TAR Torino, sez. II, sentenza 2023-12-20, n. 202301023

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2023-12-20, n. 202301023
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202301023
Data del deposito : 20 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/12/2023

N. 01023/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01136/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1136 del 2021, proposto da
Azienda Agricola Vicino S.S. di Vicino Pierluigi &
C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato A B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Galileo Ferraris 120;

contro

Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e Ader - Agenzia delle Entrate - Riscossione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino e domiciliate ex lege presso la stessa in Torino, via dell'Arsenale, 21;

per l'annullamento

-a) della cartella di pagamento n. 110 2021 00360348 01 000 dell'importo di euro 200.895,00, avente ad oggetto il “Prelievo latte sulle consegne” per il periodo 2006/07, inviata alla ricorrente tramite pec del 20.9.2021;

-b) del presupposto ruolo ordinario n. 2021/007061, reso esecutivo in data 23.6.2021, nella parte concernente l'iscrizione del debito della ricorrente;

-c) di tutti gli altri atti presupposti, preparatori, conseguenti e comunque connessi con quelli impugnati, anche se allo stato non conosciuti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Agea - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura e di Ader - Agenzia delle Entrate - Riscossione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2023 il dott. G B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

In data 20.9.2021 è stata notificata alla ricorrente (produttrice di latte vaccino assoggettata al regime delle quote latte) la cartella di pagamento di euro 200.895, avente a oggetto il “prelievo latte sulle consegne” per il periodo 2006/2007, in applicazione della legge n. 33/2009.

Avverso la suddetta cartella l’interessata è insorta deducendo:

1)violazione ed elusione del giudicato;
nullità ai sensi dell’art. 21 septies della legge n. 241/1990;
violazione dell’art. 2 del reg. CEE 3950/1992, dell’art. 9 del regolamento CEE 1392/2011, degli artt. 4,10,11, 13 del regolamento CE 1788/2003, dell’art. 16 del regolamento CE 595/2004 e dei principi fissati dalla Corte di Giustizia UE;
violazione dell’art. 8 ter della legge n. 33/2009, degli artt. 1, 3 e 21 nonies della legge n. 241/1990, dell’art. 97 della Costituzione;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, travisamento, illogicità, erroneità e ingiustizia manifesta;

2) violazione dell’art. 8 ter della legge n. 33/2009 e dell’art. 97 della Costituzione, degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, travisamento, illogicità, erroneità e ingiustizia manifesta;

3) violazione dell’art. 2946 c.c.;
prescrizione del credito di Agea;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, travisamento, illogicità, erroneità e ingiustizia manifesta;

4) violazione dell’art. 25 del d.p.r. n. 602/1973;
decadenza del diritto di Agea ad attivare la procedura di riscossione coattiva;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, travisamento, illogicità, erroneità e ingiustizia manifesta;

5) violazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000, degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990, degli artt. 24 e 97 della Costituzione;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, carenza di motivazione, travisamento, illogicità, erroneità e ingiustizia manifesta;

6) violazione degli artt. 3 bis, 6, 6 ter del d.lgs. n. 82/2005, dell’art. 16 ter del d.l. n. 179/2012, dell’art. 3 bis della legge n. 53/1994;
nullità della cartella per inesistenza o nullità insanabile della notifica.

Si sono costituite in giudizio l’Agenzia delle Entrate Riscossione e Agea.

Con ordinanza n. 958 del 13.10.2022 è stata accolta da questo TAR l’istanza cautelare.

All’udienza del 14 dicembre 2023 la causa è stata posta in decisione.

DIRITTO

1.L’Avvocatura dello Stato ha eccepito la carenza di legittimazione passiva dell’agente di riscossione in ordine alle censure vertenti sul merito della pretesa, le quali atterrebbero ad atti dell’ente impositore che effettuò l’iscrizione a ruolo.

L’eccezione è infondata.

Le questioni dedotte nel ricorso riguardano sia vizi della pretesa creditoria, sia vizi propri della cartella di pagamento, talché risultano coinvolti entrambi gli enti intimati. Non risultano quindi sussistenti i presupposti per l’estromissione dal giudizio dell’Agenzia delle Entrate Riscossione.

Ciò premesso, entrando nel merito dei motivi di gravame, valgono le seguenti considerazioni.

2. Con la prima censura la ricorrente sostiene che Agea non ha considerato che le imputazioni di prelievo supplementare per il periodo in questione sono frutto di operazioni di compensazione effettuate in violazione del sovraordinato diritto dell’U.E. e che i dati posti a fondamento del regime delle quote latte in Italia sono non veritieri ed erronei.

La doglianza è inammissibile.

L’imputazione del prelievo 2006/2007 fu notificata il 23.7.2007 al primo acquirente (La Lombarda s.c.r.l., come tale obbligata in solido col produttore) e impugnata innanzi al TAR Lazio, Roma, il quale respinse il ricorso con sentenza n. 3868 del 2015 (documento n. 4 depositato in giudizio dall’Avvocatura dello Stato);
parimenti respinto fu il ricorso proposto avverso l’approvazione della domanda di rateizzazione (documento n. 6).

Orbene, sono inammissibili le censure tese a contestare l’an e il quantum della pretesa creditoria di Agea nella parte cristallizzatasi con il prelievo supplementare e con l’approvata rateizzazione, in quanto l’oggetto del ricorso in epigrafe non è un autonomo atto impositivo ma una richiesta di pagamento prodromica all’esecuzione forzata, impugnabile soltanto per vizi propri, salvo il caso in cui sia mancata la notifica degli atti presupposti. Nel caso in esame, la definitività del prelievo preclude alla ricorrente la facoltà di avvalersi degli arresti della Corte di Giustizia, i quali trovano un limite nell’inoppugnabilità dell’atto (TAR Veneto, IV, 16.10.2023, n. 1455;
Cons. Stato, III, 17.5.2022, n. 3910).

Né può valere la disapplicazione, in quanto l’incompatibilità comunitaria affermata dalla Corte di Giustizia (27.6.2019 –causa C-348/2018;
13.1.2022 –causa C 377/2019) non ha riguardato norme nazionali attributive del potere, bensì norme nazionali indicanti i criteri da seguire per l’esercizio del potere (provvedimenti sulla compensazione nazionale e sull’imputazione del prelievo).

3. “ La violazione del diritto comunitario implica soltanto un vizio di legittimità con conseguente annullabilità dell'atto amministrativo, in quanto l'art. 21 septies l. 241/90 ha codificato in numero chiuso le ipotesi di nullità del provvedimento, senza includervi la violazione del diritto comunitario, salva l'ipotesi in cui ad essere in contrasto con il precetto del diritto dell'unione europea sia la norma attributiva del potere, e non - come nel caso in esame - le modalità di applicazione di essa. Va soggiunto che pacifici principi in merito all'efficacia oggettivamente e soggettivamente limitata del giudicato, ex art. 2909 c.c., impediscono di dare ingresso alla tesi dell'estensione alla presente res litigiosa degli effetti di statuizioni relativi ad annate o soggetti diversi (Cons. Stato, sez. III, n. 1603/2022) e che la definitività dell'imputazione del prelievo preclude la possibilità per il ricorrente di avvalersi degli effetti degli arresti della Corte di Giustizia, i quali trovano un limite non valicabile nella formazione della inoppugnabilità dell'atto. Note e plurime sono, infatti, le prese di posizione del giudice comunitario volte a ribadire la necessità che - nell'ottica di una stabilità del diritto e dei rapporti giuridici - le decisioni giurisdizionali divenute definitive dopo l'esaurimento dei mezzi di ricorso disponibili, o dopo la scadenza dei termini previsti per tali ricorsi, non possano più essere rimesse in discussione (Corte giustizia UE sez. X, 6 novembre 2014, n. 42;
Corte giustizia UE sez. VI, 16 luglio 2020, n. 424) e lo stesso principio riguarda i rapporti esauriti per conseguita inoppugnabilità di un provvedimento autoritativo. Altrettanto chiara è l'affermazione contenuta in tali pronunce secondo cui il diritto dell'Unione non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia giurisdizionale, neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione nazionale contrastante con detto diritto. Le modalità di attuazione del principio dell'autorità di cosa giudicata rientrano, infatti, nell'ordinamento giuridico interno degli Stati membri in virtù del principio dell'autonomia procedurale di questi ultimi (Cons. Stato, sez. III, n. 3910/2022). In ordine al regime dei provvedimenti amministrativi nazionali assunti in violazione del diritto europeo, la giurisprudenza ampiamente prevalente ha evidenziato che il contrasto di un atto amministrativo con il diritto europeo costituisce sempre e solo motivo di annullabilità e non di nullità. In altri termini, fermo restando che il contrasto tra un provvedimento amministrativo nazionale e il diritto dell'Unione europea debba generare qualche forma d'invalidità dell'atto in questione, il Consiglio di Stato, almeno a far tempo dalla sentenza del 31 marzo 2011, n. 1983, ha affermato che l'atto amministrativo che viola il diritto dell'Unione europea è affetto da annullabilità per vizio di illegittimità sotto forma di violazione di legge e non da nullità, atteso che l'art. 21-septies della legge n. 241/1990 ha codificato in numero chiuso le ipotesi di nullità del provvedimento amministrativo e tra queste ipotesi non rientra il contrasto con il diritto dell'Unione europea. Ne consegue che la nullità è configurabile nella sola ipotesi in cui il provvedimento amministrativo nazionale sia stato adottato sulla base di una norma interna attributiva del potere incompatibile con il diritto europeo e quindi disapplicabile, la cui ipotesi non ricorre nella fattispecie in esame. La violazione del diritto europeo, quindi, implica un vizio d'illegittimità con conseguente annullabilità dell'atto amministrativo con esso contrastante e da ciò discende un duplice ordine di conseguenze: sul piano processuale l'onere dell'impugnazione del provvedimento contrastante con il diritto europeo davanti al giudice amministrativo entro il termine di decadenza di sessanta giorni, pena l'inoppugnabilità del provvedimento stesso;
sul piano sostanziale, l'obbligo per l'amministrazione di dar corso all'applicazione dell'atto, fatto salvo l'esercizio del potere di autotutela. La natura autoritativa di un provvedimento amministrativo, infatti, non viene meno se la disposizione attributiva di potere è poi dichiarata incostituzionale o si manifesta in contrasto con il diritto europeo (Cons. Stato, sez. III, 29 settembre 2022, n. 8380;
id., sez. II, 7 aprile 2022, n. 2580;
25 marzo 2022, n. 2194;
16 marzo 2022, n. 1920), a maggior ragione quando, come nel caso di specie in materia di quote latte, il contrasto con il diritto europeo non ha riguardato la disposizione attributiva del potere, ma una regola sui criteri da seguire per il legittimo esercizio del potere (Cons. Stato, sez. III, 20 luglio 2022, n. 6333). Più nel dettaglio, le due sentenze della Corte di giustizia sopra richiamate hanno accertato l'incompatibilità della normativa interna concernente (non già il prelievo supplementare a monte, ma) i criteri di riassegnazione dei quantitativi inutilizzati ovvero i (criteri relativi ai) rimborsi delle eccedenze dei prelievi supplementari. La giurisprudenza europea, nell'esercizio della sua funzione nomofilattica, ha posto ugualmente in rilievo che la certezza del diritto è inclusa tra i principi generali riconosciuti nel diritto comunitario, sicché il carattere definitivo di una decisione amministrativa, acquisito alla scadenza dei termini ragionevoli di ricorso in seguito all'esaurimento dei mezzi di tutela giurisdizionale, contribuisce a tale certezza e da ciò deriva che il diritto comunitario non esige che un organo amministrativo sia, in linea di principio, obbligato a riesaminare una decisione amministrativa che ha acquisito tale carattere definitivo" (cfr. sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, C-453/00, Kühne &
Heitz, ECLI:EU:C:2004:17). Nello stesso senso, la giurisprudenza europea successiva ha evidenziato come, nel rispetto dei principi di equivalenza ed effettività, il principio della certezza nei rapporti giuridici non determina che gli stessi, una volta esauriti, debbano essere messi nuovamente e continuamente in discussione per effetto di una sentenza della Corte di Giustizia che sancisca la sostanziale incompatibilità di un determinato atto con la normativa europea;
le stesse recenti sentenze della CGUE C-497/20, Randstad Italia, del 21 dicembre 2021 (ECLI:EU:C:2021:1037) e C-261/21, Hoffmann-La Roche del 7 luglio 2022 (ECLI:EU:C:2022:534), nel riaffermare i principi di autonomia procedurale degli Stati membri e la necessità del rispetto dei principi di effettività ed equivalenza, non pongono in discussione che un atto amministrativo, come considerato da una sentenza del giudice nazionale passata in giudicato che sia poi accertata da una sentenza della Corte di Giustizia come violativa del diritto europeo, continui a spiegare i propri effetti”
(Cons. Stato, VI, 15.11.2023, n. 9772).

4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce che Agea non ha tenuto conto delle somme recuperate mediante trattenuta degli aiuti agricoli: il debito per prelievo supplementare sarebbe in parte estinto, in quanto in parte versato, mentre la contestata cartella non indica l’iter logico seguito ai fini della quantificazione del prelievo;
Agea avrebbe già recuperato dalla ricorrente, tra il 2008 e il 2020, euro 302.913,62 (come da attestazioni del sistema Piemonte, documento n. 5).

La censura non è condivisibile.

È vero che, all'interno della disciplina in materia di aiuti PAC (Politica Agricola Comunitaria), opera un meccanismo di compensazione impropria tra i debiti del produttore a titolo di prelievo supplementare e i crediti di tale produttore a titolo di aiuti agricoli, in quanto poste di dare e avere appartenenti al medesimo rapporto giuridico disciplinato dal diritto dell'Unione europea (art. 8 ter d.l. 5/2009). Tuttavia, il sol fatto che, nel corso degli anni, gli organismi pagatori nazionali abbiano operato delle trattenute sugli aiuti comunitari spettanti al produttore non dimostra che siffatte trattenute abbiano permesso di recuperare, in tutto o in parte, il prelievo supplementare oggi portato in riscossione. Infatti, stante la molteplicità delle poste reciproche di dare e avere emergenti nell'ambito di un rapporto giuridico pluriennale, le trattenute sugli aiuti agricoli potrebbero essere state effettuate per compensare altri debiti del produttore. Poiché, mediante consultazione del registro nazionale dei debiti di cui all'art. 8 ter d.l. 5/2009, il produttore ha piena contezza della propria posizione debitoria verso l'Unione, questi è onerato di dimostrare che le trattenute subite sugli aiuti agricoli (poste di credito) si riferiscano al prelievo supplementare oggetto di giudizio e lo abbiano estinto, in tutto o in parte, attraverso il suddetto meccanismo di compensazione impropria. Parte ricorrente non ha soddisfatto il proprio onere probatorio, essendosi limitata a indicare il valore complessivo delle trattenute risultante dalle attestazioni del sistema Piemonte degli aiuti agricoli trattenuti (doc. 5 ricorrente), senza alcuna dimostrazione che le stesse si riferiscano al prelievo supplementare quivi in contestazione piuttosto che ad altre poste passive a suo carico (TAR Piemonte, II, 30.3.2023, n. 288).

5. Con il terzo mezzo l’istante eccepisce la prescrizione estintiva della pretesa creditoria.

La censura non ha pregio.

Premesso che gli importi dovuti a titolo di prelievo supplementare e i relativi interessi non sono debiti da pagarsi periodicamente, ma misure a carattere patrimoniale imposte per salvaguardare il sistema delle quote latte e applicate sul presupposto dello sforamento delle quote individuali, talché la prescrizione rilevante è quella decennale (TAR Veneto, IV, 16.10.2023, n. 1456;
TAR Lombardia, Brescia, II, 10.10.2023, n. 733), il Collegio osserva quanto segue.

L’impugnazione dell’atto di prelievo, costituente atto presupposto della gravata cartella, è stata come visto respinta con sentenza del TAR Lazio n. 3868 del 2015;
inoltre il ricorso del produttore avverso il prelievo supplementare si è concluso con decreto di perenzione del TAR Lazio, n. 6057/2016.

Pertanto, poiché la pendenza del giudizio è causa di interruzione del termine di prescrizione della contestata pretesa creditoria ai sensi degli artt. 2943 e 2945 c.c., il termine medesimo è ripreso a decorrere solo dall’anno 2016, con la conseguenza che la prescrizione decennale non è maturata con riferimento al credito sotteso alla cartella in questione (Cons. Stato, VI, 15.11.2023, n. 9772;
TAR Veneto, IV, 30.11.2023, n. 1784).

6. Con il quarto motivo l’esponente deduce la tardività della notifica dell’atto impugnato, con conseguente decadenza dalla possibilità di procedere alla riscossione coattiva del debito.

L’assunto non è condivisibile.

La decadenza dal potere di riscossione, che in base all'art. 25 comma 1-c del DPR 602/1973 si verifica a partire dal secondo anno successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo, non è applicabile al prelievo supplementare, che non ha natura tributaria. Il rinvio all'art. 25 del DPR 602/1973, contenuto nel previgente art.

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