TAR Roma, sez. II, sentenza 2017-07-13, n. 201708406

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2017-07-13, n. 201708406
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201708406
Data del deposito : 13 luglio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/07/2017

N. 08406/2017 REG.PROV.COLL.

N. 12279/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12279 del 2016, proposto da:
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati F F e N S, con domicilio eletto presso l’Avvocatura dell’Ente in Roma, via Marcantonio Colonna 27;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;

nei confronti di

Comune di Monte San Giovanni Campano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati L G e A G, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ruggero Frascaroli in Roma, viale Regina Margherita, 46;

per l'annullamento

della nota MEF RGS prot. 31514 del 1° aprile 2016, con cui il MEF ha imputato alla Regione Lazio l’importo di euro 8.140.487,10 quale responsabile in solido con i Comuni laziali ivi indicati, quale quota parte della sanzione e delle penalità semestrali per l’anno 2015 comminate dalla Corte di Giustizia UE alla Repubblica Italiana con sentenza del 2 dicembre 2014 resa nella causa C-196/13;

di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali, con particolare riferimento alla successiva nota MEF RGS nella parte in cui conferma sia la volontà di rivalsa sia il principio di solidarietà già affermato nella precedente nota.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Monte San Giovanni Campano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 giugno 2017 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. La Regione Lazio si è costituita innanzi a questo Tribunale per la prosecuzione del giudizio conseguente alla trasposizione del ricorso straordinario ai sensi dell’art. 48 c.p.a. e dell’art. 10 d.P.R. n. 1199 del 1971.

Il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, Ispettorato Generale per i Rapporti Finanziari con l’Unione Europea, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, con l’impugnato atto del 1° aprile 2016, ha notificato la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, emessa in data 2 dicembre 2014, in esito alla causa C – 196/13, con la quale la Repubblica Italiana è stata condannata al pagamento di una somma forfettaria iniziale di 40 milioni di euro ed a penalità finanziarie semestrali fino al completo superamento della situazione di non conformità alla normativa europea delle discariche “abusive” situate nel territorio italiano.

Ha soggiunto che, per dare esecuzione a tale sentenza, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha provveduto, nel corso dell’anno 2015, a pagare l’importo della sanzione iniziale di 40 milioni di euro, oltre ad 85.589,04 a titolo di interessi di mora, e della prima penalità semestrale pari a 39,8 milioni di euro, a titolo di anticipazione ai sensi dell’art. 43, comma 9 bis, della legge n. 234 del 2012, salvo rivalsa a carico delle amministrazioni responsabili delle violazioni censurate dalla Corte di Giustizia Europea.

Ai fini della procedura di rivalsa, l’amministrazione ha effettuato l’imputazione delle penalità già pagate tra le discariche interessate sulla base degli elementi desumibili dalla sentenza della Corte di Giustizia che attribuisce una penalità di 400.000 euro per le discariche contenenti rifiuti pericolosi e 200.000 euro per quelle con rifiuti non pericolosi.

In esito a tali analisi, alle discariche situate nel territorio della Regione Lazio sanzionate dalla Corte di Giustizia UE risulta imputato l’importo complessivo di euro 8.140.487,10, rispetto alle penalità complessivamente anticipate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, importo che dovrà essere reintegrato ai sensi del citato art. 43, comma 9 bis, della legge n. 234 del 2012.

Pertanto, ai fini del raggiungimento dell’intesa sulle procedure di recupero degli importi anticipati dallo Stato, come previsto dall’art. 43, comma 7, della legge n. 234 del 2012, l’amministrazione statale ha invitato la Regione Lazio, quale responsabile in solido con i Comuni di Oriolo Romano, Riano, Aquino, Arce, Arpino, Broccostella, Campoli Appennino, Casalvieri, Falvaterra, Filettino, Lariano, Mompeo, Monte S. Giovanni Campano, Patrica, Supino, Trevi nel Lazio, Vignanello/Gallese e Villa Latina, ai sensi dell’art. 250 del d.lgs. n. 152 del 2006, a voler concordare con gli enti locali le modalità attraverso le quali provvedere al suddetto reintegro che, in base alla normativa vigente, può avvenire anche mediante compensazione, fino a concorrenza dei relativi importi, con altri trasferimenti dovuti dallo Stato.

Il Ministero ha concluso che, decorso il termine di 90 giorni senza alcuna indicazione in merito alle modalità di reintegro, si procederà al recupero delle risorse in questione a carico dei singoli Enti interessati ai sensi della normativa vigente.

L’amministrazione regionale ricorrente ha dedotto l’illegittimità dell’azione amministrativa per plurimi profili di violazione di legge ed eccesso di potere.

Il Comune di Monte San Giovanni Campano si è costituito in giudizio concludendo per l’accoglimento del ricorso.

All’udienza pubblica del 21 giugno 2017, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. La costituzione in giudizio del Comune di Monte San Giovanni Campano deve essere dichiarata inammissibile perché, in quanto soggetto direttamente leso dal provvedimento gravato, il Comune, al pari della Regione ricorrente, è legittimato a proporre il ricorso giurisdizionale in via autonoma.

L’amministrazione comunale, infatti, ha spiegato un intervento adesivo a quello della Regione, sicché lo stesso si rivela inammissibile in quanto proposto da soggetto legittimato alla proposizione di un ricorso autonomo, mentre, ai sensi dell’art. 28, comma 2, c.p.a., l’intervento ad adiuvandum può essere proposto solo dal titolare di una posizione collegata o dipendente da quella del ricorrente in via principale e, quindi, da un soggetto titolare di un interesse di fatto e non giuridicamente qualificato.

3. Nel merito, il ricorso è fondato e va di conseguenza accolto.

Il Collegio non ha alcun motivo per discostarsi da quanto già posto in rilievo dalla Sezione in relazione a controversie analoghe (cfr.

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