) gli interventi di sostegno e promozione a favore dell'infanzia, dell'adolescenza e delle responsabilità familiari;

b) gli interventi per contrastare la povertà nei riguardi dei cittadini impossibilitati a produrre reddito per limitazioni personali o sociali;

c) gli interventi di sostegno e di aiuto domestico familiare finalizzati a favorire l'autonomia e la permanenza nel proprio domicilio di persone non autosufficienti;

d) gli interventi di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali di adulti e anziani con limitazione dell'autonomia, non assistibili a domicilio;

e) gli interventi, anche di natura economica, atti a favorire l'inserimento sociale di soggetti affetti da disabilità o patologia psicofisica e da dipendenza, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di diritto al lavoro dei disabili;

f) ogni altro intervento qualificato quale prestazione sociale a rilevanza sanitaria ed inserito tra i livelli essenziali di assistenza secondo la legislazione vigente.

Dette prestazioni, inserite in progetti personalizzati di durata non limitata, sono erogate nelle fasi estensive e di lungoassistenza. ”.

10. Alla luce del complessivo sistema normativo così delineato, ritiene il Collegio che il caso di specie rientri nell’ambito delle prestazioni sociosanitarie a prevalente carattere sociale, in ragione del fatto che la ricorrente è soggetto con disabilità psichica di rilievo non psichiatrico, così come risulta dal Piano Terapeutico Individuale versato in atti.

In sostanza, risulta che la ricorrente ha forti disturbi della personalità che tuttavia possono essere trattati con un approccio terapeutico relazionale e attraverso un supporto farmacologico tendenzialmente diretto a reprimere e prevenire i momenti accessuali del disagio riscontrato.

11. Ciò posto, la ricorrente è stata pertanto correttamente indirizzata in una Comunità di Alloggio per disagiati psichici, richiedendosi una prestazione sociosanitaria a prevalenza sociale, nei sensi indicati, di competenza comunale e con oneri a carico del Comune nei (soli) casi di acclarato riconoscimento della impossibilità di far fronte alle spese di degenza ovvero di potervi fare fronte solo in parte, con la previsione, in tale evenienza, dell’obbligo di sola compartecipazione al pagamento della retta da porre a carico del Comune di Gela.

11.1 Si precisa che nel descritto contesto poco rileva che la ricorrente sia approdata nella Casa di Accoglienza in forma coatta, cioè sulla base di un’ordinanza del GIP del Tribunale di Gela, che ne ha disposto il trasferimento per l’esecuzione della misura di sicurezza della libertà vigilata;
ciò che conta è che la ricorrente necessiti della prestazione sociosanitaria e che, stando agli atti, la stessa abbia bisogno proprio della tipologia di offerta operata dalla Comunità alloggio “ Chiarolenz ”.

12. Per quanto riguarda la contribuzione dell’Ente locale al pagamento della retta, rileva quanto previsto dallo stesso Comune di Gela nell’esercizio della propria competenza in materia.

12.1 Invero, il Comune di Gela, con delibera di G.M. del 14 giugno 2013 n. 252, ha approvato le “ Linee-guida per il ricovero di anziani, inabili e disabili mentali in strutture residenziali ”, anche al fine di attivare le “ dovute forme di compartecipazione al costo del servizio, a tutela degli interessi pubblici e degli utenti più deboli. ”.

13. Va precisato che, proprio perché in tale contesto si tratta di prestazioni a carattere prevalentemente sociale, esse si inseriscono nell’ambito delle previsioni di rango primario recate dalla legge 8 novembre 2000, n. 328, costituente la “ Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali. ”.

13.1 In particolare, l’art. 6, comma 1, della L. n. 328/2000 fissa la competenza dei Comuni per l’esercizio delle funzioni amministrative “ concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale ” e il successivo comma 4 espressamente dispone che: “ Per i soggetti per i quali si renda necessario il ricovero stabile presso strutture residenziali, il comune nel quale essi hanno la residenza prima del ricovero, previamente informato, assume gli obblighi connessi all'eventuale integrazione economica. ”.

13.1.1 L’art. 25 della medesima legge n. 328/2000, rubricato “ Accertamento della condizione economica del richiedente ”, dispone poi che: “ Ai fini dell'accesso ai servizi disciplinati dalla presente legge, la verifica della condizione economica del richiedente è effettuata secondo le disposizioni previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, come modificato dal decreto legislativo 3 maggio 2000, n. 130. ”.

13.1.2 Il d. lgs. n. 109/1998 è stato abrogato dal comma 1 dell’art. 5, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 - come modificato dall’art. 23, comma 12-bis, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, nel testo integrato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135 - e dal comma 1 dell'art. 15, D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, a far data dai trenta giorni dall'entrata in vigore del D. Dirett. 7 novembre 2014.

14. Per quanto di interesse, l’art. 4 delle Linee guida comunali di cui alla delibera di G.M. n. 252/2013 citata espressamente prevede che: “ Costituiscono requisiti di accesso all'intervento di integrazione della retta le condizioni di seguito elencate:

a) avere una situazione reddituale non sufficiente a coprire il costo dell'intera retta;

b) non essere proprietario o comproprietario di immobili o titolare di altro diritto reale su immobili, anche in quota con altri soggetti, su tutto il territorio nazionale fatta eccezione della casa di abitazione, destinata ad abitazione principale, se occupata dal coniuge do da genitori, fratelli e sorelle, nonché da figli, a condizione che il valore catastale della casa non sia superiore a € 100.000,00;
“.

14.1 I successivi artt. 6 e 7 della citata delibera di G.M. prevedono poi che: “ 6. L'Ufficio Servizi Sociali, cui compete l'istruttoria per l'ingresso dell'utente nella struttura residenziale, valuterà preliminarmente la condizione economica dell'utente, che e il primo soggetto obbligato al versamento della quota di compartecipazione alla retta mensile, alla quale deve concorrere con tutte le proprie disponibilità economiche-finanziarie in base al proprio I.S.E.

Ai sensi dell'art. 9 del richiamato D.A. 867/2003, il Comune, previa valutazione degli uffici di servizio sociale e tenuto conto di quanto previsto al precedente punto 4, non ammetterà ai servizi residenziali i soggetti che, pur in presenza di condizioni economiche per la gratuità o la compartecipazione, tuttavia dispongono

- di patrimonio mobiliare tale da poter essere utilizzato non solo per la compartecipazione nella misura max del 70% ma anche idoneo a soddisfare le esigenze fondamentali di vita ovvero consentire l'autonomo pagamento della retta di ricovero, da privato;

- di patrimonio immobiliare il cui valore commerciale consente, con la sua dismissione totale o parziale, non solo la compartecipazione nella misura max del 70% ma anche il soddisfacimento delle esigenze fondamentali di vita ovvero l'autonomo pagamento della retta di ricovero, da privato.

7. Nel caso in cui l'utente non sia in possesso di patrimonio mobiliare o immobiliare o comunque non riesca a provvedere alla dismissione del proprio patrimonio al fine di corrispondere la compartecipazione alla retta sino al 50% del costo del servizio per soggetti autosufficienti ovvero del 70% per soggetti totalmente non autosufficienti, od ancora, sebbene dismesso, si sia comunque esaurito il ricavato, l'Ufficio Servizi Sociale, prima di assumersi l'onere dell'intera retta, è tenuto a

valutare se i familiari tenuti al mantenimento mantengano una condizione economica (I.S.E.) superiore al triplo della fascia esente ai fini IRPEF. h tale caso, gli stessi sono chiamati all'integrazione della quota di compartecipazione versata dall'utente sino alla copertura del 50% del costo del servizio per soggetti autosufficienti ovvero del 70% per soggetti totalmente non autosufficienti.

L'integrazione, comunque, non potrà essere superiore al 20% delle entrate complessive del nucleo familiare.

Ai fini dell'applicazione delle presenti Linee Guida, i familiari degli utenti sono presi in considerazione in base al seguente ordine gerarchico, fino al raggiungimento delle superiori percentuali: - coniuge e figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi e, in loro mancanza, discendenti prossimi, anche naturali di cui ai punti 1 e 2 dell'art. 433 C.C.;

- genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi anche naturali;
gli adottanti di cui al punto 3 dell'art. 433 C.C.;
- generi e nuore di cui al punto 4 art. 433 C.C.;
- suocero e suocera di cui al punto 5 art. 433 C.C.;
- fratelli e sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali di cui al punto 6 art. 433 C.C.

I1 Comune, pertanto, non integra la quota di retta che l'utente può richiedere gli sia corrisposta dai soggetti di cui sopra. … ”.

15. Alla luce della complessa ricostruzione normativa, ritiene il Collegio di dovere anzitutto perimetrare la domanda, così come proposta da parte ricorrente.

15.1 Invero, al di là dell’impugnativa del provvedimento, la ricorrente richiede l’accertamento dei requisiti per l’ottenimento della declaratoria dell’obbligo di compartecipazione a carico del comune del pagamento della retta, e, pertanto, essa ricorrente ha dispiegato una domanda che implica un giudizio di spettanza da parte del Tribunale, e ciò ben possibile in un ambito di giurisdizione esclusiva ex art. 133, comma 1, lett. c), cpa, così come declinato dal CGA nella sentenza n.-OMISSIS- che afferma la giurisdizione amministrativa nel caso all’esame.

16. Orbene, i motivi di ricorso proposti, che possono essere trattati congiuntamente, sono complessivamente infondati proprio perché non è dato riconoscere la spettanza in capo alla ricorrente del diritto alla compartecipazione a carico del Comune di Gela al pagamento della retta di ricovero.

16.1 In primo luogo, va rilevato che il provvedimento la cui impugnazione ha veicolato la domanda giudiziale in esame ha ritenuto che la ricorrente non abbia i requisiti reddituali e patrimoniali per poter beneficiare della prestazione assistenziale di carattere sociale di compartecipazione al pagamento della retta di ricovero.

16.2 Dall’ISEE del nucleo familiare di parte ricorrente si evince chiaramente che essa è titolare in comunione con il fratello del diritto di proprietà su un immobile di valore superiore a 100.000,00 euro e, pertanto, secondo gli indicatori stabiliti dal Comune nell’esercizio delle sue competenze in materia, tale circostanza determina ipso facto l’esclusione da qualsivoglia contribuzione da porre a carico del Comune.

16.3 Peraltro dal medesimo documento si evince che anche la situazione reddituale riferita alla ricorrente è di gran lunga superiore alla soglia che consentirebbe l’accesso alla compartecipazione comunale ai predetti oneri.

17. In tale contesto, non possono trovare ingresso le doglianze di parte ricorrente nella parte in cui ritengono che il regolamento comunale, rectius le Linee guida determinate dalla delibera di G.M., deroghino illegittimamente al d.p.c.m. n. 159/2013.

17.1 Invero, in detto contesto rileva quanto previsto dai commi 1 e 2 dell’art. 6 del citato d.p.c.m. n. 159/2013, che espressamente prevedono che: “ 1. Per le prestazioni agevolate di natura socio-sanitaria rivolte a persone di maggiore età, l'ISEE è calcolato in riferimento al nucleo familiare di cui al comma 2, fatto salvo quanto previsto al comma 3. Per le medesime prestazioni rivolte a persone minori di anni 18, l'ISEE è calcolato nelle modalità di cui all'articolo 7.

2. Esclusivamente ai fini delle prestazioni di cui al presente articolo e fatta comunque salva la possibilità per il beneficiario di costituire il nucleo familiare secondo le regole ordinarie di cui all'articolo 3, il nucleo familiare del beneficiario è composto dal coniuge, dai figli minori di anni 18, nonché dai figli maggiorenni, secondo le regole di cui ai commi da 2 a 6 dell'articolo 3. ”.

16.1 Il richiamato art. 3 del medesimo d.p.c.m. dispone che: “ 1. Il nucleo familiare del richiedente è costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della DSU, fatto salvo quanto stabilito dal presente articolo.

5. Il figlio maggiorenne non convivente con i genitori e a loro carico ai fini IRPEF, nel caso non sia coniugato e non abbia figli, fa parte del nucleo familiare dei genitori. Nel caso i genitori appartengano a nuclei familiari distinti, il figlio maggiorenne, se a carico di entrambi, fa parte del nucleo familiare di uno dei genitori, da lui identificato. ”.

17.2 Dal complessivo esame delle richiamate disposizioni del d.p.c.m. si evince che, al fine di determinare quale ISEE prendere in considerazione, deve farsi riferimento al disposto dell’art. 3, laddove primariamente assume che “ Il nucleo familiare del richiedente è costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della DSU ”, in quanto trattasi di persona maggiorenne non autosufficiente convivente con i genitori, tant’è che la vicenda in esame vede al suo esordio una denuncia per -OMISSIS- ex art. -OMISSIS- c.p. fatta dalla madre della ricorrente e sulla base della quale il GIP del Tribunale di Gela ha disposto la misura di sicurezza della libertà vigilata da eseguire nella residenza “ Chiarolenz ”.

17.2.1 Peraltro, si osserva ancora che la proposta interpretazione è coerente con quanto previsto al comma 5 del medesimo art. 3 del vitato d.p.c.m. nella parte in cui esso fa espresso riferimento al figlio maggiorenne non autosufficiente e non convivente con i genitori, ma tuttavia a loro carico ai fini dell’IRPEF, laddove essa norma assume espressamente che egli “ fa parte del nucleo familiare dei genitori ”.

17.2.2 In sostanza, il figlio maggiorenne non autosufficiente convivente fa sempre parte del nucleo familiare dei genitori, per cui risulta del tutto inconferente il richiamo della ricorrente al disposto dell’art. 6 del d.p.c.m. che si riferisce alla diversa ipotesi del soggetto maggiorenne autosufficiente per il quale si fa riferimento all’ISEE personale o, al più, a quello afferente al cd. nucleo ristretto, cioè composto (non a caso) dal coniuge e dai figli minorenni.

17.3 Una volta chiarito che ai fini della decisione del caso all’esame debba farsi applicazione della disciplina complessivamente desumibile dal d.p.c.m. n. 159/2013, essa consente di essere armonicamente coordinata con la disciplina delle Linee guida di cui alla citata delibera di G.M. n. 252/2013, che prevedono i requisiti di accesso alle prestazioni assistenziali.

17.3.1 In detta prospettiva, si rileva che anche le Linee guida prevedono la necessità di contribuzione a carico dei familiari al pagamento della retta in sostituzione del Comune, così come in particolare previsto dall’art. 7 delle stesse, che, come visto, sancisce che: “ Nel caso in cui l'utente non sia in possesso di patrimonio mobiliare o immobiliare o comunque non riesca a provvedere alla dismissione del proprio patrimonio al fine di corrispondere la compartecipazione alla retta sino al 50% del costo del servizio per soggetti autosufficienti ovvero del 70% per soggetti totalmente non autosufficienti, od ancora, sebbene dismesso, si sia comunque esaurito il ricavato, l'Ufficio Servizi Sociale, prima di assumersi l'onere dell'intera retta, è tenuto a valutare se i familiari tenuti al mantenimento mantengano una condizione economica (I.S.E.) superiore al triplo della fascia esente ai fini IRPEF. h tale caso, gli stessi sono chiamati all'integrazione della quota di compartecipazione versata dall'utente sino alla copertura del 50% del costo del servizio per soggetti autosufficienti ovvero del 70% per soggetti totalmente non autosufficienti.

L'integrazione, comunque, non potrà essere superiore al 20% delle entrate complessive del nucleo familiare.

Ai fini dell'applicazione delle presenti Linee Guida, i familiari degli utenti sono presi in considerazione in base al seguente ordine gerarchico, fino al raggiungimento delle superiori percentuali: - coniuge e figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi e, in loro mancanza, discendenti prossimi, anche naturali di cui ai punti 1 e 2 dell'art. 433 C.C.;

- genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi anche naturali;
gli adottanti di cui al punto 3 dell'art. 433 C.C.;
- generi e nuore di cui al punto 4 art. 433 C.C.;
- suocero e suocera di cui al punto 5 art. 433 C.C.;
- fratelli e sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali di cui al punto 6 art. 433 C.C.

I1 Comune, pertanto, non integra la quota di retta che l'utente può richiedere gli sia corrisposta dai soggetti di cui sopra. … ”.

17.3.2 Nei sensi indicati va valorizzata la ricorrente e condivisibile affermazione del Consiglio di Stato, citata dal Comune resistente, secondo cui “ gli enti erogatori possono legittimamente estendere l’ambito previsto dal d. lgs. 109/1998 ai familiari civilmente obbligati, ai sensi dell’art. 433 c.c., precisando che tale estensione è finalizzata esclusivamente a definire la situazione economica di ciascun assistito in relazione a tutte le risorse alle quali può potenzialmente attingere” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 14 gennaio 2014, n. 99 nonché, più recentemente, Consiglio di Stato, Sez. III, 4 febbraio 2021, n. 1045). … nella specie non è la “semplice presenza degli obbligati agli alimenti” ad escludere la compartecipazione dell’Amministrazione comunale alla retta alberghiera della disabile, ma la considerazione dell’apporto economico che il figlio non convivente della stessa, tenuto conto della sua capacità reddituale, è suscettibile di recare al sostenimento dei relativi costi. ” (Consiglio di Stato, III Sezione, sentenza del 8 marzo 2023, n. 2402).

17.4 Facendo applicazione delle prefate coordinate normative e giurisprudenziali al caso di specie, ne deriva che correttamente il Comune ha fatto riferimento all’ISEE del nucleo familiare della ricorrente per negare la propria compartecipazione agli oneri economici derivanti dal ricovero disposto dal GIP del Tribunale di Gela e che la ricorrente stessa non ha comunque i requisiti per accedere alla prestazione assistenziale richiesta, anzitutto perché comproprietaria con il fratello di un immobile che, seppur adibito a residenza familiare, ha un valore superiore a 100.000,00 euro, e, secondariamente perché il nucleo familiare, che dovrebbe in ogni caso provvedere con priorità rispetto al Comune, ha un reddito tale da escludere la sussistenza a carico dell’ente locale di un obbligo di compartecipazione al pagamento della retta di ricovero.

18. Le considerazioni che precedono consentono di ritenere non pertinenti i richiami agli artt. 32 e 38 della Costituzione e ai principi della L. n. 328/2000 sull’assistenza sociale.

18.1 In detta prospettiva, la necessità di porre a carico del nucleo familiare della ricorrente le spese di ricovero deriva dalla capienza del relativo patrimonio senza che la circostanza possa definirsi incongrua o comunque violativa dei principi in materia assistenziale.

18.2 Diversamente da quanto assunto dalla ricorrente, appare invece come il ricostruito quadro sia del tutto coerente anzitutto con le previsioni di rango costituzionale, nella misura in cui si ritenga che restino esclusi dalle provvidenze economiche di assistenza sociale coloro che abbiano i requisiti reddituali per potervi provvedere da soli o congiuntamente aol proprio nucleo familiare in ipotesi di minori d’età o di maggiorenni non autosufficienti.

18.3 Sul punto, lo stesso art. 38 della Costituzione esprime il principio generale immediatamente precettivo secondo cui: “ Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. ”;
in altre parole, la mancanza di mezzi, nei sensi come declinati nelle superiori considerazioni, costituisce presupposto indefettibile per pervenire al riconoscimento del diritto a percepire una prestazione sociale assistenziale come è qualificabile quella all’esame.

19. Da tutto quanto precede deriva la complessiva infondatezza del gravame proposto.

20. Sussistono eccezionali ragioni per disporre l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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