TAR Firenze, sez. III, sentenza 2012-05-02, n. 201200852

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. III, sentenza 2012-05-02, n. 201200852
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201200852
Data del deposito : 2 maggio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00872/2001 REG.RIC.

N. 00852/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00872/2001 REG.RIC.

N. 01198/2008 REG.RIC.

N. 02048/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 872 del 2001, proposto da L C P, rappresentato e difeso dagli avvocati P P e F G, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Firenze, via Francesco Bonaini n. 10;

contro

Comune di Prato, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. E B, con domicilio eletto presso l’avvocato M D in Firenze, viale Spartaco Lavagnini n. 41;



sul ricorso numero di registro generale 1198 del 2008, proposto da L C P, rappresentato e difeso dagli avvocati P P e F G, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Firenze, via Francesco Bonaini n. 10;

contro

Comune di Prato, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato E B, con domicilio eletto presso l’avv. M D in Firenze, viale Spartaco Lavagnini n. 41;



sul ricorso numero di registro generale 2048 del 2011, proposto da L C P, rappresentato e difeso dagli avvocati F G e P P, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Firenze, via Francesco Bonaini n. 10;

contro

Comune di Prato, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. E B, con domicilio eletto presso l’avv. M D in Firenze, viale Spartaco Lavagnini n. 41;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 872 del 2001:

- del provvedimento di diniego parziale di sanatoria emesso dal dirigente del servizio "piani attuativi e condono edilizio" del Comune di Prato in data 24.1.2001 (P.E. n. 4935) e notificato al ricorrente in data 3.2.2001;

- di ogni altro atto connesso;

quanto al ricorso n. 1198 del 2008:

- dell'atto di rettifica della concessione edilizia in sanatoria, datato 2.4.2008, P.G. 42764/2008, notificato all'odierno ricorrente il 14.4.2008, con cui l'Amministrazione Comunale, in "rettifica" della concessione edilizia in sanatoria rilasciata il 16.9.2005, precisava di escludere dalla predetta concessione "le opere abusive riguardanti la realizzazione di un manufatto di dimensioni pari a ml 8,15 x 4,90 x 3,20 di altezza, in quanto lo stesso è oggetto di diniego di sanatoria P.G. 4935 del 24.1.2001;

- di ogni ulteriore atto connesso;

- del diniego implicito al parere di massima P.G. 56442 richiesto dal ricorrente il 18.6.2007;

e per la condanna

al risarcimento di tutti i danni conseguenti al provvedimento impugnato;

quanto ai motivi aggiunti al ricorso n. 1198/2008, depositati in giudizio il 17 ottobre 2008,

per l'annullamento

- del diniego opposto alla richiesta di parere di massima sulla conformità urbanistico/edilizia dell'intervento su edificio in via di Galceti n. 95, del 18.6.2008, P.G. n. 84363/BC, notificato il 20.6.2008;

- di ogni atto connesso;

quanto al ricorso n. 2048 del 2011:

- dell'ordinanza di ingiunzione a demolire opere pertinenziali eseguite in assenza di permesso di costruire del 25.8.2011, n. 2133/11;

- dell’avviso del 15.10.2008, con cui è stato comunicato l'inizio del procedimento amministrativo sanzionatorio;

- di ogni ulteriore atto connesso;

e per la condanna

al risarcimento dei danni;


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Prato;

Visti i motivi aggiunti relativi al ricorso n. 1198/2008;

Viste le memorie difensive delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2012 il dott. G B e uditi per le parti i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il signor L C P, proprietario di un manufatto di un piano destinato a deposito di una civile abitazione ubicata in via di Galceti a Prato, in data 1.4.1986 ha presentato domanda di condono edilizio ex art. 31 della legge n. 47/1985, avente ad oggetto due distinti interventi: a) la costruzione di vani accessori al piano terra, modifiche interne ed esterne e chiusura e sistemazione di porticato;
b) realizzazione, nel resede dell’abitazione, di un manufatto ad uso deposito, alto cm. 90, in lamiera e struttura in legno.

Il Comune di Prato, in data 9.5.1997, ha chiesto al ricorrente di produrre, entro 30 giorni, il certificato di idoneità statica del manufatto adibito a deposito.

L’interessato ha quindi chiesto di eseguire le opere di consolidamento necessarie ad assicurare l’idoneità statica.

E’ seguito in data 2.12.1997 il diniego di condono relativamente al suddetto manufatto, sull’assunto che i lavori di adeguamento sismico avrebbero dovuto essere eseguiti entro 3 anni dalla presentazione della domanda.

Il Comune, con provvedimento del 17.2.1998, accogliendo le osservazioni dell’interessato ha ritirato in autotutela la suddetta determinazione negativa ed ha assegnato 90 giorni per la presentazione del progetto di adeguamento strutturale, ai sensi dell’art. 35, commi 5, 5 quater e 5 septies, della legge n. 47/1985.

In data 30.1.1998 l’istante ha presentato alla Regione Toscana, ufficio del genio civile, il progetto di adeguamento statico;
è seguita, in data 1.4.1998, la richiesta di approvazione del progetto di adeguamento strutturale, rivolta al Comune di Prato.

La polizia municipale, mediante sopralluogo in data 27.8.1999, ha accertato lavori in corso per la demolizione e la ricostruzione, con caratteristiche diverse, del manufatto già destinato a deposito.

Il Comune di Prato, con determinazione del 24.1.2001, ha respinto parzialmente la domanda di condono, limitatamente al manufatto adibito a deposito, ritenendo che l’intervento realizzato concretasse una sostituzione edilizia non realizzabile con le procedure previste dall’art. 35, comma 8, della legge n. 47/1985.

Avverso tale diniego il ricorrente è insorto, con il ricorso n. 872/2001, deducendo:

1) eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, illogicità manifesta;
violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 35 della legge n. 47/1985;

2) eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, contraddittorietà e illogicità manifesta;
violazione di legge per mancata applicazione dell’art. 35 della legge n. 47/1985;
violazione di legge per falsa applicazione dell’art. 31 della legge n. 47/1985.

In pendenza del gravame l’amministrazione, in data 16.9.2005, ha rilasciato al ricorrente la concessione edilizia in sanatoria, richiamando la domanda di condono presentata il 1.4.1986 per l’ampliamento di un edificio a civile abitazione e l’elaborato grafico, le foto e la planimetria che componevano la pratica edilizia in questione.

Il deducente, in data 18.6.2007, ha chiesto al Comune un parere di massima circa la conformità urbanistica ed edilizia delle opere di adeguamento igienico sanitario e degli interventi di modifica alle pareti perimetrali non portanti, alle porte e alle finestre del manufatto ad uso deposito.

Il Comune, in data 2.4.2008, ha adottato la determinazione di rettifica della predetta concessione in sanatoria. Con tale provvedimento l’amministrazione, constatato che il grafico annesso al titolo in sanatoria rappresentava anche le opere relative al manufatto destinato a deposito, ha disposto la correzione escludendole dal grafico stesso.

Avverso tale atto il ricorrente è insorto con il ricorso n. 1198/2008, deducendo:

1) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 7, 9, 10, 10 bis, 21 quinquies e 21 nonies della legge n. 241/1990, dell’art. 97 della Costituzione, dell’art. 35 della legge n. 47/1985;
eccesso di potere per sviamento, violazione del giusto procedimento, carenza dei presupposti, assenza di istruttoria, difetto di motivazione, contraddittorietà, carenza relativa di potere, illogicità, ingiustizia manifesta;

2) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1, 2, 3, 7, 9, 10, 10 bis della legge n. 241/1990, dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1 e seguenti della legge regionale n. 1/2005;
eccesso di potere per sviamento, violazione del giusto procedimento, carenza di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità;

3) in subordine: illegittimità derivata.

Successivamente alla notifica del predetto ricorso il Comune, con provvedimento del 18.6.2008, ha respinto l’istanza di parere di conformità presentata dall’interessato, richiamando la determinazione di rettifica e obiettando che l’immobile de quo era privo di legittimità urbanistica.

Tale atto sopravvenuto è stato impugnato con motivi aggiunti al ricorso n. 1198/2008, deducendo:

1) illegittimità derivata;

2) illegittimità propria, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione e degli artt. 1 ss. della legge n. 241/1990;
eccesso di potere per sviamento, violazione del giusto procedimento, carenza dei presupposti e di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità e sviamento.

In pendenza del giudizio il Comune, con ordinanza del 25.8.2011, ha ingiunto la demolizione dell’abuso edilizio, previa comunicazione di avvio del procedimento in data 15.10.2008.

Avverso tale provvedimento l’istante è insorto, con il ricorso n. 2048/2011, deducendo:

1) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1 ss. della legge n. 241/1990 e degli artt. 132, comma 9, e 134, comma 1, della L.R. n. 1/2005;
eccesso di potere per sviamento, violazione del giusto procedimento, carenza dei presupposti e di istruttoria, difetto di motivazione, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità e ingiustizia manifesta;

2) illegittimità derivata.

Si è costituito in giudizio il Comune di Prato, in relazione a tutti e tre i ricorsi.

All’udienza del 5 aprile 2012 le cause sono state poste in decisione.


DIRITTO

In via preliminare occorre procedere alla riunione dei tre ricorsi in epigrafe, per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.

Il Collegio preliminarmente osserva altresì che il Comune ha eccepito l’inammissibilità, per carenza di interesse, del ricorso n. 1198/2008, sull’assunto che la contestata rettifica non reca alcuna lesione rispetto a quella arrecata dal presupposto diniego di condono.

L’obiezione è infondata.

La determinazione di rettifica chiarisce definitivamente che la concessione edilizia in sanatoria rilasciata non comprende il manufatto destinato a deposito;
invero quest’ultima faceva indistinto riferimento agli abusi edilizi indicati nell’elaborato grafico allegato all’istanza di condono, in contrasto con il precedente diniego (mai revocato) avente ad oggetto una parte degli stessi, ovvero l’unità destinata a deposito.

E’ quindi evidente l’interesse del ricorrente a vedere riconosciuta dall’amministrazione, in ordine all’opera abusiva de qua, la prevalenza del titolo rilasciato in sanatoria rispetto al diniego, prevalenza che viene disconosciuta con l’impugnato provvedimento di rettifica.

Il ricorrente ha chiesto la declaratoria di cessazione della materia del contendere in ordine al primo ricorso, ritenendo satisfattivo il sopravvenuto rilascio, in data 16.9.2005, della concessione edilizia in sanatoria.

L’assunto non ha alcun pregio.

Il predetto titolo, quale risulta dalla sopravvenuta rettifica contestata con l’impugnativa n. 1198/2008, non riguarda l’abuso edilizio cui fa riferimento il diniego di condono oggetto del primo ricorso.

Entrando nel merito della trattazione dei ricorsi, si osserva quanto segue.

Quanto al ricorso n. 872/2001, l’istante con la prima censura deduce che non corrisponde al vero che vi sarebbe stata la totale demolizione e ricostruzione del manufatto, e che invece si è trattato di lavori di adeguamento statico e sismico, con intervento di ripristino volto a consolidare le fondazioni con cordoli in cemento armato, i pali di legno con profilati in acciaio, la copertura mediante rinforzo delle travi;
aggiunge che la maggiore altezza accertata nel nuovo fabbricato (metri 3,80 anziché 3,20) dipende dal fatto che ancora non era stato realizzato il piano di calpestio (l’adeguamento statico prevedeva infatti il completamento del vespaio e della pavimentazione, cosicchè la ditta incaricata aveva asportato del terreno per procedere poi al livellamento ed alla posa in opera della pavimentazione tuttora mancante);
il ricorrente deduce infine che non v’è stata sostituzione edilizia, in quanto sono stati mantenuti i pilastri in legno e le travi in legno originarie.

Il motivo è infondato.

Dal verbale di sopralluogo della polizia municipale, integrato da documentazione fotografica, risulta la demolizione del manufatto (le fotografie raffigurano la sola presenza dei pali di sostegno e della copertura) e l’avvenuta installazione, in luogo degli originari pali in legno, di longarine in ferro incementate al suolo e raccordate da struttura di ferro.

L’unità immobiliare presenta quindi una evidente discontinuità con la precedente, sia per la demolizione della struttura preesistente, sia per la sostituzione dei pali in legno con materiale in ferro.

Al contrario, la normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette la realizzazione di un manufatto realizzato con demolizione e impiego di materiali di costruzione diversi da quelli originari (ferro al posto del legno), ancorchè uguale per sagoma, superficie e volumetria (TAR Lazio, Latina, 13.12.2001, n. 1168).

Di ciò appare consapevole lo stesso ricorrente, in quanto, nella relazione depositata presso il genio civile in data 30.1.1998, il tecnico da lui incaricato afferma che “la struttura progettata deve essere realizzata in fasi successive per non demolire il manufatto esistente”.

La diversità del materiale costruttivo impiegato comporta la qualificazione dell’intervento come sostituzione edilizia, mancando la continuità tra vecchia e nuova costruzione che caratterizza gli interventi di consolidamento e la attuale riconoscibilità del manufatto originario (Cass. pen., III, 15.7.2005, n. 26162;
TAR Toscana, III, 30.1.2012, n. 200).

Ne deriva che la trasformazione operata dal ricorrente non è riconducibile all’adeguamento strutturale preteso dal Comune con provvedimento n. 12888 del 17.2.1998 (documento n. 6 depositato in giudizio dal Comune).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che l’amministrazione, nell’affermare con l’atto di diniego che sarebbe impossibile produrre una certificazione di idoneità statica e sismica per un manufatto non più esistente, ritiene erroneamente che il manufatto sia stato sostituito;
aggiunge che l’attuale immobile è in realtà il risultato del progetto di adeguamento.

Vale al riguardo il giudizio di infondatezza espresso in relazione alla precedente censura.

Con la prima doglianza del ricorso n. 1198/2008 l’istante deduce, avverso l’impugnata rettifica della concessione in sanatoria, la violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi;
aggiunge che il contestato provvedimento in realtà non costituisce rettifica (dovendo la stessa essere riferita alla sola correzione di errori materiali o ostativi) ma modifica del condono edilizio assentito nel 2005, disposta senza attivare preventivamente il contraddittorio con l’interessato, senza motivare sulla sussistenza di ragioni di pubblico interesse e senza che fosse possibile per il Comune pronunciarsi nuovamente sulla liceità del manufatto, già regolarizzato nel 2005, nonché in violazione dell’art. 35 della legge n. 47/1985 e incorrendo nel vizio di eccesso di potere.

Il motivo non è condivisibile.

Il Comune, con determinazione del 24.1.2001, ha respinto la domanda di condono nella parte riferita al capanno ad uso deposito. Successivamente, con provvedimento del 16.9.2005, ha accolto la stessa domanda di condono. Quest’ultimo atto del Comune, tuttavia, non presentava un contenuto univoco, in quanto da un lato, nel richiamare la domanda di condono accolta, la riferiva all’ampliamento dell’edificio a civile abitazione (al quale non è riconducibile il predetto capanno), dall’altro rinviava all’elaborato grafico annesso alla suddetta domanda, e non alla sola parte riguardante gli interventi sull’edificio residenziale.

L’erronea menzione dell’intero elaborato grafico ha indotto l’amministrazione a procedere alla rettifica, precisando che la rappresentazione grafica allegata alla concessione in sanatoria non doveva intendersi riferita al manufatto destinato a deposito già oggetto di diniego di condono.

Pertanto il Comune non ha mutato la propria volontà, ma ha eliminato un errore in cui era incorso nella dichiarazione contenuta nel condono rilasciato, errore che era evincibile, ancor prima dell’adozione dell’atto di rettifica, da più elementi, e cioè dall’esistenza di un diniego di condono mai revocato e da una contraddizione intrinseca alla concessione in sanatoria, che da un lato assentiva l’ampliamento dell’edificio a civile abitazione, riferendosi quindi alla parte della domanda di condono riguardante la costruzione di vani accessori al piano terra con chiusura del porticato preesistente, e dall’altro rinviava all’elaborato grafico riproducente anche il manufatto a deposito già oggetto di diniego.

Di tale contraddittorietà era consapevole il ricorrente, come dimostra il fatto che egli ha chiesto al Comune, dopo il rilascio del titolo in sanatoria, un parere di massima sulla conformità urbanistica ed edilizia del capanno (documento n. 16 depositato in giudizio dall’amministrazione).

In tale contesto appare appropriata l’adozione dell’atto di rettifica, che non sovvertendo la volontà decisionale precedentemente manifestata ma eliminando l’errore ostativo ricadente sull’atto di sanatoria, non richiede l’attivazione del contraddittorio ex artt. 7 e seguenti della legge n. 241/1990 e reca nella constatazione dell’incongruenza del rilievo grafico allegato al condono una esauriente motivazione.

Con la seconda censura il ricorrente lamenta che nella contestata rettifica si valorizza il pregresso diniego, anziché la sanatoria edilizia.

Il rilievo non può essere accolto.

Il Comune prende in considerazione le determinazioni precedenti e l’elaborato grafico annesso all’atto di condono, in quanto è dall’esame complessivo della vicenda che può essere desunto l’errore insito nella determinazione positiva del 2005.

La terza doglianza è incentrata sull’illegittimità derivata dal diniego di condono.

La censura è infondata alla stregua delle considerazioni espresse nella trattazione del ricorso n. 872/2001.

Con i motivi aggiunti l’istante, nel contestare la risposta alla richiesta di parere di massima sulla liceità del manufatto, deduce innanzitutto l’illegittimità derivata dall’atto di rettifica.

L’assunto è infondato alla stregua del giudizio sopra espresso dal Collegio.

Con la seconda censura presentata con i motivi aggiunti, il ricorrente lamenta che la risposta alla domanda di parere vi è stata dopo oltre un anno e che l’immobile è stato regolarizzato con la sanatoria del 2005;
aggiunge che la risposta del Comune fa riferimento all’atto di rettifica, anziché alla sanatoria, e presenta profili sintomatici di eccesso di potere.

Il rilievo non ha alcun pregio.

La tardività dell’adozione del provvedimento non ne inficia la validità: il termine previsto dall'art. 2 della l. 241/1990 per l'adozione dei provvedimenti amministrativi ha natura ordinatoria e non perentoria, e pertanto la sua inosservanza da parte dell'amministrazione non esaurisce il potere di provvedere né determina di per sé l'illegittimità dell'atto adottato fuori termine (TAR Campania, Napoli, IV, 27.12.2010, n. 28062;
TAR Umbria, I, 20.1.2011, n. 16).

Valgono, per il resto, le considerazioni espresse nella trattazione del ricorso principale n. 1198/2008.

Quanto al ricorso n. 2048/2011, proposto avverso l’ordinanza di demolizione, si osserva quanto segue.

Con la prima censura il ricorrente lamenta la mancanza di una valida comunicazione di avvio del procedimento, essendo quest’ultima di oltre tre anni antecedente all’adozione dell’atto impugnato;
aggiunge che il presupposto diniego di condono è superato dal rilascio del titolo in sanatoria e che l’atto di rettifica è illegittimo per le ragioni dedotte con il ricorso n. 1198/2008;
aggiunge altresì che il manufatto di cui si chiede la demolizione non esiste più, stante l’adeguamento statico effettuato in osservanza dell’atto sindacale n. 1288/1998;
obietta che non sono applicabili gli artt. 132, comma 9, e 134, comma 1, della L.R. n. 1/2005, in quanto il manufatto originario è stato oggetto di condono, mentre il manufatto attuale non è oggetto specifico di alcun provvedimento, talchè non sussiste ristrutturazione edilizia eseguita senza titolo o in totale difformità o con variazioni essenziali.

L’assunto non ha alcun pregio.

L’impugnata ingiunzione a demolire del 25.8.2011 è stata preceduta da comunicazione di avvio del procedimento del 15.10.2008.

Il fatto che tra i due atti siano intercorsi tre anni non priva di validità l’attivazione del contraddittorio, né fa maturare un affidamento dell’interessato in ordine alla conservazione dell’abuso edilizio.

Invero è sufficiente a legittimare la misura repressiva, costituente atto vincolato, la natura abusiva dell’intervento edilizio;
inoltre, il presupposto diniego di condono edilizio e la rettifica del provvedimento di condono hanno reso l’interessato pienamente consapevole dell’accertata sussistenza dell’illecito edilizio e della necessità di eliminarlo.

Del tutto infondata è la tesi del ricorrente secondo cui il manufatto in oggetto non esiste più in quanto modificato.

Infatti è proprio l’ampio intervento di ricostruzione eseguito dal ricorrente (che ha, come visto, cambiato le originarie caratteristiche del capanno) a rendere non condonabile il manufatto nello stato attuale, come risulta sia dalla comunicazione di avvio del procedimento richiamata dalla contestata ordinanza, laddove il Comune menziona il diniego di condono, sia dalla premessa dell’ordinanza stessa, laddove si assume a riferimento la comunicazione di violazione urbanistico edilizia del 9.9.1999, evidenziante le difformità delle riscontrate trasformazioni edilizie rispetto al progetto di adeguamento statico e la differenza tra vecchio e nuovo manufatto.

Non condivisibile è anche la tesi secondo cui il manufatto attuale non è oggetto di uno specifico provvedimento e costituisce adeguamento statico chiesto dal Comune.

Valgono al riguardo le considerazioni espresse dal Collegio nella trattazione del primo ricorso: i lavori di adeguamento statico ex art. 35 della legge n. 47/1985 sono connotati dall’assenza di demolizioni e successive ricostruzioni (Cons. Stato, V, 23.7.1994, n. 807).

Ne deriva che l’unità immobiliare de qua, quale appare attualmente, non essendo stata legittimata da alcun titolo edilizio, soggiace al regime sanzionatorio proprio delle opere realizzate senza permesso di costruire.

La seconda censura è incentrata sull’illegittimità derivata dagli atti impugnati con i ricorsi n. 872/2001 e 1198/2008.

Stante l’infondatezza della censura stessa alla stregua delle considerazioni espresse nell’esame dei suddetti ricorsi, il Collegio ritiene di prescindere dall’eccezione di inammissibilità incentrata sull’assunto che il motivo in questione, rinviando genericamente alle precedenti impugnative, violerebbe il principio di autosufficienza del ricorso, il quale deve autonomamente individuare i vizi dedotti.

L’infondatezza nel merito dei ricorsi trae seco l’infondatezza delle connesse domande risarcitorie.

In conclusione, i ricorsi ed i motivi aggiunti relativi al secondo gravame vanno respinti in tutte le domande proposte.

Le spese di giudizio, inclusi gli onorari difensivi, sono complessivamente determinate in euro 4.000 (quattromila) oltre IVA e CPA, da porre a carico del ricorrente.

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